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Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Writer Officina
Autore: Claudio Scarpino
Titolo: Piazza Adriana
Genere Thriller Poliziesco Giallo
Lettori 2190 4 2
Piazza Adriana
L'urlo della cameriera squarciò il silenzio della sala mensa. Quella prima domenica di ottobre se la sarebbe ricordata per tutta la vita. Il maestro Alessandro Dominici, figlio di Antonio Dominici, fondatore ai primi del ‘900 dell'Accademia Nazionale della Musica di Piazza Adriana, giaceva sulla poltrona con la testa all'indietro, come se dormisse. Ma un rivolo di sangue che scorreva dalle labbra denotava una situazione ben diversa.
«Chiamate un dottore!!!», urlò disperata.
Tutti i commensali più vicini si alzarono prontamente e circondarono il salottino dove stava pranzando il maestro Dominici. Quella mattina anche l'Ispettore Capo Cosentino era presente e accorse prontamente. Toccò il collo del maestro ma poi fece subito una smorfia scuotendo la testa e guardò verso la cameriera, che scoppiò in un pianto dirotto. Prese il cellulare, chiamò il vicequestore Locatelli, per chiedere l'intervento del magistrato di turno. Poi chiese ai camerieri se avessero un tovagliolo per coprire almeno il viso, e fece allontanare tutti i presenti.
I camerieri portarono una tovaglia grande, con la quale coprirono il corpo del maestro. Solo Cosentino restò in piedi lì vicino, in attesa del magistrato.
Era il primo giorno della settimana dedicata alle esibizioni per l'iscrizione al primo anno dell'Accademia. C'erano praticamente famiglie intere con i ragazzi che dovevano provare, con al seguito genitori e nonni, per chi ce li aveva ancora. Era l'ora del pranzo e la sala mensa era gremita da tutti quelli che in mattinata avevano fatto le prove nelle varie discipline che l'Accademia Nazionale offriva: corsi di chitarra, pianoforte, violino e contrabbasso, direzione di orchestra nonché corsi per entrare a far parte del coro. Ognuno poteva esibirsi, ma soprattutto si poteva esaminare il programma dell'Accademia che veniva presentato durante quella settimana per tutti gli anni che seguivano, fino al raggiungimento del diploma e Cosentino aveva accompagnato i suoi fratelli Carmine e Rosa con i loro figli Carlo e Giulia.
Dopo pochi minuti entrò nella sala anche il presidente dell'Accademia, che era stato subito avvisato dell'accaduto. Era molto addolorato perché conosceva il maestro Dominici da quando aveva preso il posto del padre. Ormai erano entrambi quasi novantenni, ma quando muore un amico il dispiacere è enorme, non ci sono limiti di età.
Dopo dieci minuti arrivò un'ambulanza che nel frattempo era stata chiamata da qualcuno. Medici e infermieri entrarono con una barella nella sala che era stata fatta sgombrare completamente. Erano rimasti solo i parenti del maestro Dominici, addolorati e piangenti sui divani.
Cosentino si qualificò ai medici, raccontando l'accaduto.
«Purtroppo è morto, non possiamo toccarlo e dobbiamo aspettare l'arrivo del magistrato».
«Ci avevano chiamato per uno che stava male», disse uno dei medici.
«Mi dispiace che avete fatto il viaggio a vuoto, io d'altronde mi ero subito reso conto che era morto. Sicuramente vi ha chiamato qualcun altro. Buona giornata e buon lavoro», disse Cosentino mentre gli infermieri si riportavano indietro la barella. Poi si avvicinò ai parenti del maestro, per dare una parola di conforto e per chiedere se avevano bisogno di aiuto.
«Non ce l'aspettavamo», disse una signora anziana.
«Lei è la moglie?», chiese Cosentino.
«No, sono la sorella. Mia cognata è morta qualche anno fa. Le ultime analisi che aveva fatto dicevano che stava bene. Certo che l'età ce l'aveva».
«Adesso però vi consiglio di tornare a casa perché qui non possiamo fare più niente. Vi assicuro che mi occuperò io di tutto. Lasciatemi un vostro telefono e ci terremo in contatto», disse Cosentino cercando di rassicurarli.
La signora annuì e lasciò il suo numero di telefono a Cosentino.
«Avete un mezzo o vi chiamo un taxi?».
«C'è mio nipote che è andato a prendere la macchina».
«Bene, l'accompagno all'uscita», disse Cosentino porgendole la mano.
La signora si alzò con un po' di fatica. Cosentino la prese sottobraccio e insieme attraversarono il salone fino a raggiungere il portone. Era una giornata un po' nuvolosa ma il sole ogni tanto faceva capolino proprio sul lato dell'Accademia, ed era una cosa piacevole.
Attesero ancora qualche minuto poi arrivò il nipote della signora Dominici. Cosentino l'aiutò a salire in macchina e lei lo ringraziò agitando il fazzoletto umido di lacrime.
Dopo alcuni minuti entrò il vicequestore Locatelli, diretto superiore di Cosentino, giunto dal vicino Commissariato di Borgo.
«Buongiorno Cosentino, mi ha trovato per caso. Ero giusto passato a prendere dei documenti che avevo dimenticato in ufficio, visto che domani devo andare a Napoli per una riunione e sarei andato direttamente in stazione senza passare da qui. Ho pensato... tanto oggi è domenica, ci sarà poco traffico e sarà una giornata tranquilla. Invece...».
«Invece c'è scappato il morto».
«Hanno chiamato anche lei di domenica?».
«No, dottor Locatelli. Ero già qui perché oggi è uno dei giorni per le audizioni dei nuovi allievi e ho accompagnato i miei fratelli e i miei nipoti, che studiano pianoforte in Calabria e vorrebbero perfezionarsi qui a Roma».
«Quindi i suoi fratelli sono ancora qui?».
«Sì, sono nella sala delle audizioni al piano di sotto, perché fra un po' toccherà a loro».
«Se vuole raggiungerli allora vada pure, resto io qui in attesa del magistrato. Tanto c'è poco da fare».
Cosentino fece un sorriso, ringraziò il vicequestore e fece un sospiro: difficilmente il vicequestore era così disponibile. Non si fece pregare due volte, lo salutò e raggiunse i suoi parenti nella sala delle audizioni.

6 ottobre - ore 15:10

Cosentino entrò in punta di piedi perché c'era un'audizione in corso. Dopo alcuni istanti un applauso sancì la fine della prova e Cosentino ne approfittò per raggiungere il suo posto vicino ai nipoti, che lo abbracciarono chiedendo cosa fosse successo.
«Niente, un signore si è sentito male».
«Ma se era morto», gli rispose Carlo il figlio di suo fratello Carmine.
Cosentino sorrise e lo abbracciò teneramente facendo l'occhiolino ai fratelli che stavano guardando la scena.
«Zio, fra un po' tocca a noi», disse Giulia.
«Sono qui per ascoltarvi. Mi raccomando state tranquilli e non abbiate paura. Soprattutto guardate sempre il pianoforte e non il pubblico».
Dopo una decina di minuti i due cuginetti furono chiamati alla loro esibizione al pianoforte, che finì con un grande applauso del pubblico. Adesso potevano tornare in Calabria e aspettare la settimana successiva per conoscere i risultati.
Cosentino accompagnò tutti all'uscita dove suo fratello Carmine aveva parcheggiato e li salutò, mentre le altre esibizioni continuavano.
«Antonio, mi dispiace che ci sia stato questo contrattempo», disse Carmine abbracciandolo.
«Non preoccuparti, questo è il mio lavoro, anche se vorrei occuparmi di altre cose».
I due nipoti abbracciarono Cosentino prima di salire in macchina.
«Promettimi che verrai a trovarci presto», disse Rosa.
«Prometto, spero per Natale di venire con tutta la truppa», rispose Cosentino abbracciando la sorella.
Poi tornò verso Locatelli, che stava parlando con il magistrato.
«Ci sono novità?», chiese avvicinandosi ai due.
«No, Cosentino», rispose il magistrato, «ho disposto di rimuovere il corpo. Siamo in attesa dei colleghi dell'Istituto di Medicina Legale».
«Il medico legale che ha detto?».
«La dottoressa Del Monaco è in ferie ma nemmeno sarebbe servita. Era una persona molto avanti con l'età».
«Se posso andare...».
«Vada a casa tranquillo, Cosentino. Anche per lei è stata una brutta giornata», disse Locatelli senza fargli finire la frase.
Cosentino salutò i due e tornò a piedi verso il Lungotevere, come sua abitudine, passando prima su Ponte Sisto e poi in via del Moro a salutare il suo amico calzolaio Pietro Russo.

6 ottobre - ore 17:50

L'ultimo raggio di sole spuntava in via del Moro, dove c'era la mia bottega. Antonio citofonò e lo feci salire per un caffè. Entrò con una faccia triste.
«Anto', le prove dei tuoi nipoti sono andate male?», chiesi subito.
«No, Pietro. Durante la pausa è morto il maestro Dominici. Era proprio suo padre che aveva fondato l'Accademia».
«Gesù! Allora era anziano?».
«Credo almeno novant'anni».
«Vulesse 'o cielo che c'arriv ij».
«Ci arriverai, stai tranquillo», rispose Antonio abbozzando finalmente un sorriso.
«Accomodati Antonio che faccio il caffè», disse Maria, mia moglie.
«Stava mangiando e si è accasciato sul divano».
«Immagino i parenti...».
«Erano straziati, però abbastanza forti. A quell'età devi prepararti perché può accadere in qualsiasi momento».
«Teneva moglie?».
«No, c'era solo la sorella con i nipoti. La moglie è morta qualche anno fa».
«E i tuoi parenti che hanno detto? Come hanno reagito?».
«Per fortuna erano lontani e non hanno visto niente. Io sono accorso subito quando ho sentito la cameriera che gridava cercando aiuto. Poi comunque hanno fatto uscire subito tutti dalla sala e praticamente sono rimasto solo io con i parenti in attesa del magistrato».
«Faranno l'autopsia?».
«Non lo so, ma credo sia inutile. Tu invece che hai combinato?».
«Dopo pranzo ci siamo fatti una camminata con Maria sul lungotevere e poi siamo rientrati».
Antonio finì con calma il suo caffè e non disse altro. Era troppo scosso e io non feci altre domande.
«Ciao Maria, ciao Pietro», disse alzandosi improvvisamente.
«Che è successo qualcosa?», chiese Maria.
«Il caffè non era buono?», chiesi alzandomi anche io.
«No, Pietro vado a casa. Sono stanco. A domani».
Antonio ci salutò con un gesto della mano, poi scese velocemente le scale e uscendo dal portone fece un gran sospiro guardando il cielo, prima di voltare a sinistra verso la salita che portava a casa sua.

7 ottobre - ore 13:30

L'Ispettore Capo Cosentino e la sua stretta collaboratrice, l'Agente Scelto Valentina Rinaldi, stavano pranzando nella mensa della Polizia di Stato, di fronte l'entrata dei Musei Vaticani quando lo squillo del telefono li fece sobbalzare.
«È l'Ispettore Gentile, rispondi tu», disse Cosentino porgendole il suo cellulare.
«Dimmi Gentile, sono Rinaldi».
«Ma ho sbagliato numero?».
«No, è il numero di Cosentino. Lui è un attimo occupato e mi ha chiesto di rispondere».
«Volevo comunicavi che è morto un maestro dell'Accademia di Piazza Adriana».
«Sì, lo sappiamo. Me lo stava dicendo prima Cosentino. Fatalità ieri stava lì anche lui».
«No, ma hanno chiamato adesso».
«Come adesso? Ma che stai a di'?».
«Hanno detto che è morto un certo Lunardi, maestro del coro».
Cosentino ascoltava ed era rimasto con gli occhi spalancati. Si alzò di scatto e chiese alla sua collega di avvisare Califano, l'autista del Commissariato di Borgo, per andargli incontro mentre loro si avviarono a piedi verso Piazza Risorgimento.
Tutta esterrefatta Valentina Rinaldi eseguì la richiesta, chiamò il suo collega e seguì a passo svelto il suo superiore, che non aveva più detto nulla.
Quando Cosentino si ammutoliva nessuno dei suoi colleghi si azzardava a dire una parola, per non distrarlo dai suoi ragionamenti. La stessa cosa faceva sempre il suo amico Pietro, nei loro incontri pomeridiani. Era un segno di rispetto quello di non interrompere i suoi pensieri, perché comunque nella sua testa si trattava sempre di lavoro.

7 ottobre - ore 13:55

Le sirene spiegate di due volanti provenienti dal Commissariato fecero voltare tutti i turisti, mentre l'Agente Califano, con una gran frenata, si fermava sotto i bastioni michelangioleschi per far salire Cosentino sulla sua auto, dove c'era già seduto il vicequestore Locatelli. Valentina Rinaldi salì sull'altra volante con l'Ispettore Gentile. Poi a sirene spiegate tornarono indietro verso Piazza Adriana.
In due minuti erano davanti al portone dell'Accademia. Cosentino entrò di corsa seguito subito da tutti gli altri. Gli andò incontro una guardia giurata che lo salutò porgendogli la mano.
«Buongiorno Ispettore. Purtroppo è successa la stessa cosa di ieri. Il maestro Lunardi si è accasciato sul divano dopo aver pranzato».
«Sono l'Ispettore Capo Cosentino, però adesso mi pare strano due morti così improvvise alla stessa ora. Anche questo Lunardi era anziano?».
«Sì, ma non come il maestro Dominici. Avrà avuto circa un'ottantina d'anni», replicò la guardia giurata mentre insieme si dirigevano verso il centro della sala.
Il corpo del maestro era stato coperto da una tovaglia, la gente era stata fatta allontanare e c'erano intorno a lui altre due persone, una donna e un ragazzo, probabilmente i parenti più stretti.
«Sono il vicequestore Locatelli», disse porgendo la mano alla signora, «si metta comoda. Se la sente di raccontarmi quello che è successo?».
Si misero seduti intorno al tavolo. Locatelli e Cosentino presero posto ai lati della signora, dando le spalle al corpo del povero maestro. Nel frattempo erano arrivati sia il magistrato che i medici dell'ospedale Santo Spirito, che si trova lì vicino. La signora bevve un po' d'acqua e iniziò il racconto.
«Avevamo appena finito di pranzare con mio figlio e mio zio; dopo qualche minuto che stava sul divano, è rotolato da un lato. Pensavo a un colpo di sonno ma quando l'ho chiamato non rispondeva».
«Quindi lei è una nipote?».
«Sì, sono la figlia di sua cognata».
Locatelli a quel punto fissò Cosentino che guardava fisso verso un punto del muro, come era solito fare quando si concentrava.
«Cosentino, a cosa sta pensando?».
«Sto pensando che abbiamo avuto due morti praticamente uguali, nello stesso posto e quasi alla stessa ora».
«Posso richiedere l'autopsia, se vuole».
«Glielo stavo per chiedere, non vorrei che ci sia qualcosa di strano nella sala dei concerti».
«Che ce deve esse' de strano?», intervenne la Rinaldi che nel frattempo si era avvicinata.
Al grugnito di rabbia di Cosentino quando la sentì parlare in romanesco, lei fece seguire subito un gesto di scusa con la mano.
«Scusate, ma erano due persone anziane. Può succedere», concluse con un tono di voce che implorava perdono. Si faceva spesso trascinare dalla sua indole, era abituata a parlare in modo schietto e sempre sincero.
«Mi scusi, dottore. L'Agente Scelto Rinaldi è il mio più valido collaboratore ma è anche il più indisciplinato», disse Cosentino mentre Locatelli abbozzava un sorriso, «sto pensando che potrebbe esserci, ad esempio nei condotti dell'aria condizionata, qualcosa che sarebbe stato letale per persone di questa età».
«Sì, certo chiederò subito al Magistrato di predisporre le autopsie».
Detto questo si alzò, salutò la signora e si avviò verso l'uscita. Valentina Rinaldi invece aiutò la nipote del maestro a raggiungere il taxi che era stato chiamato da suo figlio. Raggiunto il portone la signora ringraziò Valentina Rinaldi e salutò Cosentino che li aveva seguiti.
Saliti in macchina Cosentino si rivolse subito alla sua collega in maniera fredda:
«Ma come ti salta in mente di parlare così davanti ad una donna che ha appena perso una persona cara? E poi sempre con questo romanesco».
«Mi dispiace ma mi è venuto così».
«E non te lo far venire. Oltretutto c'era anche il vicequestore. Rifletti prima di parlare e soprattutto cambia lingua».
Fatto questo sfogo Cosentino cambiò tono.
«A te non sembra strano che è successo tutto questo?».
«Ripeto, se fossero stati più giovani sarei stata d'accordo, ma a questa età sicuramente sarà stata qualcosa dovuta alla digestione».
«Potresti anche aver ragione, ma dobbiamo assicurarci di non prendere cantonate».
Mentre gli addetti dell'Istituto di Medicina Legale iniziavano le operazioni per rimuovere il corpo del maestro, l'Ispettore Capo Cosentino e l'Agente Scelto Rinaldi tornarono a piedi verso il Commissariato di Borgo, che distava appena 200 metri. Avrebbero passato il pomeriggio a ripensare a tutto quello che era successo in attesa dei risultati dell'autopsia e Cosentino sembrava abbastanza sicuro che qualcosa non andasse bene, qualcosa che non dipendeva dall'età.
Claudio Scarpino
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