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Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
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Writer Officina
Autore: Sonia Alcione
Titolo: Il segreto della neve
Genere Thriller
Lettori 2748 10 2
Il segreto della neve
Si guardò i piedi, erano sempre più neri. Il dolore era diventato insopportabile e anche le mani iniziavano a cambiare colore.
Era debole, la fame si faceva sentire, il freddo entrava da ogni parte, il cervello andava per conto suo.
La neve era troppo dura, il versante da risalire era troppo ripido. Ogni metro che riusciva a fare gli sembrava di tornare indietro di due. Era ossessionato al pensiero di non farcela.
Aveva lasciato sua moglie in quella conca, al gelo, ormai era sicuramente già morta. Era stata lei a spronarlo per proseguire da solo. Aveva una brutta frattura esposta a una gamba, non sarebbe stata in grado di fare neppure un passo.
La loro figlia Emma veniva prima di tutto e voleva che lui la trovasse. L'idea che quell'essere potesse farle del male o approfittarsi di lei era un pensiero agghiacciante.
Federico Brogelli aveva contato sette notti, era stremato, si era fasciato le mani nella maglia di Gloria, ma ormai era questione di ore, poi il congelamento avrebbe colpito anche gli arti superiori e sarebbe stata la fine. Era convinto di avere un giorno ancora, forse due, poi avrebbe ceduto.
Aveva dovuto scegliere fra tentare di salvare sua moglie o cercare sua figlia, era stata la decisione più difficile della sua vita.
Ogni volta che aveva sentito le poche forze venire meno si era fermato e aveva iniziato a vagare con la mente, rivivendo i momenti belli con la sua famiglia: il matrimonio con Gloria, avvenuto quindici anni prima, il viaggio di nozze in un'isola caraibica, le mani tremanti di sua moglie che era uscita dal bagno con quell'aggeggio in mano, che lui non aveva inizialmente riconosciuto, e quella stanghetta che non lasciava dubbi che presto la loro famiglia sarebbe aumentata.
Quella famiglia che ora, d'improvviso, era andata in frantumi. Niente sarebbe stato più come prima e avrebbe dovuto mettercela tutta per salvare almeno la sua piccola Emma. Non avrebbe potuto sopravvivere anche senza di lei.
Si era mosso soprattutto di notte, quando le temperature scendevano drasticamente e il movimento lo aiutava a soffrire un po' meno evitandogli di morire assiderato. Negli ultimi due giorni c'era stato un bel sole e nelle ore diurne, oltre a riposarsi, aveva cercato di riscaldarsi, fermandosi su qualche roccia dove la neve era scivolata via.
Ma era risultata un'impresa alquanto difficile. Era scalzo, aveva addosso solo un pile e un paio di pantaloni che si erano rotti e non appena riprendeva il cammino i pochi indumenti si bagnavano di nuovo.
Nutrirsi con la neve, come aveva visto nei film, era solo servito a tenerlo idratato, e anche le sue labbra erano a pezzi.
Spesso aveva chiuso gli occhi, immaginando come sarebbe avvenuto il ricongiungimento con la sua bambina. Era stato quel pensiero a dargli la forza di andare avanti. E dopo averla riabbracciata, avrebbe denunciato la persona che li aveva rapiti. Lui l'aveva vista in volto e avrebbe potuto inchiodarla. Avrebbe solo dovuto raggiungere la cima di quel crostone, poi qualcuno lo avrebbe sicuramente soccorso.
Quando iniziò ad albeggiare, Brogelli riuscì a scorgere l'inconfondibile linea azzurra del cielo tagliata dalla cima di quella parete di neve. La giornata si prospettava splendida, doveva sforzarsi di percorrere quei metri. Si ripeté quella frase ancora una volta, poi si accasciò.
Quando Federico riaprì gli occhi sorrise. Emma era a pochi metri da lui.
“Babbo vieni, non riesco a chiudere gli scarponi, mi aiuti? Perché non mi aiuti babbo? Perché?”
“Emma, Emma...” sussurrò, poi quel sole accecante gli provocò un capogiro. Emma non c'era più. Era stata un'allucinazione, eppure gli era sembrata così reale!
Mise avanti la mano destra, poi la sinistra, cercando di strascicare le gambe. Ormai non faceva neppure più caso al dolore che ogni giorno saliva dai piedi verso i polpacci.
Di nuovo la mano destra, verso la punta di un masso che sporgeva dalla neve, poi una fitta al mignolo. Lo guardò, era rosso, troppo rosso. Il congelamento stava colpendo anche le mani. Tirò via un lembo dai pantaloni e cercò di coprirsi meglio le dita, ma una folata di vento portò via anche quel piccolo pezzo di stoffa.
Dopodiché perse i sensi.
Si riebbe dopo un tempo incalcolabile. Era però più vicino alla meta. Non sapeva neppure lui come c'era arrivato, si ricordava solo di essere svenuto, ma era salito ancora, forse trasportato dalla forza della disperazione. Forse aveva avuto un'altra allucinazione o forse non ricordava cosa aveva fatto pochi minuti prima.
Gli era già successo di trovarsi in un posto diverso senza sapere come ci fosse arrivato. Non era una sensazione che lo tranquillizzava.
D'improvviso udì delle voci e una spinta da dentro lo fece avanzare di diversi metri. Lo strapiombo si era fatto meno ripido. Provò a urlare ma dalla sua voce uscì solo un sibilo.
Rimase fermo per qualche istante, non aveva chiuso occhio per tutta la notte, anzi per tutte le ore in cui era stato buio, ed era sfinito. Non doveva cedere proprio ora. Cercò di alzarsi, forse in quel tratto poco scosceso sarebbe riuscito a stare in piedi. Ma come il peso del suo corpo iniziò a gravare sulle gambe, i suoi piedi cedettero.
Aveva dimenticato che ormai erano congelati, probabilmente avrebbero dovuto amputarglieli entrambi. Non fece in tempo a rimettersi sulle ginocchia che cadde, sbattendo la testa su un masso.
L'agente Colombo si svegliò di soprassalto. Era sudato e il cuore gli batteva così forte che per un attimo temette di avere un infarto in corso.
Gli ci vollero diversi minuti per calmarsi da quel sogno in cui un bambino vagava nella notte in mezzo alla neve; aveva freddo, aveva fame e soprattutto aveva paura.
La mente di Nico si fermò per un attimo, consapevole di vivere quella sensazione sulla sua pelle e un brivido gli percorse la schiena.
Si alzò e andò in cucina a farsi qualcosa di caldo. Il sudore si stava trasformando in freddo. Guardò fuori dalla finestra, era una nottata magnifica, la luna illuminava tutto il manto bianco del comprensorio come in una cartolina facendolo scintillare.
Pensò che in quella distesa candida e rilassante c'erano ancora cinque persone il cui destino era sconosciuto.
L'unico di quelle famiglie a essere stato ritrovato era Manuel, anche se morto. Chissà cosa aveva provato in quei giorni, se anche lui come quel bambino nel sogno aveva avuto freddo, fame, paura. Avrà cercato i suoi genitori, avrà temuto di essere stato abbandonato da loro. Quel pensiero lo fece raggelare, provocandogli una sensazione di immensa tristezza.
Non era mai stato coinvolto nei suoi casi come con il piccolo Manuel. Non doveva andare a finire così.
Tornò a letto e cercò di riaddormentarsi, impresa che si rivelò alquanto difficile.
Alle undici gli agenti Colombo e Manta si precipitarono all'ospedale di Trento. Federico Brogelli era stato trasportato in elicottero e versava in condizioni disperate.
“Ha gli arti inferiori congelati fino sotto al ginocchio e un principio di congelamento a entrambe le mani, è disidratato e il colpo alla testa gli ha procurato un'emorragia cerebrale. Lo opereremo a breve ma le possibilità che si salvi sono di poco superiori allo zero.”
“È in grado di parlare?” chiese Manta al medico, il quale scosse la testa.
“È molto debole e dalle poche parole confuse che escono dalla sua bocca, posso dire con certezza che sta farneticando.”
“Solo due minuti” insisté Manta, “dopo la sparizione di quelle due famiglie al Passo del Tonale, anche una parola può essere importante per noi.”
“Va bene” annuì il medico, “ma giusto due minuti.”
Come Manta e Colombo si avvicinarono al letto, l'uomo iniziò ad agitarsi.
“Signor Brogelli, sono l'agente Manta, io e il mio collega siamo qui per avere qualche informazione che potrebbe esserci utile a ritrovare sua moglie e sua figlia” gli parlò con gentilezza in modo che si calmasse. Brogelli però continuava a fissarli con gli occhi sbarrati.
“Emma... Emma...” furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, poi il suo sguardo si fissò nel vuoto.
“Quando i due agenti lasciarono la stanza tornarono a parlare col medico.
“Com'è arrivato qui?” chiese Colombo.
“È stato ritrovato da due sciatori che si erano avvicinati alla cresta della montagna per fare delle foto. Sono saliti fino in cima al crinale e hanno notato una macchia poco sotto, dal lato opposto. Inizialmente hanno creduto si trattasse di un animale, ma poi il maglione bordeaux ha attirato la loro attenzione, svelando che non era come pensavano, così hanno dato l'allarme e Brogelli è stato tratto in salvo e trasportato qui in elicottero. È riuscito a dirvi qualcosa che può risultare utile alle indagini?”
“Ha nominato due volte il nome della figlia” rispose subito Colombo, “forse per quel motivo era molto agitato.”
In quel momento arrivò la lettiga per trasferire Brogelli in sala operatoria.
“Crede che ce la farà?” Si informò Manta.
“Prometto di farvi avere notizie appena terminato l'intervento, ma vi dico con tutta sincerità che nutro più dubbi per la sua salute generale che per l'operazione.”
Non appena Brogelli sparì dietro i vetri del reparto operatorio, i due agenti tornarono in centrale.
L'intervento si protrasse per quasi quattro ore poi l'uomo, poco dopo essere stato trasportato in sala rianimazione, entrò in coma.
“Non so più cosa pensare” esordì Rinaldi, non appena Colombo e Manta fecero ritorno e lo informarono sulle condizioni di Brogelli. “I due casi non possono essere scollegati fra di loro, ma guarda caso lui è l'unico che è stato ritrovato.”
“In condizioni pietose” aggiunse prontamente Manta.
“È vero anche questo, a meno che non abbia fatto male i suoi calcoli.”
“Cioè tu pensi che possa aver fatto fuori moglie e figlia e poi abbia simulato di essersi perso?”
“Beh, è già stato coinvolto in passato in un processo per omicidio. Non scordiamoci che è stato assolto solo per mancanza di prove.”
Colombo e Manta si guardarono.
“E con i Salani come la mettiamo?”
Rinaldi scosse la testa, la domanda di Manta aveva un senso.
“Ma sì, abbiamo già fatto le dovute valutazioni, dobbiamo solo augurarci che Brogelli si riprenda e sia in grado di darci qualche informazione utile.”
Poco prima delle una del mattino del 24 gennaio, un gatto delle nevi informò la centrale di polizia di aver rinvenuto il corpo di una bambina che giaceva ai lati di una pista sul versante del ghiacciaio del Presena.
Stava nevicando dal giorno precedente ed era riuscito a scorgere il corpicino perché era vicino a un pilone dell'impianto di risalita, in posizione seduta con le mani intorno alle ginocchia, come se volesse ripararsi dal freddo. Avrebbe potuto farlo a pezzi se ci fosse passato sopra.
Fu subito possibile risalire alla sua identità, Emma Brogelli, la figlia della seconda coppia scomparsa. Le manine e i piedini erano congelati, e anche nel suo caso la morte era stata causata da una broncopolmonite e da assideramento e risaliva a poche ore prima.
Ovviamente i due casi esplosero, creando una certa inquietudine negli abitanti del paese e dei comuni limitrofi.
Due intere famiglie sparite, i due figli morti per cause naturali, uno dei due uomini ritrovato in fin di vita, probabilmente fuggito da qualcosa.
25 gennaio 2019
Colombo e Manta arrivarono all'agenzia di Bonanni intorno alle diciannove e quindici. Insieme a lui c'erano un uomo, una donna e un bambino.
“Vi ringrazio per essere passati subito” esordì Bonanni. “Questo è il signor Antonio Costale, sua moglie Marzia Bollesi e il loro figlio Marco.
“Sono l'agente Colombo e lui è il mio collega Manta.” I due agenti si presentarono alla famiglia.
“Siamo preoccupati per i nostri amici” disse subito Costale “e dopo quanto sta accadendo qui temiamo sia successo la stessa cosa anche a loro.”
“Da cosa deriva questo suo timore?” chiese Manta.
“Dovevamo partire sabato scorso insieme, avevamo preso in affitto uno chalet abbastanza grande. Purtroppo la mattina della partenza Marco si è alzato con la febbre alta e abbiamo dovuto rimandare. Eravamo rimasti d'accordo con Paolo e Martina di raggiungerli ma Marco si è rimesso solo mercoledì, fare il viaggio per due giorni non avrebbe avuto senso, così abbiamo deciso di lasciar perdere. Verso l'ora di pranzo Paolo mi ha richiamato, lo chalet sarebbe stato disponibile anche la prossima settimana e se fossimo stati d'accordo, loro avrebbero prolungato la vacanza di qualche giorno, in modo da stare un po' insieme. Era una buona soluzione, nostro figlio era felice, così ieri abbiamo preparato il tutto, io mi sono sistemato col lavoro e stamani siamo partiti. Non ci aspettavamo di trovare questa forte nevicata e siamo arrivati dopo le sedici. Abbiamo tentato di contattarli più volte questa mattina senza esito, inizialmente non ci abbiamo fatto caso, le linee telefoniche a volte in montagna vanno e vengono. Siamo passati dall'agenzia e abbiamo ritirato il nostro mazzo di chiavi, poi ci siamo diretti alla baita. La loro macchina era parcheggiata fuori, completamente ricoperta di neve, abbiamo suonato, siamo entrati e sul tavolo c'erano ancora i piatti sporchi, probabilmente della cena. Ce ne siamo un po' meravigliati, Martina è molto precisa. Ma quando abbiamo notato i cellulari sul mobile, le cose hanno iniziato a non quadrare.”
“Quindi siete tornati all'agenzia” disse Colombo.
“Sì, sul momento non sapevamo che altro fare.”
“La baita è in un posto isolato?” continuò a chiedere l'agente rivolgendosi a Bonanni.
“Si, poco fuori dal paese, anche se non così isolata come le altre due.”
“Lei quando li ha sentiti l'ultima volta?”
“Mercoledì mattina. Ravetti mi aveva chiamato verso le dieci e trenta per chiedermi se per caso lo chalet fosse libero anche la settimana successiva. L'ho richiamato io un'ora più tardi perché ero in attesa di una conferma da parte di un'altra famiglia che poi non ha confermato. Quindi direi intorno alle undici e trenta.”
“Siete certi che i vostri amici si ricordassero del vostro arrivo oggi? Magari sono ancora fuori e rientrano più tardi” chiese Colombo.
“Ce lo auguriamo, ma quei piatti sporchi e quei telefoni in casa non ci piacciono” Marzia aveva pronunciato quelle poche parole con la voce rotta dal pianto.
“Avete notato se ci fossero impronte sulla strada che porta allo chalet?” Domandò a quel punto Manta.
“No, il manto era perfetto. L'ho notato perché la neve era leggermente dura e io e mia moglie abbiamo anche ringraziato il cielo di avere un fuoristrada. Sul momento quel dettaglio ci è sembrato insignificante. Vi prego diteci che non sono altre vittime di quel pazzo che rapisce famiglie!”
Colombo si grattò la testa.
“È presto per fare congetture, avete toccato qualcosa quando siete entrati in casa?”
“Quasi niente, abbiamo portato i bagagli nella nostra camera e poi abbiamo visto i cellulari.”
“Il fatto che la neve sulla strada non mostri segni non fa ben sperare, mi dispiace. Andiamo a dare un'occhiata e vi chiediamo di seguirci. Proveremo ad attendere ancora un po', ma se non rientrano entro un'ora, dovrete prendere i vostri bagagli e fermarvi a dormire in un albergo. Non dovrebbero esserci problemi di camere in questo periodo.”
Il mattino successivo le locandine dei quotidiani esposte fuori dall'edicola riportavano a caratteri cubitali la notizia che fece piombare nel panico la località sciistica.
SPARITA UNA TERZA FAMIGLIA IN VACANZA AL PASSO DEL TONALE
MISTERO AL PASSO DEL TONALE: SPARISCE TERZA FAMIGLIA
E ancora:
IL RAPITORE DI FAMIGLIE AL PASSO DEL TONALE HA COLPITO ANCORA.
Colombo prese una copia e lesse il trafiletto. Nella giornata di ieri è stata denunciata la scomparsa di una terza famiglia al Passo del Tonale: Paolo Ravetti, quarantadue anni, Martina Fioraro, trentanove e il figlio Lorenzo di anni otto. Una coppia di amici, non trovandoli a casa e insospettiti da alcune circostanze analoghe ai primi due casi, ha dato l'allarme.
Le voci che riguardavano quella nuova sparizione erano ormai sulla bocca di tutti. Un paio di famiglie, che avevano preso in affitto due chalet appartati subito fuori dal paese, avevano addirittura restituito le chiavi alle agenzie e se n'erano andati a mezzora dal loro arrivo.
Colombo e Manta alle nove erano di nuovo in cerca di informazioni al Passo del Tonale.
Quando quel sabato mattina Donatello Lombardi vide entrare gli agenti nella sua scuola di sci ebbe un sussulto. Erano già stati da lui in occasione della sparizione del piccolo Manuel, che era risultato iscritto a uno dei suoi corsi, e di Emma, e si chiese cosa volessero ancora.
“Buongiorno Signor Lombardi” lo salutò Colombo, ci spiace portarle via del tempo proprio oggi, sappiamo che è una giornata impegnativa per lei, ma dobbiamo farle qualche domanda.”
Lombardi era visibilmente nervoso, nonostante cercasse di apparire il più naturale possibile. C'erano diverse persone all'interno della scuola perché il sabato era principalmente la giornata dedicata all'iscrizione dei nuovi allievi e la formazione dei nuovi corsi e la loro presenza lo infastidiva.
“Venite, accomodatevi nella stanza sul retro, vi raggiungo subito.”
Donatello diede istruzioni a uno dei maestri di occuparsi dei clienti, poi raggiunse i due agenti.
“Come forse già sa”, iniziò Colombo “purtroppo è sparita una terza famiglia.”
Lombardi ebbe un brivido, gli venne la pelle d'oca e cercò di nascondere la sua agitazione senza riuscirci. Manta e Colombo notarono il suo nervosismo ma non dissero niente.
“Ho sentito che ne parlavano al bar poco fa” cercò di essere naturale. “Sono uscito per prendere un caffè e ho appreso la terribile notizia.”
Il suo tono di meraviglia era così forzato che se ne sarebbe accorto anche un bambino di tre anni.
“Perché è così agitato?” Chiese a quel punto Colombo.
“Non sono agitato agente, semplicemente è una questione piuttosto delicata e grave” rispose.
“È vero, è una questione molto grave, per questo dobbiamo interrogare chiunque possa aver avuto a che fare con le famiglie scomparse, incluso le scuole di sci.”
“Certo, capisco” annuì Lombardi, “immagino vorrete sapere se il bambino fosse un mio allievo, mi pare sia un maschietto giusto?”
“Esattamente” rispose Manta, “il suo nome è Lorenzo Ravetti”.
Donatello Lombardi si fece forzatamente pensieroso per qualche istante, poi si diresse al computer e digitò su alcuni tasti.
Quando lo schema con tutti i bambini iscritti ai corsi fu disponibile, lo mostrò ai due agenti.
“Si, Lorenzo è un allievo della mia scuola. È mancato dal corso solo venerdì.”
I due agenti si guardarono.
“Era iscritto al corso mattutino o pomeridiano?” chiese Colombo.
“Mattutino, dalle nove alle dodici. Cosa succede adesso?” chiese poi Lombardi.
“A lei niente, questa è però per noi un'informazione preziosa. Se avremo bisogno ancora di lei torneremo a trovarla”, terminò Manta dopo aver preso nota degli orari.
Dopo che i due agenti se ne furono andati Lombardi tirò un sospiro di sollievo. Col suo passato alle spalle non amava avere poliziotti intorno a lui. Sarebbe bastata una folata di vento a frantumare nuovamente la vita che si stava ricostruendo.
Lasciò i maestri a prendere le ultime iscrizioni, salutò e tornò a casa, aveva bisogno di restare da solo.
Entrare in quell'appartamento però servì solo ad aumentare quell'angoscia che da qualche giorno lo perseguitava. Quando in agosto si era trasferito in quella casa si era ritrovato di punto in bianco catapultato nel suo passato.
Quei muri scrostati, quei mobili vecchi, quegli abiti desueti e sgualciti rimasti nell'armadio della sua camera sembravano pronti a ricordargli ogni giorno di quei ventiquattro anni.
Aveva apportato qualche modifica ovviamente, ma non era stato sufficiente a far sì che quella casa rappresentasse un luogo confortante per lui.
Si gettò sul divano e si versò qualcosa di forte da bere, poi cercò di rilassarsi.
Verso le sedici e trenta un uomo entrò nella centrale di polizia a Ponte di Legno e chiese di parlare con chi seguiva i casi delle famiglie rapite.
Colombo e Manta erano fuori per un servizio e l'uomo fu ascoltato dall'ispettore Rinaldi.
“Buonasera, cosa posso fare per lei?”
“Ho letto il giornale solo durante la pausa pranzo, per questo motivo non sono venuto prima. Sono il proprietario del negozio di specialità gastronomiche in fondo al paese, giovedì sera la famiglia scomparsa è venuta nel mio negozio.”
“È sicuro che fossero loro?”
“Al cento per cento, e chi se li dimentica!”
“In che senso?”
“Li ho serviti personalmente, hanno acquistato due grappe molto costose, alcuni formaggi locali e due sacchetti di cioccolatini, uno per loro figlio e uno per il suo amichetto che sarebbe arrivato il giorno successivo. I genitori sono quasi stati costretti ad acquistare due sacchetti dopo che il loro figlio ha iniziato a urlare che non li avrebbe divisi con il suo amico. Per questo li ho notati bene.”
“Ricorda l'orario?”
“Erano circa le diciotto, ho sentito l'uomo dire alla moglie che avevano fatto bene a non attendere il giorno successivo, visto che era prevista molta neve e la nevicata stava iniziando a rinforzare. Sono passato a informarvi perché so che state cercando di ricostruire gli orari.”
“Ha fatto molto bene e la ringrazio.”
“Siete davvero convinti che ci sia un rapitore di famiglie? So che hanno iniziato a chiamarlo così in paese.”
“Purtroppo i fatti confermano questa ipotesi.”
Pochi minuti dopo che l'uomo se n'era andato arrivarono Colombo e Manta che furono aggiornati da Rinaldi.
Quella sera il rapitore di famiglie tornò a casa soddisfatto, anche se non gli piaceva quel soprannome che gli avevano dato. Avrebbe preferito essere chiamato il rieducatore, quella era la sua intenzione, ma si rese conto che gli altri non potevano sapere.
Tutto stava procedendo secondo i suoi piani, anche se avrebbe dovuto mettere a punto la gestione di quei bambini. Inoltre aveva commesso un errore nell'adocchiare la famiglia Brogelli e avrebbe posto maggior attenzione in futuro.
Aveva comunque messo in conto qualche errore iniziale e non si era perso d'animo, aveva ancora molte settimane davanti e si pregustava i futuri commenti, quando sarebbe entrato di nuovo in azione.
Si chiese anche come avesse fatto quell'uomo a risalire quella montagna, sperava solo che non riuscisse a salvarsi o per lui sarebbe stata la fine. Aveva commesso un altro passo falso, ma aveva già posto rimedio per evitare che una situazione simile potesse ripetersi.
Poco prima della mezzanotte si coricò e si addormentò dopo un bel po', invaso da mille pensieri.
“Mammone, mammone... hai messo i guantini? Hai messo la sciarpina? Tieni la merendina, mi raccomando, non accettare le caramelle dagli sconosciuti e neppure dai compagni di scuola.”
Il rapitore di famiglie si svegliò di soprassalto e si mise a sedere sul letto. Accese l'abat-jour e si guardò intorno, gli pareva ancora di sentire le vocine di quei bambini che si prendevano gioco di un loro amichetto, vittima di quelle burle.
Si alzò, si diresse verso la finestra e l'aprì. Fuori era ancora tutto buio e sotto un tappeto di stelle riuscì a scorgere i fari dei gatti delle nevi che sistemavano le piste, segno che era ancora notte.
Solo a quel punto guardò la sveglia, erano le due meno dieci.
Rimase a lungo a guardare fuori. La neve aveva il potere di affascinarlo e allo stesso tempo angosciarlo.
Si coricò dopo alcuni minuti ma faticò ad addormentarsi, quel sogno gli aveva messo un'agitazione addosso che lo accompagnò per diverso tempo, poi decise di vestirsi e andò a fare un giro in paese.
Le strade erano deserte e ogni luce nelle case era spenta. Non se ne meravigliò, come tutti i paesi montani in inverno, anche il Passo del Tonale viveva di giorno.
Fissò ancora per alcuni minuti i gatti che iniziavano la loro discesa dopo aver terminato il loro lavoro, poi si decise a tornare a letto.
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