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Writer Officina
Autore: Daniele Missiroli
Titolo: Aedis: Daniel Sung
Genere Fantascienza
Lettori 5079 598 458
Aedis: Daniel Sung
1)

Steso sul letto della mia cella, con la testa fra le mani, ripeto a me stesso all'infinito: - Sono morto! -
Non vedo vie d'uscita... sono proprio morto.
Sarò condannato a morte solo quando il governatore tornerà dalla sua riunione, a voler essere precisi, ma questo è un dettaglio.
La cosa più assurda è che mi sembra una decisione giusta.
Come si giudica una minaccia per la società?
Uno che ha attentato alla sicurezza dello stato?
Colpevole, senza dubbio.
E quindi condannato a morte.
È un reato che prevede la pena capitale, ed è giusto così.
Il problema è che sono una persona logica, troppo logica, maledizione.
Mmm... però, però, però...
Mi alzo in piedi con decisione e inizio a misurare la stanza con lunghi passi nervosi: Daniel Sung: tu sei un fisico e un matematico. Sei a capo del Dipartimento di Statistica e mi vuoi far credere che non riesci a trovare il modo di uscire da questa situazione? Melverin ha detto che sarà di ritorno fra un'ora: ho giusto il tempo di ricostruire l'accaduto per capire come sia possibile, in un solo giorno, ritrovarsi condannati a morte senza aver fatto nulla.
Devo concentrarmi per ricordare ogni più piccolo dettaglio della giornata.
Sono sempre i particolari che si rivelano decisivi.
Dunque, stamattina...

2)

- Buongiorno, Tobia. Il giornale di oggi, grazie. -
Prima di andare in ufficio, passo sempre dall'edicola a prendere il quotidiano cittadino. A volte vi trovo idee che mi possono essere utili anche sul lavoro.
- Ecco qua, dottor Sung. -
Gli ho detto mille volte di non usare dottore e darmi del tu, ma non c'è niente da fare con il mio giornalaio. Ormai ci ho rinunciato.
Vediamo un po' che cosa è successo ieri.
Sfoglio il giornale rapidamente, ma vedo solo notizie insignificanti. Tranne for-se... Qui parla di un ritrovamento di fossili. Questo m'interessa, perché ho una mia teoria sui fossili. Occupandomi di statistica, so che è molto improbabile, per non dire impossibile, che si trovino solo certe tipologie di reperti.
Ho anche tracciato una mappa dei luoghi dove sono stati rinvenuti e se il posto fosse quello che sospetto... Sì, è proprio dove mi serviva. È la zona mancante!
Anche il giornale riporta una mappa che comprende tutti i siti dove sono avvenuti gli altri ritrovamenti. Questo conferma la mia ipotesi. Si vede una griglia perfetta, interamente ricoperta di crocette. È la prova che mi mancava. Faccio un grosso respiro e scuoto la testa perché è incredibile.
Mi siedo un attimo su un muretto e faccio qualche calcolo per essere sicuro della mia idea. Oggi non me l'aspettavo proprio. Ho formulato la mia teoria da meno di un anno e ora...
Devo dirlo a qualcuno. Sì, adesso corro a raccontare tutto a Jeremy. Lui è l'unico che può capire la portata della mia scoperta. E poi abita qua vicino.

Eccomi arrivato. Inutile suonare, visto che il campanello non funziona. Il mio amico Jeremy Ibarras non l'ha ancora riparato, e per punirlo della sua pigrizia, ogni volta che vengo a casa sua picchio sempre sulla porta come un forsennato. Il suono rimbomba forte all'interno, e se sta dormendo, gli viene un colpo.
- Apri, o butto giù la porta. -
In realtà ho la chiave, poiché spesso si è chiuso fuori e per sicurezza me ne ha consegnato una copia, ma la uso solo per emergenze vere. Appoggio l'orecchio all'uscio, ma non sento nulla. Chissà se è sveglio. Quando dorme, cade in catalessi e non lo svegliano nemmeno le cannonate. Si è svegliato, ecco dei passi.
Appena la porta si apre, non sono sicuro di trovarmi di fronte a un essere umano. Barba lunga, capelli incolti, occhi spiritati e braccia ricoperte di creta fino ai gomiti.
- Mamma mia, da quanto tempo non dormi? -
- Sto lavorando da quarantotto ore di fila. La mostra è fra una settimana e devo ancora finire tre statuette. Prendi una tazza di caffè, mentre faccio una doccia; ce ne dev'essere ancora un po' da ieri. -
Entro nella grande sala che costituisce il suo appartamento e sto attento a sca-valcare le sue opere. Sono sparse ovunque sul pavimento di marmo. La cucina si trova in un locale separato e la camera è stata ricavata grazie a un soppalco. Non mi piacerebbe vivere in questo modo. Per me ogni stanza deve avere quattro pareti e una porta.
Dopo aver esaminato il liquido nerastro sul fondo della caffettiera, mi assicuro di farlo scomparire nel lavandino. - No, è finito. Ne preparo dell'altro. -
Quando il caffè sta uscendo, Jeremy è già tornato ad avere un aspetto normale. Se si può considerare normale indossare una maglietta verde, pantaloni azzurri e scarpe da ginnastica rosse. Adesso siamo seduti in cucina, uno di fronte all'altro, e stiamo sorseggiando il suo/mio caffè.
- Scusa se ti ho disturbato così presto. -
- Nessun problema: fra poco devo fare un salto alla galleria. Di che cosa mi volevi parlare? -
- Leggi qui. - Gli porgo il giornale.
- Il Consiglio non ha ancora deciso chi sarà il nuovo vice governatore. Non mi sembra una notizia importante. -
- No, infatti. Devi leggere in fondo. -
- Scoperto un nuovo giacimento di fossili... si tratta di cetacei di grosse dimen-sioni... gli archeologi dichiarano che... Anche questa non mi sembra una grossa novità; se ne trovano ovunque. -
- Questa notizia dimostra che è come dico io! - Sono così eccitato che non trovo le parole. - Volevo dire: questa è la prova che mancava! Ho costruito una mappa delle zone in cui hanno fatto ritrovamenti e adesso il nostro continente e stato esaminato completamente. Fossili del genere esistono dappertutto, ma in nessun caso sono stati rinvenuti fossili umani, capisci? Non esistono fossili umani! Ti rendi conto di cosa significa? -
- Che non hanno cercato bene? - Jeremy non sembra per nulla impressionato dalle mie parole.
- No, no, no! - Sbatto un pugno sul tavolo. - Se le specie marine sono migliaia, e noi troviamo fossili ovunque, e invece le specie terrestri, fra cui la nostra, sono pochissime e non esistono ritrovamenti, che cosa vuol dire? Che le specie terrestri, fra cui la nostra, non appartengono a questo pianeta! Non siamo nati qui, maledi-zione! Questa è la più grande scoperta che uno storico possa fare. Dovranno ri-scrivere dei libri quando si saprà in giro. -
- Tu non sei uno storico, Daniel. Da quanti anni lavori al Dipartimento di Stati-stica? Dieci, mi sembra. Come mai adesso te ne esci con delle sciocchezze? -
- Queste non sono sciocchezze! - Mi alzo in piedi gesticolando. - Come fai a non capirlo? Proprio perché sono un matematico, posso fare queste affermazioni. La storia è la mia passione e ho elaborato un modello che dimostra, con una probabilità di una parte su un milione, che è impossibile che una specie abbia origine su un pianeta senza lasciare tracce fossili. Riesci a immaginare la portata di questa notizia? -
- Ehi, piano con queste affermazioni. Lo sai come la pensano ai piani alti. - Jeremy appoggia le tazzine nel lavello e vedo che si è accigliato. - Meno male che le tue sono solo congetture: non puoi certo dimostrarlo. -
- E invece posso: guarda i miei calcoli. Alla luce delle conoscenze attuali e del mio modello statistico, la probabilità di aver avuto origine qui è... aspetta... è dello 0,000001%. Quindi... -
- Quindi un bel niente! Visto che hai usato la parola luce, parliamo della luce. Hai pensato al problema della velocità della luce? È dimostrato che non può essere superata: te lo ricordi, o dormivi alle nostre lezioni di fisica? -
- Non dormivo, poiché io ho superato quell'esame e tu no. -
Jeremy non raccoglie l'insinuazione. - Se non siamo nati sul nostro pianeta, da dove siamo venuti? Hai pensato a questo? La stella più vicina dista parecchio, se ricordo bene, e anche ipotizzando di costruire un veicolo per viaggi interstellari, sarebbe impossibile raggiungerla in meno di una generazione. E ho parlato della stella più vicina, che difficilmente avrà un pianeta abitabile. Lo sai quanto può essere lontano un pianeta adatto alla vita? -
- Ho calcolato anche questo. Guarda qui: per avere una buona probabilità di trovare un pianeta come il nostro bisogna allontanarsi di almeno quattrocento anni luce. -
- Una distanza enorme! Per coprirla ci vorrebbero secoli, ti pare possibile? -
- No, però... - alzo una mano per zittirlo.
- E non possiamo nemmeno accelerare o frenare troppo bruscamente, se non vogliamo spappolare gli occupanti sui sedili della nave, giusto Daniel? -
Sospiro e annuisco. - È vero anche questo, ma non sappiamo se è stato trovato un modo per... -
- Esatto, certe cose non le sappiamo, ma altre le conosciamo bene. L'inerzia e la velocità della luce saranno sempre un ostacolo per viaggiare nello spazio. Quindi, per usare il tuo stesso ragionamento, poiché ci sono due elementi oggettivi che impediscono di farlo, l'unica spiegazione è che siamo nati qui. Punto e a capo. -
Di fronte a quelle argomentazioni inoppugnabili ho un attimo di esitazione, ma mi riprendo subito. - Per quanto riguarda l'inerzia, hai ragione. Un veicolo deve accelerare lentamente per non schiacciare i suoi passeggeri sui sedili. E anche in merito alla velocità della luce, devo ammettere che non ci stavo pensando. Sappiamo che non può essere superata, ma questo dove ci porta? Solo al fatto che per fare un viaggio interstellare si deve andare piano e il viaggio durerà molto. Costruendo una nave immensa e autonoma come una città, che importanza può avere quanto durerà il viaggio? Anche se dovessero passare secoli, alla fine si arriverà a destinazione. Solo che arriveranno i figli dei figli dei figli dei coloni che sono partiti. Non mi sembra impossibile, dopo tutto. -
- E sulla base di queste idee balzane - aggiunge lui, dopo aver riflettuto un minuto, - tu vorresti diffondere la notizia che siamo venuti da un altro pianeta? Ti ricordi che cosa successe quando quel tale, di cui non ricordo il nome, scese in piazza a fare comizi sulla tecnologia segreta? -
- Me lo ricordo: si chiamava Timothy e sosteneva che il governo nascondesse della tecnologia, ma non sapeva indicare di quale tipo o dove fosse conservata. Da come sproloquiava, non sembrava del tutto in sé. -
- Non importa se fosse sano di mente o no. Fu arrestato e non se ne seppe più nulla. Dissero che era stato internato per il suo bene, ma nessuno ha mai saputo in quale istituto. Non mi sembra un atteggiamento molto aperto verso chi ha idee diverse da quelle approvate dal governo. -
- C'è una legge severa a proposito della riservatezza sulla tecnologia. Per esempio, solo la polizia è dotata di fulminatori e credo sia meglio così. -
- Ci sono stati molti altri casi di questo genere. Il governo non gradisce che sia confutata la storia che si studia a scuola. Pensa anche alla Leggenda del Meteorite. -
- Che cosa c'entra? Quella ormai è una teoria certa. Abbiamo un cratere enorme, in una zona non sismica, che cosa vuoi che lo abbia creato? -
- Non è quello il punto. Sto portandoti come esempio un evento ormai assodato per farti capire quanto il governo sia ben disposto con chi la pensi diversamente. Ricordi che cosa successe al professor Norton? Scrisse un articolo in cui osò dire che forse non c'era stato nessun meteorite. Poco dopo perse la cattedra e adesso insegna in un orfanotrofio ai bambini di sei anni. Vuoi fare la sua fine? Oppure pensi che avrai un trattamento di favore essendo il direttore del Dipartimento di Statistica? -
Riconosco validi gli argomenti di Jeremy, anche perché stimavo molto il pro-fessore e quella storia non l'ho mai digerita, ma ribadisco la mia idea.
- Per prima cosa non ho mai detto che avrei diffuso subito la notizia. E certa-mente non lo farei usando solo complicati calcoli statistici, anche se per me sono già una prova sufficiente. Inoltre, non dico nemmeno di essere contrario all'operato del governo. Ritengo giuste tutte le leggi attuali, nessuna esclusa. Però sostengo che questa notizia, una volta confermata in modo inoppugnabile, sia troppo importante e non debba rientrare nei regolamenti di riservatezza. Qui non c'è niente da nascondere e non scorgo nessun pericolo, per cui... vedrai che prima o poi tutti sapranno la verità. È solo questione di tempo. -
- Può essere. Nel frattempo ti consiglio di tenere per te le tue ipotesi. Una cosa è parlarne fra amici, ben diverso sarebbe farle circolare in pubblico. -

3)

Sono arrivato al palazzo del governo, dove ho l'ufficio al secondo piano. Però mi sono fermato al primo, dalla mia amica Alisha Sulyman. La osservo un attimo in silenzio prima di entrare. Anche oggi indossa uno dei suoi tailleur in tonalità di grigio: pantaloni scuri e giacca chiara. Un classico, ma le dona molto, data la sua altezza e il fisico slanciato e armonioso.
L'ufficio è piccolo, ma ordinato: una scrivania bianca al centro, una poltroncina di pelle nera e alcuni armadietti bassi contro una parete. La fotocopiatrice in un angolo e una grande finestra che illumina l'ambiente. Adesso sta disponendo le notizie sulla bacheca appesa al muro, in modo da comporre la prima pagina con armonia. È la parte del suo lavoro di Addetta Stampa che ama di più, mi ha detto un giorno, perché le permette di fare qualcosa di creativo.
- Ciao, Alisha. Ho un caffè in più, t'interessa? - Le allungo la tazzina e sorrido.
- Grazie, Dany, ne ho proprio bisogno. -
- Ti lascio qui anche le statistiche del mese. Abbiamo avuto buoni raccolti o-vunque, tranne che a Baia del Nord. Nel rapporto ho detto che non credo sia un problema serio. -
- Meglio così. Questi dati preoccupano sempre tutti. -
Mentre stiamo bevendo il caffè, appoggia gli occhiali sulla scrivania e penetra con i suoi occhi verdi nei miei. - Adesso spiegami la vera ragione per cui sei qui. Non vieni mai a portarmi i dati così presto. -
Dovevo immaginarlo, penso, scuotendo la testa. Alisha ha quattro anni più di me e una laurea in Scienze della Comunicazione, con specializzazione in Psicologia Comportamentale. Quando le parli, può anche sembrare che non ti ascolti, ma alla fine è in grado di fare affermazioni che ti lasciano senza parole.
- Ti sei fatta bionda, stai molto bene con questo colore. E poi sono passato da Jeremy e... sai com'è fatto. Qualsiasi cosa io dica, lui trova sempre il modo di contraddirmi. -
- Vuoi dire che Jeremy riesce ad analizzare le tue ipotesi e a portare la tua atten-zione su aspetti ai quali non avevi pensato? -
- Sì, è quello che ho detto, no? In fondo stavo solo riferendogli dei fatti, non cercavo certo la sua approvazione. Se affermo che un oggetto è rotondo, non si tratta di aver torto o ragione. Poi vedremo che cosa implichi essere tondi, ma intanto non si può negare che lo sia, ti pare? - Mentre parlo, Alisha riprende il suo lavoro, ma so che continua ad ascoltarmi con attenzione. - Senti, non ti voglio annoiare. Sono passato solo a salutare e a lasciarti il mio rapporto. -
- Come vuoi, Daniel. Jeremy avrà fatto affermazioni che ti hanno turbato e ti hanno suscitato dubbi. È meglio che tu ci rifletta un po' da solo, prima di parlarne con qualcun altro, giusto? -
- Purtroppo lui ha ragione quando dice che la velocità della luce è un limite in-superabile. E poi c'è il problema dell'inerzia, che è anche peggio. Questi due ar-gomenti, da soli, bastano a smontare la mia teoria per la quale non possiamo essere nativi di questo pianeta, ma... oh scusa. Stavo entrando nel discorso che ho fatto con lui, partendo dalla fine. -
Alisha smette di lavorare e si avvicina. Ha un'espressione severa. - Senti Dany, non stai per cacciarti in qualche guaio, vero? -
Rapidamente le racconto tutto. Alla fine mi prende da parte e dice a bassa voce: - Ascolta Dany. Il governo è contrario a far circolare certe idee. Non sappiamo che cosa potrebbe succedere se qualcuno le usasse come pretesto per... magari non subito, ma un seme innocuo, a volte, genera problemi in maniera imprevedibile. Non sto parlando di torto, ragione, verità o altro. Sto dicendo che è meglio se certe notizie non vengono fuori. Io sono qui da diversi anni e come addetta stampa ne ho visto di tutti i colori. E parlando di colori: hai osservato i foglietti adesivi che uso? Ce ne sono di verdi e di rossi. Ti sei mai chiesto il motivo? -
- Ne vendono anche di gialli e di azzurri, non credo che il colore sia importante. -
- Io uso solo questi due tipi per sapere come comportarmi. Le notizie che mi arrivano sui foglietti verdi possono essere utilizzate liberamente, mentre quelle scritte sui rossi... no! -
- E questo che cosa comporta? - mi gratto la nuca.
- Comporta che una notizia rossa deve prima essere autorizzata alla divulgazione. Devo ammettere che il Consiglio, di solito, me lo permette, non pensare subito male. Però a volte mi dicono di aspettare qualche giorno. Oppure di cestinarla... dipende. -
- Non sapevo di queste ingerenze da parte del governo. E ti hanno mai spiegato il motivo di questo comportamento? -
- Figurati se il Consiglio spiega a me i motivi delle loro decisioni. Tuttavia, mi sono fatta un'idea abbastanza precisa: sono tutte notizie negative. C'è sempre qualche gruppuscolo scontento di qualcosa, lo sai anche tu. Una volta è per l'aumento del prezzo del pane, un'altra volta quando si decide di sviluppare la città in direzione delle colline, invece che verso il parco e così via. -
- Mi stai dicendo che alcune di quelle notizie possono essere diffuse in ritardo o cestinate, se il Consiglio ritiene di avere i motivi per farlo? -
- Esattamente, Daniel, è proprio così. -
Sto in silenzio un attimo per assorbire la novità, poi continuo: - Ho capito, ma dimmi una cosa: questo modo di fare ti sembra sia fatto a favore della popolazione oppure contro? Qualcuno ne trae vantaggio o ne è danneggiato? -
- Riconosco che finora mi è sembrata una gestione corretta. Da quello che ho visto, non si è mai avvantaggiato nessun esponente governativo. -
- Proprio come immaginavo. Anche se occupo un settore secondario come il Dipartimento di Statistica, ho osservato in questi anni il comportamento del Con-siglio e mi sembra abbia agito sempre per il bene della comunità che rappresenta. -
- Allora sei d'accordo con me nel non diffondere queste idee. -
- Aspetta Ali, aspetta un momento. Ho detto che sono d'accordo sul lavoro del governo, non che questa notizia debba rientrare nella loro forma di prevenzione da potenziali disordini. - Alisha scuote la testa, aggrotta la fronte e mi mostra il pollice in giù: devo spiegarmi meglio. - Non ci sono pericoli di nessun tipo nel far sapere che siamo venuti da un altro pianeta. È un'informazione di portata storica, quindi deve essere fatta circolare a tutti i livelli. -
- Sei sicuro di questa affermazione? Ci sono notizie importanti che possono causare seri problemi, invece. Prova a pensare a cosa succederebbe se fosse scoperto un giacimento di materiale prezioso in una delle zone libere. In quei settori, qualsiasi cosa diventa di proprietà di chi la trova, per cui, se la notizia si diffondesse, si scatenerebbe una corsa incontrollata. Parteciperebbero le persone più decise e senza scrupoli e ci sarebbero di certo disordini, feriti e forse anche decessi. -
- Questo è vero, ma il mio caso è diverso. Nel tuo esempio sono coinvolte molte persone e c'è di mezzo il fattore economico, mentre nella mia notizia non ci sono soldi per nessuno. Pensa invece se un giorno si scoprisse un documento che dimostrasse con certezza che una certa scoperta, attribuita da sempre al signor Red, è invece merito del signor Green. Che cosa faremmo? Terremmo nascosta la notizia per non turbare l'ordine pubblico? Mi dispiacerebbe per la famiglia dei Red, ma sarebbe ingiusto non attribuire il merito ai Green, non trovi? -
- Certo, ma qui stai parlando di due persone. L'opinione pubblica se ne dimen-ticherebbe subito. La tua scoperta, invece, coinvolge tutto il pianeta. Qualcuno potrebbe restare sconvolto, a torto o a ragione, da una rivelazione del genere. Prova a stampare sul giornale che un condominio resterà senz'acqua per una settimana e avrai solo qualche protesta. Prova invece a dire che sarà l'intera città a rimanere senz'acqua e ci sarà un corteo di gente furiosa davanti al tuo ufficio. E se qualcuno restasse ferito, di chi sarebbe la colpa? Io sono sicura che ci siano notizie sulle quali è meglio riflettere attentamente, prima della loro diffusione. E poi, in alcuni casi, lasciarle nel cassetto non farà del male a nessuno. -
Riconosco che le affermazioni di Alisha contengono delle verità inoppugnabili, però non sono d'accordo. - In ogni caso, tuttavia, ciò che ho scoperto può essere scoperto anche da altri. Non sono l'unico individuo del pianeta dotato di logica. Come ho avuto io l'idea, la può avere chiunque. Anzi, è molto probabile che ci siano già decine di persone convinte, come me, che non abbiamo avuto origine qua. Per quanto tempo questo segreto resterà tale? -
- Ma nei libri c'è scritto che discendiamo dai primati, non che siamo colonizzatori provenienti da chissà dove. La selezione naturale è stata dimostrata. -
- I libri di storia si possono cambiare - aggiungo con tono saccente. - Quando si fanno nuove scoperte, i libri sono rettificati di conseguenza, senza che nessuno si offenda. -
- Non ricordo che sia mai successo. Sono convinta che sia pericoloso parlare di argomenti che riguardano tutta la popolazione. Se il Consiglio, come hai ricono-sciuto anche tu, ha sempre agito per il meglio, perché non deve aver ragione anche in questo caso? -
- Non ho detto che ha torto, ho solo detto che qui stiamo parlando di storia. E la storia si studia a scuola, per cui non ci può essere niente di male a parlarne. -
- Allora lasciamo al Consiglio il compito di decidere quando sarà il momento di parlarne. È sempre stato compito suo prendere decisioni come queste. Lo farà anche in merito a questa tua presunta scoperta e saremo tutti contenti. Quasi tutti. -
Non si può avere l'ultima parola con Alisha, per cui ammetto: - Va bene, ci penserò sopra. Però sono convinto di una cosa: prima o poi si troveranno prove indiscutibili e alla fine la verità diventerà di dominio pubblico. -
- Non vedo l'ora - commenta lei, ironica, tornando verso la bacheca.
- Nel frattempo ti faccio una copia dei miei appunti. Sono calcoli semplici, ma precisi. Ti aiuteranno a capire il mio punto di vista. -
E dopo mi darai ragione, penso, sorridendo.
- Come vuoi - risponde lei, sorniona.
Maledizione, ha capito cosa ho pensato.
Mi avvicino alla sua copiatrice e mi accorgo che ha un numero alto e rotondo.
- La usi parecchio questa macchina. -
- Lo so, deve fare manutenzione da settimane, ma non trovo mai il tempo di chiamare i tecnici. Puoi usarla, se vuoi, ma il risultato sarà sbiadito. -
- Non importa: ti lascio tutto il materiale, tanto a me non serve. Ora scappo, perché sono quasi le dieci. -
Osservo l'orologio sulla parete e penso: Non vorrei che qualcuno pensasse che oggi sono in ritardo.
Salgo le scale che portano al mio ufficio e rifletto su quello che mi ha detto la mia amica. Non avevo mai considerato che il numero di persone coinvolte in una notizia potesse costituire una fonte di problemi. La teoria del caos, che studiai all'università, potrebbe avere qualche relazione con questo concetto. E dimostrare che lei ha ragione, maledizione. Anche la radioattività dipende da quanto materiale è presente. Se ci sono effetti a catena, più elementi esistono all'inizio e più caos si otterrà alla fine.
Diffondere o non diffondere? In ogni caso occorrono prove sicure, non ho dubbi su questo.

4)

L'aroma del terzo caffè della mattinata mi aiuta a riflettere. La macchinetta in fondo al corridoio lo fa molto buono e io ne approfitto spesso. Lo bevo seduto comodamente sulla poltrona del mio ufficio. Già, il mio ufficio. Non posso fare a meno di notare la differenza con quello di Alisha. Il mio non è in disordine, questo no. Forse si può definire... vissuto, ecco. Una mediocre scrivania di legno, due sedie con la spalliera rattoppata e l'armadio dei documenti con lo sportello tenuto chiuso da un pezzo di fil di ferro. Non sarà bello, però è funzionale.
Ripensare alla discussione con la mia amica mi mette di malumore, maledizione. Quando capita, è perché mi rendo conto che il mio interlocutore non ha tutti i torti, questo lo so bene. Non avrei mai la tentazione di diffondere notizie negative riguardanti un esteso gruppo di persone. Mi sembrerebbe irresponsabile. E anche una notizia positiva, come il ritrovamento di un giacimento, per seguire il suo e-sempio, non la divulgherei, senza prima aver valutato, tramite un comitato di esperti, tutto quello che comporterebbe.
Però non capisco che cosa centri tutto ciò con il fatto di essere nativi di questo pianeta o meno. Se uno scoprisse di non essere nato a Baia del Nord, ma a Capo Sud, tanto per dire, che cosa cambierebbe? Una persona conta per ciò che fa, per come si comporta, non per il luogo di origine. Anche se qui stiamo parlando di qualcosa di più grande di una città o di un distretto, in quanti potrebbero rimanere così sconvolti da generare tafferugli, proteste, ferimenti? Cinque persone? Dieci?
All'improvviso fa capolino sulla soglia il Capitano Qadimm Qabbas, Capo della Sicurezza del palazzo. - Buongiorno, Daniel, tutto bene? Devo andare nell'ufficio di Kayla, ti serve qualcosa? -
- Ciao, Qadimm, grazie di essere passato. Giacché vai da lei, puoi consegnarle il mio rapporto sulle statistiche di produzione? Stavo per mandare qualcuno, ma ho avuto da fare e... -
- Nessun problema, non mi costa nulla aggiungere i tuoi documenti ai miei. -
Con un'agilità insospettabile in una persona di quella corporatura, Qadimm entra con un balzo e si siede. È stempiato e ha i capelli bianchi, ma non dimostra di avere più di sessant'anni, grazie anche alle larghe tuniche colorate che ama indossare.
Gli porgo i documenti e gli chiedo: - Hai saputo di quel nuovo ritrovamento? -
- Quale ritrovamento? -
- I fossili di cetaceo. È sul giornale di oggi. -
- Intendi tutti quegli inutili scavi che fanno in giro? Soldi buttati, secondo me. -
- Come non detto, lascia stare. -
- Il rapporto è tutto in questi tre fogli? Credevo fosse più corposo. -
- È da qualche tempo che la produzione di ogni distretto rispetta le previsioni, per cui mi limito a scrivere che non c'è nulla da segnalare. L'unica eccezione è Baia del Nord, ma si discosta poco dalla media. -
- Non è la prima volta che ne sento parlare, e succede sempre a Baia del Nord. - Qadimm si gratta la pelata, pensieroso. - Tu da che cosa pensi dipenda? -
- Io credo che siano normali fluttuazioni statistiche. Seminare la terra non è una scienza esatta. -
- Potresti avere ragione, ne sai più di me. Io però ho il sospetto che in quel di-stretto ci sia qualcosa che non va. Per fortuna è un problema che dovrà risolvere Kayla, sempre che di problema si tratti. Fra poco i miei grattacapi si ridurranno a pescare grossi pesci, fare delle passeggiate con gli amici e oziare tutto il giorno. -
Qadimm chiude gli occhi e sorride. Di sicuro sta sognando la sua nuova vita.
- Quando pensi di andare in pensione? -
- Fra otto mesi, Daniel, fra otto mesi solamente. -
- Non ti attira l'idea di rimanere ancora un po' in servizio? Non sei molto an-ziano. -
- Ci ho pensato e la tentazione di restare altri tre anni è forte. Mi piace il mio in-carico. Sono responsabile di ogni persona che lavora qui e ciò è molto gratificante per me. -
- E fai un ottimo lavoro, questo lo riconoscono tutti. Mai avuto incidenti, che io ricordi. -
- Grazie, Daniel. Ce ne sarebbero stati, sai? Ma li ho prevenuti tutti. Non ve ne siete nemmeno accorti ed è questa la mia più grande soddisfazione. Spero che non succeda niente anche dopo che me ne sarò andato. Mi sentirei molto in colpa se... -
Il tono della sua voce si abbassa fin quasi a scomparire. Cerco di sollevargli un po' il morale. - Stai tranquillo Qadimm. A tutti noi farebbe piacere se tu rimanessi ancora, ma se ti senti pronto per la pensione, segui il tuo cuore e goditi gli anni che ti restano. -
- Lo farò, Daniel, sei molto comprensivo. Adesso ti lascio lavorare e vado a me-ritarmi lo stipendio anch'io. -
Il mio amico si alza ed esce. Io inizio a riordinare alcune pile di documenti che giacciono per terra da troppo tempo. Voglio tenere tutto in ordine; penso che le cose si debbano trovare anche a occhi chiusi.

È passato non so quanto tempo e lo squillo del telefono mi fa sobbalzare sulla sedia. Guardo l'orologio e mi rendo conto che è già ora di pranzo. Il tempo vola quando ci si diverte.
- Pronto Dany? - Alisha sta anticipando la mia chiamata, con la quale volevo in-vitarla a pranzo.
- Ci sono, Ali, dimmi pure. -
- Qualcuno è entrato qui e ha frugato tra le mie cose, non so che cosa pensare! -
Avverto nella sua voce un tremolio che non è da lei.
- Dici sul serio? Ti hanno messo l'ufficio sottosopra? Chiama subito la sicurezza! -
- No, è tutto a posto, ma ho capito che qualcuno è stato qui. Hanno guardato nei cassetti della mia scrivania. Sono certa che li hanno aperti tutti. -
Cerco di restare calmo per tranquillizzare anche lei. - Aspetta un attimo, Ali. Raccontami con precisione come sono andate le cose dopo che ho lasciato il tuo ufficio e ragioniamo insieme sui fatti. -
- Dopo che te ne sei andato - continua lei, dopo una breve pausa, - ho continuato il lavoro per un'ora, poi ho preso i documenti da consegnare ai vari uffici e ho iniziato il mio giro. -
- La stanza è rimasta vuota da quel momento fino a quando sei tornata. -
- Esatto. -
- Che cosa hai notato quando sei rientrata? -
- Prima di tutto ho visto che il gattino fermacarte non era rivolto verso la finestra. Sai quanto ci tengo. -
- Stamattina l'ho visto ed era orientato come al solito. -
- A quel punto mi sono insospettita e ho aperto i cassetti. Io li apro sempre dol-cemente e in questo modo il contenuto resta al suo posto. Invece ora ho trovato tutto spostato, come se li avessero aperti senza alcun riguardo. Se si fosse trattato di un cassetto solo, potevo anche pensare a un caso, a una mia distrazione, ma tutti? Qualcuno è stato qui, Dany, ho paura. -
Mi rendo conto che la mia amica è sinceramente preoccupata, più per l'assurdità dell'accaduto che per un pericolo reale. Nel suo ufficio tutti sanno che non c'è nulla d'importante.
- Ascoltami, Alisha, cerchiamo di essere logici. In questo palazzo lavorano più di trecento persone. E ne entrano ed escono altrettante ogni giorno. Può darsi che uno di questi estranei, vedendo il tuo ufficio vuoto, abbia pensato di cercare qualcosa di valore. Apre in fretta tutti i cassetti, non trova nulla e se ne va. -
Alisha riflette per qualche secondo. - Non ci credo, Daniel. Non dopo aver visto il gatto spostato. Sotto di lui ci sono solo fogli di carta, che senso avrebbe? Chi è entrato cercava documenti, non oggetti di valore. -
Riconosco valida l'obiezione di Alisha e allora penso a qualcos'altro.
- D'accordo, chi è entrato cercava documenti, ma tutti qui ti conoscono e sanno che i tuoi sono pubblici. O sono stati già diffusi o stanno per esserlo. Non hai niente di segreto, per cui nessuno del personale interno può essere responsabile dell'accaduto. Si dev'essere trattato per forza di qualcuno dall'esterno, che non ti conosce e non sa che lavoro fai. Secondo me sperava di trovare qualche documento importante. Non ti sembra la cosa più logica? Ovviamente non ha trovato nulla e adesso chissà dov'è. -
Capisco dal suo silenzio che Alisha sta meditando sulle mie parole. Poi la sento parlare con il tono sicuro che riconosco.
- Mi sono preoccupata per niente. Scusa se ti ho disturbato, ma non riuscivo a giustificare un evento simile e questo mi ha messo in ansia. -
- Ti capisco bene. Anche a me succede lo stesso quando non trovo una spiega-zione plausibile. Comunque, ti avrei telefonato fra poco per invitarti a pranzo. Che ne dici di non pensarci più davanti a un buon panino? -
- Ci vediamo all'ingresso fra cinque minuti - risponde lei, sollevata.
- Ancora una cosa: hai attivato l'assistenza per la copiatrice? -
- Non li ho ancora chiamati. Con tutto quello che è successo, me ne sono di-menticata. Lo faccio appena torniamo, promesso. -
- Certo, puoi farlo anche dopo pranzo. Però, se li chiami adesso, i tecnici faranno il lavoro mentre siamo fuori e al tuo ritorno la potrai usare subito. Facciamo così: leggimi la matricola e il contatore che li avverto io. -
- Grazie, Dany: matricola SN107 e contatore 220.003. -
Chiamo l'assistenza, poi esco dall'ufficio, scendo le scale e mi avvio verso l'uscita. La telefonata di Alisha ha messo in apprensione anche me. Mentre le parlavo, cercavo di tranquillizzarla, però una violazione di questo genere non era mai successa. Nessuno oserebbe entrare in un ufficio vuoto. Oltre a essere un comportamento ineducato, è anche offensivo verso il titolare di quella stanza. Si bussa e si aspetta di essere invitati a entrare anche se la porta è aperta.
Non dico che non ci siano stati mai furti, ma avevano sempre una spiegazione logica. Spariva una borsa lasciata incustodita, oppure qualcuno perdeva un portafogli. Questo episodio, invece, non ha senso e tutto quello che non ha senso, mi disturba parecchio.
Inoltre, mi è venuta in mente una seconda ipotesi che non mi piace per niente.

5)

Siamo venuti al Meteor Inn, un tranquillo locale immerso nel bosco, con vista sul lago, vicino al palazzo del governo. Ci si arriva percorrendo a piedi tutta Bedford Street, oppure grazie alla linea venticinque, che passa ogni cinque minuti. È una paninoteca particolare, costruita chiudendo con pareti di legno lo spazio esistente fra quattro grandi alberi, in modo da ricavare un piccolo locale. Ci sediamo all'esterno, perché dentro ci sono pochi tavoli, tutti occupati. Chiamiamo il cameriere e ordiniamo.
- Per me un panino con funghi e prosciutto. - Alisha ne ordina uno con formaggio e insalata.
- Da bere cosa vi porto? -
- Due birre e alla fine due caffè - risponde lei, anticipandomi e indovinando quello a cui stavo pensando. Be', in questo caso era facile.
Il panino che sto addentando è molto buono, ma con troppa salsa. Devo stare attento a non schizzarmela sulla casacca nuova. In realtà, nessuno potrebbe capire che è nuova, perché indosso sempre casacche grigie identiche. Questo è il vestito che mi piace di più, perché dovrei cambiarlo?
Anche Alisha è molto soddisfatta di quello che ha ordinato. Quando siamo verso la fine del nostro lauto pasto, le dico: - Senti, Ali, prima al telefono ho formulato un'ipotesi che può corrispondere alla realtà, ma più ci penso e più ho la sensazione che dietro l'intrusione nel tuo ufficio ci sia qualcosa di più. -
- Come mai ci stai ancora pensando? -
- Mi è venuta in mente un'altra spiegazione logica, oltre a quella in base alla quale chi è entrato non ti conosce, poiché non hai documenti segreti. L'intruso, invece, poteva essere qualcuno che ti conosce bene, ma che cercava documenti diversi da quelli che gestisci tu. -
- Hai degli elementi per questa ipotesi, o è solo una teoria? -
- Credo che abbia fotocopiato qualcosa. -
Mentre parlo, scarabocchio dei numeri su un tovagliolo di carta, come faccio sempre quando rifletto.
- Guarda, Ali. Io avevo visto un numero rotondo sulla tua macchina, cioè 220.000, e invece tu mi hai detto che segna 220.003. -
- Sì, esatto. -
- Io non l'ho usata, tu hai fatto tre copie? -
- No. -
- Quindi, qualcuno le ha fatte a tua insaputa. Questo può non significare nulla, ma qualcosa mi dice che in realtà l'intruso ha trovato ciò che cercava. Però, per non farsi scoprire, l'ha solo fotocopiato. -
- Me lo sentivo che facevo bene a preoccuparmi. Sono al centro di un intrigo, secondo te? Sono sospettata di qualcosa? Tra l'altro, non riesco proprio a immagi-nare che cosa possa aver fotocopiato. Nel mio ufficio ci sono migliaia di fogli. -
- Per ora non ne ho idea nemmeno io e non sono neanche sicuro che la situazione sia seria. In ultima analisi, qualsiasi cosa abbia preso, sappiamo che non ha nessuna importanza e lo capirà presto anche lui. -
- Mi piacerebbe pensarlo - commenta lei - ma ho la sensazione che ci saranno delle conseguenze. -
- No, Alisha, sono convinto che non ce ne saranno. In tanti anni non è mai successo niente del genere. Nessuno ha mai lamentato intrusioni; vedrai che non succederà più. -
- Spero proprio di sì, ma non ne sono convinta. -
- È logico che se dovesse capitare di nuovo, questa volta informeremo subito le autorità. -
- Su questo ci puoi giurare. -
Siamo arrivati al caffè e lo stiamo gustando. Sto bevendo l'ultimo sorso quando sento squillare il mio telefono portatile.
- Ciao, Jeremy, sono qui a pranzo con Alisha. Come dici? -
- Sì, Daniel, qualcuno è entrato in casa mentre ero fuori. Tu hai sempre la chiave che ti ho dato? -
- Aspetta che controllo. -
Guardo nelle mie tasche e tiro fuori l'intero mazzo. - Eccola qui: è al suo posto, insieme con le mie. Nessuno me l'ha sottratta, devono essere entrati in qualche altro modo. Non c'è traccia di scasso, immagino. -
- No, niente di niente. Sono entrati, hanno buttato tutto all'aria e se ne sono andati. Me ne sono accorto solo adesso, al mio rientro dalla galleria. -
Aggrotto la fronte e resto in silenzio per qualche secondo. - Quello che mi riferisci è molto strano, ma lo è ancor di più sapendo che qualche ora fa qualcuno è entrato nell'ufficio di Alisha. Una coincidenza singolare, non trovi? Da lei, ragionandoci un po', abbiamo appurato che cercavano dei documenti, mentre da te non saprei immaginare che cosa stessero cercando. Avevi dei valori da qualche parte? -
- Tengo qualcosa in cassaforte, ma ho già controllato: era chiusa e dentro non manca niente. -
- Non vuol dire che non l'abbiano aperta. -
- Non credo, la mia è un modello sicuro. -
- Hai un cassetto in cui conservi i documenti? -
- C'è quello delle bollette e delle fatture. -
- Aprilo delicatamente e verifica se ti sembra che sia stato esaminato da estranei. È in questo modo che Alisha si è resa conto che i suoi li avevano aperti tutti. -
- Aspetta un secondo. - Sento i suoi passi che si allontanano.
- Hai sentito, Ali? -
- Jeremy ha subito un furto? No, mi correggo: qualcuno è entrato, ma non manca niente! -
- Proprio così, hai indovinato. Ora sta controllando il cassetto dove conserva i suoi documenti. -
- Lo hanno aperto di sicuro. -
- Avevi ragione - sento dire all'altro capo del telefono - ho guardato bene e in ef-fetti è stato aperto e controllato. Le carte non sono come le tengo di solito. Se non mi avessi avvertito, forse non me ne sarei mai accorto, perché lo apro sempre in fretta e gli oggetti al suo interno si muovono. -
- Quindi anche da te cercavano documenti. -
- Tutto ciò non ha senso. Tu sai spiegarmi l'accaduto? Da Alisha hanno preso qualcosa? -
- Niente nemmeno da lei, però riteniamo abbiano fatto delle fotocopie. In base a ciò che mi hai detto, secondo i tempi, credo che le abbiano ritenute inutili e siano venuti da te a cercare quello che non hanno trovato da lei. -
- Ma io non ho rapporti con la vostra amministrazione. A parte la scultura che ho regalato al governatore, non sono nessuno. -
- Però sei venuto nel mio ufficio in diverse occasioni. E abbiamo preso spesso il caffè con Alisha. -
- Pensi che sia stata una di quelle volte - interviene lei - che ora ci accomuna in questi tentativi di furto? Mi sembra impossibile, l'ultima è stata due mesi fa. -
- Ho sentito le parole di Alisha e sono d'accordo con lei. È passato troppo tempo. E poi, anche se il ladro ci ha visto insieme, come può pensare che io tenga in casa dei documenti riservati che appartengono al governo? -
- Anche questo è vero - gli confermo. - Mentre si può pensare che ci sia qualcosa di importante nell'ufficio di Alisha, è da idioti immaginare che tu sia coinvolto con l'amministrazione al punto da entrare in questo modo a casa tua. -
- E poi, perché venire da me e non cercare invece nel tuo ufficio? Hai controllato che da te sia tutto a posto? -
- Prima di venire qua non era entrato nessuno, di questo sono certo. Forse sono entrati durante il pranzo, ma questo lo potrò verificare solo al mio rientro. Però adesso ascoltami, Jeremy. Quello che è successo a entrambi può terminare qui, senza conseguenze. Tuttavia, esiste la possibilità che non sia così, per cui ti consiglio di far finta di niente. Comportati come tutti i giorni e se per caso noti che qualcuno ti segue, ignoralo. Ci vedremo stasera a casa mia e faremo il punto. -
- Perché mi dai queste indicazioni? Pensi che sia in pericolo? -
- Per esperienza so che una vicenda può essere casuale, ma due identiche non lo sono mai. -
- Continuo a non vedere come io possa essere coinvolto con l'intrusione che ha subito Alisha, ma farò come suggerisci. -
Dopo aver chiuso la comunicazione, Alisha e io ci alziamo e ci incamminiamo sulla strada del ritorno.
- Perché è importante che Jeremy si comporti così? - mi chiede lei, meravigliata.
- Non voglio trascurare la possibilità che ci sia un collegamento fra voi due. -
- Pensi che sia in pericolo? -
- Tranquilla: voi due non sapete nulla, e il miglior modo per dimostrarlo è com-portarsi come sempre, senza far intendere che siete preoccupati. Chi si mostra preoccupato, può generare sospetti; chi si dimostra tranquillo non ha nulla da na-scondere. -
Alisha aggrotta la fronte, riflette un attimo e poi annuisce. - Hai ragione, farò anch'io così. -
- Inoltre, devo pensare anche a un comportamento naturale da parte mia. Se i fatti sono collegati, c'è stata una rapidità di esecuzione che lascia supporre che non si tratti di un singolo individuo. In una situazione del genere, chiunque si rivolgerebbe alla polizia, ma nel nostro caso, giacché facciamo parte del governo, è normale ricorrere alla massima autorità, cioè Kayla Kendrick. -
- Ma non siamo sicuri di niente, che senso ha coinvolgere addirittura il Com-missario Capo? -
- Infatti, non lo faccio per ottenere qualcosa da lei, ma per dimostrare a chi ci sta spiando, se esiste qualcuno che ci sta controllando, che perde il suo tempo. -
Alcuni pensieri attraversano la mia mente, ma non li rivelo ad Alisha per non preoccuparla: E se per caso Kayla sa qualcosa? Se è coinvolta anche lei? Se è così, forse stuz-zicandola un po' si tradirà. Vale la pena di tentare, ma devo stare molto attento.
- Sento che è una pessima idea, Daniel. -
- In ogni caso non farò nomi, non hai nulla da temere. -
- Non mi preoccupo solo per me stessa: siamo coinvolti tutti e tre, no? -
- Hai ragione, farò finta che non sia successo niente. Saranno solo domande in-nocenti di una persona curiosa. -
Mentre torniamo indietro in silenzio, penso anche a cosa dire a Kayla per ottenere informazioni. Un suo coinvolgimento diretto mi sembra improbabile: perché mi è venuta in mente una cosa del genere? In ogni caso, devo formulare le domande in modo distaccato. Non deve accorgersi del mio interesse personale.
È una donna in gamba e non sarà per niente facile.

6)

Accompagno Alisha al suo ufficio. - Ci vediamo stasera a cena. Dobbiamo rie-pilogare i fatti. -
- Porto Samira? -
- Vedo sempre con piacere tua sorella, ma questa è una riunione particolare e non vorrei coinvolgerla. -
- In questo momento non avverto pericoli, ma ritengo che tu abbia ragione. Aspettiamo che il mistero si risolva. -
La saluto con un abbraccio e salgo al secondo piano. Per prepararmi bene all'incontro con Kayla, mi prendo un altro caffè. Mentre lo sto sorseggiando, passo a dare un'attenta occhiata al mio ufficio. Tutto in ordine, come lo avevo lasciato. Apro anche il cassetto della mia scrivania e i mobiletti bassi che corrono lungo le pareti, ma trovo tutto a posto. Da me non è entrato nessuno e questo mi preoccupa anche di più, perché è la conferma che io non c'entro. Sono proprio i miei due amici a essere coinvolti in qualcosa di torbido.
Andiamo avanti con il piano: butto la tazzina e salgo le scale fino al terzo. In fondo al corridoio vedo l'ufficio di Melverin e sulla destra la sala del Consiglio. Credo che siano state scelte quelle stanze lontane proprio per rimarcare la distanza che c'è fra chi prende decisioni e le persone normali. Quando Jeremy parlava di piani alti, aveva proprio ragione. La porta è aperta, come tutte, per cui busso allo stipite e chiedo di entrare.
- Buongiorno, Kayla. Stamattina Qadimm vi ha portato il mio rapporto, vero? -
- Buongiorno, Sung. Sì, l'ho già controllato e mandato al governatore. -
Quest'ufficio è molto spazioso e ha una scrivania imponente color legno chiaro. Alle sue spalle ci sono diversi mobiletti bassi e sulla sinistra vedo tre armadi. Immagino siano pieni di documenti, poiché ce ne sono una quantità enorme per terra e anche su un grande tavolo sulla destra.
- Mi sembra che i raccolti siano buoni, per fortuna. Non vorrei che ci fosse una nuova impennata dei prezzi del pane. Chissà cosa succederebbe, questa volta. -
- Niente che non possiamo gestire - commenta lei, senza alzare gli occhi dai fogli che sta esaminando.
- Sì certo, ma è meglio che non ci siano motivi di disordine, non trovate? -
- Ovvio. -
Sto in piedi davanti alla scrivania, mentre lei continua a leggere i suoi documenti. Immagino che non le faccia piacere la mia presenza, poiché non mi ha invitato a sedermi.
Kayla è il Commissario Capo di tutte le forze di polizia della regione da meno di un anno e come sempre indossa il suo completo aderente di pelle nera, con il fulminatore esibito minacciosamente sul fianco destro. Ha la mia età e non è tanto alta. I suoi capelli sono corti e neri, e nel suo sguardo c'è una determinazione che a volte spaventa. La cosa più singolare è che tutti le danno del voi, mentre al com-missario precedente, con il doppio dei suoi anni, davamo del tu senza problemi.
Dopo un pesante silenzio, cerco di rompere il ghiaccio. - Sono passato per chiedervi un parere, ma se siete impegnata, posso tornare in un altro momento. -
- Io sono sempre impegnata. Che cosa vi serve? -
- Mi chiedevo: uno dei visitatori che tutti i giorni entrano ed escono dall'edificio potrebbe fare qualche scorrettezza? Mettersi a frugare nei cassetti delle scrivanie, per esempio. Magari approfittando dell'assenza momentanea del responsabile. È una questione del tutto ipotetica, naturalmente. -
- Ci sono stati dei furti? Qualcuno ha subito violazioni? - Kayla solleva gli occhi dai fogli che stava leggendo e li pianta dritti nei miei.
- Non ho detto questo, ma vedo sempre passare parecchia gente e tutti qui hanno l'abitudine di lasciare la porta aperta. Mi chiedevo se ci fosse qualche sistema di protezione. -
- Coloro che hanno accesso all'edificio sono stati verificati e sono persone fidate. Tuttavia, se qualcuno osasse aprire dei cassetti non suoi... - Kayla si porta la mano sul calcio della pistola e sfodera un ghigno inquietante. - ...vi assicuro che poi passerebbe un brutto quarto d'ora. -
- Ne sono consapevole e mi fa piacere saperlo, commissario, però... -
- Potete stare tranquillo, dottor Sung - conclude poi maliziosamente. - Fatemi avere dei rapporti dettagliati se quelle violazioni, da presunte, diventassero concrete. -
Non raccolgo l'insinuazione e decido di essere più esplicito.
- La polizia può fare dei controlli anche in assenza del responsabile, immagino. La sicurezza viene prima di tutto. -
- Quello che state dicendo non ha senso. Non si possono eseguire perquisizioni, se non alla presenza del diretto interessato. Non servono sotterfugi, perché il governo, appunto, è il governo. Può decidere di fare in pubblico ciò che ritiene necessario e nessuno può rifiutarsi di ottemperare alle disposizioni impartite. -
Sto per proseguire nella discussione, quando sento una voce alle sue spalle: - Kayla, a rapporto! -
Kayla si gira e si mette sull'attenti davanti a un piccolo monitor, dove è comparso il viso del governatore Melverin Sharwani.
- Eccomi, signore. -
Mi rendo conto che il governatore riesce a vedere dentro la stanza e questo mi sorprende.
- Ho letto il rapporto di oggi e voglio che tu parta subito per Baia del Nord. Il responsabile di quel distretto ha dei problemi e mi serve una persona con le tue capacità decisionali. -
- Ci vogliono quattro ore per arrivare fin là, signore - obietta lei.
- Ecco perché è meglio che tu non perda tempo. -
Il suo tono non ammette repliche. - Come volete, signore, parto subito. -
- Mi sembra di vedere qualcuno alle tue spalle. Chi c'è lì con te? Ah, Daniel Sung. Buongiorno, Daniel. -
Non ho frequentato molto il governatore, penso, strano che si ricordi il mio nome.
Melverin ha un'età indefinibile, con la sua corta barba bianca in perfetto ordine, capelli dello stesso colore, naso piccolo, occhi stretti ed espressione felice. La stessa che ha un nonno prima di sculacciare il nipotino scavezzacollo.
- Buongiorno a voi, signore. Stavo andando via, quando non ho potuto fare a meno di notare questa meraviglia. Ho capito che riuscite a vederci, ma qui non ci sono telecamere. -
- Guarda bene sopra allo schermo. -
Aguzzando gli occhi, infatti, riesco a distinguere un minuscolo oggetto nero appoggiato sopra al monitor. È praticamente invisibile e non ha connessioni di al-cun genere.
- Microcamera impercettibile e senza fili. È stupefacente. Spero che la troveremo presto in commercio. -
- Certo, alla fine arriverà sul mercato, ma non questo modello, che serve a collegare solo Kayla e me. -
- Non sapevo che fosse già possibile farle così piccole. Chissà quanti utilizzi ci sono per una simile invenzione. -
- Sì, sarà di sicuro molto utile in campo medico. -
- Dove le costruiscono, se posso chiedere? -
- Arrivederci, Daniel Sung. Melverin, chiudo. -
- Come avete sentito, devo partire subito - Kayla armeggia con una valigetta.
- È un bel viaggio fino a Baia del Nord. Anche a me piacerebbe andarci, così passerei vicino al nuovo ritrovamento. L'avete letto sul giornale di oggi, vero? Strano che si continuino a trovare fossili di specie marine e invece di fossili umani non ci sia traccia. Eppure, nel corso dei secoli, la nostra specie dovrebbe aver lasciato qualche testimonianza. Hanno trovato fossili anche di piccoli animali terrestri, però non si trovano quelli di... -
- Voi vi occupate di statistica o di storia antica? - Kayla mi interrompe e aggrotta la fronte.
- Mi occupo di statistica, lo sapete bene. Però sono anche un grande appassionato di storia e unendo le due materie credo si possano capire molte più cose. -
- Non sempre una valutazione statistica porta alla verità. Avete presente quell'aneddoto sui due pescatori? Uno aveva pescato due pesci e l'altro nessuno, per cui, statisticamente, avevano preso un pesce per uno. Voi vorreste essere il primo o il secondo pescatore? -
La conversazione sta prendendo una piega che non mi piace e sento le mani sudate, però mi faccio forza e continuo.
- La mia è solo curiosità. Il lavoro mi porta ad analizzare tutti gli eventi in ottica probabilistica, e quando qualcosa si avvicina troppo allo zero, non posso fare a meno di domandarmi il perché. -
- Io invece considero solo i fatti concreti. Un oggetto è nero, oppure bianco. -
- Ci sono anche i grigi, commissario. La mia casacca, per esempio, all'ombra può sembrare nera, ma qui alla luce si vede bene che è grigia. E tornando ai ritrovamenti, una spiegazione ci deve essere per forza e sarebbe interessante scoprirla. Non credete che sia un problema di interesse collettivo? -
- Forse - commenta asciutta Kayla. - Io però sostengo che se ognuno facesse il proprio lavoro e si concentrasse solo su quello, il lavoro riuscirebbe meglio. E ne avrebbero un beneficio sia lui, sia chi gli sta intorno. Spero di essere stata chiara. -

7)

Solo, dietro la mia scrivania di legno dal pianale consumato, sto ripensando all'ac-caduto, mentre agito nervosamente i piedi e scarabocchio su un foglio. Che cosa voleva dire Kayla con l'ultima frase? Non mi sento tranquillo.
Togliendo le parti scontate, necessarie solo a colorare la frase, ma prive di con-tenuto informativo, restava: - ...se ognuno facesse il proprio lavoro ... ne avrebbero un bene-ficio sia lui, sia chi gli sta intorno. -
Per quanto cerchi un significato diverso, cercando di ripeterla con la sua esatta intonazione, a me suona in ogni caso come una minaccia, neanche troppo velata.
L'ha pronunciata perché aveva fretta, oppure ho colto nel segno quando ho af-frontato l'argomento spinoso, parlando dei fossili? Non è certo una persona con la coda di paglia. La sua voce non si è incrinata. È rimasta fredda e distaccata come prima, a parte la minaccia. Relativa a me e... a chi mi sta intorno.
Alisha e Jeremy! Loro mi stanno intorno. Ma lei non può sapere che siamo amici. Che stupido: ha decine di agenti al suo servizio: glielo avranno riferito. Non importa: nessuno di noi ha violato la legge, per cui non abbiamo niente da temere.
Guardo l'orologio: sono quasi le sei. Dopo tutte queste elucubrazioni, che non hanno portato a nulla, ho bisogno di bere qualcosa di caldo. Controllo le monete in tasca ed esco in corridoio. Scelgo il tipo di miscela e premo il bottone relativo. Un gruppo di guardie sbuca dalle scale e si avvicina. Mi raggiungono proprio mentre sta scendendo il caffè. Riconosco la ragazza che le guida.
- Ciao, Lenora, come mai qui? La vostra macchinetta è guasta? -
Lei mi guarda con un'espressione contrita. - No, Daniel, in realtà sono qui per arrestarti. -
Il tenente Lenora Toson è una giovane donna di media statura. Ha i capelli rac-colti, di un colore rosso fuoco, e prendo spesso il caffè con lei e i suoi colleghi. I lineamenti del suo viso sono perfetti, è longilinea e slanciata e i suoi occhi scuri sono molto dolci. Non mi meraviglierei di trovarla un giorno sulla copertina di una rivista di moda. Inoltre, la divisa grigia che indossa mette in risalto le sue forme e sono pochi quelli che non si girano a guardarla, dopo averla incontrata.
In questo momento non capisco se stia scherzando o dicendo sul serio, per cui, nel dubbio, mando giù il caffè in un sorso e la fisso negli occhi, cercando di leggervi delle risposte. La sua espressione è triste: non è un buon segno.
- Sì, Daniel, c'è un mandato di arresto nei tuoi confronti. Ti chiedo il favore di non crearmi problemi per via del fatto che siamo amici. Sono sicura che sia un e-quivoco, ma devi aver pazienza e lasciarmi seguire la procedura. -
- Certo, Lenora, è tutto a posto. Ho parlato poco fa con Kayla e con Melverin: è ovvio che si tratti di un equivoco. Fai pure il tuo dovere. -
Mi faccio accompagnare docilmente verso le celle a piano terra. - Lenny, puoi dirmi di che cosa sono accusato? -
- Non lo so, Daniel. -
- Se tu lo sapessi, potresti rivelarmelo? -
- Non potrei, ma ti dico per amicizia che non so di cosa sei accusato, perché sul foglio non c'è scritto niente! La casella è stata lasciata vuota. -
- Capisco, grazie. -
- Non chiedermi di formulare ipotesi, ti prego. Non saprei cosa pensare e avrei dei guai. -
- Puoi dirmi, almeno, se è frequente che sui mandati di arresto non ci sia la mo-tivazione? -
- Mai successo. -
Le celle sono nell'ala est, e sono tutte vuote. Entro tranquillamente nella prima e aspetto con pazienza gli eventi.
Dopo due ore, però, il senso di ingiustizia che mi pervade ha raggiunto il limite. Se non succede qualcosa, esplodo. E dopo avranno fatto bene a rinchiudermi. Stare in un locale nudo di sei metri quadri non fa bene al mio carattere, ma l'unica cosa che potrei distruggere è la brandina e non mi conviene. Non ho a disposizione uno specchio, ma provo alcuni sorrisi di circostanza. Voglio prepararmi bene all'interrogatorio che dovrò subire. Finalmente, tra le sbarre compare la faccia ro-tonda di Qadimm.
- Che cosa succede, Daniel, perché sei in cella? -
- Devi dirmelo tu, amico mio. Qui nessuno sa nulla, e men che meno io. -
- Ero già a casa quando mi hanno comunicato che ti avevano arrestato e sono tornato subito indietro. Hai qualche idea sul motivo per cui ti trovi in questa situa-zione? -
- Buio completo. -
- Eppure qualcosa devi aver fatto. Non penso che tu sia colpevole, sia chiaro, dico solo che qualcuno ritiene che tu abbia violato la legge e per questo motivo, in attesa di chiarimenti, ha preferito metterti in custodia. -
- Sono sicuro di non aver violato nessuna legge - dichiaro, dopo aver finto una breve meditazione. - Inoltre, non ha alcun senso tenermi chiuso in cella per ore. Dove credono che possa andare? Io lavoro qui e sono il capo di un dipartimento. -
Mi alzo in piedi e mi avvicino alle sbarre. Poi abbasso la voce e sussurro: - È nel mio interesse difendermi dalle accuse, qualsiasi esse siano, e dimostrare la mia in-nocenza. Tu lo capisci, vero? -
- Certo, Daniel. Posso fare qualcosa per te? -
- Be', per cominciare potresti dirmi chi è stato a farmi arrestare. Comprenderei meglio la situazione. -
- Purtroppo deve essere il funzionario stesso a formulare le accuse. Sarebbe un'indebita ingerenza da parte mia scavalcarlo e farti sapere il suo nome. -
- Me ne rendo conto, ma sono in un brutto pasticcio, lo vedi anche tu. Prometto di non fargli capire che sapevo già il suo nome. Resterà una cosa fra noi. -
Di fronte a questo dilemma, Qadimm va un po' avanti e indietro e poi dice: - Va bene, Daniel, mi fido di te. Prendo il tuo incartamento e torno subito. -
Dopo alcuni minuti è di ritorno con una faccia emblematica. - Allora? Chi è il mio misterioso persecutore? -
Lui, imbarazzato, scuote la testa senza aprire bocca. Poi finge di esaminare l'ordine di arresto dandomi le spalle. Io mi sporgo sopra di lui e leggo il nome. Non ci posso credere: è firmato in calce da Kayla!
Sono sbalordito nel vedere la firma del commissario su quel foglio. Solo poche ore fa ero nel suo ufficio e non sembrava avesse l'intenzione di arrestarmi. Inoltre, perché non farlo subito, prima di partire? È stato forse Melverin a impartirgli quell'ordine, dopo che mi sono mostrato troppo curioso? Ho bisogno di riflettere per capire meglio che cosa stia succedendo, poiché sento che la situazione mi sta sfuggendo di mano.
Devo guadagnare tempo, quindi mi rivolgo all'unica persona che mi può aiutare. - Qadimm, vedi bene che è tutto un malinteso. Stavo parlando con Kayla poche ore fa e non ha manifestato ostilità verso di me. Non riesco a immaginare per quale motivo abbia impartito quell'ordine, ma sicuramente domattina chiariremo tutto. -
- Certo, Daniel, lo penso anch'io - mi risponde lui con un largo sorriso stampato sul faccione. Poi aggiunge: - Va bene, rimandiamo tutto a domani e non pensiamoci più. -
- Aspetta, Qadimm, devo chiederti un piccolo favore. -
- Tutto quello che vuoi, Daniel, dimmi pure. -
- Ti rendi conto che non ha senso che stia in cella stanotte? Tu mi conosci bene e sai che non ho motivo di fuggire. Per andare dove, poi? La cosa più logica è che torni a casa in attesa del confronto di domani con Kayla. -
Lui scuote la testa. - Questo no, Daniel. Chiedimi tutto, ma non farmi andare contro l'ordine di un mio superiore. -
- Infatti, non è ciò che ti sto chiedendo. Stavo solo pensando che il capo della sicurezza ha l'autorità di concedere gli arresti domiciliari, non è forse vero? Come ho già detto, lavoro qui da tanto tempo e intendo continuare a farlo, una volta cadute le accuse. Hai la mia promessa che domani tornerò a chiarire tutto. -
- E dove andrai, se ti libero? - chiede, dopo essere stato in silenzio per un tempo che mi è sembrato interminabile.
- Giuro che vado a casa e ci resto fino a domattina. -
Qadimm si porta una mano al mento e riflette. Poi si gratta la testa e mi dice: - Va bene, ma guai se ti muovi da lì, siamo d'accordo? -
Mentre torno a piedi a casa mia, penso che dovrei avere delle pizze nel con-gelatore. E che questa notte dormirò poco.

8)

- Sono pronte, ragazzi. Una quattro stagioni per te, Jeremy, una alle verdure per Alisha e per me una pizza ai funghi. -
I miei amici si siedono a mangiare in silenzio. Ho apparecchiato in cucina per non perdere tempo. Non è la solita serata divertente e spensierata come facciamo di solito, lo sanno bene entrambi. Li ho informati del mio arresto, senza però ag-giungere altri particolari. Il silenzio, a volte, può fare più rumore del lavorio nervoso delle mandibole. E i pensieri essere così foschi da materializzare le nuvole della tempesta sopra la tavola. Che cosa sta succedendo a tutti noi?
- Riepiloghiamo i fatti. - I miei amici alzano la testa dal piatto e mi ascoltano con attenzione. - Ci sono state due intrusioni, in tempi vicini e in luoghi distanti. - An-nuiscono entrambi. - A nessuno manca nulla, però risulta che da Alisha abbiano fatto alcune fotocopie. Il mio arresto, inoltre, rivela che anch'io sia coinvolto. -
Jeremy aggrotta la fronte e medita sulla singolarità di quest'ultimo episodio. Ri-fletto un attimo anch'io, poi continuo: - L'unico momento in cui i vostri due nomi sono stati accomunati - mi rivolgo a Jeremy - è stato quando ho parlato del mio in-contro con te mentre ero nel suo ufficio. Ho escluso il momento in cui abbiamo preso il caffè insieme, tre mesi fa, perché non c'era nessuno e non sono stati fatti i vostri nomi. Conclusioni? -
La prima a parlare è Alisha. Sbarra gli occhi e lascia cadere le posate. - Non ci posso credere! -
- Invece è così - Jeremy si serve da bere.
- Bravi, avete capito che ci hanno ascoltato. -
- Non avrei mai sospettato una cosa simile. E perché proprio nel mio ufficio? - continua lei.
- Non penso che tu sia l'unica, ma per ora lasciamo da parte il perché e cerchiamo di capire come e chi. Eri sotto sorveglianza da qualche tempo, non certo da oggi. E so che la tecnologia per miniaturizzare gli oggetti esiste. Ti sorvegliano per qualche motivo, ma solo stamattina si sono mossi. Qualcosa li ha turbati e sono venuti a frugare tra le tue carte. Hanno fatto tre fotocopie, ma hanno capito che non servivano a niente e allora sono andati a casa di Jeremy. -
- Fin qui è tutto logico, chiaro e... assurdo! - scherza Jeremy come al solito.
- Chi può esserci dietro tutto questo? - chiedo ai miei amici.
- Secondo me c'è una persona importante - commenta Alisha.
Le stringo la mano per confermare la sua intuizione e poi aggiungo: - Brava! Veniamo allora al mio arresto. Dovete sapere che Qadimm, andando contro le re-gole, mi ha mostrato l'ordine. E sapete da chi è stato impartito? Da Kayla! -
Di fronte a questa inattesa rivelazione, i miei amici sgranano gli occhi.
- Non è possibile. T-ti ha fatto arrestare Kayla? - balbetta Alisha. - Allora la mia intuizione era giusta: sentivo che non sarebbe stata una buona idea andare a parlare con lei. -
- Ho visto la sua firma sull'ordine di arresto, ma non sappiamo il motivo per cui abbia preso questa decisione. -
- In ogni caso abbiamo già svelato il mistero - aggiunge Jeremy, tra il soddisfatto e il preoccupato.
- Non ne sono del tutto convinto, ragazzi - finisco la pizza e mi pulisco la bocca col tovagliolo.
- Che cosa vuoi dire? - Alisha beve un sorso d'acqua per calmarsi.
- Le domande che mi vengono in mente sono tre. -
Prendo una penna, un tovagliolo di carta e scrivo: - Uno: dopo tutta la segretezza che circonda questa successione di eventi, Kayla si rivela così ingenuamente? Due: se le ho detto qualcosa di sospetto, perché non ha parlato in modo più esplicito quando ero da lei? Tre: come ha potuto emanare quell'ordine, se era in viaggio? -
Jeremy aggrotta la fronte. - Ti posso rispondere io. - Prende il mio foglio e vi aggiunge: - Per la segretezza, non poteva immaginare che Qadimm ti avrebbe mo-strato quel foglio. Quando eri da lei, non aveva ancora deciso come agire nei tuoi confronti. L'ordine l'ha dato per telefono, anche se era in viaggio. -
Devo ammettere che quelle spiegazioni sono tutte plausibili e anche Alisha an-nuisce, convinta.
- A questo punto abbiamo solo un mistero da risolvere: cosa. -
- Hai ragione: non siamo ancora riusciti a capire che cosa stavano cercando nel mio ufficio. -
- Poiché il collegamento fra voi due sono io, dev'essere un documento che è in mio possesso, non c'è dubbio. -
Mentre pronuncio queste parole, il mio cervello è attraversato da un'intuizione. Mi alzo e vado alla finestra. Guardo giù e ho una sensazione spiacevole. C'è poca luce e la strada è deserta.
- Credo di aver capito. - Alzo la voce, mantenendo un occhio sulla strada. I miei amici mi guardano incuriositi. Prendo un tovagliolo di carta e vi scrivo sopra: rifiutate. Lo faccio leggere a entrambi, prima di farlo sparire in tasca. - Voi non lo avete mai letto, ma adesso voglio farvelo vedere. Si tratta di quel documento cui avevo accennato stamattina, ricordate? -
Jeremy si alza in piedi. - No, Daniel, non ne voglio sapere niente. -
Alisha lo imita. - Sì, sono d'accordo con lui, mi dispiace. -
Ho parlato sempre tenendo d'occhio la strada. Il mio presentimento era corretto. Due persone vestite di scuro sono comparse dal nulla e stanno venendo verso casa mia.
- Se non condividete le mie idee, devo chiedervi di andarvene. -
I miei amici mi guardano perplessi. Io punto un dito verso la strada e loro capi-scono. Si avviano veloci verso la porta ed escono. Anch'io lascio in fretta l'appar-tamento. Mi dirigo verso la cantina passando dalla scala interna.
Da un finestrino posso scorgere il portone principale. Alisha e Jeremy fanno appena in tempo a uscire e ad allontanarsi, che quelle persone si avvicinano di soppiatto. Una sta già armeggiando con la serratura. Si comportano da ladri, ma ho la sensazione che non lo siano. Appena ho nominato la parola documento, si sono mossi. Questo significa che hanno messo sotto sorveglianza anche casa mia! Ho visto abbastanza.
Appena li vedo entrare, esco dal retro e mi allontano furtivamente. Se il Com-missario è contro di me, l'unico che può salvarmi è Melverin. Devo raggiungerlo prima possibile. Il palazzo del governo è vicino, dovrei farcela. Quegli uomini non possono immaginare che mi stia dirigendo proprio là. Il governatore c'è di sicuro, lui fa sempre tardi. Di solito percorro la Quarantesima fino a Spencer Street e poi giro a sinistra, ma è una strada troppo illuminata e non voglio incontrare nessuno. Meglio passare per una strada parallela. Sono tutte più strette e buie, per fortuna.
La città sembra deserta, e questo è insolito, data l'ora. Vedo solo qualche passante isolato. Ne sto per incrociare uno, sarà sicuro? Meglio attraversare e andare dall'altra parte. Da ogni portone può uscire qualcuno che mi conosce. Non voglio che mi fermi e mi chieda che cosa faccio qui. Non ho risposte pronte, maledizione! Come ho fatto a cacciarmi in questo casino?
Mi accorgo di avere il cuore in gola. Devo restare calmo. Faccio grossi respiri e mi concentro: sto andando a parlare con Melverin, che è noto per essere un uomo giusto. Io so di non aver fatto niente. È tutto un immenso equivoco e fra poco sarà tutto finito. Concentriamoci sulla strada e non corriamo.
Sono già arrivato in Corby Street, molto bene. Sono a metà strada. Affretto il passo guardandomi intorno, ma non vedo nessuno. Perfetto, questa strada ha anche due lampioni spenti e questo gioca a mio favore. Sorrido, pensando alla rapida fine di tutti i miei guai.
Quando passo davanti a un portone in ombra, sento una voce che mi intima: - Fermatevi e fatevi riconoscere. -
Nello stesso tempo sento qualcosa fra le scapole. È un'arma di sicuro. Ho un fulminatore contro la schiena e solo la polizia ne è dotata, quindi questo è un poli-ziotto. Sono perduto. Se mi faccio arrestare adesso, sono perduto. Ho anche pro-messo a Qadimm che non mi sarei allontanato da casa. Non posso essere preso. Non ora.
- Sto... sto solo tornando a casa, agente, perché mi state puntando addosso un'arma? Non ho fatto niente di male. -
Ho cercato di parlare come un normale cittadino innocente spaventato, ma non devo averlo convinto, perché sento sempre l'arma contro il mio corpo. Sta ragionando sulle mie parole, ne sono certo. Meglio non aggiungere altro e sperare che mi creda.
- Stiamo cercando una persona. Tenete le mani in vista e giratevi, voglio vedervi in faccia. -
Niente da fare. Sta cercando me e il mio viso è conosciuto, per cui, appena mi vede, mi arresta. Ho peggiorato la mia situazione, come posso uscirne?
Raccolgo tutte le mie forze, mentre alzo le mani lentamente e mi giro come se mi costasse una fatica immensa. All'improvviso faccio scattare la destra, chiusa a pugno, con tutta la forza che ho, mentre il braccio sinistro sposta il fulminatore di lato.
L'uomo ora è a terra, immobile, e io mi massaggio il polso. Prendere a pugni una persona fa male, me lo devo ricordare.
Lo osservo alla fioca luce diffusa dai lampioni, e vedo che perde sangue dal naso. Spero di non averglielo rotto. Non lo conosco, non è una delle nostre guardie. Maledizione: è solo un ragazzo. Non può avere più di vent'anni, ecco perché sono riuscito a sorprenderlo. Raccolgo la sua arma e mi allontano in fretta, sperando davvero di non averlo colpito troppo duramente.
Forse non ha nemmeno capito chi sono, penso per rincuorarmi. Perché ho la netta sensazione che le cose, invece, stiano peggiorando? Mi fermo un attimo a riflettere: perché quel poliziotto era qui? Ha detto che stanno cercando una persona. I due che sono entrati nel mio appartamento non hanno trovato nessuno, ma sapevano che eravamo là. Avranno telefonato a un superiore segnalando la mia fuga. Kayla avrà sguinzagliato i suoi uomini per tutta la città alla mia ricerca.
No, non ha senso. Avermi sorpreso in quella strada secondaria implica che gli uomini ne stanno pattugliando molte. Però sono passati pochi minuti da quando sono uscito da casa. Erano già appostati, ecco! Probabilmente sono tutti attorno alla trentasettesima, non posso continuare su questa strada.
Sono tornato indietro e ho girato a destra, in direzione del Viale delle Fontanelle. Questa strada è frequentata, ma posso mescolarmi fra le altre persone e raggiungere il palazzo dalla direzione opposta. Sono l'unico che cammina in fretta, devo calmarmi, rallentare e comportarmi come tutti. Però mi sentirei più sicuro se avessi un cappello per nascondere in parte la mia faccia.
Ho trovato: faccio finta di soffiarmi il naso e mi nascondo dietro il fazzoletto. Per fortuna non uso quelli di carta, ma morbidi pezzi di stoffa che non irritano il naso. Lo tengo davanti alla faccia e già che ci sono mi asciugo le gocce di sudore che stanno colando dalla mia fronte.
Ci sono quasi, penso per farmi forza. Fra poco sarà tutto finito. Sento il battito del mio cuore, devo calmarmi. Sono arrivato. Sulla porta c'è una guardia, ma ci cono-sciamo e non credo sia informato della situazione. Devo rischiare. Nascondo meglio che posso la pistola in una tasca interna della mia casacca e sfodero il mio sorriso migliore.
- Buonasera, Daniel. -
La guardia mi saluta e io rispondo con il cenno di una mano, come se fossi perso nei miei pensieri. Non vengo mai in ufficio a quest'ora, ma sembra che per lui questo non costituisca un problema. Finalmente qualcosa che va per il verso giusto.
Salgo in fretta le scale, però mi devo fermare, perché vedo troppe guardie al primo piano. Per salire al secondo dovrei anche chiedere permesso. Non se ne parla. La fortuna non è eterna: meglio nascondersi e aspettare. C'è lo sgabuzzino delle scope poco più avanti. È sempre aperto, per cui lo raggiungo con noncuranza ed entro con decisione, come se fosse proprio quella la mia meta.
Tenendo socchiusa la porta, posso controllare le scale. Alla fine se ne andranno, non possono stare lì per sempre a chiacchierare. Ecco che uno si allontana, meno male.
Ora se ne sono andate tutte, per cui mi arrischio a uscire e mi dirigo di nuovo verso le scale. Non c'è nessuno. Devo arrivare al terzo piano e salgo i gradini a due alla volta. Sono arrivato all'ultima rampa, quando...
- Voi che cosa fate qui a quest'ora? - mi apostrofa una guardia che sta scendendo.
- Niente, sono Daniel Sung e ho notizie importanti da riferire a Melverin. -
- Il governatore è in riunione. Non lo sapevate? -
Sto elaborando una serie di risposte plausibili per convincerlo, quando accade l'irreparabile.
- Che cosa avete in quella tasca? Riconosco quella forma: è un fulminatore, ma solo le guardie l'hanno in dotazione. -
Così dicendo, estrae la sua pistola e io non trovo di meglio che impugnare la mia.
- Gettatela a terra. Gettatela subito a terra - intima lui, deciso.
- Fammi passare. Devo riferire una cosa molto grave al governatore. Non voglio far del male a nessuno. -
Mi rendo conto che non riuscirò mai a superare la guardia con una pistola in mano per incontrare Melverin. Devo sparare. Ho alternative? Devo sparare, devo sparare, devo sparare...
Non ci riesco. Non posso sparare a una persona. Lui sta solo facendo il suo dovere. Alcune gocce di sudore cadono dalla mia fronte e creano larghe chiazze sui gradini. La vista si offusca.
Le parole della guardia cominciano a impastarsi col vociare di fondo. La testa mi gira e la pistola è pesante.
- Attenti... è armato... chiamate la sicurezza... - sono alcuni dei rumori che percepisco, mentre la guardia continua a sbraitare contro di me.
- Che cosa succede là? -
- State indietro, Governatore, qui è pericoloso... -
È Melverin, forse riesco a parlare con lui, penso in un momento di lucida follia.
Poi sento un sibilo.
I muscoli si irrigidiscono, l'arma cade a terra.
Buio.

Daniele Missiroli
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