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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Maria Carla Mantovani
Titolo: Il valore del sangue
Genere Giallo
Lettori 3845 47 64
Il valore del sangue
Città di New Harbour, 1947.

La musica ad alto volume risuonava fino nella strada adiacente e la fila di automobili scure piene di guardie del corpo sembrava formare una specie di corteo bizzarro. Nulla di quello spettacolo faceva pensare a una riunione segreta, men che meno di un mucchio di criminali.
La canzone era Time after time, l'ultima moda in fatto di musica. Questo genere musicale era molto apprezzato dalla gente dei bassifondi; dal canto suo Miranda continuava a preferire la musica classica al tanto popolare Jazz, ma lei era sempre stata un tipo all'antica.
Miranda inspirò profondamente dal naso, avvertendo le proprie narici fremere dalla disapprovazione: avevano smesso di nascondersi da anni, da quando lei era piccola, ma ancora provava un fastidio e un senso di ansia nel realizzare quanta poca attenzione mostrassero verso i più basilari fondamentali di dissimulazione.
La sera era sopraggiunta con molta lentezza, come sempre capitava a Maggio. Le giornate erano sempre più lunghe e ancora adesso, alle venti passate, si poteva notare i caldi raggi del sole illuminare gli ultimi piani dei palazzi della città. Se si fosse trovata in campagna, Miranda ne era certa, il tramonto cremisi avrebbe invaso i suoi occhi, la luce così forte da sembrare una forza dirompente, ma così non era: New Harbour era una città dagli edifici imponenti, in grado di regalare un'ombra scura e fresca in qualunque momento dell'anno.
La maggior parte degli edifici risaliva allo scorso decennio, quando la città aveva conosciuto un'ampia espansione immobiliare; Miranda ricordava le centinaia di operai perennemente sospesi sopra le teste degli abitanti di New Harbour, appesi a funi e ponteggi fatiscenti. Per anni la città era stata un unico, grande cantiere, ma ora era tutto diverso. New Harbour era lussureggiante, vitale e moderna, ma soprattutto pratica per persone come loro: i grandi palazzi affollati e i vicoli scuri fornivano le condizioni ideali per chi volesse nascondersi nell'ombra.
Miranda osservò con molta attenzione la strada davanti a lei, continuando a restare con la testa praticamente premuta contro il finestrino oscurato. La via era una delle più buie, ma la luce dell'insegna illuminava i venti metri di ingresso al locale, la fila di persone in coda con l'aria più innocente che si potesse produrre in un simile quartiere.
La città di New Harbour era grande, frenetica, si ripeté ancora una volta, nessuno sarebbe andato a disturbarli proprio in quella zona, men che meno la polizia. Se anche fossero venuti, cosa avrebbero trovato? Un locale che il sabato sera permetteva di ballare e prendersi una birra a poco prezzo. Niente di sospetto, niente di illegale.
Non è della polizia che devo preoccuparmi, si disse accarezzandosi appena i capelli lisciati e pettinati con un'ampia onda sulla fronte.
Miranda amava tentare sempre acconciature nuove con la sua capigliatura ribelle e provava un piacere perverso nel lisciare prepotentemente i suoi capelli crespi. Lei era sempre stata così, portava l'ordine dove c'era il caos. Non riguardava solo i capelli, era così sempre.
Porterò l'ordine anche a New Harbour, una volta per tutte.
Indossava un lungo vestito da sera di seta verde smeraldo che era perfetto con la sua carnagione scurissima: era aderente quel che bastava per rendere morbide le sue forme, senza farla sembrare grassoccia, inoltre la linea scollata la faceva sentire desiderabile e inaccessibile al tempo stesso. La moda di quegli anni era ardita, persino lei doveva riconoscerlo; eppure c'era qualcosa di esaltante nel portare quel genere di abiti con tranquillità, quasi a voler riverberare sugli altri il suo inattaccabile potere.
Miranda lanciò un'ultima occhiata alle vetture parcheggiate davanti alla sua e sorrise: le Famiglie erano venute tutte quante, lei poteva riconoscere i proprietari anche guardando le anonime automobili nere dai vetri oscurati.
- Sono pronta, Tom, - sentenziò rivolta al suo autista, nonché guardia del corpo. - È ora di entrare. -
L'uomo si limitò ad annuire e scendere dall'auto per correre ad aprirle la portiera. Non una parola o una rassicurazione, Tom sapeva stare al suo posto, cosa che presto avrebbero imparato a fare tutti i grandi capi delle Famiglie criminali.
Miranda si diresse con sicumera verso l'ingresso del locale e le guardie all'ingresso fermarono la calca per farla passare. Erano uomini massicci, con i capelli scuri tirati indietro con la brillantina, che rendeva le loro teste curiosamente scintillanti.
- Buonasera, signora, - la salutarono ossequiosamente. - È sempre un piacere vederla. -
- E per me è sempre un piacere passare a fare un salto. Questo è stato il primo locale che abbia mai acquistato, ha un posto speciale nel mio cuore. -
L'uomo alla porta le sorrise educatamente e aprì la porta per lei e Tom.
Miranda dovette strabuzzare gli occhi per adattarsi alla nuova atmosfera: il locale era scarsamente illuminato, con poche lampade fioche, che parevano più delle plafoniere moderne che veri e propri lampadari, mentre la cantante della band ufficiale del locale, una donna nera dalla voce sensuale, intonava una melodia anche troppo romantica.
Luce soffusa e atmosfera intima, così aveva definito l'ambiente il gestore incaricato del locale e indubbiamente i clienti avevano premiato la scelta, visto che il - Night In - non aveva mai conosciuto momento più prospero per gli affari; tuttavia Miranda faticava ad apprezzare quel genere di posti.
Più che il covo segreto delle più potenti Famiglie criminali, rifletté con imbarazzo, sembra più il genere di posto in cui qualcuno andrebbe per tradire il proprio coniuge... o forse un luogo di malaffare.
- Il suo tavolo, signora. -
Un cameriere l'accompagnò personalmente a un tavolo riservato, su un piano rialzato.
Era un posto ambito, poiché garantiva il giusto livello di privacy, pur continuando ad avere sott'occhio l'intera sala.
Miranda ne approfittò per estrarre una lunga sigaretta bianca da un astuccio d'argento con le sue iniziali. La accese e ne inspirò una lunga boccata, approfittando della calma del momento; purtroppo questo durò poco per Miranda, poiché fu raggiunta dal suo collaboratore più fidato, Zenas Bell.
Si trattava di un amico di lunghissima data, dai tempi dell'adolescenza. Avevano fatto amicizia subito, sebbene Zenas avesse sei anni in più di lei, e da allora erano sempre stati una squadra. L'uomo aveva sessantuno anni, la pelle abbronzata in modo eccessivo, forse nel vano sforzo di apparire più giovane, ma i suoi occhi erano luminosi, di un inconfondibile castano pallido.
- Miranda, finalmente sei qui, - esclamò con la sua voce carezzevole.
- Ho ritenuto più incisivo arrivare per ultima. Com'è che si dice? Le star si fanno sempre aspettare alle feste, no? -
Zenas rise.
- Tu non sei una star. Tu sei molto molto di più, e lo sai. Quando questo accordo di pace andrà in porto... -
- Quando? - ripeté Miranda guardandolo dritto negli occhi. - Sei ottimista, io avrei usato un'espressione più condizionale, avrei usato il se. Non sappiamo ancora se saranno tutti d'accordo. - Accennò a un tavolo in fondo sulla destra. - Gli Smitrov non sono così positivi sulla pace e loro sono i nostri peggiori nemici da sempre. -
Zenas si appoggiò sullo schienale della poltroncina ricoperta di velluto.
- Non lo so, Miranda, anche loro hanno subito parecchie perdite nelle ultime faide. Tu hai fatto uccidere l'erede della Famiglia Smitrov, nonché suo padre. È stato un duro colpo. -
Miranda si sentì sotto attacco e si innervosì.
- Io ho risposto a una morte con un'altra, - replicò, spegnendo bruscamente la sigaretta nel posacenere posato sul tavolino. - Quello stupidotto aveva violato una tregua sacra. Mio... mio marito Bran-don... lui non c'entrava nulla con questo giro di affari e quello me lo ha ammazzato. Era... era personale e io l'ho gestita come andava gestita. -
- Scusa, Miranda, - si affrettò a dire Zenas. - Lo sai che mi dispiace per Brandon, non avrei dovuto parlarne e... -
- Non ha importanza, - tagliò corto Miranda, sentendo però un nodo alla gola. - Questo sistema di attacchi e conseguenti vendette geera solo morti inutili. Siamo le Famiglie più importanti di questa città e, anziché concentrarci sul nostro potere e sul riuscire a tenere a freno la polizia, cerchiamo di annientarci tra di noi. Io sono stufa di vedere la gente morire, questa storia deve finire. Sono disposta a sedermi al tavolo con la Famiglia che ha ordinato l'assassinio di Brandon, pur di fare in modo che altre persone non passino quello che ho passato io. -
Qualcuno applaudì alle sue spalle, molto lentamente e con un chiaro intento derisorio. Miranda si voltò e si ritrovò davanti una figura grassoccia e calva, con gli occhi arrossati di chi aveva già bevuto un bicchiere di troppo.
Indossava un completo doppiopetto gessato che, nonostante l'ottimo taglio sartoriale, non riusciva a fare molto per migliorare il fisico tarchiato del proprietario.
- Villa, - lo salutò freddamente Miranda.
Richard Villa era il secondogenito della omonima Famiglia e non poteva essere più diverso dal fratello, l'uomo a capo del loro impero. I Villa erano un gruppo molto potente specializzato in corruzione di livello avanzato: appalti pubblici, edilizia, giornali, concessioni... qualunque cosa potesse essere redditizia loro sicuramente avevano già comprato metà commissione cittadina per farsela affidare. Se a prima vista sembravano meno pericolosi degli altri, Miranda aveva imparato a tenersene alla larga: potevano arrivare a corrompere e ricattare chiunque, persino i figli e i parenti dei Capi Famiglia, motivo per cui era meglio non provocarli.
Richard era il più affabile dei due fratelli, ma anche quello su cui si poteva fare meno affidamento: tendenzialmente educato, poteva voltare le spalle ai suoi soci a una velocità inimmaginabile, e il suo sorriso gentile nascondeva sempre un secondo fine. Il fratello, Malcolm, era completamente diverso: schivo e introverso, era critico su ogni persona che non facesse parte della sua cerchia ristretta. Aveva gli occhi chiari come il fratello, ma mentre quelli del secondogenito erano anonimi e di un colore indefinito, i suoi erano azzurri e intensi; era un bell'uomo, rifletté Miranda osservandolo poco lontano, ma non aveva nulla di accessibile e il fatto che non si fosse nemmeno voltato per lanciarle un cenno di intesa non faceva presagire bene circa la sua volontà di portare avanti la pace.
Miranda decise di studiare la situazione e si costrinse a rivolgersi a Richard, il cui viso sudaticcio sembrava reso ancora più pingue dagli occhialini tondi che portava sul naso. Se il fratello Malcolm aveva un fascino tenebroso, Richard assomigliava più a un ragioniere di qualche studio minore che a un signore del crimine.
- Bel discorso, Peterson, - la canzonò Villa sedendosi accanto a Zenas, senza essere stato invitato. - Intenso, struggente. Hai anche messo il particolare da vedova che fa tanto tragedia, chapeau. Peccato solo che tu non debba rivolgerti a un mucchio di contadinotti facilmen-te suggestionabili, ma a un gruppo piuttosto cinico e potente. -
Miranda lo vide fare un cenno a un cameriere, ordinando un altro bicchiere di vino.
- Non ne hai bevuti un po' troppi, Villa? - lo punzecchiò Zenas, ma l'uomo lo ignorò.
- Stai dicendo che la Famiglia Villa non intende partecipare a questa pace? - inquisì Miranda, ostentando una calma che non era si-cura di possedere.
Richard Villa sorrise.
- Fosse per me siglerei l'accordo anche ora, con il mio stesso sangue al posto dell'inchiostro, ma lo sai, Peterson, io non decido un bel niente. Malcolm... lo conosci, lo sai com'è restio al cambiamento. Tanto più verso quel tipo di cambiamento che conviene a pochi. -
- Sarebbe a dire? - Miranda avvertì la propria voce farsi tagliente. - Mi stai accusando di fare i miei interessi e basta? Una pace duratura tra le Famiglie vorrà dire benessere per tutti e lo sai. Mi stai davvero dicendo che Malcolm Villa preferisce continuare con questa faida infinita? -
Villa si strinse nelle spalle.
- Tu sei brava a sfruttare le tregue, Peterson, - osservò innocentemente, mentre un brillio si faceva strada in quegli occhi di un grigio così tenue da sembrare sbiadito. - La più grande pace tra le Famiglie porterà la tua leadership a farsi più marcata. Lo sappiamo tutti quanti, è inutile fingere, - dopo un attimo di silenzio, riprese con il suo miglior tono affabile, - in ogni caso, la pace è sempre un bene per gli affari. Io sono dalla tua parte. - Rise. - Un vero peccato che la mia opinione non conti nulla, vero? -
Miranda si irritò. Possibile che fosse venuto ad avvisarla che il fratello avrebbe fatto ostruzionismo? Anche Zenas parve attraversato dallo stesso dubbio.
- Sei un Villa. Sei il consigliere più fidato di tuo fratello... -
- Oh, ma davvero? - Richard Villa ridacchiò, ma i suoi occhi restarono freddi. - Credevo di essere solo un viscido tirapiedi: non è così che mi chiamate di solito? Ah, sono deluso... credevo che foste un po' più sicuri di voi stessi da evitare di adularmi per avere qualche informazione, - soggiunse subdolo.
Miranda lo fissò con disgusto, mentre il proprio sguardo non poteva non indugiare sugli occhi arrossati dall'alcol del suo interlocutore e sul doppio mento, reso più pronunciato dalla testa pelata.
- Io sono sicura. Io segnerò la pace più grande tra tutte le famiglie criminali e arginerò le nuove minacce della polizia. Forse un giorno mi ringrazierai, Villa, quando sarai ancora nella tua comoda casa sul lago, piuttosto che dietro le sbarre. -
Richard Villa trangugiò l'ennesimo bicchiere con velocità.
- Quindi è di questo che si tratta? - chiese, ma questa volta non c'era traccia di sarcasmo. - Il nuovo commissario di polizia. - Si passò una mano sulla testa sudaticcia. - Mi fa piacere, Peterson, che il bisogno di una pace sia dettato da quella stronza impicciona, piuttosto che da un tuo personale desiderio di potere. - Fece un cenno di intesa al fratello, poi si alzò in piedi e si diresse verso il bar. - In bocca al lupo con la riunione, mia cara, credo proprio che mio fratello ti appoggerà. La Ortiz ne ha già fatti arrestare troppi dei nostri. - Fece una smorfia pronunciando il nome del nuovo commissario. - Credo che io andrò a prendermi un altro due di picche da una delle tue cameriere. Parola mia, Peterson, hai assunto un personale veramente sexy! - soggiunse prima di allontanarsi.
- Che viscido coglione, - commentò a bassa voce Zenas, non appena Richard Villa non fu più a portata di orecchio. - Tutta questa scenetta solo per sapere che non vogliamo approfittarci della tregua? -
Miranda scosse il capo.
- Hanno paura. Tutti ce l'hanno. La polizia ha cambiato marcia e per la prima volta può rappresentare un vero problema a New Harbour. Ecco perché sono tutti qui: la fine delle faide interessa a tutti molto meno di ciò che vogliono farci credere. -
Miranda si alzò in piedi, imitata dagli altri capi famiglia: prima di entrare in una sala privata, si rivolse a Zenas.
- Sorveglia la porta. Se qualcuno vuole attaccarci mentre siamo tutti qui... -
- Gli sparo alla testa, - completò Zenas, affondando la mano nella giacca e afferrando presumibilmente la pistola.
Miranda annuì più tranquillizzata ed entrò nella stanza, dove la musica della band aveva un suono decisamente più attutito: gli altri Capi Famiglia erano già seduti, tranne Malcolm Villa che rimaneva in disparte, la schiena appoggiata pigramente al muro.
Era un uomo decisamente avvenente nei suoi quarantacinque anni, ma privo di fascino, almeno secondo Miranda: aveva grandi oc-chi azzurri e capelli castani, con una leggera tendenza al grigio; più alto del fratello minore di almeno dieci centimetri, era anche molto più in forma. Indossava il consueto abito scuro in tinta unita che lo contraddistingueva, così come il fermacravatta con il simbolo dei Villa, che riusciva nella difficile impresa di rendere ancora più rigida la sua cravatta dalle forme geometriche.
A coronare questa immagine, era impossibile non notarlo, il suo sguardo era sempre freddo, un modo scostante in grado di mettere in difficoltà persino il più affabile degli interlocutori.
- Finalmente, - commentò l'uomo annoiato. - Cominciavo a temere che questo incontro fosse una trappola per ucciderci tutti. -
- Chi è che ci vuole uccidere tutti? - domandò turbata l'anziana leader della Famiglia Sasaki, una donna geniale a detta di tutti, ma decisamente sorda.
Demid Smitrov sospirò indulgente.
- Nessuno vuole ucciderci, - alzò la voce per farsi sentire. - Era solo l'ennesima frase sprezzante di Villa. -
Malcolm Villa si rabbuiò se possibile ancora di più, ma non disse nulla.
Miranda si ritrovò a fissare dritto negli occhi il mandante dell'assassinio di suo marito. Demid era un uomo dalla pancia pronunciata e dall'aspetto letale, ed era a tutti gli effetti il suo nemico mortale. Inoltre, l'aver fatto uccidere suo fratello e il di lui figlio, non aveva appianato le loro divergenze. Demid Smitrov si limitò a lanciarle un'occhiata beffarda, ma non la provocò.
- Su, ci possiamo dare una mossa? - tagliò corto Aaron Morales, capo della omonima Famiglia. - Non mi piace che siamo tutti insieme nello stesso posto: se per caso il commissario Ortiz lo venisse a sapere...
- Di solito non invito il commissario di polizia nel mio locale. Comunque sono d'accordo, cominciamo. Sapete tutti perché vi trovate qui. -
- Non si sente tutti i giorni una proposta di pace dalla donna che ha fatto più vittime nella mia famiglia, - la interruppe tagliente Demid Smitrov.
Miranda si accigliò.
- Né io sono solita fare con piacere proposte di pace all'assassino di mio marito, - ribatté freddamente. - Non abbiamo molta scelta però. La polizia non sembra più essere una banda di disperati come è stata negli ultimi vent'anni: il commissario Ortiz è... è una donna in gamba, bisogna riconoscerglielo. Troppo in gamba, per quel che mi ri-guarda. Voglio fermarla, sono stanca di trovarmela praticamente sempre tra i piedi. -
- Chi è che vuole fermare? - domandò ancora la Sasaki perplessa.
- Il commissario Ortiz, - ripeté più forte Miranda e la donna assentì con entusiasmo.
- Ah, questa sì che è una buona idea. -
- Che cosa proponi, Peterson? - sbottò Malcolm Villa, astioso come sempre. - Immagino che ci proporrai di lasciarti carta bianca e di appoggiarti. Fammi indovinare, vuoi ergerti a nostro leader? -
Miranda dovette attingere a tutta la propria forza di volontà per non mandarlo a quel paese.
- No, propongo di tornare alla vecchia divisione, - spiegò. - Ognuno amministra i quartieri che gli competono e le questioni dubbie possono essere discusse in un consiglio come questo... e non attraverso assassini e attentati tra di noi. -
L'anziana Sasaki emise un verso dubbioso.
- Incontrarci spesso. Non mi piace, Peterson, noi dobbiamo contrastare la polizia e non dare loro ottime possibilità di arrestarci. -
Miranda annuì.
- Possiamo trovare altri modi per trattare. Abbiamo degli uomini fidati, potremmo usare loro per comunicare. Ci sono molti sistemi diversi, ma le lotte devono finire. Niente più faide. -
Aaron Morales si guardò intorno a disagio.
- Per me va bene. Che ne dite di votare...? -
- Dacci un taglio, fifone, - saltò su Smitrov. - Abbiamo capito che ti caghi addosso all'idea di essere in un luogo che non hai controllato minuziosamente, ma io l'ho fatto. I miei uomini sorvegliano la zona. -
- Oh, ora sì che sono rassicurato, - ribatté Morales. - Non mi sono mai fidato di te. -
Miranda intervenne prima che la situazione degenerasse.
- Nessuno si fida di nessuno e questo non cambierà con la pace. Siamo sempre di famiglie e schieramenti diversi, ma questa volta non siamo più in guerra. Andiamo, chiedete a voi stessi, quanti affari ho perso nell'ultimo anno per colpa della nuova polizia di New Harbour? -
Calò un lungo silenzio, interrotto infine da Malcolm Villa.
- Troppi. Oltretutto la Ortiz sta facendo pulizia di uomini: sta rimpiazzando tutte le sfere più alte con... con persone che non si fanno corrompere. - Il pensiero sembrava disgustarlo e scioccarlo al tempo stesso. - Non mi piace. - Prese un lungo respiro. - Anche io sono con te, ma propendo per un periodo di prova. Diciamo sei mesi? Se qual-cuno fa una cazzata in questi sei mesi, per me si può tornare alla guerra aperta. -
La Sasaki assentì.
- Non sono sicura di aver capito proprio tutto. Sussurrate anziché parlare, voi giovani... ah, ma io sono per la pace! Sono stufa di vedere morire la mia gente per quattro screzi tra noi, e sono ancora più stufa di vedere i miei corrieri arrestati. -
Miranda sorrise: due voti a favore.
- Sì, sì... io sono con te, - saltò su Morales, - basta che ci sbrighiamo. -
Calò un lungo silenzio.
- Allora, Smitrov? - lo incalzò Miranda. - Pace tra noi? -
Le parole le uscirono naturali, ma non lo erano per niente: Miranda lottava con ogni fibra del proprio corpo all'impulso di spaccargli la faccia, ma tentò ancora una volta di calmarsi. Era arrivato il momento di scegliere il proprio futuro. Potevano soccombere alla forza del cambiamento e di un nuovo ordine o lottare insieme e sopravvivere. Brandon era stato un marito affettuoso... ma il suo vero grande amore era l'impero che la sua famiglia le aveva affidato e lei non poteva metterlo a rischio per la vendetta. Brandon avrebbe capito, se fosse stato ancora vivo; in ogni caso lui era sempre stato cotrario alle vendette e alle azioni dettate dall'emotività, si rammentò Miranda.
- Tregua, - disse infine Demid Smitrov, come se pronunciare quelle parole gli costasse una grande fatica. - Non credo che io e te potremo mai essere in pace, Peterson, ma... una tregua, questo sì. Finché la Ortiz non sarà morta o sconfitta. -
- Poi potremmo tornare a odiarci, - completò Miranda.
Smitrov scosse il capo.
- Ad ostacolarci, - la corresse a denti stretti. - Io non smetterò mai di odiarti, nemmeno ora. -
Miranda trovò la proposta accettabile.
- Benissimo allora, - dichiarò. - Da domani saremo in pace: ognuno avrà una sua zona di pertinenza che sarà la stessa del primo accordo di diciannove anni fa, così come ognuno resterà... come dire, nella propria area di expertise, - soggiunse lanciando un'occhiata sprezzante a Smitrov e a Morales, specializzati entrambi in droga e prostituzione.
Villa assentì sbrigativo.
- Ottimo. Abbiamo finito?
- Certo...
- Bene, allora è meglio andare! - Morales non se lo fece ripetere due volte e fuggì via alla velocità della luce, seguito da Malcolm Villa che non si voltò nemmeno a salutare.
Miranda lanciò un'ultima occhiataccia a Smitrov, poi si alzò e lasciò la stanza, il lungo vestito da sera verde smeraldo che pareva ri-plendere ancora di più alla luce della sua ennesima vittoria.
- Ce l'abbiamo fatta, - sussurrò a Zenas nell'orecchio, appena lo raggiunse. - Da domani ci concentreremo sulla Ortiz. -
- Sei fantastica! - rispose quello, stringendole la mano con calore. - Ehi, ma dove vai? - soggiunse smarrito, vedendola dirigersi verso la porta.
- Il mio lavoro è concluso e non mi piace restare a festeggiare, mi conosci. - replicò Miranda. - Brandon è morto da poco e non voglio fare la figura della vedova che si dà alla pazza gioia. -
- È passato un anno, Miranda. Nessuno ti giudicherà male se balli con me almeno una volta...
- No, grazie. Voglio andare a dormire presto: domani ci aspetta un grande giorno.
Zenas la fissò deluso, ma non osò insistere.
- Come preferisci. Buona notte, Miranda, - mormorò mogio.
Miranda lasciò il locale rapida. Anche se fingeva sempre di aver preso bene la vedovanza, la realtà era che le dava la nausea vedere le coppie felici fare le cose che lei prima faceva con il marito. Ballare un lento, stringersi al petto della persona amata, lasciarsi guidare dalle sue forti braccia... Miranda non poteva pensare di rimettersi a svolgere quelle attività in compagnia di qualcuno che non fosse il suo compianto marito, non certamente con un uomo come Zenas. Lui l'aveva sempre adorata, lei lo sapeva, non aveva intenzione di dargli qualche speranza per poi lasciarlo deluso; no, doveva tenersi alla larga da simili pericolose trappole.
- Vuole andare a casa, signora? - domandò Tom aprendole la portiera dell'automobile lucida.
- Sì, portami a casa. -
Miranda ascoltò il suono del motore che si accendeva e lo trovò rilassante; lentamente tutta l'agitazione maturata in quella giornata sembrò affievolirsi e lei poté finalmente gustarsi la sensazione di vittoria.
Ho scelto il sacrificio. Volevo la vendetta e ho scelto la pace per il bene di tutti. Ho fatto la cosa giusta, ecco perché sto così bene anche se ancora non ho ottenuto nulla.
Peccato che una piccolissima parte di lei ancora non fosse soddisfatta: rivedeva il volto borioso e arrogante di Demid Smitrov e il desiderio di morte sembrava farsi irresistibile.
Se solo tornassi indietro e gli sparassi...
Per un attimo Miranda si ritrovò a sorridere, un piacere intenso e vibrante, invitante come mai niente prima di quel momento...
No, si fermò. Non è questa la strada per la vittoria.
Tom emise un gemito preoccupato.
- Che succede? - domandò Miranda.
- Un'automobile ci segue a breve distanza. Non mi piace, è veloce ed è sempre più vicina. -
Miranda si voltò a guardare, ma i fari della stessa l'accecavano.
- Ti sembra un'auto della polizia? Potrebbe essere la Ortiz? Non vorrei che mi obbligassero ad andare in centrale per un fanalino rotto o qualcosa del genere... -
Prima che potesse finire la frase, l'automobile dietro accelerò e li colpì con forza, facendo sbattere la testa a Miranda contro il vetro del finestrino.
- Accidenti! - sbottò Tom, provando a mettere più distanza.
Tuttavia, all'improvviso l'altra auto accelerò e si affiancò a loro, cominciando a spingerli fuori dalla carreggiata.
- Tom? - Miranda avvertì la propria voce spaventata diventare simile a uno squittio. - Tom, cosa possiamo...?
D'un tratto, una mano con una pistola spuntò fuori dall'automobile che li affiancava e Miranda chiuse gli occhi, udendo solo più un colpo di pistola.
La loro vettura sbandò con decisione, rallentando sempre di più fino sbattere contro un albero. Miranda fu sbalzata con forza in avanti, e solo la cintura le impedì di volare fuori dall'automobile: la sua pancia diede una fitta di dolore, mentre la cinghia che le bloccava il corpo sembrò essere una frusta sul suo ventre. Nonostante la botta, Miranda ringraziò il Cielo per aver insistito per fare installare nella sua auto quei moderni e tanto criticati sistemi, che praticamente nessuna casa automobilistica aveva voluto.
- Tom...? - chiamò ancora Miranda tra un colpo di tosse e l'altro, visto che ormai c'era solo fumo intorno a lei. - Tom?
Miranda aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco l'ambiente intorno a sé: si sporse verso il suo autista e vide con orrore che era morto, la testa appoggiata sul volante e molto sangue a coprirla.
Gli hanno sparato in testa.
Prima che potesse urlare o pensare a come scappare, la portiera si aprì dal suo lato. Davanti a lei c'era un uomo con un passamontagna e una pistola in mano.
- Ti prego, fermati... io posso... ti darò molti soldi, io sono una donna potente. -
- Lo so, - ribatté quello, - e non me ne importa nulla. -
Le puntò l'arma al petto e, senza dire altro, le sparò due colpi.
Maria Carla Mantovani
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