Quando l'uomo riprese i sensi, per qualche istante fece fatica a vedere: tutte le immagini erano sfuocate. Poi, finalmente, il mondo intorno a lui tornò ad essere nitido e questo gli provocò un tuffo al cuore. Si rese conto di essere completamente nudo, seduto in terra con la schiena appoggiata ad un albero: si trovava nel folto di un bosco. “Non può essere” pensò, “sono preda di un incubo. Ora mi sveglio e mi ritrovo nel mio letto”. Ma non accadde. E una folata d'aria lo fece rabbrividire. Il sole era appena sorto e sopra gli alberi, stagliate contro il cielo, poteva intravvedere la cima delle Dolomiti, che conosceva bene. Era il tre giugno e non ricordava nulla dalla fine del pomeriggio del giorno prima. Dal momento in cui era salito in auto per andare a casa. Sempre che questo fosse accaduto il giorno precedente. Aveva una terribile confusione in testa. Intorno a lui un silenzio inquietante. L'uomo, sui cinquanta, si sfregò gli occhi cercando disperatamente di capire che cosa stesse accadendo, quando ad un tratto sentì il tipico colpo di un fucile da caccia e quello di un proiettile che si conficcava nel tronco ad un paio di centimetri dalla sua testa. Con il cuore che gli balzò in gola, si alzò cercando di scappare ma un altro proiettile finì nel terreno a pochi centimetri dai suoi piedi. Rimase immobile per un attimo e poi, con un balzo si portò dietro al tronco su cui era stato appoggiato fino a quel momento, cercando riparo. - Ma che cazzo sta accadendo?! - esclamò a voce alta l'uomo che, dopo qualche istante di silenzio iniziò a correre nella direzione opposta a quella dal quale sembrava arrivassero i colpi: purtroppo in salita. Fece solo un centinaio di metri quando sentì fischiare un altro proiettile. A quel punto ebbe una certezza: il bersaglio era proprio lui. Qualcuno lo voleva morto. Ma perché? E perché si trovava in quel bosco e nudo? Era solo una questione psicologica, in quel momento essere nudi era il problema minore, ma così si sentiva ancora più indifeso. Ora però non aveva tempo per rifletterci, doveva pensare soltanto a riportare a casa la pelle. Era magro e in forma, ma con i piedi nudi su quel terreno di terra e sassi, non riusciva ad essere veloce come avrebbe voluto e per nascondersi aveva a disposizione solo tronchi d'albero e qualche masso. Dopo cinque minuti di corsa affannosa scivolò e si graffiò un fianco. Sentì bruciare terribilmente ma il proiettile che colpì il sasso accanto a lui gli fece dimenticare l'incidente e lo fece riprendere a correre. Dopo altri venti minuti, si accorse che la paura gli aveva annebbiato la mente: continuava a correre in tondo, rimanendo sempre dentro ad un raggio di qualche centinaio di metri. Invece avrebbe dovuto uscire da quel bosco maledetto. In più, i piedi erano ricoperti di sangue impastato di terra e il dolore era lancinante. Gli spari non cessavano e si sentiva come un animale braccato dal cacciatore. La paura, nel frattempo, si era trasformata in terrore puro, tanto che non si accorse neppure di avere la parte posteriore delle gambe ricoperta di feci liquide: aveva avuto una scarica di diarrea. Cadde un'altra volta ma si rialzò. Sporco e insanguinato trovò ancora la forza di riprendere a correre, ma questa volta il nuovo tentativo di fuga durò solo pochi secondi: un proiettile prese in pieno la sua caviglia destra. Urlò per il dolore e cadde rotolando sul terreno in discesa per una decina di metri. Quando si fermò, davanti a lui, poco distante, un ragazzo sui vent'anni, gli stava puntando contro un fucile di precisione, con mirino telescopico. L'uomo guardò negli occhi l'artefice di tanto orrore e poi, colto da spasmi nervosi, balbettò qualcosa di indecifrabile. Il ragazzo la interpretò come una richiesta di grazia, prima di parlare a sua volta, in modo decisamente più chiaro: - Non pensare che sia così scarso a sparare, mi offenderesti. Fino a questo momento ti ho mancato di proposito. Adesso sono stufo di correre. Credo che tu abbia capito e il gioco può finire qui. - L'uomo che ormai era prossimo all'infarto, tentò una patetica reazione sollevando una mano nel tentativo di proteggersi mentre diceva: - Capito... cosa?! - L'uomo tentò una patetica protesta, ma il proiettile lo trafisse in pieno petto centrando il cuore. Morì sul colpo.
La donna, tra i quaranta e i quarantacinque, era particolarmente attraente. Slanciata, capelli castano chiari tagliati a caschetto e occhi grigi, priva di trucco, varcò la soglia della questura di Bolzano alle otto del mattino di un tre giugno piuttosto caldo. Sembrava agitata e l'uomo in divisa che l'accolse si affrettò a domandarle come avrebbe potuto aiutarla. Il poliziotto ventiquattro anni, non era insensibile alla bellezza femminile e sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa quella donna gli avesse chiesto. Ma naturalmente nella richiesta non c'era nulla di eccitante: - Devo fare una denuncia di scomparsa. - Il giovane, dopo aver scacciato dalla mente le sue fantasie erotiche, rispose: - Certamente. Mi segua, l'accompagno dal commissario Bauer che si occuperà di tutto. - Il ragazzo si fermò davanti ad una porta, bussò ed entrò dicendo: - La signora deve fare una denuncia di scomparsa - . L'uomo in borghese, seduto alla scrivania, si alzò e invitò la donna a sedersi difronte a lui e a parlare. - Mi chiamo Sonia Meyer. Mio marito, Ernesto Meyer, avvocato penalista, ieri pomeriggio mi ha telefonato dicendo che era appena uscito dal suo studio e stava tornando a casa. Saranno state circa le sei, sei e un quarto. Era il mio compleanno e dovevamo andare a cena fuori. Ma non è mai arrivato. E il suo cellulare non dà segni di vita. Risulta spento. Non si è fatto vivo con nessuno, neppure con il suo studio legale. Siamo sposati da dodici anni e lo conosco piuttosto bene: non è da lui sparire così. Sono certa che gli sia accaduto qualcosa di brutto... - riprese, poi, prevenendo il poliziotto - lo so, non sono ancora passate ventiquattro ore per ufficializzare la denuncia di scomparsa. Infatti mi ero ripromessa di aspettare ancora ma... sono troppo agitata. La prego di credermi: mio marito è sparito! E non si tratta di un allontanamento volontario. Non ha un'amante, come magari potrebbe pensare. Non escludo un rapimento... economicamente non ci possiamo lamentare. - L'uomo non replicò e rimase in silenzio per qualche secondo, come se stesse riflettendo sul da farsi. Poi disse: - Se ha motivo di credere che possa trattarsi di un rapimento avrebbe dovuto interpellarci subito e non aspettare fino a questa mattina. Il numero di targa dell'auto di suo marito? Inizierò a fare una segnalazione e vediamo se individuiamo la macchina. Il mio collega - disse a quel punto indicando un ragazzo in divisa seduto ad una scrivania sul lato opposto dell'ufficio - l'ispettore Gravina, prenderà tutti i dati necessari... - - La targa la ricordo ma la Mercedes di mio marito è dotata di segnalatore GPS. - - Allora non sarà difficile rintracciarla. E poi dai tabulati telefonici vediamo di scoprire in che zona si trovava prima che venisse spento. La chiamerò io appena avrò qualche notizia utile. Stia tranquilla: vedrà che si risolverà tutto nel migliore dei modi. - - Speriamo. - Il GPS della macchina però, non fu di alcun aiuto: non emetteva segnali. Probabilmente era stato disinserito o manomesso, pensarono. Ma avrebbero verificato la traccia del percorso storico per sapere in che luogo era stato disattivato. Il cellulare, aveva fatto perdere le sue tracce nei paraggi dello studio dell'avvocato e probabilmente il GPS era stato disconnesso nella stessa zona. Si affidarono alla targa. Il vigile finì di multare un'auto in divieto di sosta e passò alla successiva. Ma quando iniziò a scrivere sul modulo prestampato si fermò. Un paio di ore prima aveva ricevuto una segnalazione. Prese il suo cellulare e visualizzò l'avviso. La targa corrispondeva. L'auto che stavano cercando era lì, davanti a lui. Chiamò immediatamente il comando. La macchina era parcheggiata in via delle Marcelline, accanto al Parco Ducale. Luca Bauer, il commissario che aveva raccolto la denuncia di scomparsa dell'avvocato Meyer, solo poche ore prima, si ricordava bene quell'indirizzo, ma per esserne certo andò a rileggere il modulo compilato dalla donna: era l'indirizzo dell'avvocato. L'auto era parcheggiata a quattro numeri civici dalla sua abitazione. Quando Bauer e due uomini della scientifica arrivarono, trovarono il vigile ancora lì, a piantonare il Mercedes classe E versione sportiva e la moglie dell'avvocato. L'auto era chiusa: - Sì, è quella di mio marito. - confermò la donna che poi diede ai poliziotti una chiave, dicendo: - È quella di scorta. - “A occhio e croce” pensò Bauer, “quella macchina, visto anche gli optional che monta, costa più di cinquantamila euro”. Poi, rivolgendosi alla donna, disse: - Faccio mettere sotto controllo i suoi telefoni, fisso e cellulare, nel caso qualcuno si facesse vivo per chiedere un riscatto. - - Quindi pensa che possa essere stato... - - Sì, non le nascondo che l'ipotesi del rapimento non è da scartare, per due motivi: se suo marito avesse voluto allontanarsi volontariamente, non credo avrebbe parcheggiato l'auto sotto casa. Se ne sarebbe andato con quella. - rispose il poliziotto. - Anche se allo stesso tempo, nel caso, trovo strano che lo abbia fatto il suo rapitore. E poi per il fatto che è stato disinstallato il GPS. Qualcuno voleva che la macchina non venisse rintracciata almeno fino questa mattina. Comunque è troppo presto per formulare ipotesi. - Poi, guardandosi attorno disse ancora: - Poco più avanti c'è una telecamera di sorveglianza... ecco perché hanno parcheggiato ad un centinaio di metri dal vostro numero civico. Chiunque sia stato ha evitato di essere ripreso. - Ad un tratto il tecnico della scientifica chiamò il poliziotto: - Venga a vedere, guardi... - aveva aperto il bagagliaio. Dentro un abito maschile, una cravatta, una camicia, degli slip, un paio di calzini e un paio di scarpe. - Ma... - fece la donna sorpresa - sono i vestiti che aveva mio marito ieri: abito e biancheria... che significa? - - Per il momento non lo so. Ma farò di tutto per scoprirlo, mi creda. - Finiti i primi accertamenti sul luogo, la Mercedes venne portata nel laboratorio della scientifica per essere setacciata alla ricerca di ogni traccia possibile che potesse fornire qualche informazione in più. Nel frattempo il commissario aveva già provveduto ad informare l'autorità giudiziaria con una comunicazione riguardante la scomparsa di Meyer, con la quale aveva richiesto l'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico dei telefoni dell'avvocato. Una volta ricevuta la notizia di reato, il Pubblico Ministero aveva disposto la perquisizione dell'abitazione, dello ufficio di Ernesto Meyer, dello chalet che possedeva in montagna, nonché il sequestro del suo portatile per poterlo analizzare, nella speranza di poter trovare qualcosa di utile per far luce su quella strana sparizione. Si era pensato alla vendetta di qualche suo assistito finito ugualmente in carcere nonostante l'impegno messo dalla difesa, ma era caduta nel vuoto: da oltre due anni l'avvocato Meyer non perdeva una causa e i suoi clienti non avrebbero potuto essere più soddisfatti di così. E nessuna richiesta di riscatto. L'unica pista che ancora la polizia stava seguendo, per non lasciare nulla di intentato, era quella del marito di una donna uccisa, convinto che l'assassino fosse uno degli uomini che Meyer aveva fatto assolvere. Ma anche questa zoppicava e non poco: sarebbe stato più credibile se la vendetta si fosse rivolta contro il presunto assassino, che invece godeva tutt'ora di ottima salute. Anche le verifiche sui conti correnti e sulle carte di credito dell'uomo, non avevano dato alcun esito: dal momento della scomparsa non c'erano più stati movimenti. - Sono passati quindici giorni e ancora non sappiamo un accidente! - imprecò Bauer colto da un terribile senso di impotenza. - Tutte le ricerche che abbiamo fatto non hanno portato a nulla. - quindi prese da una tasca un pacchetto di mentine e se ne mise in poca due.
Anche la donna si risvegliò intontita e infreddolita, senza riuscire a capire dove fosse. Poi un tuffo al cuore: era appoggiata a qualcosa di ruvido: un albero, in un bosco e completamente nuda. Il ragazzo la stava guardando attraverso il mirino telescopico e sorrideva. Era davvero un gran bello esemplare di Homo sapiens femmina di trentotto anni. Con lei, pensò, sarebbe stato divertente far durare il gioco un po' più a lungo, ma sarebbe stato troppo pericoloso per lui. Sparò il primo colpo. La donna rimase immobile. La paura la stava paralizzando. Ci vollero altri colpi sempre più vicini a lei per scuoterla e risvegliare il senso di sopravvivenza, tanto che l'ultimo dovette prenderla di striscio. Finalmente iniziò a correre. Il ragazzo riusciva a percepire, anche mantenendosi ad una cinquantina di metri da lei, il respiro affannoso e carico di orrore dell'animale braccato. Sapeva che la sua mente era in preda alla confusione totale. La vedeva cadere, rialzarsi e riprendere a correre, ad ogni sparo, sempre più velocemente. Il segnale che avrebbe suggerito di stringere i tempi, lo avrebbero mandato i piedi della preda: una volta ricoperti di tagli avrebbero rallentato inevitabilmente la fuga e il divertimento. Questo avvenne venticinque minuti più tardi. Un esemplare decisamente resistente: l'adrenalina prodotta dalla paura a volte fa davvero miracoli. Era arrivato il momento di farla stare ferma. Un colpo solo, preciso, frantumò una caviglia della donna. Voleva che morisse guardandolo negli occhi. L'urlo che provocò fece aumentare ancora di più l'eccitazione del giovane cacciatore, che si fermò a pochi passi da l'animale ferito. Il pianto disperato della donna che cercava inutilmente di avere una spiegazione, non lo toccò minimamente. La guardò alcuni istanti e poi il suo dito indice si contrasse sul grilletto. Il proiettile colpì con precisione millimetrica il cuore. La morte fu istantanea. Bauer raccolse un'altra denuncia di scomparsa, da un uomo questa volta. Era sparita la moglie. Al momento ebbe un fremito. Ancora non avevano in mano nulla per ritrovare l'avvocato scomparso due settimane prima e adesso un architetto. Una donna di trentotto anni. E anche questa volta con una condizione economica che poteva far supporre un rapimento a scopo di estorsione.
Sergio Marchi
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