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Writer Officina Blog
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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana
di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, Non ora, non
qui, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri
sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese,
swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale
alcune parti dellAntico Testamento. Vive nella campagna romana dove
ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A
grandezza naturale", edito da Feltrinelli. |
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama
con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi,
attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano
Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di
ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera
(Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime
di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il
purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati
da Einaudi Stile Libero). |
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria,
si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata
alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice
emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre
Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato
a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".
Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé,
conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo
libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio
Strega 2021. |
Altre interviste su Writer
Officina Magazine
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Storie tra le pagine
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Sabato 31 Marzo 2018 - Caffè Letterario Byblos.
Attendere tre giorni prima di presentarsi al caffè letterario fu un vero tormento, era stato tentato più volte di telefonare con la scusa di voler ordinare un libro e chiedere di farsela passare. All'alba di sabato si decise a capitolare. Il parcheggio del parco commerciale era pressoché saturo, dovette fare il giro verso il retro per trovare un buco. Scese dal pick up e si diresse verso l'ingresso della libreria: era piena di gente già dal plateatico che dava sulla portafinestra aperta verso la Caffetteria, i tavolini esterni e interni erano tutti occupati, così come i divanetti e la Zona Bimbi. Al bar si alternavano tre ragazze per star dietro alla preparazione delle bevande, servire ai tavoli e far cassa, capitanate dalla bionda che dava indicazioni e risposte senza smettere di muovere le mani. Superato l'ingresso e il rumoroso spazio dedicato alle consumazioni, il brusio si attenuò gradualmente lasciando il posto ad un silenzio appagante, si ritrovò nella sala lettura, e l'ambiente ovattato con la musica classica di sottofondo suggeriva alle persone di mantenere un tono di voce il più possibile basso e pacato, per quanto si fossero accalcati in vari gruppetti lungo le scaffalature. Si avvicinò ad una commessa intenta a dare indicazioni a tre clienti contemporaneamente e riuscì a domandarle se Iris fosse nei paraggi. Gli rispose senza degnarlo di uno sguardo che si trovava nella saletta lettura in fondo a destra, riprendendo subito dopo a soddisfare le richieste degli altri clienti in attesa. Si recò dove gli era stato indicato ritrovandosi ad osservare una stanza allestita con striscioni colorati, pupazzi nelle ceste, tappetoni in gomma e cuscini morbidi. Spiò dalla porta socchiusa e vide una quindicina di testoline, ipnotizzate dalla persona che avevano di fronte: stavano ascoltando le “Favole al Telefono” di Gianni Rodari, raccontate con un tale trasporto da catturare l'attenzione di tutti. Anche fra i genitori, seduti in fondo alla saletta su delle panche di legno non volava una mosca, tutti rivolti verso la donna dai capelli corvini che rivolgeva le spalle alla porta. La voce era suadente e la lettura accattivante, un “ohh” accorato di rimprovero e delusione si levò in alto appena lei dichiarò terminata la lettura del giorno - Mi dispiace miei fidi piccoli lettori accaniti, ma per oggi e tutto, vi aspetto sabato prossimo, con un estratto di Pinocchio scritto da Collodi, sono certa che lo apprezzerete - . Mentre i bambini facevano ritorno saltellando dai propri genitori, lei si sollevò con movimenti aggraziati dal cuscinone su cui si era accomodata, ripose il libro nella piccola biblioteca a disposizione della saletta e si diresse verso la porta. Lo intravide dai pochi centimetri rimasti aperti e lo raggiunse sorridendo. - A saperlo, che saresti venuto, ti avrei consigliato di portare la tua nipotina - , poi piegò la testa di lato aggiungendo una considerazione - Peccato che non avendo il tuo numero non avrei saputo comunque come rintracciarti - . - Allora ho fatto bene a tornare qua, così ci scambieremo i numeri e potremo organizzare qualcosa in futuro - . Non rispose, ma sorrise nel passargli davanti, - Vieni nel mio ufficio, ho una cosa per te - . La seguì fra gli scaffali alti e le pedane con le nuove uscite, mentre le chiedeva - Come fai a tenere tutto sotto controllo? - , era sinceramente impressionato dalla mole di attività di cui riusciva a farsi carico. - Oh, non è così difficile, basta organizzarsi al meglio, scoprire il dono dell'ubiquità, delegare ciò che non è possibile seguire di persona dopo aver catechizzato chi di dovere sulle varie procedure e memorizzare ogni minimo dettaglio - . - Non sarei mai all'altezza di tale gravoso compito: sono disordinato, detesto lavorare in gruppo e mi scordo quello che sto facendo... mentre lo sto facendo. Non so se rendo l'idea - . Lei rise e proseguì verso il corridoio. Oltrepassata la porta che collegava l'area vendita da quella ad uso esclusivo dei dipendenti qualsiasi rumore proveniente dall'esterno venne tagliato fuori, nessun brusio, o musica di sottofondo e vociare dei bambini. Lei apprezzava enormemente il silenzio e, per quanto possibile, richiese l'insonorizzazione dell'unica stanza in cui le fosse necessario concentrarsi. Si ritrovarono in un lungo corridoio in cui si aprivano l'ingresso del magazzino, gli spogliatoi dei dipendenti, e si diressero in fondo verso l'ultima porta. Nell'entrare, rimase stupito dall'ambiente, si era aspettato un ufficio funzionale con un tavolo in formica e sedie dozzinali, invece si ritrovò in una stanza arredata in stile classico con lampade Tiffany decorate con rose rosse e delle farfalle viola, un grande tappeto persiano Qum in cui si alternavano dei complicati motivi floreali dalle tonalità vivaci del rosso, panna e grigio, era certo che si trattasse di un esemplare annodato in seta, un pezzo pregiato, sul quale avevano trovato posto un divano Chesterfield e due poltroncine in pelle coordinate di color bordeaux dal chiaro aspetto vintage, e una pesante scrivania in noce con delicati intarsi sui bordi verso cui Iris si stava dirigendo. Si sentiva legato ad un elastico sottile e invisibile, un capo annodato con cura al proprio petto e l'altro a quello di Iris, non poté opporsi alla forza di attrazione impressa e si avvicinò. Appena lei si girò avvertendone la presenza, la spinse di poco fino a farla poggiare contro il legno massiccio. Nel sentirsi bloccata ebbe un moto di stupore e con la mano urtò involontariamente lampada e portapenne. Si sentì un tonfo sordo sul tappeto e un tintinnio di plastica; entrambi registrarono i rumori in lontananza e li ignorarono. La stanza sembrava calata nel silenzio più assoluto e lui poteva distinguere il respiro affrettato e il battito del suo cuore contro il proprio petto. La fissò negli occhi e senza attendere che gli chiedesse di fermarsi si piegò verso di lei, e la baciò. Una mano dietro la nuca e l'altra fra le scapole, per stringerla il più possibile, per sentirla addosso, per assaporarla meglio. Non era stato premeditato, ma dettato dalla necessità di dare sfogo a un desiderio che lo stava tormentando da quando si erano incontrati alla Pinacoteca. Non si era aspettata nulla del genere, ma non si negò ai fremiti che iniziarono a scuoterla. Quel contatto così inatteso, risultò dolce e allo stesso tempo sensuale, come non ne aveva mai sperimentato. Distinse nettamente una vibrazione che la percorse nel momento in cui le labbra combaciarono, e la sentì ampliarsi fino a raggiungerla e avvolgerla. Si sentiva come in una bolla, sollevata da terra e ovattata. Una sensazione così stravagante, da lasciarla stordita, era rimasta fra quelle braccia vigorose, e le mani si erano mosse fino a stringerlo al collo, il corpo risultava solido contro il proprio, donandole una calma e una sicurezza in totale antitesi con la passione accesa a tradimento. Un paio di rintocchi secchi e decisi contro la porta e si staccarono di colpo, lui abbassandosi per raccogliere penne e matite e lei girandosi verso la scrivania raccattando un libro. - Iris, ti vogliono per un paio di presentazioni - , si era fatta avanti Violante. Rispose senza guardarla, - Certo cara, arrivo subito - , attese che la ragazza fosse uscita e si rivolse a lui - È per tua nipote, le piacerà - , gli porse un romanzo dalla vistosa copertina fucsia mentre lui era ancora inginocchiato sul tappeto e aggiunse - Devo andare - . Era talmente stravolta da quanto appena accaduto che non si accorse neppure di averlo lasciato da solo nel suo ufficio e di essere scappata via come una liceale.
Venerdì, 6 aprile 2018 L'Invito
- È per te - , Alda le porse il portatile aggiungendo - non mi ha detto il nome, dice che è per una conferma - , e si inginocchiò per tirare fuori i libri dalle scatole d'imballaggio. Prese in mano il telefono, incastrandolo fra orecchio e spalla - Iris, chi parla? - , chiese mentre impilava dei volumi sulla pedana all'ingresso della Zona Rossa, quella contenente i classici. Le arrivò timida e indecisa la voce dall'altra parte - Ti disturbo? - . Nel riconoscerlo, uno dei tomi le scivolò di mano - No, no - , guardò verso Alda che la osservava incuriosita. - Puoi parlare? - . - Non proprio, dovrei controllare l'ordine in questione prima di poterle essere utile - , tentò di camuffare l'evidente agitazione che era apparsa, dissimulandola come meglio poté. - Hai da scrivere? - . Fece segno ad Alda di allungarle una penna, prese il volume che le era caduto in terra e rispose - Sì - . Le diede un indirizzo di Flero, aggiungendo delle indicazioni per trovarlo più facilmente, - Dimmi solo se verrai, e ti aspetterò fino a notte se necessario - , attese impaziente. - Sì - , una risposta perentoria, secca decisa, senza bisogno di pensarci. Quell'unica sillaba era tutto quello che gli occorreva di sapere, chiuse la comunicazione. Lei rimase con la cornetta in mano e dichiarò alla linea muta - La richiamerò nel pomeriggio, il tempo di controllare. La ringrazio e le auguro una buona giornata - , restituì il telefono ad Alda che fissava lei e il libro che aveva utilizzato come block notes. Si accorse su cosa aveva scritto e le disse - Nel cadere si erano stropicciate le pagine, lo dovevo ritirare dalla vendita - , senza fornire ulteriori spiegazioni, prese il libro e si diresse verso il proprio ufficio.
Aveva trascorso l'intera settimana a pensare a lei e a quel bacio rubato: le sensazioni che gli erano rimaste appiccicate addosso non ne avevano voluto sapere di essere scrollate. Al solo riportare la mente a quei brevi e concitati minuti, avvertiva di nuovo il calore del suo corpo, il sapore delle labbra, morbide, piene. Se dapprima si era dimostrata stupita, dopo il primo tocco era rimasta arrendevole fra le sue braccia, come se non aspettasse altro che di essere baciata. Staccandosi, un'inconsueta sensazione di perdita lo scosse accompagnata dalla sicurezza di aver osato troppo, di aver creato un precedente increscioso a cui porre rimedio nel più breve tempo possibile. Si sarebbe scusato non appena l'avesse rivista, ma come mentire a se stesso e dirsi pentito di quanto accaduto? Ne voleva ancora, dei suoi baci, delle sensazioni provocate, di lei. Aveva lasciato il cancellino pedonale aperto e la stava aspettando con trepidazione, andando avanti e indietro dalla finestra all'ingresso per tutto il pomeriggio. Quando finalmente, a fine giornata, apparve nel cortile, non le diede il tempo di bussare alla porta, le aprì sorridendo e nel farla entrare disse - Credevo che non saresti più venuta - . Ferma, davanti all'ingresso - Sono qui - . La sospinse contro la porta, la voglia di stringerla ancora si intromise fra pensieri e buone maniere, in barba al bel discorsetto di circostanza che si era preparato, al posto delle scuse e di qualsivoglia espressione di rammarico. Le sue labbra si autogestirono - Ti ho pensata di continuo - , la guardò negli occhi mentre glielo diceva e si avvicinò lentamente fino a sfiorarla. - Anch'io - . Quell'ammissione lo infiammò, prese a baciarla con una passione tenuta a bada a fatica, soffocata dall'incertezza di potersi permettere di avvicinarla così tanto. E si ritrovarono avvinghiati, sicuri che nessuno li avrebbe interrotti stavolta. Lei rispose ai baci e alle carezze, avvicinò le dita al colletto della camicia e dopo aver sbottonato i primi due bottoni le mani di lui si sovrapposero per fermarla - Scusami, avrei dovuto avvisarti prima: ho delle brutte cicatrici. Forse ti dovrei raccontare... - . Lo interruppe tappandogli la bocca con la sua, - Me ne parlerai... dopo - , lo guardò sorridendo, il sottinteso era che nulla l'avrebbe indotta a desistere. La lasciò fare, mentre le labbra scendevano sul collo, e ad assaggiare la pelle del petto che le dita riuscivano a liberare dalla camicia. La aprì e la incastrò sulle spalle, soffermandosi a guardare la linea bianca che solcava la base del collo, e le incisioni sul petto. Lui la osservò timoroso della reazione e la vide avvicinarsi e iniziare a baciare quei brutti segni da un lato all'altro, succhiandoli leggermente, seguendone la traccia con i polpastrelli prima e con le labbra subito dopo. Non avrebbe potuto dichiarargli in modo migliore che non gliene importava nulla. Si sentì emettere un sonoro sospiro di sollievo e si rilassò. Ridiscese lungo le linee, tratteggiandole con la punta della lingua, mentre le mani erano impegnare a slacciare la cintura, a tirar giù la cerniera e a saggiare l'intensità della sua eccitazione. Lui dovette appoggiare i palmi delle mani al pannello di ciliegio della porta, mentre un fremito incontenibile, iniziava a scuoterlo. Non ebbe bisogno di chiederle di fermarsi, la sentì allentare la presa e sollevarsi lentamente, riprendendo a baciarlo sul torace e raggiungendo la bocca. Impiegò pochi secondi a spogliarsi di quel poco che gli era rimasto addosso, le passò un braccio sotto le gambe, se la caricò di peso e senza smettere di guardarla si diresse verso la camera da letto, intenzionato a mescolare passione e lamenti. - Non posso più resistere, ti ho aspettata troppo - . - Non ti sto chiedendo altro, ti desidero anch'io - .
La Prima Notte Flero
Era rimasta su di lui, continuando a muoversi lentamente e ad accarezzarlo sul collo, intervallando labbra e dita. - Dimmi che non devi andar via... che non ti aspetta nessuno - , chiuse gli occhi in attesa della risposta, non era certo di riuscire a fingere la dovuta noncuranza se gli avesse dichiarato il contrario. Non dovette pensarci su, - Non c'è nessuno a reclamare la mia presenza, tranne il mio personale esercito dei disperati. Ma credo che se ne staranno buoni fino a domani mattina - . - Ne sono felice - , lo ammise con tutto il candore possibile - Ti andrebbe di restare? - , si morsicò le labbra nell'attesa che lei rispondesse, certo di aver esagerato con la sua stupida proposta. - Vuoi che passi la notte da te? - , non era sicura del comportamento da adottare, era accaduto tutto così velocemente, e allo stesso tempo la sua richiesta risultava totalmente in linea con i propri desideri. - Se per te va bene - , se lei avesse sollevato la testa dal suo petto, avrebbe visto luccicare una nota di speranza nei suoi occhi. - Sì, mi farebbe piacere - , non chiese conferma del fatto che non avrebbe avuto fastidi, la domanda era partita da lui. Non era neanche certa del perché ci aveva sperato così tanto. Più tardi avrebbe ammesso con se stessa che la mancata richiesta sarebbe stata causa di enorme delusione. - Quando ho visto che non arrivavi, ho pensato di aver sbagliato a chiamarti - . - Scusami se ti ho fatto aspettare, ma ho dovuto sistemare un po' di rogne prima di uscire dalla libreria - . - Non intendevo rimproverarti il ritardo - , la baciò per accompagnare al meglio le parole - volevo dire che ho temuto di aver esagerato nel proporti di venire a casa mia, pensavo che avresti scambiato i miei messaggi telegrafici per imposizione, che mi avresti tacciato di essere un tipo rude e prepotente, mentre invece ero talmente agitato da non riuscire quasi a parlare. Credevo che mi avresti chiuso il telefono in faccia e mandato al diavolo. Ero certo di aver fatto la figuraccia più colossale che l'umanità possa ricordare - . - Se ci fosse qui Elena ti risponderebbe che il primato spetta a Jacopo quando ha scorreggiato in vendita facendo girare le teste dei clienti presenti - . - Sul serio? - , non capiva se stesse esagerando o se avesse inventato la storiella di sana pianta. L'incapacità di trattenersi dal ridere rispose alla sua perplessità, Iris aveva le lacrime agli occhi, - Sì, è dovuto correre a casa a cambiarsi, gettando nella pattumiera pantaloni e dignità. Non voleva più tornare al lavoro dalla vergogna e sono dovuta andare a prenderlo e a rassicurarlo che non era accaduto nulla di irreparabile. Ho penato quasi due ore per trascinarlo di nuovo in libreria - , non riusciva a riprendere fiato dal ridere - Quella stronza di Ele, lo prende ancora in giro ed è passato più di un anno. Povero Jaco, lo martella di continuo - . - Ripensandoci, la mia non era così terribile, vero? O mi hai dato dell'idiota? - . - No, affatto. Mi sei sembrato alquanto misterioso e intrigante - . Rise sonoramente - Misterioso io?! Ma pensa! Credo di essere la banalità in persona - . - Mi spiace contraddirti, ma non lo sei. Piuttosto ti definirei... trasparente. Dai l'impressione di essere composto di cristallo, sembri solido all'apparenza, ma nel conoscerti scopro una fragilità che mi lascia perplessa. Sembri troppo perfetto per essere vero - . - Uh! Sono quanto più lontano dalla perfezione tu possa immaginare - . - Al momento non ho ancora trovato un solo difetto - . - È perché li nascondo molto bene - , l'accarezzò sulla guancia, era così liscia e morbida - Primo fra tutti, prendo le parole delle persone alla lettera, senza coglierne il significato nascosto, fatico a comprendere il sarcasmo, sono eccessivamente emotivo, mi agito facilmente, ecc. ecc. - .. - Prima o poi scoverò anche gli altri - . - Questo sottintende che ci rivedremo? - . - Non sono ancora uscita da casa tua! Ci tieni così tanto? - . L'ennesima carezza, - Moltissimo, e tu? - . - Non pensavo di aver lasciato adito a dubbi - , riprese a muoversi più velocemente e il resto del discorso si perse fra i sospiri.
- Mi sembra che il tuo stomaco stia reclamando, mia bella libraia, dovremmo provvedere - , le massaggiò il ventre che stava dando segni di brontolii persistenti. - Sai cucinare? - , domandò speranzosa - In effetti per riuscire a correre da te, ho saltato il pranzo - . Sorrise a quella semplice ammissione, - Non ti avrei mai chiesto di morire di fame. Ma pensavo che ti saresti proposta tu per preparare qualcosa da mettere sotto i denti - . Si mise a ridere disperdendo qualsiasi speranza, - Il primo numero del mio cellulare è quello della gastronomia sotto casa. Caschi male, sono una pessima cuoca - . Una smorfia affiorata alle labbra, - Poco male, direi che rimediamo due pizze - . - Potrebbe essere un'ottima soluzione - , annuì soddisfatta. Si allungò verso il comodino e compose il numero della pizzeria - Cosa prendi? - . - Capricciosa, patatine fritte, ketchup e birra - , e segnò con le dita della mano sinistra mentre elencava l'ordinazione. - Sei sempre così sicura in tutte le cose? - . - Di solito sì - . Mentre lui concludeva l'ordine lei si era diretta in bagno, fece una doccia veloce e recuperò un telo in cui si avvolse prima di uscire. Lo trovò già rivestito e pronto ad aprire al ragazzo delle consegne. - Dieci minuti e arrivano, è proprio dietro l'angolo - . La guardò mentre usciva dal bagno, si avvicinò per baciarla - Iris, è stato bellissimo stare con te, non mi aspettavo una tale pienezza - , l'accarezzò sul collo - spero che tu non ci abbia ripensato e non voglia scappare via, perché ho ancora tanta voglia di trascorrere del tempo insieme - , la guardò storcendo la bocca, - Forse non dovevo dirlo - . - Tommy, sono stata bene anch'io - , vide che gli era apparsa in faccia un'espressione stranita - Che ho detto?! - . - Nessuno mi ha mai chiamato “Tommy”, mi piace, e detto da te è ancora più bello - , le dita a sfiorare il bordo del telo e il campanello ad interrompere qualsiasi diversivo.
- Non ero certa di aver scritto l'indirizzo correttamente - , lo rimproverò - perché abiti di fianco ad un... che cosa sarebbe, un capannone? - , chiese dando un morso al cornicione della pizza. Sbottò a ridere - È la mia attività, faccio il restauratore - . - Oh, ecco di cosa ti occupi, è affascinante - . - Sì, ho trasformato il vecchio passatempo di famiglia nel mio lavoro: era l'hobby di mio padre, mi ha insegnato tutti i trucchi del mestiere e quando, crescendo, si è reso conto della mia predisposizione, mi ha indirizzato verso quest'arte. Mi ha consigliato bene, è sempre stata la mia grande passione. Mi dispiace non averti dato indicazioni ulteriori per telefono, forse hai fatto fatica a trovare il posto. Avrei dovuto avvisarti, solo che ero un po' nervoso - , lo ammise con una punta di imbarazzo - Te l'ho detto, pensavo di aver osato troppo e che la mia richiesta potesse apparirti fuori luogo - . - Ti riesce sempre così naturale esprimere i tuoi sentimenti? - . - Ho imparato a non trattenerli, se sei chiaro con gli altri, tutto diventa più semplice. Potrebbe capitare che non abbia occasione in futuro per spiegarmi meglio e non voglio che rimangano questioni irrisolte, è per questo che non rimando mai una discussione: il tempo a nostra disposizione è limitato e voglio sfruttarlo al meglio - . - Hai tutta la mia invidia, non ne sono capace e vorrei poterci riuscire anch'io - . - Tu nascondi quello che provi dietro un pesante sipario di sarcasmo, che sia rabbia o frustrazione... credo ti riesca più semplice gestire le emozioni - . - Mi conosci da così poco e già mi vuoi psicanalizzare? - . - No, mi accontenterei di sapere se ti ha fatto piacere ricevere la mia telefonata - . - Se così non fosse, avrei evitato di accettare il tuo gentile invito, ti pare? - . - Ti costa così tanto dirmelo apertamente? - . Abbassò la testa, - In effetti... sì - . - Forse ti riesce più facile dimostrarlo che esprimerlo a parole, mi andrebbe bene lo stesso, sarebbe un ottimo inizio - , si sporse verso di lei per baciarla. Tentò di sviare il discorso, - Ci vorrebbe un dolcetto per terminare degnamente questa magnifica cena - . Evitò di insistere ulteriormente - Ho un barattolo di crema di nocciole, potrebbe andar bene? - . - Meglio di niente! Certo che le tue dispense non sono proprio fornitissime - . - Hai ragione, ma sto poco in casa e non ho il tempo di prepararmi i pasti, di solito ripiego su un panino, una focaccia, la vicina che ha pietà di me e mi porta da mangiare - , rispose tornando al tavolo con barattolo e cucchiaini, - Ma se mi prometti di venire ancora a trovarmi, mi impegnerò a riempirle, farò una cosa che detesto e mi recherò in un luogo che evito il più possibile - . - Sarebbe?! - . - Andrò a far la spesa al supermercato - . Rise della sua frase e dell'espressione rattristata, come se stesse parlando di una segreta delle torture. Nel vederla affondare il cucchiaino e assaporare la cioccolata, si morse il labbro. Si alzò senza dirle nulla, infilò un dito nel barattolo e le spalmò la crema sul collo, iniziando a leccarla subito dopo. Finse di essere contrariata - Ho fatto la doccia inutilmente - . L'eccitazione di lei amplificava il proprio desiderio, e la mente risultava ottenebrata dalla vista del suo corpo, - Credo che fino a domani mattina ne farai tante altre - , spinse fuori dal tavolo, posate, bicchieri e cartoni delle pizze, lo liberò completamente e la fece stendere. L'idea era piaciuta ad entrambi.
Erano ritornati in camera, dormito per un paio d'ore e alle prime luci dell'alba erano di nuovo svegli - Sei splendida, anche dove agli altri non è consentito guardarti - . - Felice che tu abbia apprezzato - , non a tutti gli uomini con cui aveva allietato le sue notti era capitato di gradire la sua decisione di rinunciare completamente alla peluria a copertura delle zone intime: erano anni che se ne era liberata, e lui ne pareva particolarmente entusiasta. - Oh, non sai quanto! Sei liscia, e morbida, e succosa - , nel dirlo era già tornato a dimostrare il suo entusiasmo. La stava baciando e mordendo, risalito verso il pube aveva deciso di succhiarlo vigorosamente, fino ad imprimerle un segno violaceo. - Mi ha fatto doppiamente piacere - , la mano ad accarezzarle il fianco destro. Erano stesi di fronte, le labbra a sfiorarsi, le parole a riempire lo spazio fra di loro, le dita a tastare la pelle scoperta. Una voglia incontenibile di non allontanarsi l'uno dall'altra. - Cosa? - , lo guardava fisso negli occhi, era rimasta ammaliata dalla profondità e dalla limpidezza che riusciva a scorgere. Tutto in lui aveva un sapore vagamente familiare, le parole, i discorsi, il tono di voce, il modo di gesticolare, la sua pelle. Sembrava che la loro conoscenza andasse indietro ad un tempo remotissimo, e che i loro corpi fossero troppo sincronizzati per essersi conosciuti da così pochi giorni, la sintonia era assoluta e quella fisica pareva essere una diretta conseguenza di quella mentale, entrambi subirono la strana sensazione di vedere i propri desideri convergere e uniformarsi senza alcuna costrizione. Se si fossero soffermati a ragionarci l'avrebbero definito un prodigio. - Il fatto che non ti sia ribellata quando ti ho lasciato i segni addosso - . - Spiegati meglio, faccio fatica a seguirti - , le dita sulle palpebre, le sopracciglia, le tempie, il profilo del viso: voleva imprimere bene i lineamenti nella mente, quasi a scattare una foto mentale, per rendere indelebile il ricordo di quel momento di pace assoluta. - Primo, mi è piaciuto fartelo - , la mano dal fianco si era strusciata sul ventre, l'oggetto della loro discussione lo attraeva irresistibilmente, e mentre ne parlava, era sceso con le dita ad imprimere un movimento concentrico, sottolineando e accompagnando le parole ai gesti. - Quanto a me riceverlo, e secondo? - , sentirsi le mani ancora addosso le provocava dei brividi persistenti, si sporse con il bacino, un invito a non smettere per nessun motivo. - Se te lo sei lasciato fare, vuol dire che nessuno se ne lamenterà, chiedendotene conto - , comprese che il tocco era gradito e non si fece pregare a continuare. Finalmente capì dove voleva andare a parare - Potevi semplicemente domandarmi se sono impegnata e ti avrei risposto senza problemi - . - Certo che avrei potuto - , rispose con un sorrisetto lascivo - ma così è stato più eccitante scoprirlo - . |
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