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Writer Officina Blog
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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa,
teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana
di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, Non ora, non
qui, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri
sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese,
swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale
alcune parti dellAntico Testamento. Vive nella campagna romana dove
ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A
grandezza naturale", edito da Feltrinelli. |
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama
con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi,
attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano
Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di
ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera
(Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime
di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il
purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati
da Einaudi Stile Libero). |
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria,
si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata
alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice
emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre
Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato
a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".
Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé,
conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo
libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio
Strega 2021. |
Altre interviste su Writer
Officina Magazine
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori
emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP,
ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo
articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da
seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo
già formattato che per la copertina. |
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto
di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da
un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici,
dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere
derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie
capacità senza la necessità di un partner, identificato nella
figura di un Editore. |
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori,
arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel
DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti
di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli
della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle
favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia. |
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Prologo - Alan... dove sei adesso, amore mio? - Seduta sul letto, tremante, con le braccia avviluppate intorno alle gambe, strette con decisione e il volto nascosto tra le ginocchia in una postura quasi fetale, si abbandonò nell'oblio, piangendo e frenando in gola i continui singhiozzi per un impulso d'illogico pudore: l'assurda trepidazione nel poter essere udita. Eppure era completamente sola nella stanza da letto, immersa nella semioscurità originata dall'unica fonte di luce proveniente dai lampioni stradali, una situazione devastante che si ripeteva immancabilmente ogni notte, sempre alla stessa ora, precipitandola in un vortice di opprimenti smarrimenti, fiaccandola sino allo stremo. Si tratteneva immobile a lungo fissando il vuoto per poi chiudere gli occhi, stringendo le palpebre con forza e senza abbandonare il centro di un letto matrimoniale ormai divenuto troppo grande, un'inutile isola deserta popolata solamente da ricordi che balenavano vividi, talvolta senza un preciso ordine temporale: l'incontro con un uomo cui mai avrebbe immaginato di innamorarsi, il loro primo bacio al crepuscolo nel parco, in riva al Po cui seguì la nascita di due splendidi gemelli, Melissa e Igor. Ora non erano più bambini ma adulti, un'autonomia già raggiunta a quindici anni e oramai lontani, diretti verso una destinazione così remota che non li avrebbe più rivisti né risentiti per anni. Amici e parenti non l'avevano abbandonata, ricordandole in ogni occasione nel dover essere orgogliosa dei suoi figli, dei risultati conseguiti e laureatisi a pieni voti, tanto da essere richiesti prima all'ESA e in seguito alla NASA. Che cosa poter desiderare di più? Ma il suo compagno e padre dei suoi figli non era più con lei a condividere queste gioie. Avrebbe voluto rimuovere il ricordo di quell'infausta notte, una tragedia impensata, ma erano eventi indelebilmente fusi entro la sua psiche, una serie di circostanze cui si riteneva diretta responsabile. Sdraiati a letto dopo essersi uniti, rallegrati da giochi amorosi di cui ancora si deliziavano come due novelli innamorati, Jjafeh fu inizialmente sorpresa per l'improvviso, silenzioso e inspiegabile mutamento d'umore del suo amato: il volto sbiancarsi, stralunato da un'espressione sconcertata, celando il palesare di un terrore cieco che si stava rapidamente tracciando, stringendo convulsamente le ultime due dita della mano sinistra nell'inutile tentativo di bloccare il dolore elevarsi rapido sino al torace; infine un grido soffocato seguito da convulsioni, la corsa in ospedale, la lunga notte in attesa di una risposta che giunse inaspettata il mattino seguente, raggelante e con l'impeto di una pugnalata al cuore. - Lei è moglie, immagino. Mi spiace ma non c'era più nulla da fare; abbiamo attuato tutte le possibili azioni in nostro potere, ma è deceduto... - ... e altre frasi di circostanza, trasudati insieme a un agglomerato di termini incomprensibili, infiltrati fra le righe di un sommario referto medico, cui ricordava solo le ultime tre parole: collasso cardiaco fulminante. Poi il buio. Ripresa conoscenza e ritrovarsi sdraiata su una brandina circondata da volti familiari ma stravolti dal dolore, la ricondusse a una realtà inaccettabile: Alan non era più con loro. Solo i giorni successivi la sua scomparsa, il rosario, il funerale nella stessa chiesa dove si erano sposati e infine la sepoltura, furono eventi così penosi da essere rimossi spontaneamente e indelebilmente dalla memoria; fu l'unica indulgenza della sua mente ottenebrata dallo sconforto, infondendole l'illusione di poter serbare un barlume di serenità, se non di rassegnazione, negli anni futuri. Una speranza purtroppo disattesa. *** Completamente desta, si alzò per dirigersi verso il bagno con l'intento di rinfrescarsi, sperando poi di riprendere quel sonno spezzato ma ripensandoci, si fermò nel corridoio in prossimità di una porta. Girò la maniglia e l'aprì con lenta cura, temendo eventuali scricchiolii; non avendo acceso le luci né della stanza da dove proveniva né del corridoio, ancora abituata all'oscurità riuscì facilmente a cogliere le sagome in penombra sotto le coltri delle sue due compagne, madri e mogli del suo amato Alan. Le altre mogli... e Jjafeh fu la prima, che alleviò le ferite della lunga vedovanza di Alan. La seconda fu una delle due ultime sorelle ancora in vita, l'adorata Shelina, cui riprese i contatti pochi mesi prima delle nozze e fidanzandosi due anni dopo con suo marito. Già allora, invitata alla cena di nozze, Jjafeh si accorse degli sguardi e tentativi di ammiccamenti di Shelina verso Alan, ma lui non la degnava di uno sguardo; per Alan esisteva solo Jjafeh, luce dei suoi occhi e unico amore mentre per lei, allargare la famiglia con altre sue simili, rappresentavano la normalità; oltretutto era sua sorella, un motivo in più per accoglierla in famiglia nella nuova veste. Non fu facile convincerlo; per un Umano, oltretutto cristiano, una sola moglie è una regola indiscutibile e la presenza di altre sarebbe stata vista dalla comunità, né più né meno come amanti se non concubine. Il Vaticano non ammise deroghe, pur tollerando l'unione di razze così diverse, ma le leggi nazionali furono più permissive, adeguandole per rispettare le usanze Krill, anche se ciò alimentò dissensi entro la collettività Umana, specialmente fra manipoli di femministe oltranziste, fermamente decise a mantenere le proprie prerogative e diritti consolidati, cui rilevava nella comunità Krill, costituita oltre al 90% da femmine, delle potenziali rivali, inaccettabili se non contro natura. “Jjafeh, io ti amo e per quanto riguarda Shelina la ritengo comunque di famiglia ma non ti posso promettere niente; la accoglieremo ma comprenderai che le variabili in gioco saranno molteplici. Mio figlio Marco e la sua famiglia ti hanno accettato ma una seconda moglie come sarà accolta? Oltretutto non ho alcuna intenzione di relegarla al concubinaggio o peggio, rischiare di sostituirti. Sarà la natura a decidere, sempre sperando che Marco e i nostri nipoti non ci voltino le spalle. Non sopporterei di perderli.” Invece gli avvenimenti assunsero una piega inaspettatamente favorevole, anche se trascorse quasi un altro anno prima del fidanzamento e convolare a nuove nozze; in seguito la famiglia si allargò più del previsto, in completo accordo, anche se stiracchiato per i capelli, con la famiglia Umana di Alan. Nha-scia, terza e ultima moglie Krill, fu un'amica in comune; s'insinuò con la vivacità e quel pizzico di briosa ingenuità, comuni nelle giovinette che si rifiutano di crescere. Curiosamente per la gente apparivano alla stregua d'islamici ma scevri da usanze e vincoli imposti da quella religione, comunque un aspetto che semplificò la loro vita nella quotidianità. Ridestata da quell'influsso di ricordi, tornò a spiarle. A fianco del letto di sua sorella, s'intravedeva la culla con il suo ultimo e secondo nato dormire placidamente, un bimbetto di pochi mesi, mentre Nha-scia, nell'altra alcova, si agitava inquieta, rivoltandosi incessantemente da un fianco all'altro per mitigare gli inevitabili fastidi di un ventre troppo voluminoso, un parto ormai prossimo. Richiuse con la medesima cura la porta per poi scivolare a terra, ricadendo nell'angoscia, mentre un'infinità di pensieri s'intrecciò disordinatamente tra cui una, subdola e feroce: “Sono stata io a convincere Alan a convogliare a nozze con entrambe, ma se fossi stata l'unica al suo fianco, l'unica moglie, forse...” ... ma rimuovendola con decisione, stringendo dolorosamente il labbro fra i denti, per poi accasciarsi sul pavimento. “No, maledizione! Non c'è un altro io in me! Perché questa sensazione di livore? I referti medici furono inequivocabili; sarebbe accaduto in ogni caso per la presenza di un difetto coronarico ignoto. Non è vero che le odio, colpevolizzarle ingiusto, anzi... ripenso quando sera dopo sera entravamo a turno e lo amavamo, con passione. Ascoltavamo i loro ansiti, risa e lunghi silenzi attraverso la parete gioendo noi stesse come fossimo tutte e tre lì, con lui... e talvolta ciò si avverava; allora ci divertivamo a stuzzicarlo, amarlo avvicendando i nostri giochi, se non in contemporanea, con impeto sino a farlo cedere stremato... ma quella notte eravamo solo noi due. Perché a me? Perché... ? Basta! Se vado avanti così, rischio di ricadere nell'esaurimento nervoso. Contieniti Jjafeh, rassegnati! Anche per loro fu uno strazio ma mi hanno sorretto e aiutato a non morire d'inedia. I loro figli e miei nipoti, non avranno un più padre, ma seguiteremo nel sostenerci a vicenda; la vita deve andare avanti. Il primo nato di Shelina è così giovane che ancora non ha recepito appieno la scomparsa del papà. Ora c'è un nuovo nato e fra pochi giorni altri due gemelli si affacceranno a nuova vita; dovrò essere più di una semplice zia, una seconda madre.” Si rialzò da terra per poi proseguire, barcollando e sorreggendosi alla parete, verso il bagno. “Shelina e Nha-scia hanno superato l'orrore della tragedia e mia sorella non piange più, almeno in mia presenza, redarguendomi amorevolmente ma con decisione, talvolta con un pizzico di durezza, come ieri mattina; si rese conto che stavo nuovamente scivolando nella depressione, osservandomi indispettita mentre giravo incessantemente il cucchiaino nella tazza, completamente vuota. Mi risvegliò da quel torpore sbattendo una manata sul tavolo, sbigottendo perfino Nha-scia, anche lei sovrappensiero, silenziosa e forse immersa negli stessi ricordi. Non riuscivo a replicare, balbettando come un'idiota ma la devo ringraziare, ogni giorno, ogni minuto; se non fosse per loro, sarei giunta al suicidio.” - Alan sarebbe deluso di te! - - Come... come ti permetti di... di insultarmi in questo modo? - - Hai dimenticato chi eri? Che cosa rappresentavi per tutti noi? - - Che importanza vuoi che abbia... adesso... perché... perché mi fai questo? - - Te lo ricordo ancora! Eri un Ammiraglio della flotta in fuga da un mondo morente. Ci salvasti dall'estinzione per la tua estrema decisione di deviare la rotta verso la Terra, nonostante il parere discorde dei Membri del Consiglio, rischiando una severa condanna ma consapevole che non si poteva proseguire oltre per le condizioni precarie delle navi. Siamo stati accettati e ben voluti dai terrestri... beh, qualche screzio non è mancato, ovvio ma li abbiamo superati nonostante le nostre diversità sino a creare famiglie miste, del resto come molte di noi, nel mondo. - - I maschi sopravvissuti erano pochi... - - Beh? Mi stai proponendo un discorsetto di comodo, un'analisi alternativa per deviare il discorso? Furono comunque sufficienti per conservare la razza Krill... ma insomma! Stiamo parlando di noi, della nostra famiglia! Nha-scia fra pochi giorni dovrà sgravarsi e non sarà una passeggiata, lo sai bene. Due nuovi gioielli entreranno a far parte della famiglia, due gemelli e cosa più importante, fra meno di due anni Melissa e Igor saranno di ritorno. Chi troveranno ad attenderli? Uno straccio di madre balbuziente che avrà difficoltà a riconoscerli? - - Ti prego Shelina; non insistere con questo tono! Non vedi che ha difficoltà a risponderti? - - Nha-scia, non intrometterti! Non sono mica orba! Come pensi... come affrontare una simile situazione? Io... io... - “Sì; ha ragione mia sorella, ha sempre avuto ragione ed io sono una povera stupida! Quasi ogni giorno crisi e discussioni convulse, talvolta inclementi ma che si concludevano allo stesso modo, cercando di consolarci a vicenda, abbracciate, tentando di frenare la nostra disperazione. Devo farmi forza, rassegnarmi ed evitare di gravarle di questo fardello; è il normale corso della vita. Ci saranno altri impegni pressanti e gioiosi per le nostre piccole creature e fra pochi mesi i miei due angeli saranno di nuovo qui, i miei due novelli astronauti, Igor e Melissa... la mia piccola Melissa. Pensare che era la più problematica, sfuggente e ansiosa come un Krill e preda dei suoi istinti con l'impulsività di un Umano. Non ha mai accettato la sua natura di meticcia, almeno sino a quando... ” Cinque anni prima Di fronte alla porta d'entrata, Jjafeh si affannava, ansimando per la rabbia, nel ricercare le chiavi occultate in fondo alla borsetta o in chissà quali scomparti, sempre colma di oggetti “inutili ma necessari” come li descriveva, stuzzicandola amorevolmente, il suo Alan, confrontando le abitudini con la sua prima moglie, scomparsa drammaticamente anni addietro, antecedentemente all'arrivo sulla Terra delle astronavi Krill. “Umana o Krill non fa alcuna differenza e ogni tanto me la ricordi; hai le stesse abitudini di Miranda.” - Ma perché non mi decido a buttare via un po' di roba? È proprio vero: scontrini della spesa, réclame varie, sconti che non usufruisco o scaduti e tra le innumerevoli scarabattole un'infinità di campioni di profumi, immancabilmente vuoti ma con il risibile scopo di ricordarmi la marca dei prodotti che prediligo, sino al momento in cui entro nella profumeria e... Uffa! Alla fine acquisto sempre qualcos'altro, alla faccia dei promemoria! Ma dove ho messo quelle stramaledette chiavi? Figurati se quella scriteriata mi aprirà la porta dopo quanto ha combinato! Si sarà sicuramente serrata in camera... - Con sorpresa l'uscio si aprì, accolta dalla consueta ilarità sbarazzina di Nha-scia. - Mi pareva di aver udito dei rumori e mi chiedevo: “Chi mai può essere dietro la porta che si arrabatta tra le sue cianfrusaglie?” Ciao, bellissima! Bentornata! Come mai così presto? - - Sono adirata e molto! Melissa è già in casa? - - Beh... sì, è nella sua camera, suppongo. Ma che avete entrambe? Anche lei è rientrata con notevole anticipo, precipitandosi di sopra senza degnarmi di uno sguardo, nemmeno fossi diventata trasparente. Avrei desiderato un consiglio per un vestito che ho notato su internet... - . - Ti prego spostati Nha-scia; non adesso! Non ho proprio la testa per queste amenità. - - Grazie! Ma che gentile! E adesso dove vai? Oddio... cosa è accaduto? - Jjafeh non le rispose; trafelata, percorse le scale di corsa sino alla stanza da letto di Melissa, tentando invano di aprire quella porta immancabilmente chiusa a chiave. Socchiuse gli occhi, sospirando per ritrovare la calma e imponendosi di serbare la rabbia, simulando uno stato di calma apparente; la chiamò prima dolcemente, poi con rinnovata insistenza, ma non ottenendo alcuna risposta si spazientì definitivamente, giungendo a battere i pugni contro la porta. - Regolare; si è serrata dentro e fa lo gnorri... Apri, Melissa!... Ti prego, smettila con questi atteggiamenti! Adesso sono proprio stanca! APRI QUESTA PORTA! - S'interruppe udendo lo schiudersi del chiavistello, seguiti dallo scalpiccio di passi svelti, allontanarsi; Jjafeh non si lasciò intimidire e aperta la porta, entrò decisa a redarguirla con fermezza, esigere delle spiegazioni per l'indecoroso, sfuggente comportamento da ragazzina viziata e pretendere una spiegazione: cosa era accaduto a scuola di tanto grave per giungere a un'immediata sospensione? Ma trovarla seduta sul pavimento, in un angolo della stanza, spalle al muro e braccia conserte nel tentativo di reprimere lo sconforto, soffocarono tutto l'ardimento di Jjafeh, convincendola nel confortarla con l'amore che solo una madre può infondere. Si avvicinò con calma, inginocchiandosi di fronte a lei per guardarla negli occhi, afferrandole le mani con dolcezza e accarezzandole dolcemente. - Mi spiace, non volevo urlare ma cerca di comprendermi; è stata una batosta non indifferente il comunicato della Direzione. Ti senti di parlarne, piccola mia? Che cosa è accaduto di tanto grave? - - No... non chiedermi niente, ti prego mamma. Non adesso. - - Va bene ma se non ti do fastidio, mi siedo qui, accanto a te, come un'amica se preferisci e quando ti sentirai pronta... - - Si... non ora... - Jjafeh si pose al suo fianco, abbracciandola, percependo i suoi fremiti dolorosi e ascoltando in silenzio i suoi dolenti gemiti. Il tempo trascorse lento, malinconici secondi scanditi entro una misurata parvenza di quiete. - Lo so, non ci parliamo molto, almeno non quanto lo vorrei... sì, come due amiche... o tra madre e figlia, ma io ci sono sempre, per te. - - Non te l'ho mai chiesto; come vi siete conosciuti tu e papà? - Rimase per un attimo sconcertata da quella domanda, apparentemente fuori luogo, ma per una madre un evidente compromesso, il preambolo di una resa, decidersi a calare le difensive ed esporre fatti che stentavano nel rivelarsi. Una situazione da cui emergevano aspetti ben più gravi di quanto immaginasse, molto personali, forse sentimentali e devastanti, specialmente per una giovane quindicenne, ancora alle prime armi con le asperità della vita. - Come? Oh... Nel modo più banale, inizialmente una semplice relazione d'affari per concordare l'affitto del suo appartamento. Lo dividemmo, prima come cordiali amici e poi le cose mutarono inaspettatamente. Fu lui a fare il primo passo, dichiarandosi. - - Poetico! Baci, abbracci e magari un mazzo di fiori. - - No, tutt'altro! Fuggii inorridita! - - Come? Io pensavo... - - Lui è un Umano e pertanto la prima cosa che si possa logicamente immaginare è offrire l'amore a una compagna della medesima razza, così come per noi Krill. Viste le circostanze, ti sembrerà un punto di vista poco lusinghiero ma siamo tanto dissimili: l'Umanità è il risultato di una evoluzione scimmiesca mentre noi... - - ...conigli. - - Sì, bella mia! Conigli, giganteschi rispetto a quelli autoctoni: corporatura umanoide ma con il nostro bel pelo, le lunghe orecchie, e vibrisse, evoluti in tal contesto sul nostro pianeta... ormai morto insieme alla totalità dei nostri fratelli e sorelle che non trovarono scampo nelle navi spaziali. Fu un viaggio lungo e non mancarono i decessi nei tubi criogeni difettosi, tra cui i miei genitori. Non fu prevista una tappa su questo pianeta, ritenuto atavico e violento ma come vedi le circostanze furono ben diverse da quelle ipotizzate. Ci hanno aiutato e ci siamo adattati; Il programma originale prevedeva nel proseguire il viaggio verso la nostra nuova destinazione, invece... eccoci qua! - - Tornando a papà e alla vostra relazione conflittuale? - - Decidemmo di confrontarci per mantenere l'amicizia. Certo qualcosa mutò in me e molte conoscenze e amici furono più che sorpresi se non sconvolti, per fortuna non Marco, il tuo fratellino Umano e la sua famiglia. Vi sentite ogni tanto? - - Sovente, scambiandoci frivolezze e piccoli segreti, più di quanto non faccia con Igor. - - Oh, segreti... - - Mamma, hai detto che ognuno di noi è il risultato di una millenaria evoluzione e... Beh... che cosa sono, io? - - Melissa...? - Quel muro virtuale si stava gradualmente sgretolando, intravedendo fra gli spiragli dettagli ancora annebbiati da concetti evasivi, sicuramente celanti eventi inquietanti, spiacevoli episodi di vita che una madre spera sempre non si avverino nelle vicende di una figlia, specialmente se ciò rientrino in una situazione sentimentale, giunti a una conclusione sgradita se non intollerabile. - Ti prego, mamma; non il solito pistolotto “sei mia figlia, amorevole, bellissima...” e altre panzanate simili. Non sono più una bambina! - - Hai ragione; non sei più una bambina e ti parlerò da adulta, come si conviene. Il problema della diversità lo abbiamo tutti affrontato e superato e tu puoi farlo al meglio. Evoluzione? Perché no? Tu sei il risultato di un'evoluzione, frutto dell'unione Krill e Umana, la migliore in assoluto con un'intelligenza spiccatamente vivace, creativa e coraggiosamente sprezzante nei confronti delle spiritosaggini di gente sciocca, che talvolta valica il limite del razzismo. Mi hai chiesto di noi, come affrontammo il giudizio degli altri, ma cosa credi? Tuo padre ed io fummo sommersi da iniquità di ogni genere ma li abbiamo risolti. Ora abbiamo molti amici... - - Io non ho amici. - - Che cosa intendi? - - Hanno paura di me. - - Ho sempre visto una infinità di amiche venire a trovarti, sin da bambina, studiare assieme e spesso vi chiudevate in camera per condividere i vostri piccoli segreti. Non direi che le amicizie ti manchino. - - Amici... - - Ah... capisco. C'era qualcuno a cui tenevi. Accade di sovente e poi le cose non funzionano come sperato; sono dispiaceri che ci segnano ma superabili. Non vorresti parlarne? - - No. - - Questo pomeriggio è in programma l'incontro in Presidenza, fra poche ore; sarà presente anche papà. Non pensi sia il caso parlarne adesso? Solo così, evitando all'ultimo minuto sorprese sgradite, possiamo aiutarti; figurati se lui accetterà passivamente questa punizione, per quanto possa essere meritata. Sei la migliore del corso, già in lizza per una borsa di studio. Non permetteremo che il tuo futuro venga danneggiato irreparabilmente per questo banale incidente di percorso. - Melissa volse inizialmente l'attenzione alle sue mani, rigirandole, celate nei soliti e inseparabili guanti di cuoio, nemmeno fossero divenute due appendici estranee; infine incrociarono gli sguardi, fissandosi per un lasso di tempo apparentamene interminabile, sino a quando, asciugandosi le guance solcate dalle lacrime, abbandonò il capo sulla spalla della madre in una muta richiesta nel voler attendere ancora qualche minuto prima di svelare la sua odissea. *** L'Istituto Internazionale Scientifico, dedicato alla memoria del fondatore della nota casa automobilistica torinese, aveva subito negli anni successivi al contatto alieno, radicali rinnovamenti, avviati in concomitanza alla cessione dei Salesiani ad organizzazioni private; fu una modernizzazione che taluni conservatori criticarono aspramente, snaturando a lor dire il messaggio insito in quel particolare simbolo della tradizione torinese, fonte di ispirazione per lo studente dedito all'amore per la ricerca e la scienza. Scalzati gli antichi manufatti, furono elevate strutture avveniristiche in un tripudio di acciaio, scale mobili e pareti divisorie in cristallo, svettanti sino ai soffitti che parevano emergere dall'unico elemento in netto contrasto con tali architetture: un venato e policromo pavimento in marmo. Jjafeh era avvezza a simili architetture, ma varcando la porta in lucido acciaio satinato della Presidenza, il visitatore di turno non poteva esimersi nel rimanere basito nel ritrovarsi immerso in un ambiente inconsueto, del tutto divergente all'atrio e corridoi attraversati: un pittoresco ufficio ottocentesco, nemmeno avesse compiuto un incredibile quanto inaspettato balzo in un sontuoso passato. Jjafeh e Alan per alcuni attimi dimenticarono i motivi dell'incontro, rimirando estasiati gli elementi d'arredo, le Boiserie e la sontuosa libreria laccata fare da sfondo alla scrivania in stile Luigi XVI, ispirata al classicismo greco-romano. La porta d'ingresso pareva evocare, nell'immaginario collettivo, le peculiarità di un confine incantato: ultramoderna verso il lato corridoio e dal lato interno rivestito di pannelli intarsiati, in stile con le pareti lignee. I rintocchi di una pendola, li ricondussero alla realtà e ai motivi non proprio piacevoli del colloquio. Il Preside, un uomo anziano con una prominente pancetta, stempiato, una folta e curata barba argentata incorniciante il volto rotondo e indossante un sobrio rigatino di sartoria con relativo corpetto, completava il quadro, in perfetto tono con l'ambiente. Pareva vagamente distratto, assorto nei suoi pensieri, osservando imperturbabile il via vai dalla finestra semichiusa da pesanti tendaggi per poi voltarsi, esibendo un pacato sorriso di proforma ai due coniugi e invitandoli gentilente ad accomodarsi nelle due poltrone di fronte alla scrivania. Sembrò non far caso a Melissa che, senza attendere il suo invito, si era già piazzata a braccia conserte, in un angolo del divano posto alla parete opposta, con l'evidente intento di porsi in totale isolamento, simulando impassibilità, indifferenza. Conclusi i saluti di rito, si accomodò a sua volta dietro la scrivania, aprendo un fascicolo e scorrendo con calma il contenuto. - Fa sempre piacere incontrare i genitori di una così valente allieva; da quanto evinco ha voti superiori alla media, anzi il massimo in ogni materia. Peccato per questa spiacevole situazione ma sappiate che mi sono attivato per concordare e risolvere con un appianamento amichevole nei confronti dei genitori del ragazzo, ben lungi da condizionare negativamente il curriculum di vostra figlia. - - La ringraziamo per la sua disponibilità ma come madre mi lasci dire che sono sconvolta dalle rivelazioni di Melissa. Il comportamento di quel ragazzo fu riprovevole... - - Aspetta cara, lascia parlare me. Quello che vorremo dire, prima di tutto, scusarci per il comportamento di nostra figlia ma a quanto sembra questo ragazzo e i suoi amici hanno postato delle foto e commenti sul web; riconoscerà quanto sia spaventosamente lesivo per una ragazza della sua età e lo riteniamo decisamente più dannoso di un banale scambio di... “convenevoli” fra loro, per quanto inopportuno entro l'ambito della scuola. - - Convenevoli? - Lo sguardo severo, leggermente stupito del Preside, li allarmò entrambi; Adam si voltò costernato verso Melissa, apostrofandole con risolutezza il suo sgomento. - Ehi, signorina! Ci è forse sfuggito qualcosa? - - Papà... non l'ho fatto apposta. Mi fece credere di provare qualcosa, dei sentimenti sinceri, invece fui l'oggetto di una schifosa scommessa con gli amici. - - Modera il tono; questo lo sappiamo, e allora...? - - ... allora l'ho affrontato, insultato ma lui rideva, mi ha detto che ero solo una avventura e a quel punto... non lo so... le ho afferrato le braccia... forse ho stretto troppo presumo, ma ero così infuriata... mi sono come destata, mollandolo all'istante quando ho udito quel rumore... le sue urla di dolore... - Interrotta da spasimi di pianto incontrollato, Jjafeh le si avvicinò, cercando amorevolmente di consolarla. - Mi creda. Comprendo la situazione e in condizioni normali il ragazzo sarebbe stato espulso, senza assoluzioni; certe barbare azioni indegne, da bulli di strada, non li tolleriamo. Se avesse avvertito i docenti o si fosse rivolta a me, tutto si sarebbe concluso diversamente, ma... - Il Preside allargò le braccia sconsolato. - ... ma in questo momento è in ospedale con una prognosi di almeno trenta giorni per fratture scomposte agli avambracci. - Alan, completamente esterrefatto per la inattesa rivelazione, era ormai visibilmente preoccupato per le conseguenze, mentre la madre, in preda a un attacco di malcelata ansia, scuoteva per le spalle Melissa, ripetendo meccanicamente e a denti stretti: - Ma cosa diavolo hai fatto? Perché non ci hai avvisato? Perché... - - Mi sono fermata, quando si è messo ad urlare... e io... ho sentito quel fremito strano fra le mani, uno schiocco... le sue ossa... - - Ci saranno risvolti legali? - - Con i suoi familiari li abbiamo evitati e spero in voi che facciate altrettanto; non desideriamo scandali di sorta e riconoscerà che eventuali azioni, lunghi e sgradevoli iter burocratici con avvocati e processi, potrebbero far più del male che bene a Melissa. Il ragazzo sarà trasferito in un altro Istituto, evitando qualunque menzione dei fatti, ma vi renderete conto che dovrò comunque allontanare anche vostra figlia. - - Sì... certo... è comprensibile. Può aiutarci in qualche modo? - - Mi sono già attivato; i filmati e commenti nel sito web sono già stati rimossi, compreso il profilo del ragazzo, ovviamente con annessi e connessi. Vostra figlia è un diamante allo stato grezzo, che va protetta, condotta e instradata nel migliore dei modi. Nelle vicinanze dell'aeroporto di Caselle hanno inaugurato un nuovo istituto superiore, un Liceo Scientifico molto esclusivo e dedicato a studenti particolarmente dotati. Sarà mia cura redigere un curriculum adeguato, controfirmato dai suoi professori e menzionarla pubblicamente entro i nostri canali informativi scolastici, ovviamente ponendo l'accento sulla borsa di studio conseguita con meritato successo, un encomio che non andrà perso. In questo modo riteniamo di sedare eventuali pettegolezzi fra gli studenti e far dimenticare l'accaduto. Di più non posso fare. - Parvenze di cambiamento Melissa, sull'autobus di linea diretta a Caselle e immersa nei suoi pensieri, osservava con distaccato interesse, attraverso i vetri umidi e appannati, lo scorrere rapido del panorama in tangenziale, rievocando le deprimenti giornate che seguirono la separazione dall'amato Istituto Agnelli e i preparativi per il trasferimento, comunque una catena di avvenimenti spiacevoli in linea di massima superati. I rapporti con le amiche non si erano interrotti, semmai ulteriormente consolidati nell'ambito di un piacevole intervallarsi tra accalorate telefonate e interminabili scambi di SMS, anche se rassegnata a limitate visite e rimpatriate occasionali nei sporadici fine settimana, impegni permettendo. Permanevano ancora dolorose tracce, difficili da dissipare, di quella giornata funesta: la lite furibonda con quell'individuo falso e gretto, illusa stupidamente nel ritenerlo “il suo ragazzo”, affrontare i genitori esponendo giustificazioni evasive, celando la reale gravità dei fatti ed emersi amaramente in Presidenza conclusasi con l'allontanamento coatto. Ultimato il colloquio con il Preside, in auto diretti verso casa, suo padre non aveva proferito parola, mentre la mamma preferì rimanerle vicino, seduta dietro accanto a lei ma serbando il medesimo silenzio. Solo a casa, poco prima di cena, accingendosi nel sedersi a tavola, il padre si pose dietro di lei, abbracciandola e ponendo fine a quel doloroso e distaccato mutismo. - Ti chiedo scusa per il mio comportamento; come padre non valgo molto e avrei dovuto esserti più vicino, consigliarti, proteggerti ma non sono stato all'altezza. È solo per merito tuo se tutta questa vicenda si è conclusa nei migliore dei modi. Hai visto come il Preside ti guardava con solidarietà e ammirazione? Dimentica questa brutta esperienza sentimentale; quel bruto non ti meritava e non sa cosa ha perso. Anche se sgradevole affermarlo è comunque una esperienza significativa che consoliderà i rapporti con nuove amicizie, discriminarle, filtrarle quando occorre. Perdonami... - - Oh... Papà; sei il migliore del mondo! Ti voglio tanto bene... - “... e molte altre frasi, taluni trite e ritrite, banali per un ascoltatore esterno, ma con un significato profondo nella loro semplicità e sugellato da quel semplice e insostituibile contatto fisico: un abbraccio. Chissà perché, talvolta non sappiamo esprimere al meglio l'amore che proviamo, almeno a parole. Siamo ancora primitivi, sicuramente da questo punto di vista e prediligiamo tuttora esprimerlo con la naturale gestualità: un sorriso, un bacio o una lacrima. Eppure questi semplici atti non hanno ancora perso la loro forza, penetrando con risolutezza attraverso i messaggi del corpo, gli odori e gli sguardi. All'interno di questo vortice di emozioni c'è un dettaglio rimarchevole che ho considerato con stupida futilità, perché la sua presenza spesso la consideravo prevaricante, talvolta fastidiosa, invadente e dispettosa, specialmente quando mi appartavo con le amiche, ma ora mio fratello Igor mi manca. Lui è rimasto all'Istituto e lo rivedrò solo la sera tardi, insieme a mamma e alle mie splendide zie. Sono stata ingiusta anche nei suoi confronti; i migliori amici sono proprio i familiari più stretti. Da loro l'amore non manca mai.” *** - Allora ragazzi; un po' di silenzio perché ho una comunicazione importante: una nuova studentessa farà da oggi, parte della nostra squadra. Proviene dall'Istituto Internazionale Agnelli, esattamente come alcuni di voi e sono certo che la accoglierete nel migliore dei modi. - - Toh! Un altro genio spuntato dal nulla; dovrò farmi in quattro per asfaltarla come si deve! - - Fatima! Sei pregata di soprassedere con le tue spiritosaggini e questi atteggiamenti da primadonna. - - Non sono una donna, Professore... sono un Krill... - - PrimaKrill suona male... lo so che preferisci primadonna. - Le rispose con un sorrisetto compiaciuto, interrotto dall'esuberanza del ragazzone Umano al suo fianco, la cui corporatura atletica subissava l'esile corporatura di Fatima, nell'abbracciarla vigorosamente. - Falla nera, Fatima! Quanto ti adoro quando fai così... - - Frenkly... schiodati! Mi togli il fiato ogni volta, quando mi strizzi come un tubetto di dentifricio... ma mi piace! Fallo di nuovo! - Franco Balestri, il giovane professore di Fisica, lasciò per alcuni secondi sfogare il loro allegro vociare, osservando con una parvenza di indifferenza, le loro manifestazioni da giovincelli sfacciatamente maldestri. Eppure erano i migliori del corso, nessuno escluso, provenienti da diversi Istituti: il meglio dell'intellighenzia italiana. Comportamenti da bulletti ma da cui trasparivano peculiarità invidiabili, menti eccelse da indirizzare con cura distintamente, ognuna per le loro particolari potenzialità. Fatima Sa-jhang, una ragazzina Krill nata in Italia, che amava atteggiarsi da Umana spesso sfottendo le sue origini, osservandola superficialmente si poteva essere erroneamente indotti nel classificarla al pari di una ragazzotta di strada e le cui opinabili scelte nell'epilarsi permanentemente varie zone del corpo per apporre tatuaggi di dubbio gusto, accentuavano tali considerazioni. Invece era divorata dalla passione per la Fisica applicata e l'Astronomia, punti di forza e basi portanti delle sfide fra studenti nelle competizioni organizzate dall'Istituto, tradotte in vittorie definite da lei stessa, con un pizzico di vanità, “gare dal sentore scontato” ma memorabili per l'istituzione scolastica. Il suo compagno Francesco, o Frenkly battezzato da Fatima con quel diminutivo piuttosto fantasioso, all'estero se non in uno Stato USA, lo avrebbero indirizzato in qualche club di Rugby mentre in realtà la sua vera natura si esprimeva con successo nel campo della Chimica molecolare e organica, sovente con risultati sorprendenti nei test di verifica e ricerca applicata. “Bulletti controcorrente” amava definirli, come Simona, la rossa Umana più affascinante del gruppo, un volto angelico impreziosito da lentiggini, sensualità e curve da modella ma con una personalità enigmatica, atteggiamenti evasivi, presuntuosa e spiccatamente saccente cui amava solleticare, sedurre i novelli spasimanti per poi respingerli e apostrofarli come “emeriti idioti”, convinti a condurla facilmente in qualche alcova per soddisfare le loro lussurie. Il suo cervello era un autentico elaboratore, la matematica priva di segreti; il docente del corso spesso la redarguiva per la sua ostinata parvenza di superficialità: “Il test è incompleto; mancano i passaggi salienti” per poi stizzirsi nell'immancabile e sarcastica risposta: “Li faccio a mente. Non le basta il risultato?” dimostrando la sua abilità in pochi minuti alla lavagna, redigendo completamente il test a memoria. La sua unica debolezza era Frenkly, il bel fusto che l'aveva esclusa dalle sue avance amorose, subordinandola all'aliena Fatima, l'ultima e definitiva fiamma; Balestri ebbe la rara opportunità di assistere a un loro battibecco, dove Fatima le propose un possibile accordo, ma ovviamente recepita da Simona nella realtà degli intenti: un'ingiuria. “Noi non lesiniamo nel vivere in gruppi consistenti; se vuoi posso provare a convincere Frenkly nel proporti come seconda femmina... sempre se riesci a sostenere il moccolo!” ...guadagnandosi un pesante tomo dritto sul naso. Tutti gli altri erano ai medesimi ed elevati livelli intellettuali, taluni isolati con se stesso, altri facente parte di uno specifico gruppo. Balestri, ormai sulle spine, non vedeva l'ora di far accedere la nuova arrivata. “Chissà come l'accoglieranno; speriamo bene. È la prima volta che un soggetto sostanzialmente dissimile a tutti loro, inconsueto e unico nel suo genere, varchi la soglia di questa scuola.” - Bene, ci siamo... entra pure... vi presento Melissa Skjuzè Bianchi. Parlaci di te, delle tue passioni e preferenze. Se non erro sei una appassionata in astronomia... - Melissa si aspettava nell'essere accolta in modo non squisitamente piacevole; infatti non mancarono goffe risate frenate in gola, mugolii di disapprovazione e, cosa ancora più antipatica per una donna, sgradevoli commenti indirizzati al suo modo di vestire. In effetti i grandi occhiali da sole a specchio, l'abito nero, pantaloni attillati e il capo coperto da uno scialle della medesima tinta che contribuivano a celare il volto, le davano un'aria funerea, favorendo l'unico commento spontaneo da parte di Simona e proferito con il suo classico tono sprezzante. - Perdiana! Hanno aperto gli ultimi sarcofagi all'ex Istituto Salesiano? Un po' di colore e avresti mitigato quell'aria da famiglia Adams. - Il professore stava già per richiamarla a più miti consigli, ma sorprendendosi nell'essere anticipato da Fatima. - Stai zitta, cretina; tappati quella bocca! - Balestri subodorava non fosse una reazione di difesa nei confronti di Melissa, bensì di timore, confermato qualche minuto dopo aver completato le presentazioni. Invitata Melissa a prendere posto nel banco libero accanto a Fatima, la reazione della giovane Krill, stendendo il braccio per sbarrarle il passaggio, confermò i suoi sospetti. - Questo posto è occupato... - - Ma cosa vai farneticando, Fatima? Quel banco... - - Non ha importanza Professore; va bene quello in fondo, laggiù vicino alla finestra... - Chinandosi verso Fatima e sussurrandole in lingua Krill: - ...e tu schioda quel braccio; fammi passare, altrimenti te lo stacco a morsi, coniglietta! - Durante la lezione sembrò tornare una parvenza di normalità tranne in Fatima che mantenne quello stato di nervosismo sin oltre lo scoccare della pausa di mezzogiorno. In mensa il suo ragazzo provò a sciogliere quell'inconsueta reticenza. - Ehi, amorino! Che ti succede? - - Questa Melissa... non mi piace e mi fa venire i brividi alla schiena solo a guardarla. - - In effetti il suo gusto nel vestire le infonde un'aria inquietante, da signora dei “morti viventi” nonostante sia una Krill, ma non priva i sensualità, direi. - - Ma ti si è fuso il cervello? Non hai notato i pesanti guanti di cuoio che indossa e il colore della pelle del volto, privo di pelo e a strisce gialle e nere? Anche il suo doppio cognome dovrebbe suggerirti le sue origini: Laticaudis. - - Confesso la mia ignoranza. - - Padre Umano e madre Krill; ancora oggi non è noto lo schema genetico. S'ipotizzò una sorta di regressione, come se la natura avesse riavvolto il nastro dell'evoluzione, ripartendo da anfibi e rettili, in linea di massima conservando inalterata le eredità fisiche e mentali di entrambi i genitori ma rimodellandole con nuovi schemi strutturali, atipiche alle due razze. - - A me sembra abbia voglia solamente di nascondersi; guardala laggiù come si è isolata e non si è disfatta né degli occhiali né dei guanti. - - Sono una protezione per... - Inaspettatamente Simona si sedette di fronte a loro, brandendo il tablet, sorprendendoli entrambi. - Guardate qua cosa ho scoperto! Melissa è la figlia di Jjafeh Skjuzè - - Chi... ? - - Dai Frenkly! Sicuramente tu, Fatima hai già compreso a chi mi riferisco. - - Eccome! Così è la figlia dell'Ammiraglio della flotta Arche, scampate dalla distruzione del pianeta di origine dei nostri padri e che imbastì i primi contatti con la Terra. Wow! Una madre importante. - Frenkly sbottò una risata. - Un personaggio storico, altolocato! Pensavo si nascondesse, invece non vorrà unirsi con noi, povera feccia! Si darà solo un mucchio di arie. - - Io invece sono di tutt'altro parere. Ho una amica all'Istituto Agnelli e corre voce sia stata espulsa, con riserva e simulando un premio per il suo trascorso da studentessa modello, protetta forse dallo stesso Preside. Al momento non so altro ma vi farò sapere. - Fatima si rese conto nel rischiare di entrare a far parte di un gioco infido, cui non voleva partecipare. L'eccitazione di Simona era alle stelle, una messinscena con il solo scopo di porsi in evidenza a Frenkly e la pantomima stava iniziando ad infastidirla. “Nella maggior parte della collettività, le persone si esaltano, riempiono una vita vuota di ideali, creando punti di riferimento fittizi, evanescenti, parimenti all'integrità di una chimera e ponendosi se non al centro, intorno l'occhio del ciclone della notorietà di alcuni individui, immedesimandosi estasiati e precipitando negli oscuri meandri della fantasia, escludendo il resto del mondo. Simona non è da meno e inoltre vorrebbe rubarmi Frenkly, magari per abbandonarlo come uno straccio desueto dopo averlo sfruttato e gioendo nell'aver riempito il calamo dei suoi incondizionati desideri, primo fra tutti una stupida rivincita nei miei confronti. Melissa è solo lo strumento per cogliere l'interesse del mio ragazzo, ma nonostante l'avversione che provo per la nuova arrivata, questo mi provoca un senso di sconforto e opprimente colpevolizzazione per i miei insensati preconcetti, al limite del razzismo. In fondo è pur sempre una di noi, ma con le sgradevoli problematiche di un inaccettabile alieno piovuto dalle stelle. Noi Krill siamo stati fortunati ad essere accolti e lo dobbiamo alla determinazione di sua madre nell'essere ancora in vita... forse perché siamo carine e induciamo un senso di protezione negli Umani, ma questo è un parametro secondario.” Disgustata, afferrò il vassoio e tra li sguardi trasecolati di Frenkly e Simona, si diresse verso Melissa, piazzandosi di fronte a lei. - Sei venuta a tediarmi nuovamente con le tue asserzioni esplorative o solo per dirmi che anche questo tavolo è occupato? - “Sicuramente è riuscita ad origliare le malignità di Simona, equiparandomi a una scadente delatrice. Mi sono proprio comportata in modo spregevole!” Lei incassò la battuta, ovviamente con un certo sconforto, percependo dalle inflessioni della sua voce una rabbia repressa per non essere almeno accettata per quella che fosse, bensì derisa e bollata come una sgradita estranea. Malgrado le evidenti avversità relazionali, Fatima era risoluta nel voler indurre un rapporto amichevole, ma prima doveva altresì vincere un'altra battaglia nel suo inconscio profondo: aveva difficoltà nel guardarla in volto, nonostante i suoi occhi fossero celati dalle lenti a specchio, dandosi della stupida per quella ulteriore, incontrollata manifestazione dei sensi che complicava il già non facile dialogo. - No, volevo scusarmi per il mio comportamento in classe. In fondo fu solo uno scherzo; lo facciamo con tutti, nessuno escluso. - - Tutto qui? Scuse accettate. - - No, non è “tutto qui”, è... insomma! Carte in tavola! Inutile che mi nasconda dietro il paravento delle miserie Umane... e Krill. Voglio essere sincera con te. Se in seguito desideri che mi tolga di torno, comprenderò il tuo punto di vista; sicuramente al tuo posto farei altrettanto. Quando avevo solo otto anni, piacevo a un coetaneo, un Laticaudis ma non condividevo la sua offerta di amicizia. Mi opprimeva il contatto con le sue mani, stranamente viscide e gli occhi, brillanti di un giallo vitreo, mi davano i brividi, ma mi rendo conto, per i miei preconcetti che si sono trascinati sino ad ora, di aver perso stupidamente un'amicizia sincera. Non l'ho più rivisto e non voglio commettere lo stesso errore. Possiamo essere amiche; in fondo abbiamo la medesima passione per l'astronomia, da quanto hai detto presentandoti alla classe e... - - Non mi dici niente di nuovo. Ho fatto l'abitudine. Sei qui per volontà di remissione dai tuoi sensi di colpa o c'è dell'altro? Uhm... vediamo se indovino... ma guarda come Simona allunga le sue manine lascive sul tuo bel Umano. Ho azzeccato l'intento oppure è un modo furbo per scavare nel mio passato? - - No! Ecco... io... - - Oggi ho già avuto la mia dose quotidiana d'immondizia; torna dal tuo Frenkly o come diavolo si chiama. - - Non ti sono nemica... - - VATTENE! - Melissa si voltò di lato evitando d'incrociare il suo sguardo, socchiudendo gli occhi e attendendo che si allontanasse. Con lo stomaco serrato dallo sconforto, uscì dalla mensa cercando un posto appartato per sfogare la rabbia, accelerando il passo attraversando un corridoio deserto e serrandosi la bocca con una mano per sedare inutilmente gli irrefrenabili singhiozzi che la soffocavano, sino a scrosciare in un pianto a dirotto, liberatorio. |
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