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Autore: Francesca Librandi
Attraverso i suoi occhi
Romanzo
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Attraverso i suoi occhi
Non riesce ancora a crederci. Non può essere vero. Deve esserci un errore, per questo non riesce a crederci. Forse ha capito male, sicuramente ha capito male. Si siede nella sua solita posizione di riflessione, sulla tavoletta del water, il viso rivolto allo specchio del lavabo, e mentre dalla mensola della doccia la radio sintonizzata da anni su Virgin manda i Fletwood Mac con la loro Go you own way, la nostra giovane e incredula protagonista ripercorre mentalmente ciò che ricorda della paradossale conversazione avvenuta poco prima, cercandone il bug. Il problema principale però, è proprio l'assenza di bug, anzi Alessio era stato molto, troppo chiaro. Avrebbe preferito meno schiettezza. Avrebbe preferito più suspence. Vincere lo shock. Agire, ma come? Dove? Con chi?
Rintracciare un professionista del settore, ecco cosa farà.
- Zio aiuto. Codice rosso. -
- Che succede, Mercy? -
- Ho bisogno di te. Di parlare. Di uscire. Adesso o mai più. -
- Mi stai angustiando. Esponimi brevemente ciò che ti turba. -
- Ho rotto con Alessio. -
- Oh, che immane tragedia! -
- Zio per favore, non è proprio momento per il te l'avevo detto. -
- E non è neanche momento di chiamarmi in modo offensivo. -
- Ti sto chiedendo aiuto, Claudio. -
- D'accordo, d'accordo. Purtroppo per te, sorge uno scoglio invalicabile per il mare in tempesta dei tuo sentimenti: sono in attesa dell'ultimo cliente della giornata, quindi impossibilitato a lasciare lo studio attualmente. Ehi Mercy - l'avvocato fa il finto vago, allacciando gli scarpini da calcetto: ha un altro piano per la nipote in preda ai singhiozzi dall'altro capo del telefono - perché non chiami quel ragazzo, il figlio del medico. Da ciò che mi pare di ricordare, deduco che siate piuttosto in sintonia, almeno nella conversazione. -
- Ci sentiamo dopo, ZIO. - Riaggancia senza attendere repliche.
Effettivamente Claudio le aveva suggerito quella che, disperata com'era, le sembrava tutto sommato una buona idea. Cosa aveva da perdere a tentare col re dei fanatici? Nella peggiore delle ipotesi non le avrebbe risposto e buonanotte al secchio, come le replica sua madre ogni qualvolta la fa esasperare.
Indecisa se telefonare o inviare un messaggio, rischia la prima opzione, non ha la pazienza di aspettare che la doppia spunta diventi blu: - Pronto, ciao, scusa il disturbo. -
- Ciao. - Lorenzo si accorge subito della strana flessione nella voce dell'interlocutrice.
- Che stai facendo? Nel senso, sei impegnato? -
- Perché? È successo qualcosa? - Rilancia con doppia domanda, affacciato dal balcone di casa della fidanzata.
- Potresti passare? Ho bisogno di... di aiuto. - Piange, lo capirebbe anche un operatore telefonico automatico che piange.
- Arrivo. - Lei ti chiama, tu corri. E non riesci a farne a meno.
- Chi era? - Intenta ad apparecchiare per due, Ludovica ha percepito il tono drammatico della telefonata.
- Una... un collega. Ha un problema col progetto per l'esame di domani e mi ha chiesto di aiutarlo. -
- Adesso? La cena è pronta. Mangia e poi vai. -
- Ormai gli ho detto che stavo andando, scusami - le bacia la fronte - ti amo. - Pronuncia senza sentimento, come un qualsiasi saluto di commiato.
- Lory ma dove vai?!?! -
Il re dei fanatici si è già lanciato per le scale, nel tentativo di raggiungere il prima possibile l'auto. Passando dritto ad un paio di semafori rossi, in dieci minuti arriva sotto casa di Rebecca e la trova seduta sul marciapiede, ben nascosta alle finestre del palazzo, a piangere abbracciata ad una borsa in lana cotta a fiorellini.
Tira il freno a mano, lascia lo sportello aperto e le va incontro, ma appena si accorge di lui, la nostra giovane e triste protagonista si alza in piedi e corre a spalmarsi sul sedile passeggero, asciugandosi le guance bagnate con la manica del cappotto a scacchi.
- Che ti è successo? -
- Spostiamoci da qui, per favore. - Risponde lei in un sussurro strozzato.
- Va bene, dove vuoi andare? - Non riesce a smettere di fissarla. Ha la stessa espressione terribilmente triste della prima volta che l'aveva vista piangere, dall'alto dello stadio al concerto dei Dream Theater.
- Andiamo al parco dello zozzone. - Il primo posto abbastanza buio e deserto che le viene in mente.
Nel parcheggio del chioschetto, dopo un tragitto silenzioso a radio spenta e bocche serrate, scandito soltanto dai malcelati singhiozzi di lei, Lorenzo indugia nello spegnere i fari, poi scende, fa il giro dell'auto e le apre la portiera. - Adesso vuoi dirmi che ti è successo? Mi sto preoccupando. -
- Sì. Scusami. Non so nemmeno io perché mi senta così male in realtà. - Si avviano verso l'unica panchina intatta del parco, la stessa sulla quale avevano mangiato la bomba al cioccolato l'ultima volta che c'erano stati insieme. - Il mio caro fidanzato, se fidanzato si possa definire qualcuno che in un anno non abbia mai fatto un solo accenno all'argomento - il tono di Rebecca non è più triste come poco prima al telefono, ma arrabbiato - oggi pomeriggio mi ha comunicato, per puro caso, che a fine mese andrà a lavorare alla Apple, in non so quale buco dell'Irlanda. -
- Ah. Sempre il ragazzo del pullman, giusto? - Metallanano maledetto, sapevi che l'avresti fatta soffrire fin dalla sera del karaoke, maledetto. Vattene nelle tue miniere a Mordor e vedi di non tornare.
- Esatto, quello stronzo del pullman. Si era semplicemente dimenticato di dirmelo, capisci? Uno, due, tre colloqui, una proposta di lavoro, un contratto, documenti, biglietto aereo, roba di un quarto d'ora, no? E quindi si è dimenticato di avvisarmi. - Si alza dalla panchina, troppo nervosa per restare seduta.
- Mi dispiace. - Si sforza di sembrare sincero, in realtà elegge l'autogol del metallanano come migliore notizia del nuovo anno.
- Vuoi sapere la verità? A me no! Non mi dispiace affatto che se ne vada a quel paese tra gli hobbit della sua specie. -
- Scusa, ma non capisco. - Allora lo sai anche tu che è soltanto un malefico metallanano!
- Non era un rapporto sano il nostro, me ne sono accorta fin dalla prima volta che siamo stati a letto insieme. Ma all'inizio mi stava bene così, credevo mi stesse bene così. -
Quindi hanno fatto sesso. Certo che hanno fatto sesso, coglione. Che ti aspettavi? Che passassero il tempo a contarsi le ciglia o a giocare a tris? - E poi? - Il re dei fanatici pronuncia quelle sillabe d'un fiato, provando una morsa allo stomaco nell'immaginarli avvinghiati. Cerca di distogliere la mente da quel pensiero, raccogliendo le energie per concentrarsi solo su di lei, sul suo viso tanto triste, sui suoi bellissimi occhi scuri ancora pieni di lacrime.
- Per qualche autolesionistica ragione, ho cercato a tutti i costi di fare andare bene la nostra relazione. Ho cercato di impegnarmi, di passare sopra a tante cose, forse non abbastanza però. -
- Non colpevolizzarti troppo, i rapporti vanno curati da entrambe le parti. - Bravo, proprio bravo, ricorda di dirlo anche a Ludovica.
- Ho fatto di tutto, me la sono cantata e me la sono suonata da sola. E sai perché? Perché per una volta, una sola volta nella mia vita, volevo che qualcosa fosse normale, che qualcosa andasse bene - lui la osserva camminare avanti e indietro, senza capire, e lei continua - ma evidentemente mi sono impegnata con la persona sbagliata. -
Nove luglio duemilasei, Cannavaro che solleva la coppa dei mondiali di Germania: è così che si sente Lorenzo dopo le ultime parole della nostra giovane e afflitta protagonista. - Va be' dai, può capitare. - Prova a mascherare. Campioni del mondo! Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene!
- No. Non può capitare. Non doveva capitare, non a me. Mi sono lasciata infinocchiare dal fatto che non avevo mai avuto un fidanzato degno di questo nome prima di quello stronzo, dal fatto che la prima volta è importante e bla bla bla. -
- Ah. - Ventiquattro giugno duemiladieci: Italia eliminata al primo turno dai mondiali in Sudafrica. Come passano in fretta quattro anni. Il turbinio di sensazioni che invade il re dei fanatici, mentre cerca di non interrompere Rebecca, lo spacca a metà: una parte di lui vorrebbe essere in qualsiasi altro posto del pianeta, lontano dalle confessioni sessuali di lei; l'altra vorrebbe soltanto sollevarla tra le braccia e stringerla a sé per il resto della serata, dell'anno, della vita.

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