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Writer Officina Blog
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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana
di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, Non ora, non
qui, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri
sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese,
swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale
alcune parti dellAntico Testamento. Vive nella campagna romana dove
ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A
grandezza naturale", edito da Feltrinelli. |
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama
con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi,
attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano
Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di
ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera
(Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime
di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il
purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati
da Einaudi Stile Libero). |
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria,
si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata
alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice
emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre
Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato
a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".
Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé,
conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo
libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio
Strega 2021. |
Altre interviste su Writer
Officina Magazine
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Il Cacciatore
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Premonizioni
Erano trascorse all'incirca tre settimane dalla morte di Elena; Mike aveva chiesto a suo padre ancora un po' di tempo prima di tornare al lavoro. La tragedia alle Hawaii e la morte di sua moglie lo avevano sconvolto al punto da non riuscire a compilare una fattura commerciale. Il suo unico pensiero, ora, era quello di mettere in sicurezza la sua casa e proteggere suo figlio. Anche Primus si era ben organizzato per tenere sotto controllo Villa Anderson; qualunque mistero aleggiasse in quella casa, lui prima o poi lo avrebbe scoperto. Era circa mezzanotte. Prima di andare a letto Mike si recò nel suo studio e diede uno sguardo ai monitor di sorveglianza. Si accomodò in poltrona e riprese il resto della ricognizione. Allo stesso tempo Primus, a una decina di metri dal muro di cinta, nascosto nella chioma di un alto pino marittimo, controllava ogni movimento nella casa sul suo super tablet. Il mezzo utilizzato da Mike era un drone di ultima generazione con un'emissione sonora pari al respiro di un uomo. Vi erano installati dispostivi che definire solo sofisticati era un'offesa; lui non era un genio dell'elettronica, lui era il genio, e avere in casa prodotti commerciali non faceva al caso suo. Dopo innumerevoli giri di perlustrazione, quella figura tra i rami del pino che il sistema a infrarossi aveva rilevato, era sempre lì. Era troppo grosso per essere un uccello appollaiato; quale altro animale si arrampicherebbe sul tronco di un pino e andrebbe a dormire tra i suoi rami? Era giunto il momento di scoprirlo. Il drone, reso invisibile dal buio, sorvolò silenziosamente la chioma, e uno degli strumenti connessi, una speciale termocamera a temperatura costante, inviò a Mike un'immagine che lo rese furente. - Brutto fijo de ‘na mign... - esclamò. - Ora ti faccio vedere io. - Svuotò tutto il ghiaccio che aveva in una bacinella e la riempì d'acqua, ci mise in ammollo un lenzuolo matrimoniale, mentre lui si diede una bella rinfrescata sotto la doccia senza togliere i vestiti. Anche quelli dovevano essere raffreddati. Senz'altro non era piacevole considerato il periodo invernale e il fronte decisamente freddo proveniente dalla Siberia che stazionava da giorni sulla zona, e lo fu ancora meno quando si nascose sotto il lenzuolo grondante di acqua ghiacciata, ma il gioco valeva la candela, eccome! Come un vero fantasma nella notte, con una mazza da baseball in pugno e invisibile alla visione a infrarossi utilizzata da Primus, Mike si diresse indisturbato verso l'alto pino. Giunse senza fare rumore, fermandosi a una distanza di circa cento metri, si accovacciò dietro una quercia e, tremante per il freddo tenendo in mano uno smartphone, riportò in volo il suo drone, tenuto in pausa il tempo necessario per mettere in pratica il suo piano. L'apparecchio si posizionò proprio davanti a Primus, che lo avvistò quando ormai era troppo vicino. Fu l'esatto momento in cui Mike attivò un fascio luminoso potentissimo rivolto verso il nemico che, accecato e soprattutto scoperto, tentò di darsi alla fuga. Allo stesso modo di come lo aveva tirato su, la sottile fune d'acciaio lo riportò giù. Il Venator iniziò a correre, ma il drone era al suo inseguimento. Più che tallonarlo, lo spingeva verso la direzione di Mike, e Primus capì il suo gioco solo dopo essersi preso un colpo di mazza sulla faccia. Mike lo afferrò per il bavero e lo sbatté contro il tronco di un albero. Primus aveva già impugnato la pistola sempre presente dietro al cinturino, ma Mike, con una mossa fulminea che stupì lui stesso, lo mise al tappeto e s'impossessò dell'arma puntandogliela dritta in faccia. - Che vai cercanno, eh? Stronzo! - gli sbraitò. - Vedo che siamo piuttosto veloci - lo provocò Primus. - Tu ora mi dici chi cazzo sei e perché mi stai spiando. - I capelli di Mike lasciarono cadere alcune lacrime gelide sul viso di Primus che si mise a ridere. - Ti sei congelato per eludere gli infrarossi... okay te lo concedo, ottima mossa. Diciamo che non sei uno stupido. Vorrei un drone come quello, a chi posso rivolgermi? - - Ma... ma... mi stai prendendo per il culo? - gli urlò il padrone di casa. - Se non mi dici chi sei, ti faccio a pezzi, lo vuoi capire? - continuava premendo con forza la canna della pistola sul suo zigomo. - Non mi sparerai, invece. - - Vogliamo scommettere? La mia proprietà non si limita al muro di cinta, va oltre. Tu sei nella mia proprietà in piena notte, armato, e io mi sto difendendo. Facciamo che conto fino a tre e poi ti sparo. Uno... - - Facciamo che mi togli la pistola dalla faccia, me la ridai perché mi appartiene e cominciamo a parlare come due persone civili. - - Tu invece cominci a parlare con la pistola sulla faccia. D'accordo, non sono un assassino, ma un orecchio te lo stacco volentieri. Ora parlami di quella cosa che ti pende dal collo. Quel medaglione è apparso già una volta sul mio cammino, che significa? Appartenete a una setta? Chi cazzo siete? - - Te la puoi scordare una risposta. Sono in una posizione piuttosto scomoda, non mi è mai piaciuto stare sotto... e poi rivoglio le mie cose. - - Okay, testa di cazzo - gli rispose alzandosi. Si allontanò di qualche passo per riprendere la mazza. Al suo posto, per terra, pose la pistola. - Quando avremo finito di parlare, te la potrai riprendere. - - Pensi davvero di essere al sicuro privandomi della mia pistola? - disse scrollandosi di dosso polvere e residui di foglie secche. - Ne ho una nella tasca dello stivale che, devo ammettere, è un po' scomoda da impugnare... nel frattempo mi avrai dato un'altra mazzata sulla faccia. Però per quella nella manica, mi basta una semplice mossa - disse tendendo il braccio con una manovra secca, - per averla dritta in mano. - Ora Mike si ritrovava con una Beretta Pico puntata sulla fronte, solo che Primus non sapeva ancora di aver trovato pane per i suoi denti. - Sparami pure. Il mio drone sta registrando tutto, audio e video, e sta trasmettendo direttamente al mio computer dove non entrerai nemmeno se spari con un cannone. In poco meno di due ore, il file arriverà alle forze dell'ordine, a meno che io non disattivi il tutto. - Primus si arrese, non era da lui ma alla fine comprese di aver a che fare con qualcuno dalla tenacia peggiore della sua. - Hai visto quel medaglione al collo di un mio collega americano - spiegava riponendo la pistola, - mentre ti stava dando l'estrema unzione in un ospedale a Honolulu. Eri condannato, dovevi morire. C'è chi probabilmente ha considerato il tuo risveglio un miracolo, ma io la vedo diversamente. Sei stato morso da un Messor antithei e nessuno, dico nessuno, è mai sopravvissuto a un suo morso. - - Un Messor... che cosa? Che cazzo è? - - La bestia che ti ha ferito, un essere demoniaco. Il Messor uccide e basta, nessuno gli sopravvive, e ora viene naturale chiedersi... che succede se qualcuno gli sopravvive? Cosa diventa? Il suo schiavo? Il suo padrone? Diventa lui? - Mike non si trattenne e scoppiò a ridere. - Che... che... che cosa? Tu... tu stai sbarellando e non sai davvero quello che dici. Sei fuori... completamente fuori, e ora vattene, abbiamo giocato abbastanza. Un solo consiglio: non farti più vedere da queste parti o ti farò portare via in manette. - - Ma sì certo, come vuoi. Giusto per curiosità, che hai fatto di bello l'ultima notte di luna piena? - Notò che Mike non aveva capito l'antifona. - Sì, scusami, corrisponde alla notte in cui è stata uccisa tua moglie. - Mike inizialmente restò sulle sue. - E che vorresti sapere? Tutto quello che avevo da dire l'ho detto alla polizia e non devo certo rendere conto a te. E adesso sparisci! - esclamò voltandogli le spalle per andarsene. - Me ne andrò, Anderson, ma non sparirò. Puoi minacciarmi quanto ti pare, ma non smetterò di tenerti d'occhio. Ti consiglio di fare molta attenzione, Anderson, quella che tu chiami setta va a caccia di bestie. - Mike era già lontano ma non poté fare a meno di sentire le ultime parole di Primus. Setta, bestie, luna piena... che stava succedendo? Un dubbio atroce lo colpì, tanto che, appena rientrato, si precipitò al computer per fare una ricerca sulle fasi lunari di quel periodo. Il panico lo colse quando appurò che la luna piena brillava sulla spiaggia delle Hawaii quando l'orrida bestia li aveva attaccati. La sera della lite con sua moglie ricordò che quando aprì la finestra, l'enorme luna piena sembrava quasi volerlo strangolare. Un nuovo plenilunio si sarebbe verificato presto; cosa sarebbe successo?
I giorni per Mike trascorrevano nell'angoscia; l'incontro con Primus lo aveva turbato; si era chiuso in se stesso e occupava gran parte del suo tempo nello studio a fare ricerche su demoni, lupi mannari, creature soprannaturali e sette che andavano a caccia di bestie nelle notti di luna piena. Purtroppo non faceva che sprecare il suo tempo senza giungere a un risultato soddisfacente. Se quell'uomo si era messo in testa di stargli addosso, un buon motivo doveva averlo, sembrava fin troppo sicuro di sé e parlava di demoni come se per lui fossero all'ordine del giorno. Mike non aveva mai creduto a fandonie del genere; vampiri, licantropi, angeli o demoni altro non rappresentavano se non personaggi di fantasia, protagonisti di romanzi o film, ma l'essere con cui si era trovato faccia a faccia quella notte aveva ben poco di romanzesco. Era più che reale e aveva ucciso il suo migliore amico oltre ad aver compiuto una vera e propria strage di turisti. Ora però, era sorto un nuovo problema. Il malessere che lo aveva colpito circa un mese prima, si era ripresentato. Ricordò che era divenuto una vera e propria sofferenza e che aveva raggiunto il suo apice la notte in cui Elena era stata massacrata. Poi, non solo era stato meglio ma era tornato più in forma che mai. Dopo l'ennesima ricognizione notturna, stanco e assonnato, lasciò lo studio per recarsi in camera da letto. Lui stesso, il mese prima, l'aveva ripulita e ritinteggiata. Aveva raccolto i residui di sua moglie con le sue stesse mani, aveva buttato via il tappeto e tutto ciò che si era macchiato del suo sangue. Per il resto, ogni cosa era rimasta al suo posto: portaritratti, soprammobili, la pila di libri che lei aveva sul comodino, le sue scarpe a fianco del letto, i suoi vestiti nell'armadio, la pillola anticoncezionale nel primo cassetto del comodino. Tutto di lei era rimasto dov'era. Mike si lasciò andare tra le lenzuola con una certa inquietudine e mille pensieri per la testa. Primo fra tutti, Alex. Nei suoi confronti, suo figlio si mostrava sempre più distante, non gli rivolgeva la parola nonostante si fossero chiariti e, come se non bastasse, si era disinteressato a tutto: ai compiti, agli amici, non voleva più andare a scuola, non era più entrato nella casetta che avevano costruito insieme. Si era chiuso in un mondo tutto suo dove l'unica cosa che avesse voglia di fare era disegnare. Non più tramonti sulla pineta, ma corpi di persone fatti a pezzi in mezzo a una tinta rossa che lui definiva sangue. Lo psicologo lo vedeva due volte la settimana; l'ultimo particolare che Mike aveva notato e gli aveva riferito era che quando qualcuno gli parlava, Alex non interrompeva mai l'attività che stava compiendo, come disegnare, scrivere, gironzolare su internet. Sembrava non prestare attenzione a chi gli stava vicino. Quando invece era suo padre a parlargli, si fermava qualche attimo come fosse interessato alle sue parole, invece poi mollava tutto e senza dire niente né guardarlo, se ne andava.
Mike prese sonno mentre pensava in quale altro modo avrebbe potuto aiutare suo figlio. Nutriva la sensazione che potesse avercela con lui, ritenendolo in qualche modo responsabile della morte di sua madre, e se ciò corrispondeva al vero, allora si trovava davanti a un problema davvero serio. Alex era solo un bambino e se una tale idea si fosse radicata in lui, Mike avrebbe rischiato di perderlo. Ma questi pensieri sfumarono subito nella nebbia dei sogni, una nebbia molto fitta da non riuscire a vedere nulla. La nebbia si tinse di rosso e tutto a un tratto il sogno divenne un incubo, il peggiore che avesse mai avuto. Si svegliò urlando con tutte le sue forze, tanto che Simona accorse nella stanza per cercare di calmarlo. Nonostante le sue scosse, lui continuava a gridare, a piangere, finché sulla soglia, Alex, non gli gridò di smetterla. Mike riprese coscienza di sé accorgendosi di Simona che al suo fianco lo scuoteva, e di Alex che subito dopo avergli strillato tornò nella sua stanza senza dire altro. - Che cosa ti è preso? Stai bene? - chiese la cognata preoccupata. - Eri fuori di te. - Mike grondava sudore e ansimava. - Un incubo. Un incubo spaventoso. - - Ti va di parlarne? Magari ti aiuterà a stare meglio. - - No. Ma... che ore sono? Sembra mattina! - - È mattina - rimarcò Simona. - Sono quasi le otto e tuo figlio non ne vuole sapere di andare a scuola. Mike devi parlargli; posso capire che sia ancora turbato e che ci vorrà del tempo, ma deve reagire. - - Lo so. Sì, hai ragione, ma ora ho da fare. Pensaci tu, per favore, ancora per un po'... ho delle cose importanti da fare - la liquidò buttandosi giù dal letto. Senza neanche vestirsi, si precipitò nello studio dove trafficò con i suoi strumenti per circa un'ora. Aveva avuto un brutto incubo ma anche un'illuminazione, e c'era solo una persona con cui avrebbe potuto parlare.
Il cellulare vibrò all'interno della giacca senza emettere alcun suono. Primus ripose il binocolo elettronico e, guardando il display del telefono notò che qualcosa non quadrava: non compariva il chiamante. L'Ordine era in possesso di una linea privata segreta attraverso la quale comunicavano gli appartenenti alla congregazione e le alte sfere della Santa Sede, e ognuno di essi aveva un codice chiamante. Rispose quasi con un certo imbarazzo. - Pr... pronto? - - L'ultima e unica volta che ci siamo visti, non ti ho chiesto il nome - rispose qualcuno dall'altra parte. - Non te lo avrei detto. Posso sapere con chi ho il piacere di parlare? - - Anderson. - - Co... come? No, non è possibile! Come sei riuscito a entrare in questa linea... cioè... come diavolo... - - All'età di quindici anni sono finito in riformatorio perché ho violato il sistema informatico di una stazione missilistica russa e mi sono messo a giocare con i suoi missili, facendo entrare nel panico totale un'intera nazione. Ho rischiato davvero brutto quella volta, ma mio padre era un uomo importante e aveva le giuste conoscenze. Penso di essere un hacker con i giusti attributi, signor non so come cazzo chiamarti e solo uno come me avrebbe potuto progettare Il Muro, la barriera perfetta proprio contro quelli come me. Ma chi progetta una prigione, non può non lasciare una via di fuga segreta. Non pensi? - - Hai reso il concetto. Puoi entrare dove ti pare e fare quello che ti pare. Va bene. Torniamo a noi. A cosa devo questa chiamata? - - Devo parlare con te. - - Stiamo parlando. - - Intendo in privato, a casa mia. Non è qualcosa di cui parlare al telefono. E poi so che stai registrando. - - Oh... - sospirò il Venator. - Va bene, vuoi parlare con me? Pensavo di essere il nemico. - - Puoi venire armato se vuoi. Alle cinque di questo pomeriggio, a casa mia. Birra? - - Non ci è permesso bere alcolici. - - Analcolica? - - Vada per l'analcolica. Hai altre richieste? - - Sì. Basta spiarmi. Poco fa ho avuto l'impulso irrefrenabile di tirarmi giù i pantaloni e farmi una sega di protesta dentro al tuo binocolo. - Primus sospirò per l'ennesima volta.
Alle diciassette in punto il campanello di Villa Anderson intonò il classico din don, e il mezzobusto di Primus fu inquadrato sul monitor che Mike stava giusto guardando. Il grande cancello di entrata si spalancò, Primus rientrò nella macchina e dovette percorre altri cinquecento metri prima di raggiungere la residenza principale. Mike lo accolse sulla porta come avrebbe fatto con un vecchio amico tendendogli la mano, ma Primus restò sulle sue. - Non ho dimenticato che mi hai stampigliato una mazza da baseball sulla faccia. - - E io non sopporto chi mi bracca come un animale. - - Magari lo sei. Ho detto che ti avrei tenuto d'occhio e questo incontro amichevole non mi farà cambiare idea. - - Siamo ancora sulla soglia della porta e poi non è questo l'argomento. Se ti va di entrare seguimi, altrimenti rientra in macchina e vattene. - Primus lo seguì fino al suo studio senza smettere di guardarsi intorno e non potendo non notare il lusso e l'eleganza che lo circondavano. - Un ambiente molto fine, i miei complimenti. - - Mia moglie aveva ottimi gusti. Qualunque cosa tu veda in questa casa è stata scelta da lei, tranne questo - disse aprendo una pesante porta di mogano, - il mio quartier generale. - Il mobilio in stile rinascimentale che arredava lo studio sembrava quasi violentato dalle sofisticate strumentazioni elettroniche che per Mike erano necessarie come il pane. - È un abominio - mormorò Primus. - Lo so. Il contrasto tra molto antico e fin troppo moderno nella stessa stanza è un sacrilegio, ma questa è la mia vera casa e qui ho tutto quello che mi serve. Anche la birra - esclamò poggiando sulla scrivania due bottiglie che aveva tirato fuori da un mini frigo incassato in un mobile. Primus agguantò la sua e mandò giù diversi sorsi tutto d'un fiato. - Non male - si complimentò, poi spostò lo sguardo su Mike. - Sono tutto orecchi. - - Bene! Volevo parlarti di quella cosa... come hai detto che si chiama? Me... mes... - - Messor antithei. - - Sì, quello. - Mike dava l'impressione di essere piuttosto nervoso. - Quando dicevi che con il suo morso sarei potuto diventare qualcosa come... il suo padrone o il suo schiavo o lui stesso... mi dispiace deluderti ma non sono niente di tutto questo. - - Continua - lo esortò Primus notando che Mike tardava a riprendere il discorso. - Ma penso di essere collegato a lui in qualche modo. - - Spiegati meglio. - Dopo qualche titubanza Mike iniziò. - Quando ero a Tijuana, la notte prima di volare sull'isola ebbi un incubo piuttosto spaventoso. Sognai un essere davvero inquietante, un mostro molto simile a quello che ci attaccò. Nel sogno lo vidi infuriarsi contro un gruppo di persone: le aggredì con violenza, lacerando le loro carni, strappando loro gli organi, mutilando i loro corpi. Poi passò a un altro gruppo e a un altro ancora. Correvano ovunque, spaventati, ma in qualunque direzione fuggissero lui li raggiungeva. Alcuni di loro affondavano sotto il suo peso dentro qualcosa molto simile a... - - Sabbia. - - Esatto. - - Hai fatto quindi un sogno premonitore... aspetta! Sei stato morso il giorno dopo, come fai a dire che il sogno era legato a lui? - - Non lo so... magari per lo stesso motivo per cui sono sopravvissuto. - - E se invece fosse solo una coincidenza? - - Non è tutto. Quando ero... clinicamente morto, ho fatto un altro sogno. - - Di solito chi è clinicamente morto non sogna. - - Non dovrebbe neanche risvegliarsi se è per questo. - - Uno a zero. Continua. - - L'ho sognato di nuovo, in casa mia. Aveva trucidato la mia famiglia. Avrei voluto impedirglielo ma non riuscivo a muovermi... ero bloccato, come moribondo, come... - - Morto - concluse ironicamente il Venator. - Come se non esistessi. Subito dopo mi sono svegliato in un letto, intubato, nella mia stessa casa. - - Perché mi stai raccontando queste cose? Dove vorresti arrivare esattamente? - - Sull'isola ci fu un massacro e mia moglie è morta. Niente di nuovo per te, lo so, ma... al primo sogno ho pensato a una coincidenza, proprio come hai fatto tu. Al secondo ho cominciato a nutrire dei dubbi e poi... stanotte ho fatto un altro sogno. - Mike restò a guardare Primus come per aspettare da lui il permesso di continuare. - Ti sto ascoltando. - - Colpirà ancora, l'ho visto nel mio sogno. - - Stai cercando di farmi credere che i tuoi sogni prevedono gli attacchi del Messor? - - Non solo i suoi attacchi ma anche i luoghi dove colpirà. - - E dove dovrebbe colpire adesso? - - Piuttosto lontano da qui. - - Impossibile. Tutti i documenti presenti nei nostri archivi concordano sul fatto che il Messor attacca nello stesso posto per un po' di tempo; è l'unica cosa che ci permette di precederlo. - - Non mi sembra che alle Hawaii ci sia rimasto per molto. Il mese dopo era già qui e alla prossima luna piena sarà altrove. - - Non può essere. Non posso permettermi di pensarlo. Se i luoghi degli attacchi cambiassero di volta in volta sarebbe la fine. - - Accidenti! - urlò Mike. - Ti vuoi sganciare dalle tue cazzo di convinzioni per dieci minuti e darmi retta? Ti sto solo chiedendo di concentrare la tua attenzione altrove per questa notte. Potrebbe servire a salvare delle vite... molte vite. Hai detto che la tua setta va a caccia di bestie, no? Te la sto offrendo. - Primus sospirò. - E va bene. Dimmi il luogo. - Mike si calmò rilassandosi sullo schienale della poltrona. - Te lo dirò, ma a una sola condizione. - - Cosa? Prima mi fai una testa così per convincermi e ora che sono convinto mi poni delle condizioni? - - Sì. - - Mi stai rendendo nervoso, Anderson, e i tuoi giochi cominciano a non piacermi più. - - Accetta le mie condizioni, porca puttana! Vuoi salvarla quella gente o no? - - Parla maledizione! Che vuoi? - - Se ti dico il luogo e avrò ragione, tu la smetterai di braccarmi. Mi lascerai in pace. Tanto se continuerai a spiarmi o sarà qualcun altro a farlo, io lo scoprirò. E se avrò ragione, vuol dire che la bestia attaccherà in luoghi diversi ogni mese, che io verrò a saperlo nelle mie premonizioni e a te non dirò un cazzo quando verrai in ginocchio a chiedermi dove. - Primus restò a fissarlo irritato per alcuni attimi, poi espresse la sua decisione. - Così sia. - - Questo è un patto indelebile. - - Ho detto che va bene. Non ho bisogno di stringere patti o fare giuramenti. La mia parola è sacra. - - E questo è il mio numero - riprese Mike porgendogli un biglietto da visita. - Naturalmente ci tengo a sapere se ho ragione. - Primus rigirò il biglietto tra le dita più volte, poi lo inserì nella tasca interna della giacca. - Parla! - - Germania. Non conosco il posto. Nel sogno c'era un locale grandissimo, lussuoso e ben organizzato con musica, disc-jockey... c'era molta gente che festeggiava, ballava, rideva. Il posto era in mezzo a un'abbondante vegetazione, come in mezzo a un bosco; vedevo la luce della luna piena riflettersi sulle piante in un'area molto vasta. - Osservò che Primus continuava a guardarlo con fare inquieto come non sapesse che peso dare a una notizia simile. - Hai sentito quello che ho detto? - rimarcò Mike. - Sì... sì, sto riflettendo. - - C'è poco da riflettere. Stanotte c'è la luna piena. - - Sì, ma tu hai parlato di aver sognato non so cosa in mezzo a un bosco in Germania. Hai idea di quanto sia vasta la Germania? - - Era tipo... non so, c'era musica, un numero smisurato di persone; può trattarsi di una discoteca. Quante discoteche ci sono immerse nella vegetazione tedesca? Ho detto un bosco, ma può anche essere una vasta tenuta, una campagna... non c'erano altre luci o centri abitati per chilometri. - - Se non hai altre informazioni, vado a fare qualche ricerca. - - Aspetta! - Lo fermò mentre sfilava dalla tasca dei pantaloni un foglio piegato in quattro. - Appena mi sono svegliato ho scritto questi. - Primus aprì il foglietto. - Una fila di otto numeri e un'altra di sette. Che cosa sono? - - Non ne ho idea. Potrebbero essere numeri di telefono, numeri corrispondenti a lettere da cui ricavare informazioni... non lo so. So solo che quei numeri sono collegati al sogno. - Primus ripiegò il foglio e lo inserì nel taschino della giacca. - Vedo cosa riesco a scoprire. - |
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