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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Leonardo De Benedictis
Titolo: Affogare nel buio
Genere Romanzo Fantasy
Lettori 4603 51 72
Affogare nel buio
Svegliarsi privi di ossigeno, nonostante i polmoni siano pieni d'aria, incapaci di respirare.
Un peso sul petto impedisce ogni movimento, quello vissuto è semplice angoscia?
Ci sono malattie che si possono curare solo con la lontananza.
La lontananza, una Chimera al contrario, il fuggire da se stessi per ritrovarsi sotto una nuova luce.
Inseguire un faro che ti protegga dal buio, quello che nasconde le speranze, i desideri, che ti nasconde dinnanzi allo specchio.
Affrontare le proprie debolezze con le spalle al muro, non è capacità di chiunque, allora prendere una strada sconosciuta, dove il combattimento con se stesso non abbia un vincitore scontato, - siamo sicuri di chi realmente siamo? - .
Un nuovo livello di difficoltà, inserire la moneta sapendo di avere solo tre vite a disposizione ed iniziare la partita.

PRIMA VITA
(Inizio gioco)

- Il volo W65571 per Heraklion è in attesa di essere imbarcato al GATE 6... - .

Seduto sulla panchina gelata dell'aeroporto, dopo aver passato la notte in viaggio, tra stazioni ferroviarie sporche, deserte ed un autobus che puzzava di stoffa umida, aspettavo da solo l'imbarco sul primo aereo della mia vita.
Mi misi in questa situazione qualche giorno prima, quando chiesi al direttore del giornale di farmi scrivere un pezzo sulle strutture alberghiere.
Fino ad allora non mi ero mai mosso di casa, temevo persino la mia ombra, sta di fatto che fui accontentato. Un giovane giornalista che scriveva - di tutto - senza sapere realmente nulla, stava per conoscere l'esperienza più emozionante, singolare e misteriosa della sua vita.
I miei genitori, infatti, mi avevano protetto come un pulcino sotto la campana di vetro, ero figlio unico dunque sempre tutelato e difeso da loro.
Indossai gli auricolari come ero solito fare per isolarmi dal resto del mondo, la consideravo una sorta di armatura che mi riparava dai rapporti con gli sconosciuti, il mio - scafandro - per immergermi nel mare della società.
Era, quindi, arrivato il momento di mettersi in coda verso l'ingresso del velivolo, un apparecchio di medie dimensioni, sembrava essere l'inizio di un incubo per un - claustrofobico asociale - come me.
Sfuggivo ogni possibile sguardo pur di evitare, anche solo, l'accenno di un sorriso da parte di un passeggero del volo, ma purtroppo non potei evitare l'hostess che mi obbligava a togliermi gli auricolari e spegnere il telefono per prestare attenzione agli avvertimenti di sicurezza prima del decollo.
Inconsapevolmente mi ritrovai d'innanzi ad una pantomima che avrebbe dovuto insegnare, ai passeggeri di quel volo, ad osservare dei comportamenti - inumani - in caso di incidente, come se fosse possibile fare qualcosa di diverso dal urlare disperati.
Quando gli assistenti di volo terminarono il loro - balletto di gruppo - fui nuovamente autorizzato ad indossare gli auricolari per nascondere il fastidioso rumore provocato dai reattori ed il brusio dei viaggiatori.
La vita sino ad allora non mi aveva regalato molte sorprese, quindi ero fiducioso del fatto che non avrebbe iniziato proprio in quel momento, ciò nonostante avvertivo un senso di impotenza nella sfortunata evenienza di un guasto al motore.
Un brivido mi percorse la spina dorsale, nel momento esatto in cui l'aereo sollevò il muso, effettivamente provai una sensazione nuova, ne fui rapito al punto tale da provarne un insano piacere.
Un sorriso mi solcò il viso come una cicatrice profonda, mi segnò l'anima indelebilmente.
Un insignificante puntino illuminato nell'universo, si stava accorgendo per la prima volta di quanto fosse minuscolo al cospetto del cielo.
Ogni dolore sembrò sedarsi, ogni pensiero negativo venne annegato dalla speranza, persino le persone attorno a me avevano assunto una forma più gradevole, nonostante avessi dei vicini particolarmente fastidiosi.
Alla mia sinistra, era seduto un signore che indossava una - indecorosa - camicia a maniche corte con fantasia Hawaiana, dei pantaloncini corti color crema, calzini di spugna bianchi e sandali marroni.
La sua fronte era piena di goccioline di sudore, che ogni tanto decidevano di suicidarsi tuffandosi sulla camicia, mentre la sua testa pelata continuava a produrne di nuove, probabilmente tutto ciò era dovuto alla sua corporatura da lottatore di Sumo.
A destra ero invece imprigionato da una signora,
che occupava il primo sedile della mia fila, la quale somigliava ad un paesaggio innevato, ne era colpevole la forfora che le imbiancava le spalline di un vestito nero.
Lei era pallida, con la pelle formava delle pieghe che cadendo dalle maniche mi suggerivano la sua età avanzata, nonostante il viso fosse nascosto da un foulard - ...questa maledetta aria condizionata - .
Il finestrino mostrava un azzurro pastello, quello della mattina appena levata, intuivo il freddo esterno dalla condensa sul vetro, mentre qualche nube mi indicava la direzione del volo.
Il viaggio era appena iniziato, sapevo che non avrei potuto chiedere alla mia vicina che mi bloccava di farmi passare, per due motivi principali: avrei dovuto rivolgerle la parola, dunque distruggere quella meravigliosa quiete tra noi e poi, vedere tutta quella forfora svolazzare ovunque nel momento in cui si fosse alzata dal suo sedile.
Mi giurai che, qualora si fosse alzata autonomamente, ne avrei approfittato per uscire da quella prigione, magari cercando qualche altro posto isolato.
Sfortunatamente il tempo passava senza vedere alcun movimento da parte della vecchia, - ...e se fosse morta? ...no, ecco ha appena aperto la bocca - .
Ero stato seduto per quasi tutto il viaggio in quel posto striminzito, con il ciccione e la vecchia, quando una voce metallica e gracchiante proveniente dall'altoparlante, mi portò in dono la tanto attesa notizia, l'imminente arrivo nell'isola di Creta.
Il muso del velivolo, questa volta, puntava verso il basso e la sensazione che provavo era di liberazione, pensai che se ci fossimo schiantati al suolo, almeno non avrei dovuto continuare a stare seduto tra quei due soggetti.
L'impatto delle gomme dell'aeroplano sulla pista d'atterraggio mi fece capire che il momento di scendere era vicino, certo avremmo dovuto attendere l'arresto di un ammasso di lamiere a folle velocità in una pista minuscola.
Il miracolo avvenne, eravamo finalmente fermi ma l'asfalto grigio, infuocato e pieno di strisce nere, era l'ultimo ostacolo da superare con un piccolo bus, prima di potermi riappropriare del mio spazio vitale fortemente violato, ormai da ore.
Ogni lieto fine non può non essere premiato da un'altra piccola attesa, il nastro che trasporta i bagagli, dove ogni bagaglio è uguale al tuo ma nell'avvicinarsi perde ogni somiglianza.
Trovato finalmente il mio bagaglio, certificato dall'etichetta con il mio nome scritto sopra, mi avviai verso l'uscita. Il caldo umido mi aveva appiccicato i vestiti addosso, dovevo immediatamente infilarmi sotto la doccia, cercai il nome dell'hotel che mi avrebbe ospitato e che, sfortunatamente per lui, sarebbe stato anche oggetto del mio cinico giudizio.
Una volta trovato il nome, non mi rimaneva altro che raggiungere la struttura, fortunatamente sul piazzale al di fuori dell'aeroporto, c'era una distesa di macchine gialle.
Mi avvicinai ad una di queste auto chiedendo in inglese se mi potesse accompagnare a destinazione, ricevuto il benestare del tassista ed accomodatomi sul sedile posteriore, partimmo. Notai una enorme differenza di paesaggi rispetto a quelli visti prima, mi lasciai affascinare dalle curve che in salita mostravano il mare in lontananza, ma nello stesso tempo ero infastidito dalla puzza di escrementi che invadeva l'abitacolo proveniente dai campi circostanti.

La zona di arrivo era dall'altra parte dell'isola, del resto anche se non lo fosse stata, il greco avrebbe fatto il percorso più lungo pur di spillarmi qualche soldo in più, comunque, non mi curai del tempo perché mi stavo finalmente godendo un sedile posteriore tutto per me.
Giunto al resort e pagato il taxi, andai a prendere la chiave, superate le interminabili procedure di assegnazione della camera, senza curarmi troppo delle condizioni dello stabile alla reception, mi diressi verso l'ascensore.
La stanza era accogliente, emanava un profumo di pulito che mi diede subito una buona sensazione, entrato in bagno aprii subito l'acqua della doccia ed infilatomi sotto al suo flusso, sentii la tensione sciogliersi insieme al sudore secco che avevo sulla pelle.
Le mie idee erano ancora confuse, avevo dormito poco, quindi pensai che forse non sarebbe stata una cattiva idea dormire qualche ora.
Posai la testa sul cuscino, aveva l'odore tipico delle lavanderie industriali, quello che si sente in ogni albergo.
Quell'odore mi aveva sempre dato la sensazione di trasferta, non lo avevo provato tante volte ma mi ricordava le mie vacanze, sopratutto con la mia ex fidanzata.
Ci lasciammo qualche mese prima, lei odiava le mie manie di perfezione, forse il vero motivo delle nostre interminabili liti.
Non ne sentivo la mancanza, ero anestetizzato da tutto quello che mi si allontanava, come se quello che non vedevo non esistesse realmente.
Aprii gli occhi nel buio della stanza, ero leggermente disorientato, nonostante sapessi esattamente dove mi trovassi volli controllare alla finestra. Erano passate alcune ore, il cielo era scuro e le luci della piscina sottostante erano accese, lasciando trasparire un fondale azzurro chiaro.
Mi domandai se fossi in tempo per la cena dato che, avendo saltato il pranzo, ero affamato.
Mi misi i primi vestiti che trovai nella valigia, senza preoccuparmi più di tanto dei colori, fu un comportamento abbastanza insolito ma giustificato dalla fretta.
Il posto era molto curato, indubbiamente di grande impatto visivo, avrebbe sicuramente meritato un punteggio alto nella valutazione.
La sala ristorante era gremita di gente, questo mi rassicurò sulla possibilità di mangiare, le scene a cui dovetti assistere però mi lasciarono sgomentato.
Persone di tutte le età ed etnie, si accalcavano sulle vetrine ed i banchi del self service dove erano esposti gli alimenti, caricavano porzioni enormi di cibo in piattini minuscoli per poi lasciarli praticamente pieni a fine pasto sui loro tavoli, dimostrando poco rispetto per gli altri ospiti e soprattutto non curandosi della quantità di spreco alimentare che producevano.
Mi avvicinai ai vassoi, sperando che non mi fosse capitato uno di quei piatti lasciati ai tavoli, magari riciclato da qualche cameriere.
Evitati tutti i tipi di pasta, conoscendo la regola secondo la quale, - il grado di cottura della pasta è un'arte di pochi - , riuscii a mettere comunque qualcosa nello stomaco.
Volli terminare quella serata nel lobby bar, pensai, magari davanti ad un buon whisky; - ...hai un Jack? - il barman annuendo, me lo servì in un bicchiere largo con due cubetti di ghiaccio, nel ringraziarlo gli porsi una banconota piegata tra le dita.
Mi chiese se fossi italiano, confermai la sua intuizione con un sorriso ed un cenno della testa.
Cominciò a raccontarmi alcuni aneddoti correlati al mio paese d'origine, per lo più stereotipi ormai consolidati da anni e probabilmente tramandatigli da alcuni suoi conoscenti.
Quando la conversazione incominciò a trasformarsi in un fastidioso monologo del barman, la mia attenzione venne catturata da una creatura bellissima che prese posto al bancone del bar sedendosi qualche metro più avanti a me.
Lei si posò sullo sgabello, avendo la stessa grazia di una farfalla meravigliosamente colorata, con un colpo d'ali.
Persi il senso del tempo e dello spazio trovandomi in balìa delle onde, quando mi sorrise, mi sentii quindi autorizzato ad avvicinarmi a lei.
Un fisico, di quelli che solitamente si vedono nelle riviste di moda, sorreggeva un viso dolce e tenero ma con lo sguardo di una bambina disincantata che aveva perso la sua favola preferita.
Spostandosi i capelli color miele, rivelò i suoi splendidi occhi verde smeraldo, mi chiese se fossi un ospite dell'albergo, le risposi che ero appena arrivato.
Le domandai cosa avrebbe voluto per dissetarsi, mi rispose che avrebbe gradito un flûte di spumante.
- Comunque, sono Athanasia... - allungando la sua mano verso la mia, mi presentai ed incominciammo a parlare, era una ragazza nata ad Atene di madre russa e padre greco, cercavo di ascoltarla senza chiederle nulla, proprio per lasciarle la libertà di raccontare solo quello che desiderava condividere con me.
Il tempo, era diventato soltanto uno scomodo compagno, minacciando la nostra permanenza lì proprio perché volando, ci fece arrivare alla chiusura di quel bar in un lampo.
Non volevo separarmi da lei, quindi le chiesi se conosceva un altro posto dove poter continuare la nostra conoscenza, sperando che anch'essa volesse restare ancora un po' con me, mi disse di si. Riuscii a nascondere la mia gioia a stento, dandole la precedenza all'uscita per dirigerci verso un posto di cui ignoravo l'esistenza.
Mi condusse in un chiosco sulla spiaggia dove c'era un tipo simpatico, uno svizzero che aveva rinunciato alla sua carriera di professore, per vivere alla giornata in quella località della Grecia.
Aveva i capelli rasta e la barba lunga, parlava un inglese stentato con un forte accento tedesco, ci servì due Raki, un liquore tipico cretese, poi Athanasia ed io ci sedemmo sulla spiaggia ad ascoltare le onde del mare.
Le vidi una lacrima riflettere la luna piena mentre le solcava la guancia nel buio, ne rimasi sorpreso - ...perché sei triste? - .
Mi rispose di non essere affatto triste, poi si avvicinò alla mia bocca con le sue labbra, una strana energia mi attraversò il corpo, non mi era mai capitato nulla di simile.
Incominciammo a baciarci con passione, per poi finire nella mia camera da letto, quella passione divenne prima un - ballo sensuale - e successivamente una - lotta - a colpi di baci, morsi e graffi, quel letto matrimoniale era diventato talmente piccolo che finimmo in terra ma non ci importava, infatti continuammo finché presa tra le mie braccia la spinsi contro il muro, fu in quel momento che sentii un forte dolore al collo poi subito dopo, un piacere intenso lo placò.
Ci sdraiammo stremati, le posai l'orecchio sul petto per ascoltarle il battito cardiaco ma crollai in un sonno profondo.
Quando riaprii gli occhi il mattino dopo, lei non c'era più lì con me, pensai che fosse stato tutto un sogno ma avevo ancora tutti i segni della notte prima sul mio corpo, ogni graffio, livido e morso.
Mi sentivo come un guerriero dopo un combattimento, felice di esserne uscito vivo.
Pensai che fosse stata la notte più strana ed eccitante della mia vita, mi domandai se quella ragazza sarebbe riapparsa ancora, ma dovevo pensare al lavoro.
Passai qualche minuto sotto l'acqua della doccia, che scorrendo mi bruciava le ferite ancora presenti, poi scesi al ristorante per fare colazione.
Il ristorante era ancora una volta pieno di gente, quelle persone avevano mantenuto lo stesso comportamento della sera prima, ancora piatti pieni di cibo oltre la necessità ed altri abbandonati sui tavoli da loro usati.
La colazione era internazionale, ossia con bacon, uova, salumi, enormi ceste di frutta, un invidiabile carrello di dolci, formaggi, ed ogni tipo di bevanda, insomma era ciò che ci si aspettava da un hotel di buon livello ed io ne fui ancora colpito positivamente.
La mia mente era ancora pervasa da flashback di Athanasia che mi sollevavano e mi portavano in un mondo più leggero, dove i miei problemi erano piume.
Non riuscivo a concentrarmi incantandomi ovunque, entrando in quel mondo parallelo in cui il mio intorno era solo rumore, disturbo ed insignificante fastidio come le persone che interagivano con me.
- Cosa le porto da bere? - ero seduto sul tavolo del ristorante ma non avevo fame, gli risposi che non avrei pranzato, mi restava la speranza di incontrare ancora quella donna la notte al lobby bar, oppure al chiosco sulla spiaggia.
Come un bambino sperso, incominciai a camminare sulla spiaggia per ripercorrere quel tratto fatto la notte prima con lei, candidamente, come se cercassi un gioiello perduto tra la sabbia.
Quando il cielo divenne arancione e grigio mi decisi a rientrare nella stanza, mi preparai come se avessi un appuntamento, quel maledetto ciuffo continuava a lottare con me, forse con un po' di gel avrei potuto domarlo.
Mi toccava ancora scansare avidi grassoni con piatti in equilibrio - anche sulla testa - al self service dell'hotel, mentre odiosi bambini saltavano fuori dai tavoli, passandomi tra le gambe, a questo non mi sarei mai abituato.
Terminata la guerra per nutrirmi, impazientemente mi spostai al bar e come se fosse un mantra, chiesi al barman il mio Jack con ghiaccio.
Una coppia di giovani amanti, un vecchio davanti ad un boccale di birra, una signora zoppicante che cercava il bagno, il locale era pieno ma Athanasia non si vedeva.
Incominciai a perdere la speranza di rivederla ancora, quando tutto si paralizzò, una voce soave giungendo da dietro mi accarezzò l'udito; - ...sapevo di trovarti qui - , un sorriso di sollievo si disegnò sul mio viso, era lei.
Più bella e sorridente della sera prima, si manifestò come un magnifico desiderio, lo stesso che avrei continuato ad esprimere al mio risveglio, finché la mia esistenza me lo avrebbe permesso. Passammo ancora del tempo insieme, questa volta però giocammo come due bambini, ci sedemmo in un angolo un po' nascosto della sala, quando venne il cameriere a prendere l'ordinazione gli chiesi una penna ed un foglietto di carta, poi cominciai a fare il ritratto del suo viso, sul retro dello stesso, lei disegnò un tondo con gli occhi, la bocca ed il naso, ridendo ci scrisse sopra il mio nome, poi - LOVE - , poi fece un cuore.
Una soffice nuvola di zucchero filato ci stava avvolgendo, quando ci invitarono ad uscire dal locale, eravamo arrivati fino alla chiusura del bar.
Uscendo decisi di passare dalla piscina, mi piaceva l'illuminazione e l'effetto dell'acqua, ma soprattutto il silenzio che c'era a quell'ora.
Volevo continuare a giocare, quindi mi venne una folle idea, vidi una di quelle macchinine elettriche per portare le valige alle stanze con le chiavi inserite dunque decisi di salirci sopra, lei mi seguì, quindi incominciammo a girare intorno alla piscina con quel trabiccolo.
La guardia notturna incominciò ad urlare e noi scappammo, credo che non mi abbiano riconosciuto, fortunatamente.
Restammo nascosti un bel po' di tempo tra le piante del giardino trattenendo le risate, ero felice.
Quando fummo sicuri dello scampato pericolo mi prese per mano e mi portò nella sua stanza, pochi passi più avanti.
Il vestito che indossava, lentamente incominciò a scivolare sulle sue spalle scoprendole il seno, fermandosi sui fianchi, rimasi sdraiato sul letto ad osservare quel miracolo della creazione mostrare la perfezione delle sue curve con il cuore in gola, una Dea mi aveva appena invitato a salire sull'Olimpo ed offrimi l'ambrosia per dissetare la mia sete d'amore.
Quella notte fu diverso, ci prendemmo cura l'uno dell'altra con gentilezza, ci furono baci idilliaci ed umidi, tenere carezze, ogni parte del suo corpo era un invito all'ingresso del paradiso che presto avrei visitato nuovamente.
Il mattino dopo ero intriso del suo odore, mentre avevo ancora il suo sapore in bocca, quando mi disse che sarebbe andata via, provai timidamente a dirle che l'avrei seguita ovunque, al suo - ...impossibile - capii che non l'avrei mai più rivista.
Rientrato nella mia stanza chiusi le tende e mi infilai nel letto, sentivo freddo prima di addormentarmi, calai in un sonno profondo ed incominciai a fare uno strano sogno.
Un buio infinito si stava avvicinando portandosi via tutto, sentivo il mio corpo sollevato da una forza misteriosa, la stanza in cui mi trovavo improvvisamente fu sommersa da forti onde, esse mi lasciavano respirare ma ogni muscolo era percorso da scariche elettriche che mi sollevavano per poi lasciarmi cadere dentro un buco privo di suoni.
Provavo ad urlare senza riuscire ad emettere voce, aprivo gli occhi e vedevo Athanasia vestita di bianco venirmi incontro svolazzando con le braccia aperte, aveva dei bagliori intorno al corpo mentre si allontanava ad ogni ondata di quel mare nero.
Non riuscivo a svegliarmi da quell'incubo; mentre venivo inghiottito dall'oscurità, il buio mi stava affogando facendomi bruciare il petto, al termine, fui sbalzato da quelle onde nere lontanissimo.
Quando arrivò la calma, finalmente riuscii ad aprire gli occhi, ero nella mia stanza d'albergo, pensai che fosse passato tanto tempo ma l'orologio segnava appena cinque minuti.
Nonostante il breve tempo trascorso, mi sentii stranamente riposato e pieno di energia, soprattutto ero affamato come mai capitatomi prima di allora.
Scesi le scale per raggiungere il ristorante, mangiai quattro volte quello che avrei mangiato normalmente ma ciò non riuscì a saziare la mia fame, questo mi lasciò incredulo però non ne fui preoccupato.
Quello che realmente mi lasciò scioccato fu scoprire di aver dormito ventiquattro ore e cinque minuti, realmente i cinque minuti che pensavo fossero il tempo del sonno, seguirono alle ventiquattro ore già trascorse prima.
Quando andai a bere il mio whisky al lobby bar infatti, il barman disse di non avermi visto la sera prima, appena sedutomi al banco.
Non volli dar peso a tutta questa storia senza indagare oltre, mi convinsi che fosse dovuto alla stanchezza del viaggio aereo e le due notti passate con Athanasia.
La stessa sera, rimasi fino alla chiusura, nella speranza di vederla ancora, ma purtroppo non fu così.
La settimana giunse al termine, arrivò dunque il momento di rientrare a casa, ultimai la recensione di quel hotel, scrissi l'articolo per il giornale e quindi lo spedii via e-mail.
L'hotel che mi aveva ospitato era idoneo alle caratteristiche previste e quell'isola mi aveva convinto.
Le spiagge erano belle e ben organizzate, il ristorante serviva piatti di ottima qualità, l'operatore turistico che aveva pagato la pubblicità aveva ottenuto il suo pezzo sul giornale.
Il mio cuore, nel frattempo, era rimasto senza vita tra quelle lenzuola ma come avevo imparato tempo prima: - ciò che gli occhi non vedevano, non esisteva - .
L'aereo mi avrebbe portato lontano ed io avrei presto superato la cosa.
Un taxi pronto, fuori nell'atrio, mi stava aspettando con il motore acceso, il mio bagaglio era pronto già dalla sera prima, il corpulento conducente scese dall'auto e mi aiutò a caricare la valigia prima di dirigerci all'aeroporto, appena arrivato indossai i miei auricolari, erano inconsapevolmente diventati il mio portafortuna di volo.
Sperai che questa esperienza non fosse l'ultima, infatti al mio arrivo a Roma andai subito dal direttore, il quale mi accolse con gioia, dimostrandomi il suo apprezzamento per il lavoro svolto.
Stefano era un ragazzo piuttosto giovane che aveva lavorato molto per diventare il direttore di quella rivista, con il tempo aveva raggiunto grandi risultati e sviluppando la versione - on-line - riuscì a renderla tra le più lette d'Italia.
Ci incontrammo quando avevo poco più di diciotto anni, mi proposi a lui come giornalista pur non avendo alcuna esperienza in merito, ovviamente non mi diede un soldo per farlo finché non incominciai a dare dei risultati, ma dopo qualche anno imparai a conoscerlo.
Forse ero riuscito ad ottenere lo spazio che tanto avevo desiderato: c'era un mondo intero da vedere e valutare, io sarei stato colui che avrebbe descritto ogni aspetto del viaggio organizzato, grazie agli introiti della pubblicità e quelli dei lettori della rivista.
Dopo qualche giorno di riposo mi chiamò Stefano, aveva qualcosa per me dicendomi di raggiungerlo in ufficio.
Il mattino seguente andai in redazione per sentire quale fosse la novità, mi presentai col sorriso e le mani tese, era il mio modo di scherzare con lui quando mi aspettavo un premio.
Mi disse di accomodarmi per vedere insieme le possibilità, un viaggio verso il sud Italia oppure in Tunisia.
Lo guardai con freddezza e gli risposi, - accetto le due opzioni - in fondo il sud Italia lo avrei potuto raggiungere con la macchina e non sarebbe stato un problema scrivere l'articolo mentre ero in volo per Tunisi.
Gli proposi una soluzione alternativa, prendere un volo per la Tunisia, due giorni dopo la mia partenza per Chieti, direttamente dall'aeroporto di Bari, pensai fosse una buona soluzione per gestire entrambe le destinazioni.
- D'accordo... come vuoi - la mia idea gli piacque, avevo dalla mia parte la libertà di muovermi senza dover rendere conto a nessuno, la voglia di viaggiare e la giovane età.
La struttura alberghiera che avrei dovuto raggiungere si trovava precisamente a Francavilla al Mare, presa l'auto e pianificato il percorso fui pronto per affrontare il viaggio al mattino.
La chiave nel quadro, mezzo giro e l'auto era in moto, la strada che mi portava in direzione sud nonostante avesse qualche buca, procedette senza intoppi, tanto che, mi ritrovai con qualche minuto d'anticipo rispetto alla previsione del navigatore.
L'hotel questa volta era di due categorie o forse tre più bassa, l'importante però, era il suo rapporto relazionato con il prezzo, la prima cosa da notare era lo stato di manutenzione e cura della struttura, in questo caso, a parte qualche segno del tempo l'albergo mi diede una buona impressione. Il personale del ricevimento si mostrò subito molto gentile e attento alle mie richieste, presi la chiave quindi raggiunsi la mia stanza.
Era troppo semplice recensire una struttura come quella, non molti servizi offerti rendevano l'accoglienza turistica del posto essenziale, quindi la proprietà avrebbe dovuto puntare sulla pulizia, la qualità del servizio ed ovviamente la ristorazione.
Sarebbe bastato un giorno per valutare il tutto, quindi mi misi subito a curiosare in giro come d'abitudine, amavo quel giardino che dava ossigeno sul retro dell'hotel anche se non c'era una piscina, con pochi passi ci si ritrovava difronte al mare, fu proprio lì che arrivai, grazie al sentiero che partendo dal giardino conduceva alla spiaggia.
Un tipo bassino sulla quarantina mi si avvicinò non appena fui entrato in spiaggia, - ...prende l'ombrellone? - immaginai che fosse il responsabile del lido, dunque gli chiesi se fosse collegato con l'albergo, alla domanda rispose che tutti gli ospiti dell'hotel avevano diritto ad un ombrellone ed un lettino, la qual cosa mi piacque.
Rientrato in albergo era già l'ora di pranzo, il ristorante aveva una parte esterna quindi decisi di sedermi sul terrazzo, fortunatamente questa volta il ristorante era - alla carta - con servizio al tavolo, la clientela era piuttosto silenziosa nonostante fosse numerosa ma la cosa migliore era l'ottima scelta di pesce.
Passai il resto del pomeriggio sul balcone in camera scrivendo quanto appreso sino a quel momento, finché la sera incominciò a farsi vedere, nonostante qualche pecca della stanza rimasi affascinato dalla vista del parco, soprattutto con l'illuminazione.
La cena aveva qualche punto di gradimento in più rispetto al pranzo consumato in precedenza, al termine infatti, decisi di complimentarmi con il cuoco poi mi diressi al bar.
Il mio vizio si chiamava whiskey più precisamente Jack, infatti, la mia frase d'esordio poco prima di sedermi, non appena controllata la presenza della mia marca preferita era - ...un Jack con due cubetti di ghiaccio, per favore - .
Il barman, stavolta particolarmente discreto, appoggiò il bicchiere sul dischetto di carta che aveva sistemato precedente, - ...prego! - non aggiunse alcuna parola mettendosi in disparte, forse avrei voluto scambiare qualche parola con lui, ma non mi sembrò il tipo adatto.
Spostai lo sguardo più avanti dove sedeva una ragazza riccia con i capelli rossi, mi sembrava una tipa simpatica, ci scambiammo un cenno con la testa per salutarci.
Avevo voglia di scambiare due chiacchiere con qualcuno e quella rossa mi sembrò un possibile interlocutore, - ...sei sola? - .
Mi rispose di si, precisando che la sua amica non era scesa per cena a causa di un malessere, ma essendo in vacanza, lei aveva comunque deciso di fermarsi qualche minuto al bar prima di andare a letto.
Le sorrisi sollevando il bicchiere, - meglio così... - , mi avvicinai per presentarmi ad Elena, si chiamava così, dimostrò subito una buona predisposizione al dialogo, ed io, ne fui contento.
Era una ragazza molto simpatica, non particolarmente bella ma sicuramente affascinante, anche se le mie intenzioni non erano quelle di provarci mi accorsi di piacerle, da bambino imparai che una signora deve sempre essere trattata come tale, quindi non le lesinai qualche complimento, più o meno sincero.
Volli comunque regalarle una serata diversa e quando i nostri bicchieri furono vuoti la invitai ad una passeggiata sul lungomare, - ...oppure un gelato? - , lei accettò di buon grado.
Mi raccontava della sua lunga relazione, appena conclusa, con un ragazzo un po' più giovane di lei del quale probabilmente era ancora innamorata, lamentandosi di quanto quest'ultimo fosse infantile ed altre cose che mi incominciavano ad annoiare.
L'esperienza vissuta a Creta mi insegnò che vivere il momento, spesso, era molto più intenso e gratificante che cercare una realizzazione nel lungo periodo.
Decisi di interromperla con qualcosa di inaspettato, quindi, le dissi che il destino ci aveva voluti insieme per approfittare di quella splendida serata e soprattutto del mare.
Le presi la mano e le indicai la spiaggia, sul bagnasciuga mi tolsi tutti i vestiti di dosso e la invitai a raggiungermi nell'acqua, il mare non era freddo come mi aspettavo, quindi la rassicurai.
Dopo qualche timida resistenza mi raggiunse, fu in quel esatto momento che incominciai a recitare la parte del romantico, sfoggiando una sicurezza in me stesso che non avevo mai avuto prima di allora, non esistono persone perfette ma attimi indimenticabili e questo momento sarebbe potuto diventarlo.
Non era piena la luna, ma il suo riflesso nel mare illuminò comunque gli occhi di Elena poco prima che la baciassi, le dissi che era speciale e chiunque non lo avesse visto non la meritasse. Purtroppo lei era in cerca di certezze, quelle che sicuramente non avrei potuto darle io, pensava troppo al domani.
Ci furono ancora baci e parole dolci tra noi, avrebbe voluto restare con me anche il giorno dopo, mentre io pensavo alla Tunisia, ero un tipo solitario in più amante della sua condizione.
Non facemmo l'amore quella notte ma le promisi che ci saremmo visti il giorno dopo, le mentii sapendo che avrei preso l'aereo l'indomani a Bari.
Le sarei rimasto nei ricordi come qualcosa di incompiuto, forse avrebbe imparato ad approfittare del momento come me, oppure mi avrebbe semplicemente maledetto per averle mentito, il fatto era che non me ne importasse molto.
L'aeroporto era pieno di gente ed io dovevo lasciare l'auto al parcheggio in tempi accettabili, trovato il posto ad un prezzo folle e soprattutto lontanissimo dall'ingresso, finalmente mi presentai all'imbarco del volo.
Auricolari nelle orecchie, sfuggire agli sguardi ed ignorare gli altri passeggeri, diventarono i miei propositi di viaggio insieme al fingere interesse nella spiegazione delle regole di sicurezza impartite dagli assistenti di volo, meglio se arricchite da espressioni di stupore, poi incrociai le dita perché sarei andato su nel cielo ancora una volta.
Questa volta avevo avuto l'intuizione di attendere fino all'ultimo passeggero all'imbarco, - il premio ottenuto? - , oltre una comoda attesa seduto sulla poltroncina durante lo smaltimento della coda fu anche un posto a mia scelta tra quelli rimasti vuoti, ma la cosa ancora migliore fu l'intera fila tutta per me.
Mi permisi il lusso di alzarmi un paio di volte pur di sgranchirmi le gambe, visti gli spazi stretti concessi alle gambe dai sedili anteriori, mi sembrò un vero e proprio miracolo.
Sinceramente avevo visto - la prima classe - soltanto nei film americani e ovviamente non era questo il caso, sentivo lo scricchiolio dello scafo ovunque, la compagnia aerea era pressoché sconosciuta, questo era dovuto al risparmio economico del giornale sul mio viaggio.
Quando la punta andò su, giurai di aver visto l'aereo stentare il decollo ma fortunatamente lo completò portandoci, nonostante gli scossoni, sani e salvi in Tunisia dove provai la forte tentazione di applaudire come gli altri al suo stop sulla pista d'atterraggio.

Questa volta avrei dovuto compiere un tour della Tunisia in pullman, organizzato dall'operatore turistico per una settimana, dunque avrei dovuto cercare uno di quei tizi col cartello in mano con scritto sopra - qualcosa... tour - .
Controllato il nome, appena uscito dalla giostra delle valige, vidi una specie di giocatore di pallacanestro che si agitava in mezzo agli arrivi dell'aeroporto.
Avremmo dovuto seguirlo fino allo spiazzo dedicato agli autobus, dove ci avrebbe lasciato nelle - ottime - mani di un altro tizio che sembrava non dormire da giorni.
Il viaggio sarebbe iniziato il mattino seguente, per cui fummo lasciati al primo hotel previsto dall'itinerario, che si trovava in centro, questo mi diede il tempo di rilassarmi in camera, sempre dopo la lunga attesa per l'assegnazione delle stanze, praticamente una tombola con tanto di esultanza ad ogni estrazione del numero, fui talmente contento che esultai anch'io quando dissero il mio nome.
Tunisi era una città interessante ma abbastanza caotica, mi feci un giro nei dintorni per apprezzarne alcuni negozi, riguardo la parte architettonica invece, ero sicuro che avremmo avuto delle spiegazioni storiche più dettagliate dalla guida l'indomani.
Il ristorante era self service quindi volli raggiungerlo prima possibile, tenendo conto che i tedeschi sarebbero stati lì in coda qualche minuto prima dell'apertura alle sette, un orario per me impensabile per la cena.
Durante il tragitto in pullman non ho fatto molto caso ai turisti che avrebbero fatto parte del viaggio organizzato, ma sicuramente li avrei conosciuti durante la settimana, a prima occhiata notai solo coppie e vecchi, insomma non mi aspettavo grandi frequentazioni.
Con immenso dispiacere notai la mancanza del mio amico Jack al bar, dovetti tradirlo con Johnny quella sera, scoprii anche con sgomento, che per qualche strana ragione i barman del posto usavano un dosatore di metallo, per cui avrei dovuto prendere un whiskey doppio pur di vedere il mio bicchiere pieno.
Comunque quella sera non vidi praticamente nessuno intorno al bancone, optai per un sonno rifocillante dato che ci saremmo dovuti radunare nell'atrio alle sei del mattino.
Non ebbi il tempo di disfare le valige e considerato l'itinerario del viaggio, non avrei potuto farlo nemmeno le notti a seguire, cercai quindi di razionalizzare l'organizzazione dei vestiti all'interno del bagaglio, dato che non ci avevo pensato prima di partire.
Non ero mai stato un estimatore del - mattino presto - e purtroppo quella mattina era prestissimo, senza raggiungere la fase REM del sonno, mi trovai in bagno a prepararmi prima di raggiungere i miei compagni di sventura.
Mi portai dietro un taccuino per appuntare tutto quello che mi avrebbe catturato l'attenzione, le sensazioni che provavo, gli eventuali disagi o piaceri. Sull'autobus avrei gradito un posto isolato ma per ovvi motivi mi fu impossibile, dunque potevo solo sperare in un vicino non troppo ingombrante.
Il mio desiderio fu esaudito in parte, almeno per quanto riguardava la corporatura, purtroppo il compagno capitato al mio fianco, non riusciva a tenere la bocca chiusa, mentre io avrei gradito ancora qualche minuto per recuperare il sonno perduto la notte prima.
Era un commercialista di mezz'età senza un capello in testa, mi stava raccontando di come fosse stato facile per lui far risparmiare i soldi delle tasse ai suoi clienti, mi disse che gli valse persino una Ferrari in regalo da un imprenditore ricchissimo, gli diedi poco credito, notando appunto la vacanza che stava facendo.
La parte più interessante del momento, era tutta quella che si trovava fuori dal pullman, la bellezza ed il mistero racchiuso in ogni granello di sabbia del deserto che stavamo percorrendo, tutto questo spettacolo era disturbato da continue interruzioni causate dalla voce della guida, che attraverso il microfono raccontava aneddoti, leggende e credenze popolari, probabilmente inventate per impressionare i turisti.
Infischiandomene delle buone maniere, indossai il mio - amuleto scaccia società - gli auricolari, quando finalmente arrivammo a Qayrawan, una città ricca di fascino nel panorama islamico, a me personalmente valse la conoscenza di una splendida ragazza calabrese mora con gli occhi castani, che vidi spuntare dall'autobus inaspettatamente.
Mi era sfuggita la sua presenza nel bus, in mezzo ai tantissimi passeggeri a bordo, appresi successivamente che Greta era in viaggio da sola, non le diedi retta per tutta la gita nella città, sapevo che questa strategia mi avrebbe reso più interessante, lasciandole quindi, la possibilità di decidere quando avvicinarsi a me.
Sul pullman, infatti, mi chiese se poteva sedersi sul sedile accanto al mio, evidentemente anche a lei toccò un vicino fastidioso nella prima parte del tour.
Ne fui contento, il fatto che ci trovassimo attratti l'uno dall'altra era abbastanza visibile, notai anche qualche occhiatina sarcastica da parte di alcuni vicini curiosi.
La traversata era appena iniziata, dunque non avevo avuto ancora modo di conoscere praticamente nessuno dei visitatori presenti, certo di averne il tempo durante le successive soste, mi limitai ad ignorare ogni pregiudizio da parte loro nei miei confronti.
Come spesso accade in ambienti ristretti ed obbligati a condividere lo spazio limitato per ore, la noia e la fatica presentavano spesso il conto aiutati soprattutto dal caldo che fuori raggiungeva i cinquanta gradi all'ombra, incominciarono ad apparire i soggetti più esuberanti con le loro lamentele, barzellette ed altre manifestazioni di protagonismo.
Fortunatamente a lato avevo Greta che mi intratteneva con il suo accento marcato, facendomi domande per poi aggiungere subito dopo, - ...se vuoi dirmelo - mi faceva sempre ridere ogni volta che lo faceva.
Lei era una giovane parrucchiera che aveva messo da parte i soldi per l'agenzia e vedere il Sahara, il perché fosse partita da sola mi era sconosciuto ma non le chiesi mai il motivo.
Giungemmo presto al nuovo hotel che ci avrebbe ospitato quella notte, solito giro assegnazione stanze, avrei dovuto abituarmici perché sarebbe stata una costante del viaggio.
Ammisi l'intenzione di finire nel letto di Greta, promettendomi che lo avrei conseguito in tempi brevi, le lasciai comunque lo spazio per conoscere gli altri protagonisti di quella folle avventura, approfittandone io stesso.
Fondamentalmente erano tutti accompagnati da consorti, fidanzati o amici, lei ed il commercialista oltre me, erano gli unici ad avere stanze singole.
Il ristorante dell'albergo era scarso di cibo, sia quantitativamente che qualitativamente, pur riconoscendo la posizione isolata nel deserto non ritenni la cosa accettabile date le continue visite di gruppi organizzati da tutte le parti del mondo.
Mi diressi verso la piscina appena ebbi cenato, pensai fosse una buona idea, oltre che bizzarra nuotare nel deserto, evidentemente non fui l'unico ad averlo pensato, trovai infatti qualche ospite straniero in acqua.
Greta mi raggiunse precisando che non sarebbe entrata nella piscina per nessuna ragione al mondo, facendomi giurare di non tentare alcuno scherzo acquatico.
Le promisi che non lo avrei mai fatto, giurandole persino di difenderla da qualsiasi pericolo le fosse occorso.
Fare il bagno con quel caldo la notte era piacevole ma volevo provare ad addentrarmi nel deserto circostante la struttura, invitando Greta e chiedendole di fidarsi di me.
Lei mi seguì, anche se non avrei di certo potuto giurarle che non saremmo stati attaccati da qualche strano animale notturno nelle vicinanze, non ne avevo la minima idea di cosa potessimo trovarci dentro.
Sicuramente lo splendido cielo stellato valeva ogni rischio, c'era anche il plenilunio e da quando incontrai Athanasia in Grecia sentivo una strana energia provenire dalla luna, certamente non ricordavo nulla di simile prima di allora.
Ancora una volta mi venne in soccorso il cielo, con le sue stelle lucenti, per ottenere un momento passionale il quale ci regalò un meraviglioso bacio.
Avevo raggiunto il mio obbiettivo, infatti la mattina dopo, ci svegliammo abbracciati nel mio letto, anche se non posso dire di aver vissuto un rapporto indimenticabile, lei fu molto passionale ma nello stesso tempo mi sembrò un po' artificiale e costruita.
Pensai che fosse prigioniera del suo personaggio, una ragazza insicura e profondamente timida, che doveva dimostrare agli altri un temperamento caloroso date le sue origini meridionali.
Indubbiamente aveva un fisico strepitoso, ma non ero riuscito a sentire la sua vera anima, la strinsi comunque, fortemente a me dicendole di aver ricevuto un dono prezioso incontrandola.
Ci aspettavano circa trecento chilometri di strada per raggiungere Tataouine dove avremmo assistito ad una festa berbera, quindi ancora una volta di buon mattino, ci incontrammo con gli altri per fare colazione prima di salire sull'autobus.
Greta mi ispirava tenerezza, soprattutto il suo modo di cercare conferme nel mio sguardo, lei mi conosceva appena e dopotutto si era concessa subito, tutti in fondo, hanno il bisogno di sentirsi speciali e quindi la rassicurai continuamente in viaggio con gesti affettuosi.
Arrivati a destinazione dopo qualche sosta, tra sonnellini e noiose spiegazioni storiche, ci portarono a visitare delle particolari costruzioni abbandonate, che furono utilizzate persino nel film - Star Wars - .
All'imbrunire ci fecero accomodare in dei tavoli intorno ad un palco dove si esibirono dei musicisti vestiti con abiti della tradizione tunisina, mentre una splendida ragazza ballava la danza del ventre, in quella tavolata presto ci avrebbero servito una cena tipica, a base di carne di cammello cotto in speciali contenitori sotto la sabbia durante la calura diurna.
Non mangiai praticamente nulla lì, rimasi affascinato comunque da quel particolare scenario e dalla notte trascorsa in tenda con gli altri, mentre Greta dormiva abbracciata a me.
Il rientro verso nord fu intervallato da brevi soste e destinazioni pressoché costiere, gli alberghi che ci assegnarono avevano migliore qualità e soprattutto delle viste spettacolari sul mare.
Rientrammo a Tunisi per l'ultima notte prima di ripartire.

Greta fu una splendida compagna di viaggio ma sapevo che non sarebbe stato possibile continuare la nostra storia in Italia, prima di partire ci lasciammo con la promessa di sentirci presto pur sapendo che sarebbe stato un addio.
La Tunisia fu un'esperienza unica, capace di lasciarmi un ricordo indelebile che mi sarebbe tornato in mente spesso negli anni successivi, soprattutto per la bellezza e la singolarità del deserto.
Dedicai una pagina intera al tour, mettendo in risalto le oasi di montagna, il deserto e tutta la costa.
Stefano al mio ritorno mi disse che il pezzo inviatogli lo aveva emozionato, promuovendolo a - miglior articolo - da me scritto in assoluto, colsi quindi l'occasione per chiedergli quale altra destinazione avrei dovuto raggiungere e quando sarebbe stato possibile partire ancora.
Mi guardò con un'espressione da furbetto e sollevando dalla scrivania un foglio mi disse, - cosa ne pensi dell'Egitto? - .
Una smorfia mi apparve sul viso, fu prodotta da una combinazione tra felicità e commozione, - penso che... tempo per una doccia prima di partire? - .
Stefano mi diede il foglio e sorridendo mi augurò il meglio, Nuweiba sarebbe stata la mia nuova meta, quattro giorni più tardi.
Non era una destinazione di massa ma consigliata ad un pubblico più di nicchia, a circa una cinquantina di chilometri da Dahab, molto vicina ad Israele, giusto difronte l'Arabia Saudita.
I miei genitori non erano molto contenti della mia nuova vita, continuavano a chiedermi se avessi intenzione di farmi una famiglia o meno, la mia risposta era nella soddisfazione e l'eccitazione che precedeva ogni mio spostamento, pensavo che avrei avuto tempo per il futuro.
La giovinezza non sarebbe durata in eterno e non avrei trovato sicuramente una donna capace di accettare un lavoro come il mio, i miei genitori lo sapevano bene, ma pensavo che la vita andasse vissuta nella sua pienezza.
Avevo bisogno di sentirmi vivo, l'esperienza vissuta con Athanasia mi era rimasta tatuata sulla pelle, lei mi scorreva ancora nel sangue e mi aveva cambiato profondamente in poco più di ventiquattro ore.
Al mio risveglio, dopo quello strano sogno, mi ero trasformato in una farfalla, abbandonando la crisalide che mi ancorava al ramo di un albero, ora ero libero, quello che vivevo era molto più intenso e nitido rispetto a prima.
Divenni una farfalla libera con l'istinto di un lupo solitario, prigioniero solo del fascino lunare.
La mia musica preferita nelle orecchie, grazie agli auricolari, scandiva il tempo che mi separava dal prossimo volo in aeroporto, assimilati i concetti basilari dell'attesa e dell'imbarco, mi trovai nuovamente seduto a trattenere il fiato in fase di decollo, sarei dovuto atterrare a Sharm El-Sheikh, per poi raggiungere Nuweiba a centoquaranta chilometri con un'auto a noleggio.
Ero un po' nervoso, anche perché, sarei atterrato in tarda serata ed avrei dovuto guidare di notte per chilometri in una strada a me sconosciuta.
Appena atterrato mi diressi subito all'ufficio della compagnia di noleggio, la macchina prenotata era una piccola utilitaria, - ancora quei tirchi della redazione - pensai, una volta messa in moto seguii le indicazioni per l'hotel.
Come previsto mi trovai in una strada deserta senza nessuna indicazione, dovevo fidarmi del navigatore.
Dopo circa un'ora di strada dritta, montagne e deserto, vidi un cartello che indicava Dahab a venti chilometri, questa informazione mi tranquillizzò, mi trovavo nella direzione giusta ed in mezz'ora sarei giunto a destinazione quando; un'incontro inaspettato mi fece stoppare l'auto in mezzo alla strada.
Un dromedario bianco mi apparve d'improvviso sul lato destro della carreggiata, sembrava selvatico, mi fissò per qualche istante prima di attraversare la strada e dirigersi verso la montagna vicina.
Continuai a guidare mentre cercavo di razionalizzare ciò che avevo appena visto, era una rara casualità oppure un segno da decifrare, non ne venni a capo ma arrivai finalmente alla meravigliosa struttura dove mi sarei fermato per la settimana.
Il Resort si affacciava sul sul golfo di Aqaba ed era suggestiva la vista delle montagne alle spalle, mi accolse il receptionist che effettuava il turno di notte assegnandomi una stanza matrimoniale di grandi dimensioni, dove presi immediatamente sonno.
Il mattino dopo mi resi conto ancora di più della maestosità di quella struttura, curata in ogni angolo, piena di vegetazione e con ben tre piscine, il ristorante si divideva tra l'interno dell'atrio e l'esterno fino alla prima piscina, le dimensioni erano importanti, dunque lasciava posto a qualche centinaio di coperti.
La sala era semi vuota e molto ordinata, gli ospiti erano provenienti da tutte le parti del mondo, amavo la loro tranquillità nel prendere le vivande senza fretta ma soprattutto senza esagerarne le porzioni.
Un'infinita scelta di cibo perfettamente distribuito, rendeva semplice la scelta della colazione che avrei presto consumato e la freschezza degli alimenti, garantivano il piacere di gustarli.
Prendendomi il dovuto tempo, mi misi a curiosare tra la reception, i negozi di abbigliamento e suppellettili, lungo una galleria che terminava dinnanzi all'ingresso della SPA, era tutto così ben studiato ed organizzato, probabilmente creato per grandi numeri di ospiti che sicuramente sarebbero arrivati in periodi di alta stagione.
L'hotel era sicuramente dispersivo ma non riuscii a trovarne un solo difetto, ero sicuramente soddisfatto di ciò che stavo osservando quindi mi diressi verso la spiaggia.
Uno spazio esteso si apriva sul mare color turchese, una gioia per gli occhi, ombrelloni di paglia con lettini in bambù ben distanziati tra loro, indubbiamente, non c'era nulla che rendesse difficile la valutazione del resort al massimo degli standard conosciuti, mi restava il tempo per provare il ristorante sulla spiaggia, quello in piscina e quello self service che già avevo apprezzato per la colazione.
Mi avvicinai al bar più vicino al mare per dissetarmi quando; sentii delle urla provenire dal bagnasciuga qualche metro più avanti, era un ragazzo tedesco che malauguratamente aveva avuto uno spiacevole incontro nell'acqua, infatti una grossa murena gli aveva staccato una mano, quindi si stava dissanguando in una pozza rossa proprio lì davanti.
Intervenne immediatamente la sicurezza della spiaggia, portandolo in infermeria, questa immagine traumatizzò ogni spettatore involontario presente, me compreso, l'accaduto mise in chiaro le regole della natura, rendendo amara quella esperienza fino ad allora paradisiaca.
Il repentino intervento dei medici assicurò successivamente la salute del malcapitato, che aveva suo malgrado, sfidato la sorte inseguendo quel pesce fino alla barriera corallina.
Pensai di uscire per distrarmi dall'accaduto, Dahab era vicina ed i suoi mercati, erano rinomati per essere particolarmente belli, comprai anche un CD di una cantante che amavo, anche se trovai bislacco che le foto presenti al suo interno, fossero state censurate con un pennarello nero per nascondere le spalle scoperte dell'artista.
I paesi arabi avevano un forte senso del pudore, nonostante sopportassero i bikini delle turiste, ne erano comunque moralmente infastiditi.
Il buio della sera incominciò a nascondere nuovamente il paesaggio circostante per lasciare spazio all'enorme distesa di luci nel parco della struttura, che illuminavano il cammino fino al ristorante della piscina dove decisi di cenare.
Ordinai un pesce alla griglia che risultò particolarmente amaro, il condimento non riuscì infatti ad esaltarne il sapore, decisi quindi di concludere la cena con un dolce tipico del posto - la Konafa - , pur non essendo un appassionato di dolci.
Il mattino successivo decisi di provare una gita in barca organizzata dallo staff dell'hotel, eravamo in pochi a bordo, normalmente il fine settimana quella parte d'Egitto si riempiva di turisti provenienti da Israele quindi la struttura era quasi al completo, soltanto in pochi di loro, però, decisero di partecipare all'escursione in mare.
Fummo inseguiti da alcuni delfini durante il tragitto, tanto vicini che si potevano toccare, la sensazione di libertà mi pervase poco prima di notare un gruppetto di ragazze, molto probabilmente israeliane, di rara bellezza tra cui ne spiccava una che emanava talmente tanta luce da accecarmi.
Dovevo trovare il modo di conoscerla quindi, feci un respiro profondo ed armato di tanto coraggio mi unii al gruppo chiedendo se parlassero inglese, si dimostrarono subito molto socievoli dandomi spazio e rispondendo affermativamente alla domanda poi incominciarono ad interagire con me.
Leonardo De Benedictis
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