Davide Romeo e Giulietta
Avverto il bruciore e vedo la pelle del braccio aprirsi. Il sangue inizia a sgorgare giù lungo la mia mano, corre verso la punta delle dita e sgocciola sul pavimento sporco. La sua vista mi rende improvvisamente calmo, mi fa sentire molto meglio dei graffi che mi procuro da solo. Mauro Gatti invece scatta indietro e osserva incredulo il taglierino che ha appena usato su di me, neanche fosse una sciabola. Siamo nei bagni di una scuola superiore di Parma, simile a tante altre, durante un giorno di marzo uguale a qualsiasi altro, dove i miei compagni di classe hanno deciso di rom pere la monotonia con un nuovo gioco, uno dei tanti a cui mi sottopongono da un po' di tempo. Mi hanno accerchiato, mi hanno trascinato qui e mi hanno tenuto fermo mentre mi incidevano la carne. La loro intenzione era di scrivermi addosso un'intera parola, ma Gatti ha calcato la mano e la prima linea è venuta troppo lunga e profonda. - Che cosa hai fatto? - Gianluca Possenti guarda prima il mio braccio e poi Mauro, quasi lo avesse visto trasformarsi in un serial killer. Lui e gli altri mi lasciano andare. - Merda, fa senso - anche Ivan Lunardi si allontana da me. Forse crede che abbia una malattia infettiva. Io invece sto bene. Il sangue esce e mi sembra una specie di purificazione. Come se insieme a quello mi stessi liberando del marcio che ho dentro. Mi fissano tutti aspettandosi qualcosa. Una reazione, suppongo. Sulle loro facce c'è un misto di preoccupazione e shock che mi lascia indifferente. - Cosa cazzo sta succedendo?! - Cristian Montecchi irrompe nel cesso, scansa Ivan con una spallata e mi mette a fuoco. Sbianca di colpo. Montecchi, come il protagonista di Romeo e Giulietta, in versione assai poco romantica: il ragazzo più popolare dell'istituto, il più famoso per i suoi trofei di nuoto, il più corteggiato per il suo aspetto, il più ammirato per i suoi voti. Il ragazzo perfetto, che tutti vorrebbero frequentare. Il capo dei bulli, che mi odia. Si volta verso Mauro, mentre quello lascia cadere a terra il taglierino come se scottasse, poi torna a guardare me. - Ma cosa avete combinato? - - Vo... volevamo spaventarlo... - balbetta Ivan indietreggiando. Già. Invece adesso sono spaventati loro. - Sì, era uno scherzo... - dice Ivan. - Uno scherzo? Siete coglioni o cosa? Volevate squarciargli un braccio?! - Cristian è agitato. Lo sono tutti tranne me. Curioso. - Non credevo tagliasse così tanto! - fa Mauro. - Si chiama taglierino, idiota! - precisa Gianluca. Quante chiacchiere e riflessioni argute. I loro cervelli rischiano di esplodere. Sulle mattonelle ai miei piedi si sta formando una piccola pozza. Ha una forma affascinante. Tiro fuori dalla tasca posteriore dei jeans il pacchetto di sigarette, ne prendo una con la mano sporca di rosso e l'accendo, dando una lunga boccata. I ragazzi, che hanno seguito le mie mosse con gli occhi, restano a osservarmi in un silenzio attonito per un paio di secondi. - Io me ne vado! Questo è pazzo! - Gianluca raggiunge la porta e scappa fuori. Mauro, dopo un attimo di indecisione, lo segue a ruota. - Vado a chiamare l'infermiera! - anche Ivan si dilegua. Do un altro tiro alla sigaretta. Il sangue scivola fuori verso il gomito, delicato, vivo, simile a una carezza. Cristian mi lancia un'occhiata allucinata: - Vuoi morire dissanguato? - - Sei troppo ottimista. - - Okay, spero davvero che tu ti stia comportando così per colpa del trauma - mi strappa la sigaretta di mano e la getta nel lavandino. - Anche i tuoi amici devono aver subito un bel trauma, da piccoli - commento, con lo sguardo puntato verso i raggi di sole che entrano dalle finestre alte. - Devi andare in infermeria prima di svenire - continua Cristian ignorando le mie parole. In quel momento entra Mattia Mazzari, il miglior amico di Montecchi: - Oh, mio Dio - esclama, nella mia direzione. Dietro di lui arrivano la professoressa Ferretti, il professor Carli e metà della nostra classe. I gossip circolano in fretta. Cercano di infilarsi in massa in bagno ma Carli contiene la folla. Qualche ragazza mi vede e si mette a strillare. Cominciano a parlare tutti insieme e la prima che mi si avvicina è la Ferretti. Mi scruta, poi inquadra la scena, che comprende il taglierino per terra e Cristian a pochi passi da me. - Montecchi sei stato tu? - domanda. Non c'è rabbia nella sua voce, credo stia solo cercando di capire la situazione. - No! L'ho trovato così. - Quello che vorrei è recuperare la mia sigaretta e finirla in santa pace, invece intorno si fa un gran baccano e alla fine vengo scortato al piano di sotto, nell'ambulatorio della scuola. L'infermiera mi medica e mi mette qualche punto. Mentre mi fascia il braccio il preside fa capolino: - È arrivata tua madre - annuncia, con aria ansiosa. - Parleremo più tardi, se te la sentirai. - - Ha chiamato mia mamma? - faccio, allibito. Ora desidero che Mauro ci riprovi e stavolta punti alla giugulare. - Sì, è venuta a prenderti. - Perfetto. - Così puoi passare all'ospedale per un controllo - aggiunge Linda, l'infermiera, sminuendo il suo lavoro. Evito di rivelarle che mia madre deve essere appena uscita da lì, perché sto pensando a qualcosa di peggio. Sto pensando al casino che farà mio padre non appena lo saprà.
Chiara Zaccardi
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