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Autore: Daniele Missiroli
Cavie
Fantascienza
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Cavie
Prologo.

- Samira... - Flora sibila il mio nome. - Non farlo! - I suoi occhi mi inceneriscono.
Ho già un piano, ma ha ragione. Respiro e rilascio la muscolatura. Ancora cinquanta minuti, c'è tempo.
Mi indica Hope con un cenno del capo. Annuisco per farle capire che non intendo rischiare in presenza di sua figlia.
Sorrido alla ragazzina; lei ricambia.
Il bastardo si avvicina, ha l'arma in pugno.
Quel deficiente ha tolto la sicura e non si rende conto che potrebbe partire un colpo.
Mi trema l'occhio destro, i muscoli tornano a irrigidirsi.
Quando lo colpirò, spero solo di non ucciderlo.

Non rinuncerò mai a questo. La sinfonia del motore, il rombo dello scappamento, il vento sul viso. Tutto contribuisce a farmi iniziare bene la giornata. Potrei raggiungere il laboratorio con i mezzi pubblici, ma vuoi mettere la scarica di adrenalina che ti procura una corsa come questa?
Quando sfreccio con la mia amica a due ruote i pensieri vola-no via alla stessa velocità. Non saprei nemmeno dire che strada ho fatto, chi ho incontrato, che paesaggi ho visto. Non vedo niente, non esiste niente: siamo solo io, lei e i miei pensieri. La guida è automatica, potrei fare questo percorso anche bendata.
Un mese fa, quando l'ho scelta, non credevo che mi sarebbe piaciuta così tanto. Daniel era un po' preoccupato, ma io ho preso questo modello, che non supera i 180, e lui si è convinto.
Be', non li superava prima della mia modifica, ma questo è un dettaglio, non è necessario che lui lo sappia. A quest'ora in tangenziale c'è poco traffico, l'asfalto è regolare e posso raggiungere i 250 in tutta sicurezza.
Ecco due idioti in sorpasso che bloccano entrambe le corsie. Credono che rallenterò, ma io passo su quella di emergenza e li mando al diavolo col pensiero. Nessuno mi può fermare quando sono su questa bestia nera a quattro cilindri. Non capisco perché Flora non se ne voglia comprare una.
Sono contenta perché oggi rivedrò Hope. Ho fatto bene a proporre a Flora di portarla a studiare da noi, ogni tanto. Fra po-chi giorni inizia la scuola e mi piace aiutarla. Quella ragazzina è in gamba ed è tutta sua madre. Be', per ora è tutta sua madre, ma non rinuncio a fare di lei una combattente. Le ho già insegnato qualche mossa, peccato che a sua sorella interessi solo ascoltare musica.
Entro nel parcheggio dell'università e raggiungo il mio posto riservato. Copro la moto con il suo telo impermeabile e mi dirigo verso l'ingresso. Per terra e sui muri ci sono le solite tracce dei deficienti che vogliono impedirci di fare i nostri esperimenti. Cartelli, che poi vengono abbandonati e insudiciano la strada, e scritte sui muri con vernice spray. È un peccato imbrattare in questo modo un edificio così bello. Due piani, una facciata di mattoni rossi e grandi finestre in stile antico.
Edgard sta spazzando il cortile, poveretto, nonostante abbia più di settant'anni. Non vuole andare in pensione e nessuno avrà mai il coraggio di proporglielo: ormai è un'istituzione. Mi ricorda papà, con quei radi capelli bianchi e i baffoni dello stesso colore. Devo portargli una torta, uno di questi giorni. Lo saluto con un cenno della mano ed entro.
Mi dirigo verso le scale; il mio laboratorio è al primo piano. Arrivo in cima alla scalinata, percorro tutto il corridoio ed entro nell'anticamera che a sinistra immette nello spogliatoio e a destra nel laboratorio. I miei colleghi saranno già arrivati; mi metto il camice e li raggiungo.
Entro di corsa nello stanzone: sulla sinistra c'è una parete at-trezzata con cinque postazioni di lavoro e al centro altrettante scrivanie. Su tutti i tavoli c'è un computer ultimo modello. Le finestre sono ampie e corrono per tutta la parete di fronte. Oggi c'è silenzio; da quando facciamo i turni metà delle scrivanie sono sempre libere, ma un po' di chiacchiericcio di sottofondo si sente sempre.
Arthur è immerso nelle sue puntigliose relazioni e non si è accorto di me. Samuel invece mi ha salutato alzando una mano e Byron sta usando il microscopio. Meglio non disturbarlo. Alzo una mano anch'io in segno di saluto generale. Hope sta leggendo un libro seduta a una scrivania libera, ma non vedo Flora. Butto un occhio sulla destra, verso i vetri della stanza che ospita le nostre cavie. Sono tranquille. Poco più avanti ci sono i servizi. La porta si apre e Flora esce asciugandosi le mani con un fazzoletto di carta. Saluto anche lei con un gesto.
Hope mi ha visto, si alza e mi corre incontro. - Ciao, zia - mi abbraccia.
- Non è tua zia - la rimprovera la madre - smetti di chiamarla così. Ciao, Samira, scusala. -
- Non mi dà fastidio, lascia che mi chiami come preferisce. - Mi rivolgo a Hope: - Ciao, piccola - le faccio l'occhiolino - che cosa devi fare oggi? -
- Devo leggere questo libriccino - mi mostra la copertina - e poi farne il riassunto. -
- L'ho letto anch'io, chiamami quando hai finito, così ti do qualche idea. -
Annuisce e torna al suo posto. La guardo e sospiro. Che bella che è: vorrei avere i suoi dodici anni.
Mi dirigo alla mia scrivania, apro un cassetto e prendo un fa-scicolo. - Vediamo un po'... -
- Sono guarite altre cinque cavie dell'esperimento 57 - Flora anticipa quello che stavo per leggere. - Le togli tu dalle gabbiette? -
Annuisco e mi dirigo verso la stanza che chiamiamo lo zoo. Compongo la combinazione sulla tastiera della porta a vetri blindata e la apro. Lo zoo è una stanza integrata nel laboratorio, dalle pareti verde pastello. Vogliamo tranquillizzare gli animali che la occupano con un colore rilassante. Le pareti che danno verso il laboratorio hanno delle vetrate che corrono per tutta la lunghezza dell'ambiente, così possiamo tenere sempre gli animali sotto controllo.
Mi metto una mascherina e infilo dei guanti protettivi. Siamo tutti vaccinati riguardo alle sostanze che manipoliamo, ma la prudenza non è mai troppa. E poi sono le disposizioni che ha stabilito Oliver, il nostro puntiglioso direttore. Questa è l'unico argomento su cui gli do ragione, per il resto è un cretino.
- Con queste sono diciotto - sposto con delicatezza ogni topo-lino - possiamo già comunicare che il preparato 57 funziona. -
Flora scuote la testa. - Ne restano ancora due - la sua voce au-stera mi raggiunge attraverso la porta aperta.
- Il 90% è sufficiente. Passiamo al prossimo, no? -
Flora insiste. - Due sono due. Due non è zero. -
Guariranno anche loro, penso. - Io inizio l'esperimento 58 - di-chiaro a voce alta.
Ho ignorato apposta le sue parole e resto in ascolto della sua replica. La mia vecchia amica non dice nulla. Ci conosciamo fin dal liceo e so che cosa significa il suo silenzio. Quando non ribatte, vuol dire che approva, malgrado tutto.
Nello zoo ogni settore è separato dagli altri tramite schermi trasparenti senza coperchio, così facciamo prima a gestire gli a-nimali. Finisco di togliere le cavie guarite dalle gabbiette in basso e le sposto in quelle in alto. Per collaudare i preparati che ci vengono assegnati, prima dobbiamo contagiare gli animali con qualche virus, purtroppo, ma i decessi sono rari. Negli ultimi tempi abbiamo utilizzato solo degli adorabili topini bianchi: niente cani, gatti o scimmiette. Esco e mi tolgo le protezioni, ma lascio la porta aperta, perché devo preparare il test successivo.
Il volto di un ragazzo compare attraverso lo spioncino che dà sul corridoio. Batte sul vetro e ci mostra un cagnolino.
Arthur è il più vicino e lo guarda sbuffando. - Byron, va a ve-dere cosa vuole quello. -
- Ora non posso, vacci tu. -
- Samuel, sei occupato anche tu? -
- Va bene, Arthur, vado io. -
Samuel è il più giovane del nostro gruppo e anche il più timi-do. Tutti se ne approfittano, un giorno dovrò far capire ai miei colleghi che devono rispettarlo. Si dirige verso la porta e apre lo spioncino di vetro per sentire che cosa vuole quel ragazzo.
- Mi scusi, signore, il mio cane sta male - gli mostra una zampa sporca di sangue.
- Lo porti da un veterinario, questo è il Centro Ricerche Malattie Infettive dell'università. -
- Lo so, ma il veterinario più vicino dista sei chilometri e io sono senza macchina. Può darci un'occhiata? -
Samuel si volta verso di noi. Io scuoto la testa, gli altri lo ignorano.
- La prego, qui voi amate agli animali, cosa le costa guardarlo un attimo? La supplico... -
È proibito far entrare sconosciuti nel laboratorio, per cui non mi preoccupo. Samuel non lo farà mai entrare e il ragazzo si to-glierà dai piedi. Continuo a preparare il farmaco che devo inocu-lare nei nostri topini per l'esperimento 58.
Sulla scheda non leggo bene una quantità e mi rivolgo a Flora. - Senti, quanto ne devo mettere di– - non finisco la frase perché la sua scrivania è vuota. Guardo nello zoo attraverso le vetrate, ma non la vedo. Mi giro verso la porta e finalmente la trovo.
Si è avvicinata a Samuel. - Flora, che stai facendo? -
Quella scema mi ignora e apre la porta. Il ragazzo entra con il suo cane e lo appoggia a terra. Subito l'animale comincia a circolare libero per la stanza. La porta dello zoo è aperta, porca miseria. Se si intrufola dentro quella stanza, potrebbe fare un macello.
Mollo tutto e mi precipito verso lo zoo. Chiudo la porta e poi la guardo richiamare il cagnolino, abbassarsi e accarezzarlo. È una taglia piccola a pois neri e lecca la sua mano. Mi sembra stia benissimo. Adesso la raggiungo e mi incazzo.
Prima di potermi muovere entra anche un'altra persona. Per-ché Samuel ha alzato le mani? Flora lascia andare il cane e si alza in piedi. Porco diavolo, quell'uomo ha una pistola e la sta puntando contro di loro.
- State fermi e non vi succederà niente - ringhia il nuovo arrivato.
- Che cosa vuoi? - chiede Flora.
- Salvare gli animali che tenete prigionieri qui dentro. -
Meno male che non mi sono allontanata dallo zoo. Arretro fi-no ad appoggiare il sedere contro la porta. Metto le mani dietro la schiena e senza farmi scorgere premo dei numeri a caso sulla tastiera. Se sbagli codice tre volte, la porta si blocca per un'ora. Bene, non se ne sono accorti. Ora non potranno portare a termine il loro piano e se ne andranno. Questa è la prima volta che questi fanatici arrivano fin qui impugnando un'arma. Strano che Edgard non li abbia fermati. Che ci sia un terzo uomo che lo sta minacciando? Può essere. Il ragazzo con la pistola ha gli occhi fuori dalle orbite, deve aver assunto qualche droga.
Sposto lo sguardo verso gli altri due colleghi e vedo che si so-no alzati dalle loro scrivanie. Tengono le mani sopra la testa e si sono appoggiati al muro. Sono seccati, non si rendono conto che il pericolo è reale.
Il ragazzo del cane avrà poco più di vent'anni e il suo amico non arriva a trenta. Sono sicura che non sa maneggiare quella pistola. Con un cenno dell'arma fa segno a Samuel e a Flora di raggiungere gli altri due. Ora sono raggruppati contro una parete con le mani sopra la testa.
Ci sono solo io fra i due idioti e le nostre cavie.
Io e una porta blindata chiusa.

I due uomini si avvicinano a me. - Raggiungi gli altri - l'uomo armato mi minaccia con il fulminatore.
- Ciao, io mi chiamo Samira. Potete dirmi il vostro nome? - I due si guardano in faccia, titubanti. - Così domani sarete sui giornali - sorrido. L'uomo armato aggrotta la fronte. - Se avete paura, non fa niente - continuo - lo dicevo per voi. -
- Io non ho paura - l'uomo allunga il braccio e mi punta la pi-stola in faccia. Mi accorgo che non c'è la sicura. - Mi chiamo Copper e il mio amico si chiama Butler. Ora levati da lì, assassina di animali innocenti. -
Mi allontano.
Butler tenta di aprire la porta dello zoo. - Non si apre. -
- Fa vedere - Copper si mette l'arma in tasca.
Entrambi fanno forza sulla maniglia, ma si rendono conto che non ce la possono fare.
- Samira, vieni qui e apri questa porta - riprende l'arma in ma-no. - Sbrigati! -
Si è ricordato il mio nome. Per un ritardato mentale è un'impresa notevole!
Torno sui miei passi. - Vedete quella luce rossa accanto alla tastiera? La porta è bloccata perché all'interno ci sono degli animali infetti. Se li lascerete andare, diffonderanno delle malattie. -
- Stai mentendo - ringhia Copper. - Adesso sparo contro la ta-stiera. -
- Bravo, così la rovinerai e non si aprirà mai più. -
- Allora sparo contro i vetri. -
- Sono blindati - sospiro. - Sentite, perché non lasciate perdere? Ci avete provato, non è successo niente e noi non sporgeremo denuncia, nonostante siate venuti qui armati. Ci sono tre anni di prigione per chi gira armato senza avere il permesso. -
I due si guardano negli occhi. Forse li ho convinti. I secondi passano lenti. Guardo Hope e le sorrido. È tranquilla, brava ra-gazza. Torno insieme ai miei colleghi.
- Tuo padre non vende elettronica? - Copper si rivolge al suo socio. - Datti da fare, allora. Apri questa stupida porta. -
Butler annuisce e si mette in ginocchio. Osserva la tastiera da vicino. - Ci sono delle icone stilizzate nero su nero che è difficile distinguere bene. -
- Quindi? - anche Copper si abbassa.
- Vicino alla luce rossa c'è un +60. Credo che fra un'ora la porta si potrà aprire. Mettono dei meccanismi a tempo in congegni del genere. -
Copper sorride, maledizione. Devo ricordarmi di limare via quella scritta del cavolo. Ora si avvicina a noi e ha sempre l'arma in pugno. Mi sposto davanti a Hope. Copper sussurra qualcosa a Butler e indica con la pistola i miei colleghi maschi.
- Voi, venite con me - il giovane indica i tre uomini.
Li accompagna nell'anticamera e immagino li chiuderà nello spogliatoio. La porta è robusta e quella stanza è isolata: i miei colleghi non potranno fare nulla da là.
- Non voglio uomini in circolazione, mentre aspettiamo - Cop-per si rivolge a noi.
- Di loro che ne facciamo? - chiede Butler.
- Sedetevi per terra - ringhia Copper - e non fate scherzi. - Ci mostra la pistola.
Flora e Hope si siedono sotto alle finestre in silenzio.
- Chi conosce la combinazione? - continua. Alzo una mano. - Quando sarà il momento, tu ci aprirai la porta. -
Sottolinea quella richiesta minacciandomi con l'arma. Annui-sco e mi siedo anch'io, sistemandomi tra Flora e Hope.
- Togli di mezzo il tuo cane e vai a tener compagnia al vec-chio - Copper si rivolge al socio - qui basto io. -
- È legato, perché devo andare di sotto? -
- Perché te l'ordino io, è facile da capire. Io ordino, tu esegui. E anche perché non voglio che qualcuno salga. Se viene un rompiscatole, digli che questa mattina siamo chiusi e mandalo via. -
- Va bene, capo - Butler alza il pollice con ironia e si dirige verso la porta. Con un fischio richiama il cucciolo, che lo segue scodinzolando.
Dopo che è uscito, Copper prende una sedia, la sposta vicino all'ingresso dello zoo e si siede. Ormai ha capito che quando la luce diventerà verde, la porta si potrà aprire di nuovo.
E toccherà a me farlo.

- Flora - sussurro - quando mi avvicinerò per aprire– -
- State zitte - Copper si avvicina e ci minaccia con la pistola.
Alzo le mani e abbasso la testa. Non posso far nulla in pre-senza di Hope, devo tenere un profilo basso fino all'ultimo minuto. Sento i suoi passi. Si allontana e torna a sedersi. Sollevo la testa e guardo Flora. Lei mi fulmina con gli occhi.
Con la scusa di sistemarmi meglio mi avvicino di più. - Non farò nulla in presenza di Hope - le sussurro in un orecchio - stai tranquilla. -
- Perché hai chiuso la porta? Se ne sarebbero già andati a quest'ora. -
- Liberando tutte le cavie, però. A te stava bene? -
Flora sospira, sa che ho ragione. Non possiamo lasciare che liberino i nostri topolini, ne siamo responsabili.
- Non sono così infette da creare veri pericoli per l'uomo. -
Scuoto la testa e aggrotto la fronte. - Non sopporto che qual-cuno venga qui e si comporti da padrone in casa nostra. -
- Già, a te non piacciono i padroni. Non so come ha fatto Da-niel a sposarti. -
- Che c'entra, questo? Noi comunichiamo su un piano paritetico, per questo andiamo d'accordo. Non sei certo tu quella da prendere come esempio - sorrido a denti stretti.
- Io mi sono separata per altri motivi, che ti ho spiegato mille volte. Quando un uomo va a letto con chiunque indossi una gonna... -
Abbasso la testa. Mi sono infilata in un terreno scivoloso con Flora e non voglio farlo. - Scusa, non avevo il diritto di– -
- Lascia stare - mi interrompe - pensiamo invece a come uscire da questa situazione. -
- Ho un piano, ma dobbiamo aspettare che arrivi l'ora di aper-tura. -
- Immagino quale sia - continua - ma non voglio far correre dei rischi a Hope. Forse lo posso far ragionare. -
- Quello ragiona solo con la pistola, come hai visto. -
- Ce l'ha solo con te, io non gli ho fatto niente. Anch'io sono una bella ragazza, lasciami fare. -
Flora ha lunghi capelli biondi, un viso minuto e un corpo sot-tile. Di solito fa colpo sul genere maschile, però non credo che riuscirà a convincere quell'imbecille a rinunciare al suo progetto.
Si sporge sopra al ripiano di una scrivania e lo osserva. È stravaccato sulla sedia e ha appoggiato i piedi su una cassettiera.
- Scusa Copper, puoi venire un momento qui? - Flora ha parla-to con voce melliflua e suadente.
Scuoto la testa, tenendo gli occhi bassi. Non si rende conto di quello che rischia cercando di far ragionare quell'animale. Copper si alza, si avvicina a Flora e si siede anche lui per terra. Ha sempre l'arma in mano.
- Tu prima ci hai chiamati assassini, posso sapere perché? -
- Voi uccidete animali innocenti con la scusa che volete trovare creme di bellezza e altre stupidaggini. -
- In alcuni laboratori privati può darsi che succeda, ma questo è un laboratorio universitario. Le nostre ricerche servono per la cura delle malattie infettive, non uccidiamo nessuno. Anzi, ab-biamo scoperto spesso farmaci che in seguito sono stati usati per curare le persone. Potremmo aver salvato la vita a tuo nonno e magari tu non lo sai. -
Copper scuote la testa. - Dite tutti così, ma prima di scoprire il farmaco giusto, quante cavie vengono uccise? Quanti gatti e quanti cani? Per non parlare delle scimmie. -
Flora si rabbuia. - Non è come dici. I nostri esperimenti sono fatti con umanità, nessuno soffre. Se il farmaco non dà la risposta che ci aspettiamo, facciamo guarire il soggetto in altro modo. Non facciamo test sui veleni, e utilizziamo solo topolini bianchi, non ci sono altri animali qui. Se non mi credi, vai a controllare attraverso le vetrate. Chi ti ha messo in testa queste idee assurde? -
- Non mi incanti, bella. Quando la porta si aprirà, io libererò tutte quelle povere bestie. -
- Ce ne sono alcune infette - intervengo - se le liberi contamineranno altri animali e ci sarà una pandemia. -
L'uomo mi guarda storto. - Bugiarda! -
- La mia amica dice la verità. Forse ci hai confusi con i laboratori privati. Ce ne sono tre in città, ma non so che esperimenti facciano. Non li voglio accusare, però– -
- Faremo visita anche a loro, stai tranquilla. Dovete smettere tutti di fare esperimenti con chi non si può difendere. -
- Va bene, appena ci sarà una legge che lo proibisce - continua Flora - smetteremo di farlo, Ma fino ad allora– -
- Fino ad allora ci penseremo noi - agita le mani, una delle quali ha il fulminatore. Mi sposto dalla linea di tiro.
Si sta innervosendo troppo. Se un'arma senza sicura cade per terra, potrebbe partire un colpo. Non ne sono certa, ma è troppo pericoloso averlo qui intorno. Devo far cessare la conversazione.
- Il nostro direttore viene a farci visita tutti i giorni - lo informo - è meglio che ve ne andiate, prima che si accorga di voi due e chiami la polizia. -
- Continui a mentire, non mi piaci per niente, Samira. Credi che sia tutto un gioco? Che abbia paura di finire in prigione? -
Copper si è incazzato. Si alza e si guarda intorno. Quando vede il nostro orologio rotondo appeso al muro mi guarda con un'espressione diabolica. Allarga le gambe, punta la sua arma e fa fuoco. L'orologio cade sul pavimento e va in mille pezzi. Hope ha un fremito e si copre le orecchie. Flora spalanca la bocca.
- Hai visto di cosa sono capace? Dimmi un'altra stronzata e il prossimo bersaglio sarà la ragazzina. -
Copper torna a sedersi e Flora mi guarda spaventata. Io incrocio le braccia e le mostro il mio sorriso sarcastico che significa: “Te l'avevo detto.”
- Vuole liberare gli animali - sussurro - e ha minacciato di sparare a Hope. -
- Va bene, è pazzo - ammette Flora. - Si sarà fatto di qualcosa per farsi coraggio e adesso è incontrollabile. -
Se ho fatto bene i calcoli, fra cinque minuti la porta si sbloc-cherà. Quando accadrà, Copper sentirà un suono, guarderà la serratura, vedrà la luce verde e si rilasserà.
- Hope - sussurro - vorrei che tu andassi in bagno. -
- Ma in questo momento non ne ho bisogno. -
- Fra poco la porta si aprirà - mi rivolgo a Flora - preferisco che lei sia fuori dalla stanza, sei d'accordo? -
Annuisce. Hope alza una mano. Copper scuote la testa come per dire: “Che cavolo vuoi?”
- Posso andare in bagno, signore? -
Hope è bravissima, stringe le gambe come se le scappasse davvero.
Copper guarda la serratura, la luce è sempre rossa. - Vai, e ri-mani fuori dai piedi finché non ce ne saremo andati. -
Hope si dirige verso il bagno, passandogli accanto. Lascia la porta dell'antibagno aperta, entra nel settore riservato alle donne e si chiude dentro. Faccio l'occhiolino a Flora.
- Lo sapevo - sospira. - Hai già deciso, vero? -
- Sì! -

Daniele Missiroli

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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