Erri
De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è
la versione italiana di Harry, il nome dello zio.
Ha studiato nelle scuole pubbliche De Amicis (elementari),
Fiorelli (medie), Umberto I (liceo). A 18 anni ha
laciato Napoli e ha iniziato limpegno politico
nella sinistra extraparlamentare, che ha avuto termine
nell'autunno del 1980 con la partecipazione alla lotta
contro le ventimila espulsioni dalla FIAT Mirafiori
a Torino. Tra il 76 e il 96 ha svolto
mestieri manuali. Tra il 1983 e il 1984 è stato
in Tanzania, volontario in un programma riguardante
il servizio idrico di alcuni villaggi. Durante la
guerra nei territori dellex Jugoslavia, negli
anni 90, è stato autista di camion di
convogli umanitari. Nella primavera del 99 era
a Belgrado, stavolta da solo, durante i bombardamenti
della Nato, per stare dalla parte del bersaglio. A
questo periodo risale lamicizia con il poeta
Izet Sarajlic di Sarajevo, conosciuto durante la guerra
di Bosnia, e di Ante Zemljar poeta e comandante partigiano
della guerra antinazista.
Il suo primo romanzo, Non ora, non qui,
è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi
libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta
in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico
antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti
dellAntico Testamento.
Per il cinema ha scritto il cortometraggio Di
là dal vetro, Il Turno di Notte
lo Fanno le Stelle (premiato al Tribeca Film
Festival di New York 2013), la biografia musicale
La Musica Provata e il documentario Alberi
che camminano. Ha tradotto in napoletano e sceneggiato
La voix humaine di Cocteau per linterpretazione
di Sophia Loren.
Per il canale YouTube The Decameron 2020
ha scritto e raccolto con Paola Porrini Bisson "
Voci di scrittori e attori del mondo dagli isolamenti
dellepidemia".
In teatro è stato in scena con Attraverso
(Mario Brunello, Gabriele Mirabassi, Marco Paolini,
Gianmaria Testa); Chisciotte e gli invincibili
(Gabriele Mirabassi e Gianmaria Testa); In nome
della madre (Sara Cianfriglia e Simone Gandolfo);
In viaggio con Aurora (Aurora De Luca);
Chisciottimisti (Gabriele Mirabassi e
Gianmaria Testa); Solo andata con il Canzoniere
Grecanico Salentino.
Pratica da sempre alpinismo. Le sue montagne preferite
sono le Dolomiti.
Nel settembre 2013 è stato incriminato per
"istigazione a commettere reati", in seguito
a interviste in sostegno della lotta NOTAV in Val
di Susa.
Il processo iniziato il 28 gennaio 2015 si è
concluso dopo cinque udienze il 19 ottobre 2015 con
lassoluzione "perché il fatto non
sussiste".
A sua difesa ha pubblicato "La Parola Contraria",
Feltrinelli.
Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua
a piantare alberi.
Il suo ultimo libro è "A grandezza
naturale", edito da Feltrinelli.
A
grandezza naturale. "In queste pagine unisco",
chiarisce De Luca nell'Introduzione, "storie
estreme di genitori e figli". La narrazione si
rinsalda nelle radici della storia tramandata: si
inizia da Isacco, naturalmente, dalla mancanza di
legittima difesa contro il padre - la legatura di
Isacco, in ebraico così ci si riferisce a quello
che noi di solito chiamiamo "il sacrificio",
perché quel nodo stretto fra lui e Abramo è
irreparabile. Nodo che sembra potersi sciogliere solamente
diventando a propria volta genitori, "passaggio
che fa scordare e slega dallo stato di figlio".
Come succederà a Chagall, dopo aver dipinto
il ritratto del padre - struggente il racconto dell'opera
in queste pagine -, e come invece non potrà
fare la figlia del vecchio nazista, nel tentativo
estremo di mettersi al riparo dal torto del soldato
scegliendo di non procreare. E come non succederà
a chi racconta, rimasto figlio: nelle orecchie ancora
il suono della camicia lacerata del padre come atto
di dolore, rumore "amplificato a squarcio",
reazione al suo allontanamento da casa. Tuttavia,
proprio per ciò egli è il narratore
ideale di queste storie: "Ne sono estraneo a
metà: senza essere padre, sono rimasto necessariamente
figlio. Non ho sperimentato la responsabilità,
la protezione, la prova di educare. Non cambio comportamento
con un giovane o un anziano. Da figlio li considero
alla pari, dei contemporanei. Da lettore e da scrittore
lo divento delle storie che ho davanti". In "A
grandezza naturale" Erri De Luca attraversa,
"per esempi e dal basso", con il suo sguardo
personale, con la sensibilità esperta e soprattutto
con la prosa essenziale e stratificata, il rapporto
cardinale alle origini dell'umanità e di ogni
storia che si voglia raccontare.
Abel Wakaam: Ciao Erri, da buon napoletano
non hai i lineamenti fisici del montanaro, ma di certo
non ti è mai mancato il cuore. L'alpinismo
trasforma l'animo umano, concedendo un senso alla
fatica e al dolore, e tu hai saputo calarti perfettamente
nella parte, perché hai il carattere e la grinta
di chi non si arrende di fronte alle difficoltà
della vita. Da uomo di mare, con l'ombra del Vesuvio
che si specchia nel golfo, cosa ti ha portato ad amare
così tanto la montagna?
Erri De Luca: Mio padre, napoletano, fu soldato
alpino nella seconda guerra mondiale. Le montagne
tra Grecia e Albania gli concedevano una tregua, con
la loro indifferenza alle faccende umane. Mi ha trasmesso
un desiderio di distacco che si confaceva al mio carattere.
Frequentando le pareti delle Dolomiti ho approfondito
il vuoto, capace di isolarmi con poche centinaia di
metri. Col tempo ho adattato il mio corpo, tenendolo
leggero. Provo gratitudine in montagna, senza sapere
a chi.
Abel Wakaam: Tratto da Valore, Opera sull'acqua
e altre poesie: "Considero valore ogni forma
di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero
valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto,
un sorriso involontario, la stanchezza di chi non
si è risparmiato, due vecchi che si amano."
E il valore delle parole come lo consideri?
Erri De Luca: Ho un affetto per la lingua
italiana, forgiata dalla confluenza di innumerevoli
dialetti. È duttile, puoi mettere il soggetto
dove vuoi, anche lontano dal verbo. È varia
di accenti che possono cadere su qualunque sillaba.
Prima di essere scrittore sono lettore e ho ricavato
dai libri una felicità impensata.
Abel Wakaam: Una delle tue frasi più
dissacranti è: "Ho fatto il mestiere
più antico del mondo. Non la prostituta, ma
l'equivalente maschile, l'operaio, che vende il suo
corpo da forza lavoro". Questo significa
che in qualche modo si toglie quell'aura di nobiltà
che la società ha dato al lavoro?
Erri De Luca: Nobiltà? In una fabbrica
a montare pezzi in una catena di assemblaggio, a ritmi
arbitrariamente stabiliti dalla direzione, o con un
martello pneumatico a demolire spalti di uno stadio?
Il lavoro salariato produce circa mille uccisi allanno
e decine di migliaia di feriti. Ho fatto il mestiere
di operaio non per missione ma per necessità,
come ognuno degli altri. E a nessuno ho sentito dire
che voleva trasmettere quella nobiltà a un
figlio.
Abel Wakaam: Il tuo concetto di "impossibile"
(reso possibile dall'evidenza degli eventi) è
un contraltare filosofico che sprona gli uomini a
non dare mai nulla per scontato. Lo hai applicato
all'inaspettata congiunzione dei due protagonisti
del tuo libro omonimo, ma può essere esteso
a ogni piccolo o grande ostacolo della nostra esistenza.
Qual è però la chiave d'orgoglio che
può scardinare l'incertezza di non riuscire
a esaudire i nostri sogni?
Erri De Luca: I sogni appartengono al sonno.
Invece i desideri, le aspirazioni appartengono alla
veglia cosciente. Spingono verso la loro direzione
e anche se inattuati, hanno alimentato i giorni e
il viaggio. I traguardi sono meno importanti degli
sforzi fatti per avvicinarli. Limpossibile chiede
di essere smentito.
Abel Wakaam: Hai scritto: In ogni
specie sono i solitari a tentare esperienze nuove.
Sono una quota sperimentale che va alla deriva. Dietro
di loro la traccia aperta si chiude. La
solitudine è una condizione essenziale per
chi percorre i sentieri infiniti che conducono in
vetta, eppure nei momenti di fatica si cerca una mano
da stringere o un volto che ci rassicura. Essere dei
solitari ha spesso un prezzo alto da pagare. Non hai
mai avvertito il desiderio di lasciare qualche briciola
di te stesso lungo il percorso? Magari per essere
seguito.
Erri De Luca: Scrivo, attività che
muove da una distanza dagli altri. Scrivo storie estratte
dalla vita svolta, mia e di altri. Non lascio tracce,
ma ripercorro scrivendo quelle attraversate.
Abel Wakaam: Davvero per "riempire
una stanza basta una caffettiera sul fuoco"?
Erri De Luca: Un proverbio yiddish dice: Quando
la pentola è vuota, riempila di risate.
Possibile che sazino altrettanto? Lo fanno in unaltra
maniera, sospendendo per un poco la fame. Così
è per il profumo del caffè, al risveglio.
Abel Wakaam: C'è una frase di "A
grandezza naturale" che mi ha colpito profondamente.
Hai scritto: L'ho saputo allora, esiste uno
scalino così buio in fondo alle discese, dove
piangere è una raffinatezza. L'idea
che nemmeno nascosti così in basso si possa
dar sfogo alle lacrime è devastante. Qual è
il muro della disperazione dove hai potuto finalmente
posare la fronte?
Erri De Luca: Non sono abbastanza spudorato
per rispondere a questa domanda. So che nella disperazione
si congelano pure le lacrime dei bambini.
Abel Wakaam: E poi ancora: Da te,
dovevo dirgli, da te ho preso e lasciato, restando
figlio tuo, cranio da cranio, libri, vino e montagne.
Quanto è stato determinante tuo padre in tutto
ciò che di buono hai avuto dalla vita?
Erri De Luca: Ho avuto il suo esempio, che
non è uneducazione, ma un insieme di
comportamenti. Di molti ho imparato a fare il contrario,
che non era meglio, ma più adatto a me. Gli
devo i libri e le montagne.
Abel Wakaam: Da autodidatta hai studiato l'ebraico
antico, l'yiddish e lo swahili. Hai scritto così
tante parole da riempire gli scaffali di mezzo secolo
di storia. Adesso sei davvero dove volevi essere o
ti manca ancora qualcosa?
Erri De Luca: Non ho idea di dove sono, tranne
che in questa inaugurata settantina sento di coincidere
meglio con me stesso. È unetà
che mi si addice, sono lieto di averla raggiunta.
Non sento mancanze.
Abel Wakaam: E infine qualche semplice curiosità.
Hai imparato a scolpire il legno dopo la lezione di
Mauro Corona? E quale consiglio ti senti di dare a
chi vorrebbe seguire la traccia che hai irrimediabilmente
chiuso dopo il tuo passaggio?
Erri De Luca: Non ho imparato neanche una
mezza lezione di scultura. So solo tenere in mano
lo scalpello e la mazza per colpirlo, non gli strumenti
gentili dello scultore, ma quelli grezzi del muratore,
dove labilità consiste nel non colpirsi
la mano. Mi sento solo di dare sconsigli: se la scrittura
non è unossessione esclusiva, lasciar
perdere.
Abel Wakaam
© Writer Officina
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