Tutta colpa del turno di notte.
Sono stanca di questi turni. Comincio ad avere un'età e trascorrere le notti senza dormire è dura. Lo specchio del bagno davanti al quale mi sto truccando è crudele nel rimandarmi l'immagine di me stessa. “Tiè, guarda qua: un'altra ruga si è formata all'angolo della bocca” dico a voce alta mentre col fondotinta cerco di riempirla per farla scomparire. Che bastarde, manco ti avvisano. Arrivano così, dalla sera alla mattina e iniziano in maniera subdola a devastarti il viso. Avoglia a mettere creme effetto lifting, anti-age, multivitaminiche e altre diavolerie del genere. Da come le reclamizzano ti fanno credere che ti faranno tornare una pelle elastica e tonica come quella di una trentenne e invece è solo un'illusione a cui noi però continuiamo a credere perché non ci resta altro da fare. “Uffa, mi devo pure ricordare di prendere l'appuntamento dal parrucchiere ché già inizia a vedersi la ricrescita.” Prima o poi dovrò decidermi a cambiare colore perché la differenza tra nero e bianco si nota troppo e quindi anche un millimetro non passa inosservato. Forse sarà meglio che inizi a pensare a farmi bionda, una bella tinta biondo platino, oppure dei colpi di sole. Certo che per noi donne l'età che avanza è proprio una tragedia. Che rabbia! Certi uomini invece sono come il vino, più invecchiano e più diventano affascinanti. Per esempio, il marito della mia amica Nicoletta va per i sessant'anni e quando passa per strada ti giri a guardarlo non una, ma pure due o tre volte. Alto, con un fisico asciutto che cura con l'attività fisica e un'alimentazione rigorosa, sapendo di piacere si mostra sfacciatamente in tutto il suo splendore suscitando spesso gli attacchi di gelosia della moglie. Certi altri invece non tramonteranno mai, come il dottor Sinibaldi che ha quarant'anni ma sembra senza età, un mix tra David Beckham e Gerard Butler. Smetto per qualche secondo di passarmi l'ombretto, e con aria trasognata penso al dottore quando cammina per i corridoi dell'ospedale col camice aperto svolazzante e quello sguardo da figlio di una ballerina senza mutande. Tutte noi infermiere abbassiamo la voce e smettiamo di parlare, voltandoci a guardare quel gran pezzo di Marcantonio ma inevitabilmente tutte scuotiamo la testa. Perché è irraggiungibile, vi chiederete? No, perché è irrimediabilmente gay. Ma si può, dico io, sprecare tutto quel ben di dio? Torno in camera a vestirmi. Tiro fuori i pantaloni che ho acquistato prima di Natale, li infilo, li tiro su. È tutto ok, sulle cosce salgono ma quando arrivo al test del bottone della cintura li tolgo di nuovo. Maledetti panettoni, pranzi, cene e riunioni familiari. Che nervoso! “Oh, Marì, che ne dici se stasera ordiniamo la pizza e poi ci guardiamo un bel film in tv? Di quelli che piacciono a te?” Uff... che palle! Ci mancava giusto mio marito con le sue proposte. Nominarmi la pizza proprio in questo momento che devo rinunciare a indossare questi bei pantaloni a causa dei chili in eccesso, vuol dire fa partire un bel vaffanculo. E poi da un po' di anni a questa parte è sempre lo stesso copione che si ripete. Ormai lo conosco a memoria. Un po' di originalità, mai. Quando Giancarlo mi suggerisce di ordinare la pizza per cena e poi acconsente a vedersi con me una di quelle commedie americane che odia, è perché dopo vuole scopare. A lui il testosterone gli annacqua il cervello man mano che scende il buio, si vede che viaggia a braccetto con la melatonina. Io invece sono più una da appetiti mattutini, o meglio, ero una che si svegliava con la hola degli ormoni alle sei e trenta del mattino e andavo subito con la mano a stuzzicare il suo salsicciotto moscio. Se vedevo che la mano non sortiva successo, allora alzavo le coperte e con la testa mi infilavo sotto sotto, come un cane da tartufi e andavo alla ricerca del mio trofeo. E con la bocca il successo era assicurato, in poco tempo la salsiccia scattava sull'attenti, più eretto dell'obelisco di Luxor a Parigi, ed era pronta a soddisfare il mio appetito. Comunque, alla fine, anche fare l'amore di sera mi è sempre andato bene lo stesso. A me piace il sesso, mi è sempre piaciuto e con Giancarlo ho sempre avuto l'orgasmo assicurato. Non sono più un segreto per lui, conosce tutti i miei punti sensibili e sa come stimolarli per portarmi al godimento. Ultimamente però non mi va di forzarmi ad assecondarlo, è come se avessi perso la voglia di fare sesso. Non mi eccito più come una volta e non mi va di rianimargli l'uccello quando è moribondo, per cui se sento, “Ordiniamo la pizza”, non mi bagno più all'istante come è sempre accaduto. Che ne so, sarà colpa della menopausa. Dicono che con la scomparsa del ciclo mestruale sparisca pure la voglia di fare l'amore, e allo stato dei fatti non mi resta che confermare questa teoria. Stasera comunque non devo ricorrere neppure a una delle tre cazzate che dico sempre per defilarmi dall'incontro di fuoco tra le lenzuola. Sì, perché sono sempre tre le scuse che uso: 1- “Stasera no tesoro - il tesoro ci vuole per far digerire il rifiuto - ho mal di testa.” (La scusa più diffusa del pianeta). 2- “Mi piacerebbe da morire, tesoro, ma domattina mi devo alzare prestissimo.” (Che tradotta in altri termini significa “stammi alla larga e metti il mastino a cuccia”). 3- “Tesoro - tono della voce drammatico teatrale - ho avuto una giornata veramente pesante, ti dispiace se rimandiamo?” (Al giorno del domani l'anno del mai?). Tre motivazioni che pure un cretino non farebbe fatica a capire che sono delle scuse smosciacazzi, e chiaramente anche Giancarlo lo sa, ma non dice mai nulla. Mi scappa un ghigno diabolico di soddisfazione mentre gli rispondo: “Tesoro, ti sei dimenticato che stasera sono di turno in ospedale?” Nemmeno replica il poverino, è rassegnato. Io intanto mi sono vestita con i soliti leggings neri e la casacca a fantasia sulla tonalità dell'azzurro, e raggiungo la stanza di nostra figlia Giada. Faccio scorrere lo sguardo sul terzo ripiano della libreria. È quello dove tiene ancora i suoi testi scolastici del liceo insieme agli Harmony e a qualche libro di narrativa. Eh sì, gliel'ho trasmessa io la passione per i romanzi rosa. Noi due ci somigliamo in tante cose, ci piace sognare a tutte e due ed entrambe siamo cresciute col mito del Principe Azzurro. Ecco perché lei, nel frattempo che non incontra il rospo giusto da baciare, vive ancora con mamma e papà passando da uno stronzo all'altro. Io invece sono rassegnata al fatto che il mio principe stia tornando ranocchio. Non ditemi che sono stronza ma Giancarlo col passar degli anni è andato via via trascurandosi sempre più. In gioventù era un gran bel ragazzo, ci teneva a vestirsi bene, ad andare in giro sempre agghindato, ora invece ha messo su alcuni chili, tutti depositati su pancia e stomaco. Sembra anche più vecchio dei suoi cinquantacinque anni e poi si è stempiato parecchio. Da quando fa l'autista di autobus, poi, il più delle volte indossa la divisa. Sembra Paperino sempre con lo stesso abbigliamento come se ce l'avesse incollato sulla pelle. Metto a fuoco i titoli, voglio scegliere un romanzetto da portarmi al lavoro. Tra qualche ora inizierò il turno di notte. A volte in reparto non accade nulla, per fortuna, e il tempo non passa mai, così preferisco leggere piuttosto che mettermi a chiacchierare con le mie colleghe. Poi stasera sarò insieme a Ramona e Noemi che parlano in continuazione di uomini, di amanti, di scopate elettrizzanti... e a me vengono i nervi. Per me le scopate elettrizzanti sono un lontano ricordo. Io ormai scopo più con Pippo, che con Giancarlo. Non è che mi piaccia poi tanto, ma le scuse con lui non reggono come con mio marito. Lui è sempre lì che mi aspetta. E comunque con Pippo mi faccio certe scopate! Altro che elettrizzanti. Nel garage di casa, sul terrazzo e in giardino, è un tripudio di eccitazione. Almeno una volta al mese, pure in tutti e tre i posti nel giro di una mattinata. Ma alla fine sono stremata. Che poi, dico io, qualche volta potrebbe farsela anche Giancarlo una bella scopata con Pippo, ma quando mai! Lui è maschio, gli si sciupano le manine a darci giù di ramazza. Ops! Avevate pensato che Pippo fosse un uomo? Nooo, Pippo è la marca della scopa che ho sempre usato da quando ero ragazzina, in casa di mia madre, e ho continuato a comprarla nel corso degli anni. Come diceva la pubblicità: “Pippo tutta un'altra scopa!” Pippo non è il mio amante. Non ho mai tradito Giancarlo. Eravamo innamorati davvero tanto quando ci sposammo: ventitré anni io, ventisei lui. Una vita tutto sommato tranquilla senza troppi problemi e due figlie fantastiche, buone, brave e belle... quando dormivano. In realtà delle pesti, sempre a bisticciare a causa della gelosia che nutrivano l'una per l'altra, sempre in competizione. Ancora oggi mi si drizzano tutti i peli, pure quelli del pube, se ripenso ai dispetti che si facevano. C'hanno fatto vedere i sorci verdi a me e a Giancarlo. Negli anni si sono calmate. Ora si vogliono bene, ma solo perché una si è sposata e quindi non vive più con noi. Eh sì, io e Giancarlo siamo pure nonni. Abbiamo un nipotino di cinque anni degno figlio di sua madre. Sembra sia passato un tornado a casa nostra, quando viene a trovarci. E questo accade spesso, direi, visto che Valentina, mia figlia più grande, approfitta sempre di noi per risparmiarsi i soldi della babysitter. In verità se la potrebbe pure permettere: lei e il marito hanno uno studio commercialistico molto ben avviato ma lei è una taccagna della malora. Ha ripreso dal padre, non certo da me che invece ho le tasche scucite e le mani bucate, proprio come Giada. “Mmmm... non c'è nessun titolo che mi faccia impazzire. La maggior parte poi li ho pure letti” mormoro sottovoce. Passo al ripiano superiore, caso mai ci fosse qualche nuovo acquisto. Niente, non c'è nulla che mi attragga. Mi giro di scatto e lo sguardo va a finire sul comodino vicino al letto. Accanto alla abatjour sono poggiati due libri che attirano la mia attenzione. Mi avvicino, prendo quello di sopra, ‘Il miracolo della presenza mentale'. Il titolo mi colpisce, sembra interessante, però un manuale... sarà palloso. Oddio, magari per una volta potrei provare a leggere qualcosa di più impegnativo, piuttosto che i soliti Harmony. Potrei pure ampliare le mie conoscenze e poi, volete mettere quando davanti a quelle sciacquette, che parlano di scopate, io tiro fuori un manuale di filosofia orientale? Le farei azzittire subito. Ho deciso, mi porto questo e pazienza se mi dovesse far calare il latte alle ginocchia. Sto per girarmi e uscire dalla stanza e l'occhio mi cade invece sull'altro libro che era sotto al manuale di meditazione. Il retro della copertina mi colpisce. Mi avvicino e cerco di mettere a fuoco le frasi scritte. ‘Romantica, erotica, appassionante, questa storia ti ossessionerà e ti travolgerà come i suoi due protagonisti'. Continuo a leggere di seguito. ‘Cinquanta sfumature alla conquista del mondo'. ‘Tre milioni di copie vendute nella prima settimana'. ‘Cinquanta sfumature è il romanzo che ha elettrizzato tutte le donne d'America: hanno diffuso il verbo su Facebook, in palestra, a casa, con le amiche, con i mariti... (The New York Times). ‘Scandaloso, bollente, il Best-seller di cui non si potrà smettere di parlare' (Entertainment). ‘Quello che ogni donna vuole. Ovviamente' (The Guardian). (1*)
Mi intriga ciò che ho appena letto. Ci penso qualche secondo, il desiderio di apparire una tipa profonda e la voglia, invece, di conoscere ‘quello che ogni donna vuole', fanno a pugni, ma la seconda va in vantaggio mettendo k.o. la parte filosofico - intellettuale che era appena nata in me e che ora giace a terra stramazzata, inerme e senza vita. La parte superficiale e perversa invece esulta sul ring, strappandosi le mutande. Senza pensarci ancora, mollo il manuale e prendo le Cinquanta sfumature. “Ma che me frega della presenza mentale” mi dico, “meglio la presenza fisica e un po' di brividi in mezzo alle gambe.” Nemmeno glielo dico a Giada che lo prendo in prestito. Tra l'altro rientrerà a casa tra una settimana - è andata in vacanza in Spagna col suo rospo di turno, uno di quelli che potrà baciare pure mille volte ma sempre rospo rimane - e nemmeno se ne accorgerà. Volto il libro sul davanti. Leggo il titolo completo, Cinquanta sfumature di grigio, e in primo piano capeggia il nodo di una cravatta grigia su sfondo nero. Non mi pare nulla di così eccezionale e neppure mi fa presagire il bollore che dicono. Prima di metterlo in borsa, lo apro a caso e inizio a leggere.
La sua testa si gira impercettibilmente verso di me, con gli occhi color ardesia. Mi mordo il labbro. - Oh, al diavolo le scartoffie - grugnisce. Si avventa su di me, sbattendomi contro la parete dell'ascensore. Prima di rendermene conto, mi ha preso entrambe le mani in una delle sue e le tiene strette in una morsa sopra la mia testa, e intanto mi inchioda alla parete con i fianchi. “Oh, mio Dio.” Con l'altra mano mi afferra la coda e la tira, alzandomi il viso, e le sue labbra sono sulle mie. Non fa male. Gemo nella sua bocca, lasciando un varco alla sua lingua. Lui ne approfitta, esplorandomi la bocca con fare esperto. Non sono mai stata baciata così. La mia lingua accarezza esitante la sua e si unisce a lei in una lenta danza erotica fatta di contatti e sensazioni, sussulti e stoccate. Sposta la mano per afferrarmi il mento e immobilizzarmi. Sono indifesa, le mani incastrate, il viso bloccato e i suoi fianchi che mi imprigionano. Sento la sua erezione contro il ventre. Oddio... mi vuole. Christian Grey, il dio greco, mi vuole, e io voglio lui, qui... adesso, in ascensore. - Tu. Sei. Così. Dolce - mormora, scandendo ogni parola. (2*) “Non mi ricordavo che fossi di turno, che peccato.” Scatto all'improvviso quando sento la voce sconsolata di Giancarlo alle mie spalle. Veloce richiudo il libro proibito e lo metto in borsa, di nascosto, manco lo stessi rubando, e lo raggiungo sulla porta. “Eh sì, è proprio un peccato, tesoro, per la pizza e per il film” gli rispondo baciandolo su una guancia. Lui mi afferra e, trattenendomi per la testa, mi stampa sulla bocca uno dei suoi baci da lingua profonda, di quelli che ti fanno la gastroscopia, per intenderci. Ecco, i baci invece mi piacciono sempre e rispondo con entusiasmo, ma quando inizia a infilarmi le mani tra le cosce e a premere, lo allontano. “No, tesoro, devo finire di prepararmi. Dai, fai il bravo. È tardi.” Eh no, se si aspetta di farsi una sveltina, si sbaglia di grosso. Non sono pronta per fare l'amore figuriamoci per un mordi e fuggi. Sai che dolore, in mezzo alle gambe c'è il deserto del Sahara in questo momento. Lo lascio sulla porta, e corro a infilarmi le scarpe e a prendere il cappotto talmente veloce che potrei vincere la Duecento metri piani. Giancarlo è ancora lì quando gli passo di nuovo davanti. Ha una faccia da cockerino abbandonato, mi fa quasi tenerezza, e allora mi fermo a dargli un altro bacio sulla guancia prima di uscire. Mi sento leggermente in colpa pensando che l'ho lasciato a cazzo dritto, ma pazienza, provvederà da solo a deliziare il suo amico nei pantaloni se proprio non potrà resistere. Capitolo 2
Il medico nerd
Tutto tace, i pazienti dormono tranquilli tra le braccia di Morfeo e dal pronto soccorso non è arrivato nessun traumatizzato improvviso. In mezzo alla settimana pare che la gente faccia molti meno incidenti rispetto al weekend. “Che pace. Fare il turno di mercoledì notte è sempre una passeggiata. Se fosse sabato a quest'ora saremmo già con la lingua di fuori.” “Mhm mhm.” “Staremmo correndo da una stanza all'altra cercando di far scendere la glicemia a un diabetico o a far risalire la pressione arteriosa e l'emoglobina a qualche emorragico. “Mhm mhm.” “Ormai tra sangue, catarro, urine, vomito e diarrea ogni campanello che suona è un terno al lotto per quella di noi che va a rispondere. Finché si tratta di fluidi corporei va anche bene, ma quando ci scappa l'emergenza seria come un multi traumatizzato post incidente stradale, un accoltellato o qualcuno coinvolto in una sparatoria con un bel buco al polmone, un ictus o un arresto cardiaco, allora lì davvero diventa una nottata di fuoco dove l'adrenalina ti fa esplodere il cuore, e la tensione il cervello. Faccio questo lavoro da quasi vent'anni e a ogni emergenza perdo tre chili di peso e due anni di vita.” “Mhm mhm.” “Ci dovrebbero fare sante.” “Mhm mhm.” “Come no, Santa Ramona, Santa Noemi, Santa Marinella. Stanno pure bene assieme, i nomi. Da festeggiare nello stesso giorno come gli Arcangeli.” “Certo, come Grazia, Graziella e Grazie al cazzo.” “Mhm mhm.” “Ahahahahah, sì! E comunque, a parte gli scherzi, se non ci vogliono fare sante ci dovrebbero almeno dare un premio speciale soprattutto per quando ci capita il parente che mette a dura prova la nostra pazienza e sanità mentale. In quel momento senti il vaffanculo nascerti spontaneo dal profondo del cuore, ma ti hanno insegnato a sorridere, a recitare il ruolo della professionista calma, razionale e tranquilla. E mentre cerchi di far capire alla moglie di Alvaro che la crostata di marmellata che amorevolmente ha preparato per il marito - che ha 270 di glicemia e sta sotto infusione di insulina - potrebbe ucciderlo, ma lei insiste nel ripetere: “Un pezzettino che je fa?”, tu immagini di sbattergliela in faccia, la crostata, e di prenderla a calci in culo per tutta la corsia.” “Mhm mhm.” “Ehi, ma ci stai a sentire?” “Mhm... ahiii!” Quella stronza di Ramona mi ha appena lanciato una penna che mi ha colpito con violenza la mano con cui reggo il libro. “Cazzo! Ma sei impazzita? M'è arrivata proprio di punta” gli faccio mentre mi strofino la pelle su cui è evidente il segno rosso. “E certo! Di punta doveva arrivarti, così impari a non ascoltarci. Stasera te ne stai beatamente nel mondo dei cazzi tuoi. Non conversi con noi, non fai altro che dire “Mhm mhm”, si può sapere che stai facendo con lo sguardo basso?” È vero, ho mugugnato per tutto il tempo facendo loro credere che le stessi ascoltando e sperando che non si accorgessero di cosa invece stessi facendo. Ho nascosto il libro dietro il contenitore dei rifiuti speciali, pericolosi, un bidone di platica giallo con un grosso adesivo con il simbolo HAZARD, ed ero tutta presa a leggere questo romanzo che si sta rivelando molto interessante oltre che attizzante. Stasera, appena sono arrivata, prima ho fatto quattro chiacchiere con le colleghe, ho cercato di portare la conversazione sugli argomenti che a loro interessano di più - uomini: come farseli - e poi, alla chetichella, sono andata a sedermi dietro il piccolo tavolo in fondo alla stanza, quello che usiamo per preparare le provette per i prelievi del mattino, e mi sono immersa nella lettura. “Ma niente, non sto facendo niente” rispondo cercando di mantenere un tono di voce controllato. Mannaggia a me potevo portarmi il libro di meditazione. Vi starete chiedendo perché io non voglia che sappiano cosa sto facendo, ma è semplice. Perché soprattutto Ramona è una stronza pettegola e andrebbe in giro per tutto l'ospedale a dire che sto leggendo un libro erotico, aggiungendo di certo qualche sua espressione del cazzo tipo: “Marinella si sta dedicando alle letture per masturbatori anonimi”. Già diverse volte se n'è uscita con qualche battuta infelice. Ha il vizio di voler per forza rendersi simpatica e senza rendersene conto ti fa fare delle figure di merda pazzesche. Ricordo ancora quella volta quando il primario del reparto, il professor Angeline, stava seduto alla scrivania davanti a me e mi aveva chiesto di accomodarmi per discutere gli effetti della nuova terapia antidolorifica somministrata a un nostro paziente. Quella cretina - perché è una bravissima infermiera lo ammetto, ma anche una scema quando ci si mette - mentre mi stavo sedendo, mi sfilò la sedia da sotto il culo facendomi cadere a gambe all'aria davanti agli occhi del primario che, per gustarsi la scena e la visione delle mie mutandine di pizzo bianco, si alzò perfino dalla sedia sporgendosi in avanti. Quel giorno portavo la gonna della divisa e fu anche l'ultima volta, dopo quell'episodio indosso rigorosamente pantaloni! E non mi sono mica dimenticata quella volta in cui mi fece entrare in sala operatoria con un cartello appiccicato sulla schiena - e di cui chiaramente ero ignara - con su scritto: ‘disponibile a turni straordinari, ogni orario e in tutte le posizioni' o il giorno in cui davanti a due anestesisti, mentre stavamo per prepararci ad andare in sala operatoria, mi venne vicina porgendomi un tubetto di Canesten e mi disse a voce alta, in modo che la potessero sentire tutti: “Metti questa prima di entrare in sala, così vedi che il prurito ti darà un po' di tregua!” Ok, le avevo chiesto io se poteva sostituirmi in sala visto che la candida vaginale mi tormentava così tanto da farmi fare il buco nelle mutande a forza di grattarmi, ma certo non mi sarei mai aspettata che mi avrebbe messo in imbarazzo così, davanti a due uomini, ecchecazzo! Potrei scriverci un romanzo con la raccolta delle figure di merda colossali che mi ha fatto fare.
*** “Ma si può sapere che cavolo leggi con così grande passione?” È stata velocissima ad avvicinarsi e non ho fatto in tempo a rimettere il libro nella borsa. Alzo il viso e la osservo sorridendo come un ebete ma a lei non deve essere sfuggita l'espressione di colpa di chi è stato sorpreso con le dita nel barattolo della marmellata. “Niente” le faccio di nuovo, e nel mentre lo poggio sul tavolo, facendo attenzione a girarlo sotto sopra per non mostrare il titolo. Fanculo, non ho neppure fatto in tempo a mettere il segno nella pagina. “Dai qua, fammi vedere.” Ramona è proprio una prepotente maleducata. Mi toglie il tomo dalle mani e lo gira sotto sopra leggendo quindi il titolo. “Pure tu?” E scoppia in una risata che rimbomba nella stanza, seguita da quella di Noemi che ci osserva da poco lontano. Noemi certe volte mi sembra un po' scema, basta che senta qualcuno ridere che subito gli va dietro senza nemmeno sapere il perché. Avvampo come un tizzone ardente e mi giro a vedere se il medico di turno ci stia ascoltando. Sento il cuore in tachicardia e avrei voglia di sferrarle un bel pugno in faccia per metterla a tacere. È proprio una cretina. “Tutte a sbavare su Christian Grey, a farsi i dital... ahiii! Ma sei scema?” urla come un'oca starnazzante. Le ho appena sferrato un calcio in uno stinco da sotto il tavolo e non ci sono andata leggera. Mi sta proprio facendo incazzare. Con tono minaccioso replico: “Abbassa la voce, che ti sentono tutti.” “E allora? Che fa? E poi tutti chi? Qui c'è solo il dottor Maretti.” Mi giro di nuovo verso di lui. È sempre seduto dietro la sua scrivania di servizio e sta sfogliando una rivista medica con un certo interesse. In effetti sembra che non faccia caso a noi. Con quegli occhialoni dalla montatura nera e le lenti delle dimensioni di due culi di bottiglia, il camice bianco che copre un paio di pantaloni di velluto color cacarella e le scarpe di pelle marrone, non è proprio il prototipo dell'uomo che ti fa cadere ai suoi piedi per il fascino e l'eleganza, piuttosto ti fa cadere le tette per la delusione. Se solo si curasse un po' di più, cambiasse occhiali e anche modo di vestire, credo sarebbe pure carino. “Quello è tutto assorto nei suoi studi e non presta certo attenzione a noi. E poi, non credo si scandalizzerebbe se sapesse che stai leggendo un erotico. Me sa che quello l'eros non sa neppure cosa sia.” “Beh, chi lo sa” replico con un moto di stizza perché la sua supponenza mi dà sui nervi, “magari invece è un amante focoso tra le lenzuola, e dentro le mutande ha il cazzo biturbo a ripartita rapida.” “Bah, tu credi troppo nelle favole. Pensi ancora che baciando un rospo questo si trasformi in un principe. I rospi sono rospi. Punto.” E mentre pronuncia queste parole si volta per tornare al suo posto con il suo solito andamento ancheggiante che sembra le si stia per dislocare il femore. La osservo iniziare a sfogliare una di quelle riviste di gossip che lei ama tanto e dove le notizie sono per la maggior parte inventate e vorrei ribatterle qualcosa di caustico ma preferisco stare zitta perché altrimenti finiamo a litigare come qualche volta è già successo. Quindi mi rituffo nel mio romanzo con serenità dal momento che ormai sono stata scoperta, mentre Noemi va a farsi un giro nelle stanze dei degenti per vedere se è tutto a posto. Cerco la pagina dove mi ero interrotta. Non mi è difficile rintracciarla perché mi ricordo bene di essere arrivata al punto in cui Anastasia si reca da mister Grey per fargli l'intervista.
- Ha un soprabito? - chiede Grey. - Una giacca. - Olivia balza in piedi e va a recuperarla. Grey gliela strappa di mano prima che possa consegnarmela. La tiene sollevata davanti a me e io me la infilo, vergognandomi da morire. Lui mi posa un istante le mani sulle spalle, facendomi sussultare. Se nota la mia reazione, non lo dà a vedere. Chiama l'ascensore e restiamo entrambi in attesa: io sulle spine, lui freddo e controllato. Le porte dell'ascensore si aprono e io sfreccio dentro, ansiosa di scappare. “Ho davvero bisogno di andarmene da qui.” Quando mi giro verso di lui, mi sta osservando, appoggiato alla parete con una mano. È davvero molto, molto bello. La cosa mi inquieta. (3*)
Mi fermo, alzo gli occhi e con aria trasognata, mi giro verso il dottor Maretti. Devo avere gli occhi a cuoricino, lo trovo bellissimo, intenso. Un'immagine mi si para dinanzi, quella di lui che si alza, si avvicina e mi bacia con passione mentre infila la mano nella mia giacca da lavoro, facendola scomparire tra le tette, quinta misura coppa D, mentre l'altra corre sotto la gonna a cercare la mia voglia di... Cazzo! Mi accorgo all'improvviso di aver liberato i primi due bottoni della divisa e di essere scivolata leggermente sulla sedia con le gambe allargate. Di scatto richiudo il libro facendo cadere il registro delle dimissioni dei pazienti del reparto che con un tonfo si schianta sul pavimento. “Che succede?” esclama a gran voce Ramona guardandosi intorno con aria sospetta e stralunata. “Questo libro è pericoloso” aggiungo con stizza. “Ahahahah, davvero? E perché?” “Niente, lo so io il perché.” E certo che è pericoloso, mette una certa smania addosso che pure un nerd come il dottor Maretti mi stava facendo fare la bava alla bocca. Assurdo come un romanzo erotico riesca a stimolarti le sinapsi del cervello e in contemporanea il clitoride. E ancora non sono manco arrivata alle scene bollenti. Figuriamoci che mi succederà dopo, quando leggerò di loro che fanno sesso. Lo infilo di nuovo in borsa. Meglio leggerlo quando non c'è nessuno nei paraggi o magari a casa, ché se dovesse prendermi la voglia almeno posso togliermela con Giancar... naaaa, mio marito no, meglio da sola. Certe fantasie solo nella testa te le puoi togliere. Giancarlo è diventato troppo prevedibile, niente sorprese, zero adrenalina. C'è un sesso così normale tra noi. Ma che palle! Ho bisogno di una ventata di aria nuova, di qualcosa che mi ecciti il cervello più della fica. Sarà colpa della menopausa? Boh, sta di fatto che è così che mi sento e... dite che dovrei parlarne con mio marito? Naaaaa, mi vergogno e poi non lo so manco io cosa voglio... Voglio... Vorrei che mi sorprendesse, ecco! Mi sorprendesse con qualcosa di audace, di nuovo, che non abbiamo mai fatto, qualcosa di eccitante. “Dottor Maretti, ce lo facciamo un caffettino?” Aaah! A proposito di eccitazione. Eccola qua, la voce da oca giuliva della dottoressa Ludovica Mancini che irrompe nella stanza. Non la posso soffrire, è acida come il latte andato a male. Risponde sempre con stizza, anche ai pazienti, tranne quando a parlarle è un uomo di un certo livello sociale, allora è tutta zuccherosa. Si avvicina con quell'andamento da rigor mortis e a noi ci degna di un impercettibile cenno di saluto con la mano. Ramona mi si avvicina e mi sussurra in un orecchio: “È arrivata Ludovica fica secca.” Cerco di trattenere la risata e osservo la dottoressa avanzare nel suo vano tentativo di essere provocante. Magrissima, filiforme, tutta naso aquilino e zero tette. Il dottor Maretti le sorride e lo vedo per un attimo perso nella scollatura di lei che emerge dal camice aperto e che mette in mostra appena un accenno di rigonfiamento dentro un reggiseno, di sicuro, super imbottito. Quella non ha due tette, ma due brufoli. E quel cretino manco ci fa caso, perché certi uomini sono così, basta che mostri loro un po' di carne in più e subito partono col trip erotico, quindi, all'improvviso anche il medico un po' nerd e demodé si trasforma in un porcello comunis. La Mancini se n'è accorta, e gongola del suo potere seduttivo aprendosi ancor di più il camice con un gesto apparentemente casuale. Poveraccia, mi fa pure un po' pena perché penso che per fare la svenevole così apertamente vorrà dire che non se la tromba nessuno. È un'affamata di cazzo, come dice sempre Ramona. Il beep del cercapersone del dottor Maretti interrompe la mia riflessione e quel momento di pathos che mi stavo godendo con le mie colleghe. “Dottoressa Mancini, sono desolato, purtroppo devo declinare l'invito, mi cercano in Reumatologia” le risponde uscendo di corsa dalla stanza. Il dottor Maretti è uno ligio al dovere che ama il suo lavoro e lo fa con dedizione manco dipendesse da lui non solo la vita dei pazienti che gli vengono affidati, ma dell'intera umanità. È il raro tipo di medico che svolge la professione per passione e non per denaro, infatti spesso parte per viaggi umanitari insieme all'equipe di Medici Senza Frontiere. La Mancini si allontana evidentemente delusa e noi la seguiamo nel corridoio per sgranchirci un po' le gambe. È qui che incontriamo la nostra collega OSS, Giuliana, operatrice socio sanitaria che collabora con noi in reparto e che ci dà un validissimo supporto infermieristico. Lei è piuttosto vivace e, avvicinandosi, inizia a sbuffare come un treno a vapore: “Ragazze che sfiga che abbiamo, altro che E.R. e Greys Anatomy... ma in che ospedale lavorano George Clooney e Patrick Dempsey? Per la miseria, qui abbiamo solo Gianni e Pinotto. Io voglio il trasferimento immediato!” Scoppiamo a ridere mentre il cigolio di un carrello colpisce la nostra attenzione ma soprattutto quella della dottoressa Mancini. Da pochi giorni è stato assunto un nuovo portantino, Lorenzo, un ragazzo partenopeo che ha nel sorriso tutto il calore del mediterraneo e sul corpo tutto il bollore della Mancini che, come lo vede arrivare, si dimentica la sua posizione sociale e inizia a smignottare spudoratamente. Lorenzo è giovane, è bello ed è anche molto simpatico, sotto la divisa blu risaltano un bel paio di pettorali, i bicipiti straboccano dalle maniche corte della maglia e non oso immaginare gli addominali scolpiti che ha. Mi spingo a fare un pensierino anche più giù, ma smetto subito perché mi pare di sentire che pure a me inizia a salirmi un certo calore. No, vabbè, sono solo queste maledette vampate ormonali che mi assalgono all'improvviso. Ramona mi dà una gomitata sul fianco e mi sussurra: “Adesso lo propone a lui il caffè, scommetti?” Più brava di una Sibilla, la stronza della mia collega indovina la mossa successiva della dottoressa Mancini che la vediamo, infatti, avvicinarsi al ragazzo. Parlano per qualche minuto, lei sorride, si tocca i capelli di continuo e a ogni movimento il suo camice si apre spudoratamente, ma non mi pare che il ragazzo la guardi allupato come il dottor Maretti. Poi però vediamo che Lorenzo abbandona il suo carrello e la segue nella stanza ricreativa del personale del reparto. A suo vantaggio, la fica secca ha un culo di tutto rispetto che ondeggia sfacciatamente sotto il camice stretto. Giuliana tutta eccitata mi incita: “Dai Marinella, seguiamoli, vediamo cosa combinano. Sono sicura che tra quei due c'è un intrallazzo. Andiamo, capace che impariamo pure qualcosa.” Scuoto la testa, figuriamoci se una dottoressa si abbassa al livello di un portantino, ma Giuliana li sta già pedinando e decido di seguirla. Beh, avevo torto. Dopo aver aspettato qualche minuto per dare tempo ai due di iniziare il loro incontro infuocato, ci avviciniamo alla porta del ripostiglio annesso alla stanza ricreativa, e con molta cautela la socchiudiamo. La scena che si dispiega dinanzi ai nostri occhi è quella della dottoressa Mancini inginocchiata al cospetto dell'umile, seppur belloccio, portantino. Si è sbottonata del tutto il camice, e un push-up nero di pizzo mette in bella mostra la sua pelle bianca e l'abbozzo delle tettine. Abbasso gli occhi per qualche secondo sulle mie di tette e sospiro: sono stata fortunata, però un pelino più piccole non mi sarebbero dispiaciute. Giancarlo le adora, ci gioca, le strapazza ma non mi va più nemmeno di fargliele vedere. Torno a fissare gli occhi dinanzi a me. La Mancini è sempre in ginocchio intenta a fare la respirazione artificiale al cazzo di Lorenzo che con le gambe tese e muscolose, la maglia della divisa sollevata a rivelare gli addominali scolpiti, è a occhi chiusi e in estasi totale. Si vede che se la sta godendo parecchio mentre la dottoressa si fa entrare e uscire l'uccello dalla bocca. Ogni tanto lei mugugna di piacere, lo tira fuori tenendolo con una mano e lo lecca con passione guardandolo con quell'espressione che dice: “Guarda quanto sono porca, ti piace vero? Ti piace che sono così maiala?” Poi a un certo punto mi spiazza, quando la sento che gli dice: “Che buono il mio bel Calippone, sa di limone.” Giuliana si mette la mano sulla bocca per non scoppiare a ridere. Anch'io mi trattengo a stento, e penso che da oggi in poi mi sarà difficile guardare in faccia la dottoressa Mancini e rimanere seria. Mangiare un Calippo invece, mi farà pensare al cazzo di Lorenzo che anche da questa distanza sembra essere un esemplare di tutto riguardo. Ci allontaniamo di corsa a passo felpato per non farci sentire e torniamo nella nostra stanza. Giuliana si precipita a raccontare l'accaduto a Ramona e a Noemi, mentre io contrariamente ai miei propositi, apro di nuovo il libro perché lo spettacolo hard cui ho appena assistito, mio malgrado, mi ha messo una certa smania addosso. Lo spacciano per una storia erotica, voglio proprio vedere se la trovo una scena come quella che ho visto poco fa.
A.S. Twinblack, Barbara Anderson
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