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Writer Officina Blog
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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana
di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, Non ora, non
qui, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri
sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese,
swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale
alcune parti dellAntico Testamento. Vive nella campagna romana dove
ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A
grandezza naturale", edito da Feltrinelli. |
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama
con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi,
attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano
Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di
ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera
(Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime
di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il
purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati
da Einaudi Stile Libero). |
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria,
si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata
alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice
emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre
Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato
a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".
Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé,
conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo
libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio
Strega 2021. |
Altre interviste su Writer
Officina Magazine
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Amici del cappuccino
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- Luke! - Aveva i suoi riccioli infiniti al vento. Era finalmente riuscita ad averla vinta con sua madre che non perdeva mai l'occasione di legarglieli, di contenerli in ogni sorta di acconciatura possibile, ma non quel giorno. Poteva sentirne la morbidezza sulle sue spalle, osservarli muoversi al delicato soffio del vento estivo. I suoi occhi erano così raggianti, come il sorriso, e il sole solleticava la sua pelle d'ebano. - Mi mancherai, Luke... - sospirò accasciandosi sul prato. - Anche tu - pensai, ma non ebbi il coraggio di dirglielo. Avevo paura che, dicendolo, allora sarebbe stato tutto vero, lei sarebbe partita davvero, e io avrei perso la mia migliore amica. Mi strinsi nelle spalle, guardavo fisso sulle mie ginocchia rannicchiate, con tutta la forza cercai di non osservarla, ma non ci riuscii. Era bellissima, lo è sempre stata per me. - Sarà strano - gemette puntando il palmo della mano verso il cielo. - Cosa? - - Incominciare le superiori senza di te. - Si girò col busto verso di me e incurvò le labbra carnose. - Oh, perché il mio cuore batte così? - Forse perché desideravo baciare quelle labbra. - Sarà il nostro primo anno - sbuffò tirandosi su. Posò una mano sulla mia spalla e scosse la testa come per protesta. - Sarà la prima volta che mi separerò da te. - - Ma ci ritroveremo. - Strinse le labbra, stava cercando di trattenere le lacrime, perché sapeva che stavo mentendo, lei non se ne stava andando in una nuova città o in un altro stato, ma proprio in un altro continente! Quante possibilità ci sarebbero state di rincontrarsi? Poche, forse nessuna. Le foglie verdi degli alberi di fronte a noi ondeggiavano lente al soffio del vento, i raggi del sole ravvivavano il colore dei fiori che rivestivano il prato, eppure lei, per me era il fiore più bello, l'unico che avrei amato e venerato con tutto me stesso. - Da chi correrò quando mi dovrò lamentare del mio futuro fidanzato australiano? - ridacchiò asciugandosi una lacrima col dito. - E io? - borbottai. - Da chi correrò quando la mia ragazza mi avrà lasciato per il primo che passa... Ahi! - La guardai torvo. - Perché mi hai tirato i capelli? - - Perché nessuna ti lascerebbe mai - esclamò scuotendo leggermente la testa e mostrandomi il suo tipico sorriso beffardo. - Tu... sei perfetto - sospirò e socchiuse gli occhi. - Perfetto... Solo un'idiota ti mollerebbe - ripeté. - Tu mi stai mollando - pensai amareggiato. Non sapeva nemmeno che i miei sentimenti nei suoi confronti erano cambiati, e non lo avrebbe mai dovuto scoprire. Non volevo perdere la nostra amicizia. - Luke... - I suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. - Tu resterai sempre nel mio cuore - dissi, per rassicurare, più che lei, me stesso. - E tu nel mio. - Prese la mia mano e la portò al suo petto, e io presi la sua e la portai al mio. - Ayana - mormorai. - Luke - disse lei. - Amici del cappuccino - dicemmo in coro, sforzandoci di ritrovare un po' di allegria prima di ributtarci sul prato.
- Il solito, Dave? - Strizzando gli occhi, annuisce. - Poverino, è proprio un'insensibile. Lasciarlo così, a solo due mesi dall'incidente. Ginevra lo diceva. Voleva solo i suoi soldi, ma dopo l'incidente, i suoi soldi non li vedrà più. - Ah! La gente è proprio strana - penso mentre preparo l'ordinazione di Dave. - Ecco a te. Cappuccino scuro con cacao. - Appoggio la tazza sul bancone di granito nero. Gli rivolgo un caldo sorriso. - Offre la casa. - I suoi occhi sono meno gioiosi del solito. Solleva velocemente la testa brizzolata, neanche il tempo di portare la tazza alle labbra. - Lucky... - - Argh! Odio quando mi chiamano così. Se poi a farlo è Selena... - Sono stato costretto ad assumerla, ma non la sopporto. - Non ti preoccupare, sono anch'io il proprietario del bar, dopotutto. Non è di sicuro per un cappuccino che mio padre mi taglierà la testa. - Cerco di rassicurarlo. Dave è un brav'uomo, ricordo tutte le caramelline che regalava a me e ad Ayana, quando eravamo piccoli ogni qualvolta passavamo alla pasticceria. Un caffè non è niente. - Il bar sembra andare a gonfie vele da quando ci sei anche tu... - constata guardandosi intorno. - C'è più vita. - Ovvero, più giovani. - Sì, credo di sì. - Cerco di non darmi troppe arie anche se è la verità. Il bar non è più frequentato solo dai coetanei di papà, adesso ci vengono anche i loro figli. - Samantha e George sono davvero fortunati ad avere un ragazzo così intelligente, che non ha paura di lavorare e di mettersi in gioco. - - Grazie. - Mi è venuta una lieve fitta al cuore al suono delle sue parole; tutti, qui a Bleu Cœur, sappiamo quanto lui abbia sempre desiderato avere dei figli tutti suoi ma, purtroppo, non ha mai avuto fortuna in fatto di donne. Tutte cercatrici di dote. - Per caso ti serve qualcuno che ti possa aiutare in pasticceria? - Spero di non sembrare invadente. - Posso chiedere in giro. Sai che vorremmo darti una mano, se vuoi posso venire io stesso qualche volta. A me non dispiacerebbe. - - Ok, ora forse sembri troppo impiccione, Luke. - Mi rivolge uno sguardo gentile come il suo sorriso. - Ah, il vecchio Dave. - Mi dispiace. Ha bisogno di qualcuno che badi alla pasticceria, che lo sostenga, oramai non può fare tutto da solo, almeno finché la gamba non si sarà rimessa in sesto. Fa segno di - no - con la testa, mostrandomi sempre lo stesso sorriso. - Ho già chi mi dà una mano, grazie - sospira. - Davvero? - sorrido. - E chi? - vorrei chiedere, ma così credo di sembrare troppo curioso. Mi volto un secondo per osservare i vari clienti seduti nel locale. Scherzano, ridono, alcuni leggono semplicemente un giornale, altri sono al telefono o davanti al loro portatile, ma la cosa più importante è che sembrano tutti soddisfatti del nostro servizio e ciò mi rende felice. Dalla grande vetrata vedo che altri stanno per entrare. Per fortuna, ho Paul e Tina ad aiutarmi. Non ci credo... Ha rotto un altro piatto! Ah, no, dimenticavo, c'è anche lei. Cerco di non innervosirmi e mi riconcentro su Dave con un sorriso. - Nessuno sa fare i pasticcini come li fai tu, Dave. - Solo zia Louiselle. - Grazie - ringrazia sorseggiando il suo cappuccino che forse, per colpa mia, è diventato freddo. Dovrei fargliene un altro? - Squisito... - Okay, forse no. - Lucky! - Quante volte devo dirle di smettere di urlare e, soprattutto, di chiamarmi così? Abbozzo un sorriso e le faccio cenno con la mano che sto arrivando. - Ci vediamo, Dave, non abbatterti. Sai che senza i tuoi manicaretti non riesco a concentrarmi la mattina. - Ah, vederlo sorridere è una gioia. - E voi siete i miei clienti più influenti - ci tiene a farmi notare. Beh, sì, è vero. Tutta la nostra pâtisserie arriva da lui, tranne quella delle ultime due settimane che abbiamo dovuto per forza comprare fuori Bleu Cœur. E questo perché c'è un'unica pasticceria qui: quella di Dave - Lucky! - - Ah, ora devo andare a sentire che cosa vuole la matta da me. Ancora non capisco perché mamma mi abbia costretto ad assumerla. È un vero disastro! - - Abbi pazienza con lei, L... - La sto minacciando con lo sguardo, non oserà... - Lucky - ridacchia. - Mamma! - vorrei gridare, ma lo farò solo nella mia testa, non voglio morire. - Ti chiamo così da quando sei bambino. - Mi accarezza i capelli a fatica. - Ahi! - I miei occhi le stanno chiedendo perché mi abbia appena tirato i capelli. - Perché sei cresciuto così tanto? - Mi guarda dal basso verso l'alto e si massaggia poi il collo sbuffando. - E perché sei diventato così alto? Ah... - mormora sorridente dandomi una spintarella quasi cercando di farmi cadere dalla sedia. - Quando sto accanto a te e a tuo fratello, mi sento come una bambina. - - Non avresti dovuto sposare nonno George... - ridacchio, posando le mani sull'isola centrale della cucina. - Ancora non ci credo, sai? - Prendo una caramella al caffè della mia marca preferita dalla tasca dei pantaloni. Per miracolo è sopravvissuta alla giornata. La scarto e me la gusto lentamente. - Nonna Samantha e nonno George... - mugugno. - E zio Luke - borbotta, dirigendosi verso i fornelli. Quasi si confonde con l'arredamento nero opaco della nostra cucina openspace, poiché lei stessa è vestita di scuro. - Tuo fratello si è dato da fare, ora tocca a te. - Odio quello sguardo malizioso che mi sta rivolgendo e odio che mi ricordi che dovrei mettere su famiglia, ho ancora tutta la vita davanti e... - Non ho ancora trovato quella giusta. - Increspa le labbra in un sorriso e sospira. - Sai che parlo solo per parlare, è solo che sei un bravo ragazzo che ha avuto poche esperienze amorose. E non voglio che tu faccia la fine di Dave... - Si porta subito la mano alla bocca, come se fosse dispiaciuta per le sue parole e si volta subito verso i fornelli. - Comunque - cerco di cambiare discorso. - Ho notato che la stanza di Matt è praticamente vuota. - A parte per il letto, gli armadi e la scrivania, non c'è quasi più niente. - Perché? - - Abbiamo visite... - - Visite? - Vedo la sua nuca annuire. - Starà qui finché Dave non sarà in grado di rimettersi. Me lo ha chiesto lui e non potevo certo rifiutare. - A sentirla parlare sembra elettrizzata. - Forse questa sarà un'occasione per farti uscire da quella penosa roulotte. - - Ehi! Che cos'ha la mia roulotte che non va? - - E perché non ci dai un taglio? - penso con rammarico. - Che senso ha tenere quel coso fuori casa quando potresti abitare direttamente qua dentro? La tua camera non si è spostata, ti sta aspettando - Sta inspirando molto lentamente. Sono passati tre anni e ancora non l'ha superata. - La casa è così vuota... - - Pranzo e ceno sempre qui - borbotto secco accasciandomi sulla sedia. - Non sempre - ci tiene a sottolineare agitando il coltello. - Invece sì - bisbiglio, sperando che non mi abbia sentito. Non vorrei che il coltello finisse conficcato nella mia gola. - Chi è? - - Chi? - È ancora spazientita per la mia roulotte che adoro alla follia. - La persona che starà a casa nostra finché Dave non si riprenderà... - Si può dire molto di mia madre, è una persona generosa e tutto, ma una delle cose che odia di più al mondo è avere estranei in casa. A volte, perfino ospitare i suoi stessi famigliari è doloroso per lei. - È una brava persona, non ti preoccupare. - - Ah, non mi preoccupo. Parliamo di Dave, lui non conosce cattive persone. - A parte le sue ex. - A parte quella disgraziata della sua ex - mormora affettando la carne. - Non è nel momento del bisogno che lasci il tuo uomo, anzi... - - Quando verrà questa persona? - Ed è un maschio o una femmina? Con un sorriso divertito si volta verso di me. - Perché tutte queste domande? - - Sono solo curioso, tutto qui - mormoro. Purtroppo ho già finito la caramella. Per fortuna ne ho una scorta abbondante nella roulotte perché le adoro. - Da quando la curiosità è un crimine? - - Per te, da oggi. Non essere curioso, figlio mio - sospira voltandosi di nuovo verso la cucina. - Perché? - - Allora, Louiselle quando ha detto che sarebbero venuti? - mugugna papà tra un boccone di patate e l'altro. Come al solito, mamma si è superata; forse lei è una delle principali cause per cui non sono riuscito ad andare al di là del nostro giardino. La sua cucina è troppo buona per abbandonarla. Oh... perché mamma sta fulminando papà con lo sguardo? E perché papà sembra spaventato? Beh, mi spaventerei anch'io se mamma mi guardasse in quel modo, sembra che voglia ficcargli la forchetta nel collo. - LOUISELLE? - - Viene Louiselle? - esclamo curioso, non avevo sentito bene. - Quando? - Cerco di attirare l'attenzione della mamma, ma sembra che voglia strangolare papà. Immagino che fosse una sorpresa... - Tra due settimane - sbuffa delusa per non essere riuscita a mantenere il segreto. - Due settimane e saranno qui. - - Quindi è per lei che hai svuotato la stanza di Matt? - Lentamente, con gli occhi frustrati, scuote la testa. Quindi è un no. - Lei verrà per aiutare suo fratello, per assisterlo nella riabilitazione, e Dave non ha altre camere a disposizione per ospitare il nuovo aiutante. Ma non preoccuparti, la pasticceria sarà in buone mani. - Accenna un sorriso. - Nelle mani di chi? - Papà fa come per parlare, ma richiude rapido la bocca dopo lo sguardo inceneritore appena lanciatogli da mamma. - Perché tutto questo inutile mistero? - Vorrei chiederglielo, ma so quanto mamma adori queste cose, fare sorprese, creare suspense. Peccato per lei che abbia sposato un uomo incapace di stare al gioco che, puntuale, senza volerlo svela quasi sempre i suoi segreti. - Quindi Louiselle verrà per aiutare Dave. Ma perché Dave dovrebbe far venire qualcuno da fuori per prendersi cura della pasticceria? Non ha senso. - - Perché non può star dietro a un principiante. Serve qualcuno di esperto - borbotta papà addentando con molto gusto un pezzo di carne. - Sai bene quanto possa essere seccante mostrare a una persona nuova tutte le cose da fare, immagina con una gamba fuori uso. E comunque Dave sa quello che fa. A proposito di nuove assunzioni... - Strizza gli occhi, increspa le labbra in un sorriso voltandosi verso mamma, concentrata sulle carote contenute nel suo piatto. Credo che stia evitando il suo sguardo, immagino che lei sappia di che cosa papà abbia intenzione di parlare. - La licenzierò domani! - Appunto. Mamma si stringe nelle spalle. - Non puoi provare un'altra settimana per vedere come va? - - Ho provato due... due... Due! - inspira molto lentamente, cercando di mantenere la calma. - Due orribili mesi, ma tua nipote è un disastro. - So quanto si stia controllando, non può urlare contro la mamma, nessuno può, lei è il sergente della casa. Forse non dovrei sorridere, ma non posso farne a meno. - Te lo avevo detto... Selena è una frana e non possiamo permetterci di tenerla - aggiungo, accarezzando la mano della mamma. - Ma... - Papà scuote la testa. - Mi rifiuto di sentirle dire un'ulteriore volta... - - Scusatemi, ma sapevate che ero sbadata! - la imito. Papà scoppia a ridere. - Non la sopporto più - dice cercando di tornare serio. - Non è solo per tutti i piatti e bicchieri che ci rompe ogni giorno. - Prende fiato prima di continuare. - Ma è anche per il rispetto dei nostri dipendenti. - Annuisco. - Tenendola, non ci rispetteranno più. - Guardo mamma nel modo più umile possibile. So che lei vuole molto bene a Selena, ma non possiamo permetterci questo tipo di errori. - Tina e Paul sono delle persone molto capaci e si impegnano al massimo. Non possiamo premiare una ragazza che non può stare cinque minuti senza controllare il telefono, che non sempre è cortese con i clienti e che... - - Mi fracassa il... - - Papà... - So quanto sia irritato ma, dobbiamo comunque contenerci davanti a lei. - Selena fa parte della famiglia. - - La tua - sospira papà disperato accarezzandosi la testa; mamma gli lancia un'occhiata, comprensiva. - Ma non possiamo più tenerla quindi mettiti l'anima in pace - continuo ad accarezzarle la mano, come se ciò potesse tranquillizzarla o impedirle di saltarci addosso. Mamma fa - sì - con la testa e rivolge un sorriso caldissimo a mio padre. - So che ci hai provato, grazie - mormora, prima di alzarsi e schioccargli un bacio sulla guancia. - Glielo dirò io. Chiamerò mia sorella più tardi e le dirò che sua figlia non è fatta per lavorare con noi. - - Non è fatta per lavorare proprio... - ma non lo dico. Finalmente non ce l'avrò più fra le scatole! - La cena era squisita - esclamo alzandomi. - È il momento che io vada a ritirarmi nella mia amatissima roulotte - la prendo in giro. Do un bacetto sulla guancia alla mamma e una lieve pacca sulla spalla di papà. - Ah, ma mi sono dimenticato qualcosa di sicuro... - Ricordato! - Hai detto che sarebbero arrivati. Quindi non viene da sola... - Mamma spalanca gli occhi e stringe le labbra. Papà se l'è appena filata, penso che non voglia essere testimone della mia morte. - Ti ho detto di non essere curioso! - sbotta raccogliendo i piatti dal tavolo. - Okay - Non le chiederò più niente perché tanto ho già capito.
- Non mentirmi - intimo cercando di non sputare la caramella al caffè. - Non ci provare... - Avremmo potuto fare una videochiamata, ma non ha voluto. Ultimamente non vuole mai. E questo mi irrita, mi manca vedere il suo viso. - Non ne so niente! - La sento ridere. - Stai mentendo... - Ride ancora. - Rispondi, per favore - la imploro. Mi giro e rigiro nel letto. È così bello sentire la sua voce, è più matura, ma sempre delicata, e la sua risata non è cambiata per niente. - Luke... - - Tua madre torna qui a Bleu Cœur e tu non cogli l'occasione... - - Per vedermi? - Non lo dico, non voglio sembrare troppo presuntuoso. - Per quel che ho capito, non verrà da sola, verrà forse con i tuoi fratelli, con uno di loro? - - Luke... - Mi sta pregando di lasciarla in pace. Ma non ci riesco, sono curioso. - Io non so niente e anche se sapessi, non voglio che zia Sam mi faccia fuori. - - Tua madre viene per aiutare tuo zio e questo l'ho capito, ma l'unica persona che potrebbe aiutare Dave con la pasticceria oltre a lei, sei tu... - - Non è vero... - - Ah, ancora quella risata. Smettila, cuore, di battere così forte. - - Invece sì - Sono solo tre pasticceri in quella famiglia. - Luke. - - Tuo zio, quando si tratta della pasticceria, è molto serio, non scherza, è l'eredità di vostro nonno, dopotutto. - - Lo so. - - Non la lascerebbe mai in mano al primo che capita. Solo a chi ne conosce il valore emotivo e, a parte tua madre, tu e i tuoi fratelli, non c'è nessuno. - - Luke, non aprirò bocca - dice secca. - Verrà anche Marc? - - Certo, Marc non va da nessuna parte senza di me... - Mi tiro subito su. - Beccata! - esclamo lanciando un pugno in aria. - Luke! - La sento ridere ancora più forte. Quanto vorrei vederla sorridere, quanto vorrei accarezzarla, la sento così vicina e... così lontana. - Mi manchi. - Oh! L'ho forse detto ad alta voce? - Anche tu - la sento rispondere piano. Mi distendo sul letto, ho gli occhi socchiusi, cerco, provo a immaginarmela. Ah... non faccio che sospirare, credo per la gioia. Finalmente la rivedrò! - Non vedo l'ora di rivederti. Cinque anni senza vedere il tuo viso dal vivo... - - Anch'io muoio dalla voglia di rivederti. - - Te lo dico già, dall'ultima volta che ti ho visto... - - Sarai sempre bellissima... - - No, non è vero, Luke, sono diventata una botola... - - Mi piacciono le botole. - La sento ridacchiare. - Sei dolcissimo. - - Anche tu. - - E così avrò l'opportunità di conoscere l'uomo della tua vita... - dico sorridendo. - Non vedo l'ora di presentartelo - ride. - L'uomo della mia vita che incontra l'altro uomo della mia vita, il mio... - Perché il mio cuore batte così? Forse perché non vorrei che lo dicesse. - Il mio... - sospira ancora. - Il mio migliore amico. - Appunto. Cinque anni prima. - Ventun anni. Incinta. Di uno sconosciuto - lanciò un altro respiro e, con vergogna, poggiando la mano sul ventre ancora liscio, si voltò verso di me. - Ritorno a Bleu Cœur così... Sono proprio un disastro... - Provò a simulare un sorriso, cercando risposta nel mio sguardo. E la trovò, non potevo che sorriderle. Eravamo sdraiati proprio lì, in quello stesso punto di quel giardino in cui sei anni prima ci eravamo detti che non ci saremmo persi mai, che neanche la lontananza avrebbe saputo dividerci. E non lo aveva fatto. Eravamo adolescenti allora, e adulti dopo. Beh, lei forse un po' più di me. La brezza del vento estivo che accarezzava la nostra pelle, i suoi capelli neri e vaporosi che accennavano qualche movimento, i suoi occhi scuri così profondi e luminosi e il suo profumo di fragola e menta, mi impedivano di vederla diversa. Sì, era cresciuta, le sue curve, erano molto più... Lei, era una donna, il suo corpo era diverso dall'ultima volta che l'avevo vista, ma ero cambiato anch'io, ero più alto, la mia voce era più roca, e avevo i baffi! Ero un uomo, così mi piaceva credere. - Puoi restare... - Al suono della mia voce smise di mirare il cielo limpido. - Posso badare a te, lavorerò al bar e mi prenderò cura di te e del bambino. - Volevo accarezzarle la pancia, ma non ebbi il coraggio di muovere oltre la mia mano, mi limitai a poggiarla sopra il prato sottostante. - Sei generoso... - Prese la mia mano e la poggiò sopra il suo ventre. L'abilità di questa ragazza di leggere la mia mente mi ha sempre lasciato senza fiato. - Davvero generoso, ma non lascerò che ti incasini la vita per colpa mia. Non voglio che tu ti prenda cura di me... - - Ma posso farlo! - Glielo dissi anche ad alta voce, ma i suoi occhi mi guardarono in un modo ambiguo. - Ho fatto un... - Scosse la testa, non poteva dire che era uno sbaglio. Tutto si poteva dire di questa ragazza, ma non si poteva negare che fosse una persona coraggiosa. Decidere di portare avanti una gravidanza indesiderata nonostante fosse ancora in tempo per interromperla, nonostante le pressioni del padre del bambino che praticamente se l'era data a gambe... Per me era stato un forte atto di coraggio. Per lei, abortire non era un'opzione, non le era mai balzato in mente, lei lo avrebbe tenuto. Doveva farlo, non per moralità, ma perché qualcosa era dentro di lei, la vita era dentro di lei e lei aveva sempre desiderato essere madre. Tuttavia non si aspettava che lo sarebbe diventata così presto. In un istante i nostri occhi si rincorsero, l'aria divideva i nostri sguardi. Il suo profumo fresco di fragola mi stava invadendo. Volevo baciarla, volevo dirle che l'amavo, che l'avevo sempre amata, che sarei stato disposto a fare di tutto pur di renderla felice. Ero deciso a mettermi a sua disposizione, io... - Non posso permettermi di perderti - sospirò sfiorandomi la guancia. Uh! Quegli occhi, vivi e pericolosi, mi ravvivavano il cuore. Scossi la testa sorridendo allegro. - Non succederà, non lo permetteremo. - Le mie dita navigavano tra le onde danzanti dei suoi capelli. - Ti... - - Amo... - Non ebbi il coraggio di dirglielo. Non potevo farlo, non potevo rischiare di perderla. - Ti voglio bene - sospirai a mia volta baciandole la guancia. Cercai di resistere dallo scendere a corteggiare le sue labbra, ma la tentazione era... - Luke... - Dolce. Non riuscivo a staccarmi da lei, dalle sue labbra. Erano morbide, infuocate come le nostre mani che si inoltravano in questo percorso pericoloso. Non potevo fermarmi, non ora che finalmente avevo trovato la via per il paradiso. Lei me l'aveva mostrata, quest'angelo mi ci stava conducendo. Per troppo tempo, avevo sperato che lei si perdesse nei miei occhi nello stesso modo in cui io, per anni, mi ero perso nei suoi, bellissimi. Ma non la guardai, non potevo, non volevo sciogliere l'incantesimo. Non volevo 23 tradire Luke, quel ragazzo a cui per anni il cuore aveva fatto le capriole anche solo sentendo la sua voce. Sentivo gli uccellini che cinguettavano in maniera adorabile, come per festeggiare insieme a me e al mio cuore carico di gioia. Non potevo lasciarla andare, no... - Ayana... - Fu lei a farlo. - Perché? - imploravano i miei occhi. - Potrebbe essere un errore - farfugliò tirandosi in piedi. - È un errore - ansimò guardandosi dalla testa ai piedi, come per ribadirmi la sua attuale condizione. Ma a me non importava. Mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi, quella mano che fino a due minuti prima era posata sopra il mio petto. - Ayana. - Ero deluso, il mio cuore era affranto, eppure non potevo avercela con lei. - Okay... Va bene - mormorai con dispiacere posando la sua mano sul mio petto e portando la mia sulla sua guancia. Ora lei era una donna, le sue forme erano esplose, non potevo più fare come quando eravamo bambini. - Ayana e... - dissi sorridendo, accarezzandole con delicatezza le gote con le dita. - E Luke - replicò lei, incurvando le labbra in un sorriso. - Amici del cappuccino - mormorammo abbracciandoci forte. Non potevo averla come donna, ma non potevo perderla come amica. No, non potevo. - Devono essere arrivati - canticchia la mamma dirigendosi veloce verso la porta. Sto cercando di controllare il mio cuore, mi sento come un bambino a cui è stato promesso di mangiare tutte le caramelle del mondo. Lei è qui! |
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