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Writer Officina Blog
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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana
di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, Non ora, non
qui, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri
sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese,
swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale
alcune parti dellAntico Testamento. Vive nella campagna romana dove
ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A
grandezza naturale", edito da Feltrinelli. |
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama
con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi,
attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano
Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di
ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera
(Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime
di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il
purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati
da Einaudi Stile Libero). |
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria,
si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata
alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice
emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre
Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato
a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".
Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé,
conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo
libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio
Strega 2021. |
Altre interviste su Writer
Officina Magazine
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Il segreto di Llorys Hertz
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Erano partiti da circa un'ora per un viaggio che li avrebbe portati in un continente completamente nuovo, differente ma pieno di rischi e pericoli, (soprattutto per una famiglia come la loro), partendo dal loro castello appartenente alla terra natale che li aveva cresciuti e già ne cominciavano a sentire la mancanza. Avevano deciso di mettersi in viaggio di buon mattino, uscendo circa verso le prime luci dell'alba, per non fare in modo che nessuno li sentisse o si accorgesse che quella malcapitata famiglia, preda da anni di cacciatori di vampiri, se ne fosse andata senza lasciare traccia. Quello che era successo la sera prima erano stati i preparativi e il controllo che ogni elemento che avevano deciso di portare con loro fosse sistemato a dovere nelle valigie, ora in parte nella carrozza e per altra parte collocata sul suo tetto. “Ma non siete per niente tristi di dover lasciare questa terra, con la consapevolezza di non tornare più?... Chissà quali pericoli incontreremo, nel posto in cui noi tre andremo... In Transilvania c'era tutta la mia vita, i miei migliori amici, come Ludwig, ad esempio... Perché dobbiamo trasferirci noi, quando questi idioti assoluti potrebbero lasciare in pace la terra in cui vivevamo, e le creature che hanno la nostra stessa natura?...” – disse Llorys, interrompendo il silenzio che si era creato all'interno della carrozza, sin da quando erano partiti. “E tu quindi volevi restare li per poter essere ucciso di nuovo, Llorys?... Non sarai mica diventato pazzo, figlio mio... Io ed tua madre abbiamo preso questa decisione anche per te e per il tuo futuro... Forse sei ancora troppo piccolo per capire certe cose ancora adesso, ma quando sarai diventato più grande... beh, forse capirai il valore di questa scelta e il suo senso... Poi, ti ricordo che abbiamo chiamato un prete della zona che ha dovuto invocare lo spirito di un demone dal regno dei morti o dall'inferno, (prima che partissimo), per poter fare in modo che anche tu venissi salvato, questa volta, dai cacciatori e dalla terra in cui tu sei dovuto morire per colpa di una mia distrazione, purtroppo...” – disse il conte Alucard, dopo essersi staccato dallo schienale a cui si era appoggiato, solo per aver sentito dire dal suo unico figlio certe assurdità che, in realtà, non avrebbe nemmeno dovuto pensare. “Si può sapere che cosa succede e perché continuate a parlare sottovoce voi due invece di approfittare del lungo viaggio per poter riposare un po'? ... Avete disturbato il mio sonno, per un motivo da nulla, come al solito, immagino... Vi ricordo che questa mattina non sono stata la sola, che si è svegliata presto... lasciando a parte questo, se voleste scusarmi, adesso vorrei davvero tornare a fare quello che stavo facendo fino a qualche minuto fa, ma comunque grazie a entrambi per averlo interrotto...” – disse Mina, dopo essersi girata verso di loro, con un'espressione calma in volto ed essersi staccata dal punto in cui si era appoggiata per dormire profondamente: il petto del conte Alucard. “Immagino che adesso sarai contento per aver svegliato tua madre, signorino... Al posto di restartene lì a pensare ancora a una vita che non ti appartiene più, comincerei a pensare al nome con cui tutti ti conosceranno, sia a scuola e sia nei posti pubblici di questa comunità, in cui tu vorrai andare, quando noi tre saremo arrivati a destinazione...” – gli disse Alucard, nel momento in cui decise di dargli un foglietto di carta e una penna, che aveva sempre in tasca, da poter e dover utilizzare solo nei casi di emergenza, come quello, per farvi un esempio. “Non credi che io ci abbia già pensato da solo, padre?... So che ora noi siamo di sicuro molto lontani dal nostro castello, ma ti ricordo che possiedo ancora i miei poteri, e tra questi ho la mia telepatia, ovvero la capacità di leggere nella mente di un'altra persona... Se poi non te ne sei nemmeno accorto, ho già trascritto dei possibili nomi che possono essere degli ottimi candidati per la mia identità, e li ho fatti apparire io stesso quando tu lo hai tirato fuori dalla giacca lunga e vecchia che hai addosso a quello smoking elegante che metti quasi o, meglio, che... metti sempre...” – ribatté il giovane, sollevando una delle due ciglia, per lanciare meglio il segno di intesa al padre, un gesto che gli aveva insegnato Alucard stesso per poter dimostrare di essere più furbi del proprio avversario o di qualsiasi altra persona che si trovava di fronte e prendendo comunque il foglietto, ma girandolo verso di lui e i suoi occhi che non gli mostravano alcun segno di stupore, mostrandogli che era sincero nei suoi confronti ed, di conseguenza, non gli stava mentendo. “Io so già che cosa sia la telepatia, dato che è un tratto che hai ereditato da me, quindi non volevo mi dessi una chiara spiegazione del suo significato, comunque... Poi, non è una cosa che mi stupisce il gesto che tu hai fatto davanti ai miei occhi, anche se devo dire di essere molto sorpreso, del fatto che tu abbia usato la telepatia in un momento come questo... A proposito dei tuoi poteri, invece, devi farmi una promessa: tu li userai solo quando sei a casa, non a scuola, soprattutto, e non nei luoghi pubblici in cui io e tua madre non ci saremo, chiaro?... Io non voglio che tu ti faccia male per colpa della tua stessa natura, o che lo stesso evento che ha coinvolto me in prima persona e ha messo tua madre in serio pericolo possa di nuovo ripetersi facilmente: ecco io non volevo farlo, ma ti ho appena detto il motivo per cui noi siamo stati costretti a fuggire dalla nostra terra natale, a lasciare il nostro amato castello nelle mani di quei vandali insulsi... Tu non c'eri quando è accaduto questo scioccante episodio perché, forse, mi ricordo che, sempre se non mi sbaglio, eri con i tuoi vecchi amici in giro per la cittadella, od nel bosco, ma comunque non eri a casa... Se io dovessi raccontarti tutta la storia, poi, ti annoieresti a morte, e occuperemo tutto il resto del tempo che ci rimane per il viaggio... Come terzo punto, è qualcosa che io non voglio proprio fare: devo lasciare che questo ricordo possa essere sepolto con quelli migliori che abbiamo vissuto al castello stesso...” – gli disse Alucard, dopo che ebbe appena iniziato ad analizzare i possibili nomi, che suo figlio aveva scritto mentalmente, sul foglietto che aveva tirato fuori da una delle tasche interne della sua giacca, senza nemmeno dover utilizzare la penna, rimasta nella sua mano destra. “Interessante, molto interessante... Questi nomi sono quasi tutti perfetti, ma ce n'è uno che fa proprio al caso tuo, e che non hai scritto perché, molto probabilmente, tu non lo hai neanche pensato nella tua testa... Che ne dici di questo?... Ti chiamerai Henry Waltz, ti piace l'idea?... Credo proprio di sì... almeno nessuno ti chiamerà con il tuo nome vero, noi saremo salvi e non dovremo più vivere nella paura oppure nell'ombra, visto che abbiamo trascorso gli ultimi anni in quest'orrendo stile di vita, lontano da tutto e da tutti gli abitanti, perseguitati come animali per la nostra natura, senza un minimo di libertà... Certe persone o alcune regole non dovrebbero nemmeno esistere in un mondo come il nostro, anche se questo pianeta può rivelarsi malato senza alcuna speranza... Ma visto che ormai noi non facciamo più parte di quella dimensione, (senza nemmeno un briciolo di senso) non dovremmo neanche più preoccuparcene, ed non sarà di certo un grosso problema farlo, dato che inizio seriamente a dubitare del fatto che quei cacciatori possano trovarci, da un momento all'altro...” – disse Alucard, dopo aver di nuovo rotto quel silenzio di ghiaccio che si era creato all'interno della carrozza, con il suo solito tono di voce basso e cupo ma, nello stesso tempo, anche molto intimidatorio, rivolgendo la sua attenzione a suo figlio Llorys e accarezzando i capelli di sua moglie Mina, in attesa che si svegliasse. Infatti, se il bambino stava perdendo i propri pensieri dietro agli alberi e alle nuvole del paesaggio che vedeva di fianco a sé, Alucard stava quasi per toccare la giovane donna, che era vicino a lui, con la testa appoggiata sopra uno dei tanti cuscini della carrozza che Butler, il loro maggiordomo tutto fare, aveva messo a disposizione in caso di estrema necessità e di comfort, lo stesso che sapendo guidare le carrozze con una certa maestria, li stava ancora accompagnando, senza mai stancarsi di trainare la carrozza per chilometri e chilometri; se i genitori avessero proceduto diversamente, ovvero facendo in modo che quest'uomo restasse un vero essere umano, (visto che non lo si poteva più definire così), quella notte tutti e tre si sarebbero accampati da qualche parte nel bosco, con la carrozza, i cavalli e i bagagli lontano dalla zona in cui loro avrebbero acceso il fuoco e trascorso lì il resto della serata, in attesa di ripartire il giorno dopo. Mina, intanto era stata svegliata di soprassalto da uno dei suoi soliti incubi di quell'episodio che l'avrebbe traumatizzata per il resto della sua vita, anche se il peggiore era e sarà sempre la morte del figlio (perlomeno la prima), accaduta in un momento in cui lei e suo marito avevano le mani legate, ovvero non potevano fare nulla per salvarlo, quando Llorys non era a scuola od nel bosco, come ricordava Alucard, ma era a casa, nella sua stanza, a giocare con le sue tarantole, serpenti e scarafaggi che aveva sistemato in tre gabbie tutte diverse, e di diversa dimensione. Il momento cruciale che era stato rimosso dalla mente di Alucard, ma era invece bene impresso nella sua era l'attimo in cui lei stessa chiamò il figlio, perché il castello era stato infestato di vandali ribelli e fanatici religiosi, che avevano provato a fermare, ma senza aver avuto successo, separati poi da un improvviso terremoto che, strano ma vero, era riuscito a rompere le fondamenta con la struttura della loro intera dimora, crollata dopo pochi attimi e in preda alle fiamme delle torce che erano state lanciate dagli oppositori del villaggio, con la speranza che tutti ed tre andassero poi in quella che questi consideravano essere la loro vera dimora: l'inferno. “Hai riposato bene, questa volta? ... io e tuo figlio stavamo ancora chiacchierando e io ho cercato di parlare con il tono più basso che riesco a emettere, ma dall'espressione dipinta sul tuo volto mi sembri molto più in forma di prima, sai?...” – le disse Alucard all'orecchio mentre ancora le accarezzava i capelli biondi, con un'acconciatura classica, a caschetto, dopo essersi leggermente spostato verso il vetro opaco e quasi pulito alla perfezione che decorava di poco quella carrozza e permetteva di sporgersi al di fuori, per vedere il panorama circostante. “Devo dire che, beh... rispetto a prima, se devo essere sincera ho dormito molto meglio, quindi sì, ... Mi sento molto più in forma, però anche tu avresti potuto dormire un po'... Anche se sono un vampiro come te, adesso, alcune volte mi manca un po' la vecchia versione di me stessa, quella parte umana che ho sepolto per sempre, dopo averti conosciuto... Ero molto ingenua, all'inizio, e poi non avevo la minima intenzione di beh... di restare all'interno del tuo castello oppure al tuo fianco, per il resto della mia vita, ma io posso gestire le mie scelte fino a un certo punto e questa è arrivata in maniera inaspettata, all'improvviso, è successo... e, pensandoci bene, adesso... non mi dispiace avere un figlio e un marito accanto che mi proteggono ovunque io vada, in fondo...” – gli rispose Mina, dopo che gli premette le sue mani contro il suo petto, per fare in modo che lui non le stesse così vicino, per tutto il tempo, liberandosi soprattutto del suo fiato che entrava nel suo orecchio come una calamita con una moneta d'oro. “Spero di trovare degli amici che mi rispettino, e una vita che non sia come quella che ho vissuto finora... Sono morto e i miei genitori stessi sono stati gli unici amici che ho avuto davvero in un momento di estremo bisogno... Mi preoccupo un po' troppo forse, oppure è giusto che io tenga alta la guardia in caso di estremo pericolo? ... Ancora non lo so... Quando mi sentivo esalare l'ultimo respiro, non sapevo bene verso chi od verso che cosa stavo andando incontro, ma non smetterò mai e poi mai di ringraziare entrambi per avermi salvato dalla morte... Guardando le cose da un altro punto di vista, però, non dovrò temere più nessuno, perché con lo spirito di questo demone iniettato all'interno del mio corpo come un virus, lo userò come uno scudo, tenendo alla larga tutti coloro che mi vedranno come una minaccia o, anche, come una persona di poco carattere...” – pensò Llorys, con una mano appoggiata al bordo del vetro, la testa piena di pensieri come quello e lo sguardo rivolto ai suoi veri amici che lo avrebbero tenuto in vita ancora per un po' di tempo, gli unici che, al contrario di quello che avrebbe fatto Ludwig, quando avrebbe notato la sua assenza dalla Transilvania, e dalla comunità, non lo avrebbero lasciato mai o, almeno, non avrebbero fatto in modo che quel bambino potesse morire di nuovo e lasciarli per sempre, in un mare di lacrime che avrebbe inondato le vite e gli animi di entrambi. Quella stessa notte, però, trascorse lenta e inesorabile, con una sensazione negativa che trasmise al bambino il fatto che non dovesse e non volesse mai finire, per cedere il suo posto alla prossima giornata di viaggio, l'ennesima che tutti e tre dovettero affrontare. La carrozza si stava muovendo molto meno velocemente del solito, soprattutto perché anche il loro maggiordomo cominciava a essere molto stanco quasi sfinito: essendo stato trasformato in vampiro per ultimo, dopo Mina, la sua forza umana, quasi al limite delle proprie energie, si era stancata di essere sotto il controllo di una natura molto cattiva, ed voleva riemergere di nuovo, anche se quello non fu proprio il momento adatto, per tornare a essere quello che era un tempo. “Vi prego, possiamo fermarci per fare una piccola sosta?... Io sono al limite delle mie forze, e non credo che questa notte ce la farò a guidare senza chiudere occhio per l'ennesima volta signori... Sono perfettamente consapevole del fatto che io ed soprattutto la mia richiesta siamo arrivati all'improvviso, ma è davvero qualcosa di importante che mi serve e...” – disse Butler, scendendo istantaneamente, e con un grande salto, dalla panchina del cocchiere, affacciandosi al vetro da cui vide il conte Alucard, (conosciuto da tutti ormai con questo nome, ed non più come Dracula), dopo aver richiesto ai suoi due padroni come voleva procedere almeno per quella notte. Svegliato dalle parole del cocchiere, che lo riportarono alla realtà, Alucard passò attraverso il vetro, per rispondere con il suo solito tono di voce pacato, alla richiesta del suo povero maggiordomo. “Come diavolo sarebbe a dire facciamo una pausa?!... Spero che tu stia scherzando Butler... È vero che noi siamo ormai molto lontani chilometri di distanza dal nostro castello, ma io non ho nessuna voglia di perdere tempo... Il viaggio è molto lungo ancora e, se iniziassimo a fare pause ogni notte, od ogni ora, non arriveremo mai negli Stati Uniti, in questo stato.. Ho due soluzioni: la prima è quella di prendere un mezzo più veloce della carrozza, ma la escluderei a prescindere, perché in questi tempi è questo il mezzo più veloce... La seconda è più rischiosa, (perché toccherebbe a me trainarvi)... Se noi non possiamo fare in modo di prendere un altro mezzo, allora non ci resta che trasformare questo mezzo pericolante in un mezzo avanzato... Inoltre, penso che noi due potremmo dare un cambio di guida, alternando tu di giorno e io di notte, così ci stancheremo di meno, anche se la tua metamorfosi è poco efficace, visto che è qualcosa che hai provato a usare, ma poche volte...” – gli rispose Alucard, dopo che sentì le sue parole, ma facendo in modo che la speranza di Butler potesse spegnersi in un baleno, insieme alla luce sul suo volto, vista la risposta del conte alla sua domanda. “Si può sapere che cosa sta succedendo qui?... C'è per caso un ostacolo che ci impedisce di proseguire il nostro cammino?!... Oppure è soltanto la pigrizia e la non voglia di quest'uomo che inizia a farsi sentire?... Ho sentito abbastanza e poi non voglio nemmeno sapere delle lamentele o delle scuse che certo potreste tirare fuori dalla vostra testa in momenti come ciò che stiamo vivendo... Alucard, tu sei molto malato e le tue ferite guariscono a malapena, visto che qualche giorno fa siamo stati attaccati da un branco di vandali che ti hanno quasi ucciso, e per poco ci lasciavi le penne insieme a me, non so se ti ricordi il momento, Butler?...” – rispose Mina, dopo che scese dalla carrozza in una maniera acida e inaspettata che le sue ultime parole entrarono all'interno della mente del bambino fino a fare in modo che questo si svegliasse con un grande spavento. “Tesoro, non c'è alcun bisogno di essere così acidi, con lui... Ti ricordo, che Butler ha servito la nostra famiglia, da quando nostro figlio Llorys era in fasce, compiendo il suo dovere con onore e rispetto per tutti e tre, durante un tempo che sembra non finire mai... Per questa volta ti perdoniamo anzi, sono io che ti perdono, ma quando eri consapevole che cominciavi a essere stanco potevi anche dirlo a me... È vero che come dice mia moglie con queste ferite non posso trasformarmi e né andare molto lontano, ma... nessuno ha detto che non posso sempre prendere il tuo posto di notte, mentre tu riposerai di giorno, accanto a lei...” – rispose il conte, dopo aver messo una mano sulla spalla dell'uomo, in segno di amaro conforto, ed essersi girato (verso di lui), nel momento in cui lui prese, per la sua prima e unica volta, le parole della moglie e la sua espressione dipinta dal disgusto poco in considerazione. Riempito quasi di una strana gioia frizzantina, per essere stato confortato dal potente e minaccioso Alucard, l'uomo si ricredette ed, solo per quella notte, (con la speranza che fosse stata l'ultima notte in cui sarebbe stato lui a trainare la carrozza e i due cavalli), ribalzò di nuovo sulla panchina, diede ai cavalli cibo e acqua contenenti una sostanza che li rendeva quasi immortali, anche se già lo erano, e poterono ripartire tutti e tre verso la fine del bosco, chiamato Bosco della Notte senza Stelle; avrebbero poi incontrato, poco più avanti, un altro sentiero, questa volta molto più stretto ed stranamente senza sassolini che si rincorrevano come fanno i bambini che giocano sulla spiaggia in una giornata di sole di agosto. Il luogo da cui loro erano appena usciti aveva questo strano nomignolo, perché la prima volta che fu aperto ad tutti gli esploratori, i viandanti e tutti coloro che trasportavano dei prodotti di una merce, che doveva essere poi venduta da un altro lato del pianeta, si fermarono a guardare il cielo, dal momento che quella era la notte di San Lorenzo, il 10 agosto ed, grazie a un miracolo di astronomia, quella stessa notte, al posto di esprimere un desidero per ogni stella, che cadeva verso la terra, si accorsero che di stelle non si vedeva neanche l'ombra. Dopo essersi lasciati alle spalle quel bosco che nascondeva la Transilvania vera e propria, la carrozza si addentrò piano piano all'interno della Valle delle Lacrime Lamentose, un posto in cui soltanto chi aveva provato a lungo molto dolore riusciva a non piangere, e a non fare in modo che i sensi di colpa ritornassero nell'animo della persona in cui questi si erano generati, a causa di cattive persone o compagnie piene di illusioni atroci. Ad un tratto, infatti, nel momento in cui si trovarono nel mezzo della valle, secondo la leggenda che veniva narrata dagli abitanti di quel luogo alle future generazioni e a chi si trovava da quelle parti (in modo che ne fosse consapevole ed capisse ciò che succedeva), fu proprio il conte Alucard che si mise a piangere lacrime lamentose, al posto di sua moglie Mina, ma il suo caso fu diverso rispetto a quello delle voci di corridoio, perché le sue lacrime giustificavano il suo passato da superbo conquistatore e da sadico impalatore: chi moriva dopo aver affrontato le sue truppe mandate dal Male stesso, durante una guerra tra il regno della Valacchia e i paesini vicini, veniva lasciato con una sepoltura indegna, appeso a una lunga asta di legno e ferro sulla quale il corpo di un uomo, di valore o meno, sarebbe durata ben poco, viste anche le intemperie, che influenzavano la durata di questa sua punizione, di cui soltanto adesso si stava pentendo. “Che cosa diavolo mi sta succedendo?... Perché sto piangendo lacrime di sangue?... E per quale stupido motivo io mi trovo fuori dalla carrozza... Aspettate un attimo!... Non potete andare via senza di me!... Tornate qui, subito!... Butler!... Porta quella dannata carrozza qui, immediatamente!... Io ho il diritto di andare via da questa terra proprio come voi, perciò fatemi risalire, è un ordine del tuo padrone, e tu devi eseguirlo, dannato essere insulso! Insetto decerebrato! Fiacco servitore rammollito buono a nulla!” – disse il conte, mentre i suoi occhi stavano avendo ancora le allucinazioni per via delle lacrime che scendevano lentamente lungo il suo volto, ma, nemmeno questa volta, si scompose più di tanto: gli era stato insegnato che la sola cosa che lo aiutava in questo tipo di momenti erano tre parole magiche: non è reale. Sperando che quel calvario tremendo potesse finire il prima possibile, si ricordò di sua madre, e di quelle stesse parole che, come un fungo stavano riemergendo con fatica dall'interno delle viscere della sua mente, ma presto si accorse che quella soluzione in cui aveva tanto sperato non sembrava andare alla perfezione. “E adesso che cosa faccio?... Mamma, ti prego aiutami... Sto perdendo molto sangue e non credo che sarò in grado di restare in piedi per le prossime ore che rimangono alla fine di questo mio viaggio ... Inoltre, tutte le mie energie sono al limite... le ferite che si stavano chiudendo adesso stanno lentamente riaprendosi una a una con... Aagh, che dolore tremendo! Fatelo smettere, vi scongiuro! Se c'è qualcuno disponibile ad ascoltarmi venite in mio soccorso per favore!... Mi sembra di essere una fiamma ardente inestinguibile... Sto bruciando vivo e questo non è affatto normale... Mi chiedo come tutto questo sia possibile nei confronti di un uomo del mio calibro” – pensò il conte, trattenendo più che poté le urla dentro di sé, riconoscendo il fatto che con quelle ferite non era più quello di un tempo, mentre mugugnava una disperata richiesta di soccorso (diretta contro la valle stessa), visto che i villaggi vicini erano lontano da quella prateria sterminata, ormai ridotta a una fossa in cui la siccità regnava sovrana e l'eco faceva da padrone, accompagnandola più che mai, in casi come questo. “Povero caro conte Dracula o, forse ti dovrei dire, povero Lord Impalatore... Speravi davvero che, dopo tutti questi anni, non arrivasse anche per te un'amara punizione divina?... Questo è il castigo che ti meriti, per aver condannato tutti gli uomini degli eserciti nemici alla peggiore sepoltura che si sia mai vista sulla faccia di questa Terra... Ci sono diversi modi per uccidere un uomo, ma questo è qualcosa di brutale, cruento e sovrannaturale... Proprio così... Pagherai con la tua vita stessa gli orrori che ti sei trascinato dietro quella vita che non ricordi nemmeno più di aver trascorso... Come tuo figlio, anche tu sei un morto non morto, ovvero un essere innaturale deceduto e poi risorto per merito del Male stesso: il diavolo in persona, che ti ha donato una vita nuova, dopo essere stato sepolto nella polvere del passato... Guardati, non sai nemmeno tu chi sei davvero...” – disse una voce profonda e acuta allo stesso tempo, la sola che riuscì a interrompere i pensieri di quella creatura, accovacciata su se stessa come un animale, in preda all'ansia e alla paura. Quando poi lui ebbe momentaneamente finito di emettere lamenti diventati ormai un mucchio di rovinosi piagnistei insopportabili, decise di girarsi verso il punto in cui la voce si sentiva meglio, accorgendosi del fatto che era stata quella valle stessa che aveva chiamato il capo degli spiriti di quel posto, il cosiddetto Khardighel, (visto che nemmeno la valle era stata in grado di reggere la portata di quelle lacrime), il solo essere che avrebbe potuto aiutare quel sovrano morto e risorto per poter placare una volta per tutte gli animi degli spiriti dei soldati che hanno combattuto soprattutto in quel posto durante le epoche passate, adesso radunatesi tutte sui fianchi della valle. “Chi diavolo sei tu? ... Ho molte domande da farti, ma sarò breve, visto che ho ancora un viaggio da portare a termine e sembra che io non abbia nemmeno più una carrozza... Mia moglie Mina e mio figlio, insieme al mio maggiordomo, se ne sono andati via da questo fetido posto che non vorrò mai più rivedere nemmeno se risorgessi un'altra volta... Come fai a sapere il mio passato, le battaglie che ho dovuto compiere ed le punizioni, che assegnavo, quando ero ancora sul trono di un regno di cui non rimane nemmeno un granello di polvere se non questo mucchio di soldati pelle e ossa che iniziano a farmi davvero una brutta impressione, evocando in me dei ricordi che non sapevo nemmeno di possedere?” – disse il conte Alucard, piegandosi alla volontà di quella creatura che gli dava una strana sensazione di ribrezzo, da cui doveva stare lontano e prendere le dovute distanze, nel momento in cui la vide e volle avvicinarsi al lago da cui era uscita, spinto da una certa curiosità. “Sono proprio uno sciocco, a volte, perché ho l'impressione che le poche persone che, in questa vita o nell'altra, son riuscite a vedermi sappiamo chi io sia e con chi hanno a che fare, ma credo di sbagliarmi, soprattutto con una feccia umana come te... Io sono il Khardighel, spirito della Valle delle Lacrime Lamentose, e ultimo dei Sommi Dotti con il potere di tenere in mano la conoscenza o, meglio, di essere la personificazione della conoscenza del mondo stessa... Ti sembrerà molto strano ma sono stato io a fare in modo che avessi le allucinazioni: la carrozza che si allontana da te lentamente, quei sensi di colpa sepolti dentro di te che tornano a farti compagnia, le tue ferite che si aprono violentemente, mentre nella realtà stanno quasi per richiudersi, e così via... Non mi andava a proprio a genio il fatto che, beh.. La passassi liscia... Buldren, lo spirito del Bosco della Notte senza Stelle, sta dormendo ad quest'ora della notte, visto che è notte fonda, quindi non ha proprio fatto in tempo per fermarvi, ma io sì, perché il mio ego e la mia conoscenza non dormono mai, visto che come tua moglie Mina non sono più un corpo fisico in carne e ossa, ma uno spirito vagabondo che torna in questo posto nel momento in cui vengo chiamato... Non puoi nemmeno immaginare il potere che ha questa valle su di me e su tutti quelli che un tempo erano come me, ma credo che non ti interessi, visto che provi un certo odio nei miei confronti, e si vede, credimi...” – gli disse la creatura, dopo averlo portato più vicino al lago e averlo fissato negli occhi per una buona mezz'ora, con un tono di voce più basso e meno acuto di prima; soltanto con un gesto della sua mano, fece in modo che gli spiriti dei soldati ancora tormentati soprattutto per tutte le guerre che ebbero dovuto sostenere in passato potessero riposare in pace avessero una degna sepoltura, sollevando i corpi e riportando ognuno a casa loro, all'interno dei cimiteri dei villaggi da cui erano nati. “Hai detto Mina, per caso, razza di farabutto screanzato?... Sei ti sei anche solo permesso di toccarle un dito o di farle del male... giuro che darò anche a te un'indegna sepoltura così come io ho fatto con tutti loro in passato, mi sono spiegato?... Parlando di lei, dove si trova veramente la carrozza con mio figlio, mia moglie e il mio maggiordomo, eh?...” – disse il conte, su tutte le furie e con un tono di voce minaccioso, dopo aver eseguito uno scatto, ed essersi rialzato con la sola forza della rabbia. “Se io fossi in te, non mi scalderei così tanto, conte Dracula; sto facendo tutto questo anche per te, visto che ne ho davvero abbastanza delle lamentele morte di tutti questi spiriti che, risorti dai ricordi di una vita che proprio non riescono a dover dimenticare, mi accolgono ogni qualvolta io mi precipito in questo posto... Tua moglie e tuo figlio non sono mai stati in grave pericolo, insieme al tuo maggiordomo, e su questo devi credermi, perché io sono la conoscenza, e dentro di me non vi è la minima traccia di bugie, o cattiverie, lasciando stare il tono con cui io ho deciso di rivolgermi a voi, per ciò che avete fatto... Devo proprio andare adesso, perché sento che l'alba è vicina e voi dovete ripartire per il vostro viaggio... Le ferite che vi sono state inferte quando voi eravate al castello sono state guarite da questo posto, che ha usato i miei poteri, con il mio consenso, per farlo... La carrozza è in fondo alla valle e vi sta aspettando, visto che non si è mai mossa da lì, perciò abbiate cura delle persone che sono intorno a voi, perlomeno quelle in vita e quelle riportate in vita dal mondo dei morti come Mina e Llorys... Prima di lasciarvi andare, però, io ho ancora bisogno del vostro aiuto; dovete fare un giuramento per placare gli animi degli spiriti dei soldati: questo è il solo modo che abbiamo per fare in modo che nessuna di loro torni in questa valle o da qualsiasi altra parte sulla terra... Solo così siamo sicuri che se ne andranno sicuramente e, se voi lo farete senza lamentarvi, vi prometto che i ricordi legati a una vita che nemmeno voi volete ricordare come voi credete, possano scomparire dalla storia dei secoli e soprattutto dalla vostra mente stanca, che continua a rimurginare in questo abisso della memoria, proprio come le anime di quei soldati e di coloro che non trovano pace nei confronti di un ricordo che vorrebbero staccare dalla loro vita, dalla loro mente e dalla loro memoria ormai danneggiata e ridotta a un cumulo di lamenti senza fine...” – gli rispose la creatura, dopo che vide che il conte poté restare in piedi anche da solo, lasciandogli i polsi che aveva bloccato, nel momento in cui aveva notato che Dracula voleva sfuggire al metodo per mettere fine una tragedia cominciata anni fa e a cui solo adesso era stato in grado di trovare una soluzione adeguata e definitiva. Con entrambe le mani sul petto, precisamente sul cuore, gli promise che un altro tragico evento come quello non sarebbe più accaduto nella storia dei popoli e del futuro avvenire e, di conseguenza, anche la “punizione” dell'impalazione, da lui inventata, per giustiziare brutalmente i nemici morti, sarebbe stata abbandonata come pratica violenta. Felice del fatto che quella terribile sciagura avrebbe finito di perseguitarlo per il resto della sua vita, il conte Dracula, ansioso di sapere se la creatura tanto odiata avesse mentito oppure no, tornò alla malconcia carrozza che, soltanto per quella notte, alla fine, aveva fatto una piccola sosta, dopo essere stata spostata, da un movimento simile alle onde del mare, dal centro in cui non sorgeva più quel laghetto che si ergeva maestoso, riempito fino all'orlo grazie alle lacrime lamentose degli spiriti inquieti, verso la fine della Valle. Intorno a lui, tutta la valle era tornata alla normalità e, al posto del lago di lacrime lamentose, prosciugato sparendo all'orizzonte, c'era lo stretto sentiero che la carrozza aveva attraversato, dopo esseri fermata al centro; a riguardo della valle od, per meglio dire, dei suoi lati, si estendeva di nuovo la prateria scomparsa ormai da tempo per colpa della siccità che aveva inondato quel posto come fosse un fiume in piena situato in una larga pianura; preso da una comprensione e una sensazione di completezza incredibile, la creatura del lago se ne andò, senza lasciare la minima traccia e facendo sì che il conte non se ne accorgesse nemmeno. In realtà, però, non ci fu mai stata una visione tanto reale come quella all'interno della mente del conte, che adesso era nella carrozza, dalla quale non era mai sceso, ma in preda a un grande salto in avanti, per colpa di quello che era solo un brutto incubo, dal quale non riusciva a svegliarsi; sua moglie Mina, intanto, insieme a suo figlio, si erano appena svegliati e stavano animatamente discutendo; inoltre, non c'era mai stato uno spirito del lago che aveva detto quelle parole al conte, ma gli spiriti ora non lo perseguitavano più e le sue ferite erano state curate dalla valle stessa e, quella sì, invece, era un luogo incantato e magico, proprio come il cosiddetto Bosco della Notte senza Stelle. “Alucard... Alucard, ti senti bene, per caso? ... Sembra quasi, che abbia appena avuto un faccia a faccia, con un vero ed proprio fantasma ... Hai la pelle bianca, come quella di un cadavere, (ciò che per uno come te è normale), ma quello che non lo è per nessuna ragione al mondo, è il fatto che le ferite che avevi sono magicamente sparite... Mi chiedo come mai e come sia possibile un evento del genere... Inoltre, il livello di sudorazione è pesante, molto freddo, la tua temperatura del corpo è al di sotto dei 27 gradi centigradi e il tuo battito del cuore lo sento davvero a malapena... Io mi sto preoccupando per te, perché inizio ad avere paura, di ciò che ho davanti a me...” – disse Mina, (appena ebbe l'impressione che il marito stesse per aprire di nuovo gli occhi), svegliandosi da un sonno che lo aveva tormentato per tutta la notte, con un tono di voce abbastanza basso, per evitare che suo figlio o che Butler si preoccupassero, anche se, a ben vedere, la situazione stava diventando sempre più critica e, di conseguenza, bisognava intervenire al più presto. “Che cosa diavolo mi è successo?... Mina, perché mi stai così vicina? ... Ah, la mia testa! ... Che notte da cani ho passato e tu non ne hai davvero la minima idea... Certe volte vorrei che qualcuno a me caro, come te o nostro figlio, fossero dentro la mia testa solo per un attimo, di modo che...” – disse il conte Alucard, dopo aver avuto la strana impressione di non essere più in grado di doversi ricordare nulla, né a proposito del suo viaggio con la sua famiglia, e né per quello che riguarda la notte tremenda appena trascorsa. Con la testa di nuovo piena di pensieri ed possibili ipotesi che lo riportarono subito all'interno di quel ricordo, che aveva l'amara intenzione di dover prendere il sopravvento su tutto ciò che si trovava all'interno della sua mente, Alucard fece non poca fatica anche a restarsene lì seduto, vicino i cuscini ormai bagnati dal sudore che aveva espanso per quasi tutta la parte posteriore della carrozza, mentre i vestiti erano solo ridotti a un mucchio di stracci che coprivano il suo corpo, ed erano nella stessa condizione dei cuscini ed della testa a dir poco dolorante e apparentemente pesante, una sensazione di estremo disagio che lo faceva rabbrividire anche soltanto se si guardava dalla testa ai piedi. “Papà, come stai?... Spero che ti senti meglio adesso rispetto a prima ... Mamma ha appena detto al signor Butler che ci dobbiamo fermare un'altra notte nel villaggio più vicino... e questa volta cerca di non prendertela con lei, visto che noi lo stiamo facendo per il tuo bene e perché siamo inorriditi nel vederti ridotto in queste misere condizioni...” – disse il figlio, nel momento in cui suo padre fece o, meglio, provò a fare uno sforzo enorme, per potersi leggermente rialzare, (dato che ha assunto quella posizione per tutta la notte e cominciavano a fare male anche le gambe, le braccia e la schiena, in modo particolare, su cui sentiva dei leggeri formicolii fastidiosi) e mettersi di nuovo seduto, quando trovò il coraggio di parlare con lui, dopo essere rimasto inorridito dal suo aspetto e aver sgranato gli occhi, proprio come aveva fatto Mina, qualche minuto prima che lui si girasse verso suo padre. Quella famiglia di vampiri era solita dormire di giorno per restare svegli durante la notte, proprio come la tradizione di queste creature voleva che fosse ma, in quel caso, invece, il conte fu costretto ad procedere con l'operazione inversa, dato che non era ancora arrivato il giorno in tutto e per tutto, se voleva fare in modo che, almeno le sue energie, che sarebbero servite per farlo restare in piedi e sveglio, potessero tornare a essere quelle di un tempo e non, invece, quelle di un vero ed proprio cadavere ambulante. “Ci siamo signori miei... stiamo per arrivare nel villaggio più vicino, dovere soltanto avere qualche minuto di pazienza e tra un paio di chilometri saremo alla nostra destinazione... Siamo stati fortunati ad avere un villaggio nei dintorni di questa zona e a fare in modo di notare che il conte Alucard fosse in queste condizioni superficiali e non ridotto peggio...” – disse Butler, dopo che frenò violentemente i cavalli, senza avere un controllo molto accurato delle redini, e la carrozza si fermò davanti all'entrata del villaggio stesso che aveva una strana insegna che recitava queste esatte parole: “Gli stranieri, gli esploratori e i viaggiatori sono persone malviste nel villaggio di Gedref, perciò non restate nemmeno davanti all'insegna e andate via subito!”. “Mi dicono che gli abitanti di questo villaggio isolato, molto vicino alla Valle delle Lacrime Lamentose, sia un posto con abitanti ospitali... Forse è a causa della valle e di tutta la sua influenza negativa che, anche questi popoli, hanno di per sé... Perciò sarà meglio sbrigarci, ed togliere il disturbo al più presto possibile, visto che neanche i mendicanti saranno di sicuro ben accetti da queste parti!” – disse Butler, dopo che ebbe ripreso il suo discorso, interrotto dalla lettura di quella strana insegna piuttosto “ospitale”, ed ebbe aperto la porta della parte posteriore della carrozza, dalla quale scesero: la giovane Mina, Llorys Hertz e, infine, anche il povero conte Alucard, anche se a malincuore e con parecchia fatica. |
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