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Autore: Donatella Rodighiero
Lo stesso passo
Narrativa
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Lo stesso passo
Seguito de: "Il mare negli occhi".

... Adam Levante si voltò abbassando un poco la testa, per poi fermarsi a osservare la donna a pochi passi da lui.
- Ma dico, c'è tanto di quello spazio e deve per forza fare il controllore di pista vicino a me? -
Abbassò lo sguardo portando la sua attenzione al cronometro in acciaio e corda legato al suo polso con disegnato sopra Paperino. Quante volte i pochi amici e le donne avute gli avevano fatto notare che era troppo cresciuto per portare un simile orologio, che non era più bambino da un sacco di tempo.
Ma ora che quelli avevano finito di parlare, Adam Levante aveva già pensato a una dozzina di altre cose.
Picchiettò il dito sul quadrante e sbuffò contrariato. La persona che stava aspettando sarebbe arrivata entro i successivi sette minuti. Ovvero alle diciotto precise.
Il tempo passava e di quella persona non vi era traccia.
Iniziò a calcolare: - Il corso è lungo tre chilometri, il parcheggio è immediatamente alla fine del viale. E per arrivare qui ci vogliono precisamente diciotto minuti compreso dell'aera parcheggio. In poche parole, se non arriva entro i prossimi due minuti sarà in ritardo - .
Adam Levante scrutò nella direzione del parcheggio e sbuffò nuovamente.
Tra le tante cose che odiava, i ritardi erano quelli che Adam Levante odiava di più.
Tornò a osservare la donna di poco prima che, incurante dei passanti, continuava a grattarsi nervosamente le mani e non smetteva, nonostante la pelle fosse diventata rossa. Poi cambiò, iniziando a grattarsi un braccio, poi la spalla, per poi sparire sotto la maglietta e poi, abbassando la maglietta sulla spalla, lasciando vedere la spallina rosa a pois del reggiseno. Parve finirla, ma nulla, la mano sparì nuovamente grattando vistosamente sotto la maglietta. Questa volta sollevandola, mostrando l'addome e l'ombelico che conteneva una pietra brillante.
- Proprio un bel vedere. Ma se ne andasse in un luogo chiuso o appartato... Tipo casa sua, così non farebbe venire prurito anche agli altri - e mentre parlava tra sé, con una mano aveva preso a grattarsi una gamba.
Un'altra occhiata al quadrante. Segnava le diciotto e zero sei minuti.
Si alzò da dove era seduto, il volto teso e nervoso. Il capo rigido.
Si aggiustò il colletto della camicia e poi i polsini. Qui notò una piccola piega sul flessino.
- È così difficile stirare una camicia? Stupido io che non ho controllato prima! Avrei dovuto prenderne una di quelle stirate dalla mamma... - .
La cosa lo innervosì maggiormente.
Lisciò i pantaloni del completo color crema sulle scarpe scure.
Adam Levante, figura importante nel suo metro e ottantadue, i capelli neri come la notte sul volto squadrato, ombreggiato dalla barba ben disegnata, corta e scura. Si guardò attorno un'ultima volta abbassando sul naso gli occhiali scuri da sole, permettendo agli occhi color delle nocciole di veder meglio.
Lo sguardo andò nuovamente alla “gesticolante disperata” ora seduta sulla panchina esattamente di fronte a lui.
Parlava ancora al telefono e passava nervosamente una mano sulla caviglia, dove le unghie lasciarono vistose righe rosse.
- Se vuol togliersi la pelle è a buon punto, pare ora una cartina geografica dove è stata evidenziata la strada da fare, anzi no... Un labirinto, nemmeno il Minotauro riuscirebbe a uscirne da quel groviglio - .
Diciotto e quarantacinque minuti. Adam Levante decise che aveva aspettato anche troppo. E l'aveva fatto solo perché quella persona avrebbe dovuto consegnargli informazioni importantissime.
Si era da poco incamminato verso il parcheggio quando sentì il cellulare vibrare da dentro la giacca. Prese il telefono, guardò il numero sconosciuto apparso sullo schermo e interruppe la chiamata.
- Richiamerò io o richiameranno. Non rispondo per la strada e far sentire i fatti miei a tutta la città - .
Levante era così. Strano, serio, certi comportamenti li capiva solo lui.
Lasciò il viale a mare e salì sulla sua auto ventennale acquistata già usata. Pochi movimenti sicuri e fu sulla lunga strada litoranea fortunatamente e stranamente libera per quell'ora. Abbassò il finestrino e lasciò entrare l'aria tiepida della primavera alle porte e il profumo del mare a pochi metri.
Giunse nel suo ufficio al piano terra della villetta d'inizio secolo che il tempo aveva risparmiato circa trenta minuti dopo. Viveva con i genitori: Olmo Levante ed Eleanor Seville.
Lui musicista e lei pittrice. Olmo l'aveva conosciuta davanti a un negozio di antiquariato di un vicolo sperduto di Parigi.
Nonostante i genitori artisti ad Adam Levante non interessava né la musica né tanto meno l'arte. Sì, andava in un museo, ma come turista o a un concerto, ma solo per far colpo su una donna. Almeno prima. Ora nemmeno quello. Aveva altro nella testa.
Più volte i genitori avevano cercato di ricordargli che aveva solo trentacinque anni, che avrebbe dovuto pensare a divertirsi un poco ogni tanto e che se si vestiva sempre così seriamente, sempre con i completi a manica lunga anche con quaranta gradi all'ombra, occhiali scuri, le persone l'avrebbero sempre preso per un sessantenne, anzi, anche più vecchio del padre settantenne.
E il ragionamento della madre fece sorridere Adam, che seduto alla sua scrivania faceva scorrere schede segnaletiche sul monitor del vecchio pc ancora con lo sfondo blu, vecchio. Che Axell, suo nipote sedicenne, si divertiva a tenerglielo in vita. I polpastrelli picchiettavano nervosamente sulla superficie della scrivania. Dalla bocca spuntava una radice di liquirizia. Che fosse nervoso era a dire poco. Quell'incontro saltato con l'informatore lo aveva innervosito. Cercava informazioni di quella donna da sei mesi e tutto era svanito. Prese da una cartelletta marroncina alcuni fogli tenuti insieme da due punti metallici messi pure male e lesse quella scheda: “Elisa De Angelis. Trentanove anni. Dopo una lite in famiglia è uscita di casa e non vi ha più fatto ritorno, senza lasciare nessuna traccia. Lasciando nell'abitazione dei genitori il figlio di quattro anni Andrea”.
I genitori della donna, amici dei suoi, avevano chiesto a lui di cercarla, mantenendo il massimo riservo e segretezza. Nemmeno il fratello ne era stato messo al corrente. E quando Adam ne aveva chiesto il motivo, Alberto e Anna De Angelis gli raccontarono ciò che accadde l'ultima sera e della scenata tenuta da Elisa e la cattiveria, fino a quasi augurarle la morte dei bambini che portava in grembo, tant'è che Liliana si sentì male rischiando davvero di perdere i suoi bambini. La rabbia di Davide, suo fratello, sempre molto uniti, non capirono mai il perché di quella reazione e ne ebbero mai avuto il tempo perché Elisa svanì.
Da sei mesi cercava notizie di Elisa De Angelis. Da sei mesi lasciò ogni caso a cui stava lavorando. In sei mesi non aveva trovato nulla di nulla di quella donna, come se si fosse volatizzata. Doveva trovare assolutamente quella donna, non riusciva a occuparsi di null'altro.
Poi improvvisamente quell'informatrice, sparita anche lei.
- Dannazione! -
E dalla rabbia Adam Levante scagliò un libro all'altro lato della stanza andando a colpire la porta.
- È una donna, non un alieno non può svanire così! -
Dal piano superiore alcuni colpi secchi e la voce della madre che gli intimava di smetterla, che se non avesse smesso di tirare libri ovunque gliene avrebbe tirato dietro uno dei suoi direttamente sulla testa. Ricordandogli che i suoi libri di arte erano molto grossi e pesanti.
- Ok ma'! - e finiva tutto lì.
Il mattino dopo il sole si infilò tra le fessure delle serrande semichiuse illuminando una foto di Elisa. La più recente, stringeva a sé un bambino. Sul resto la scritta: “Elisa e Andrea, Campagna del nonno”.
Adam Levante sgranocchiava un grosso biscotto al cioccolato ricoperto di noci pecan. Si perse a guardare il viso di Elisa De Angelis, ritrovandosi a pensare a quanto fosse bella. E da come stringeva quel bambino doveva amarlo tantissimo.
- Ne sono sicuro, non può essere sparita di sua volontà. Non cambio idea nemmeno se entra in camera in questo momento un unicorno a pois! -
Si infilò sotto il getto della doccia gelata. Avrebbe preso sicuramente un raffreddore, ma almeno sarebbe stato più sveglio. Non più di dieci minuti e rientrò nella stanza avvolto in un grande asciugamano bianco damascato. Lo specchio gli rimandò un corpo che non vedeva una palestra da tempi remoti. Un po' di sport gli avrebbe fatto decisamente bene. Solo il viso aveva una leggera abbronzatura.
Attraverso lo specchio lo sguardo cadde sul suo addome un poco gonfio.
- Porca miseria! Pare di avere una tartaruga sulla pancia. Devo ridurre i biscotti con le noci e il cioccolato. Da domani solo biscotto con le noci. Le noci fanno bene - e mentre lo diceva si picchiettò la pancia un po' troppo forte.
- Caspita, spero di non aver fatto male alla tartaruga - , e rise fra sé e sé.
Si era appena infilato i pantaloni di un completo blu quando sentì i passi di sua madre scendere veloce le scale.
- Mamma! Sembri un dinosauro in fuga! - urlò Levante alla madre che spalancò la porta in quell'istante ansimando.
- Adam! Piantala di darmi del dinosauro, screanzato! Sono di fretta, ho trovato nella cassetta della posta questa lettera senza affrancatura né timbro. Solo il tuo nome. E ho creduto fosse qualcosa d'importante. Ma prima di aprirla controlla che non ci sia dentro una pallottola o polvere strana! -
E gettò la busta sul letto del figlio per poi pulirsi le mani nel grembiule bianco con un piccolo bordo di pizzo e gocce d'impasto per biscotti.
- Mamma perché ogni volta che mi arriva posta devi pensare che sia una minaccia di morte? Oggi addirittura polvere? Non contiene né antrace né altro veleno tranquilla - , tranquillizzò la madre sorridendole.
- Ma l'altro giorno quel pacco era sospetto! Devi convenire con me. Faceva uno strano rumore! -
- Ma mamma, c'erano dentro le schede per il PC, non dei meccanismi per fabbricare una bomba! - e nel dirlo Adam scoppiò a ridere mentre la madre usciva dalla stanza scuotendo la testa.
- Me ne torno a fare i biscotti - .
Tempo pochi secondi che Adam urlò: - Mamma! -
E subito Eleanor sbucò da dietro la porta. - Dimmi! - chiede la donna infilando la testa nella stanza.
- Ma eri dietro la porta? - chiese Adam.
- Vedi che le scale sono qui a due metri, cosa volevi? - chiese Eleanor.
- Non metterci il cioccolato nei biscotti! Che ho una tartaruga sulla pancia! - disse Adam toccandosi la pancia.
- Allora i biscotti li mangeremo io e tuo padre. A te darò della lattuga. Mica vorrai che quella povera creatura soffra la fame e ci denunci alla protezione animali. Sai che le tartarughe sono animali protetti, mi raccomando prenditene cura - e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
- Ma parlavo della mia pancia, mica di un animale vero - .
Ma la madre non lo udì.
- Adesso vedi che mi mette a lattuga e acqua, potevo starmene zitto? -
E prese la busta che aveva sul letto.
Aveva tutta l'aria di essere una busta riciclata. L'aprì completamente scollando ogni lembo di carta. E infatti, all'interno vi era l'intestazione dell'amministratore di un palazzo a Forte dei Marmi. Aprì il foglio piegato in quattro sedendosi sul letto e iniziò a leggere. La calligrafia semplice e chiara, come quella sui quaderni dei bambini delle elementari. Caratteristica delle persone anziane che avevano potuto frequentare solo i primi anni di scuola. Non ebbe nessun problema di decifrazione.
E lesse...

“Egregio Dottore,
Sono spiacente di non essermi presentata al nostro appuntamento. Ma mi creda, non è dipeso da me, ma di chi dovrebbe esser sangue del mio sangue. Mia figlia.
Cose gravi sono e stanno accadendo e mia figlia ne è dentro con tutti i capelli.
Non so se quando aprirà questa lettera che le farò recapitare sarò ancora parte di questo mondo.
Ma prima di andarmene voglio dire tutto a lei.
So chi è perché ho udito la conversazione tra i genitori di Elisa De Angelis e voi.
Ho tenuto dentro ciò che so sperando in un cenno d'affetto da questa mia figlia. Ma mi sono resa conto che nulla sono per lei cui servo solo per i suoi scopi, capricci e necessità.
E scoprire quanto sia cattiva, anzi crudele, mi ha aperto gli occhi.
Fu la compagna del Dottor Davide, Davide De Angelis. Una persona tanto buona. Ora si è messa con il fratello di lui.
Perché la moglie del signor Davide l'ha allontanata come meritava.
Ora vuole usare suo fratello. Lo sta illudendo, usando. Gli sta facendo credere di aspettare un figlio suo. Quando lei non può avere figli. Si fece togliere tutto mesi orsono dopo che partorì e buttò via il figlio del signor Davide. Quale crudeltà è questa! Com'è stato possibile fare un gesto tanto crudele: gettare via una piccola creatura innocente.
Ma mi sono dilungata troppo ...
Quello che forse potrà esserle di aiuto glielo racconto ora.
Era quasi Natale. Lidia si nascose in un appartamento che fu del padre per un certo tempo, ma lo vendette e venne a stare da me. Vivendo nell'ombra della mia piccola casa. Una presenza pesante e nefasta mi creda.
Quando il signor Davide si trasferì nella nuova casa con la moglie e i bambini appena nati, Lidia iniziò a vivere di nascosto nell'appartamento del signor Davide.
Avesse potuto vedere la sua rabbia, quante parole cattive che mai dovrebbero uscir dalla bocca di una donna.
Disse che se solo avesse saputo che il signor Davide fosse diventato il solo e unico proprietario dell'azienda gli avrebbe dato quel dannato coso... che avrebbe poi affidato a una tata poi rinchiuso in qualche collegio per non avere un essere tale tra i piedi.
Invece aveva perso tutto per colpa della signora Liliana, anche se non è assolutamente vero.
Arrivò a controllare i movimenti di lei e bloccare l'ascensore con la speranza di farle perdere i bambini.
Conobbe poi Parisi, che le garantì che se avesse fatto ciò che lui le diceva, avrebbe avuto tutto quello che voleva.
Che aveva già organizzato il viaggio in America di Davide e lì la sua morte. Aveva già tutto organizzato, anche dei falsi documenti e una licenza matrimoniale che avrebbe dichiarato l'unione tra Davide e Lidia. Così lei, essendo la moglie, avrebbe ereditato tutto e venduto l'azienda a lui, a Parisi, garantendosi così una vita nella ricchezza dalla rendita per tutta la vita. Avesse visto quegli occhi! Famelici, terrificanti. Ma i piani non andarono come voleva.
Lidia si presentò a casa mia. Che altro non è che un'umile portineria da tanti anni. Una sera, con Elisa De Angelis in lacrime. Era distrutta. Quanta pena mi fece.
Rimasi incredula nel vedere Lidia capace di tale bontà. Ma quanto mi sbagliavo.
Chissà, e prego Dio che mi perdoni per il mio silenzio in questi mesi. Cos'hanno visto i miei occhi!
Elisa rimase quella notte nell'appartamento del signor Davide. Lidia le disse che una sola notte lontano le avrebbe fatto bene e lei sarebbe stata con lei. Poco più tardi Lidia scese in portineria a prendere delle bustine di tè e del liquore e tornò dalla signorina Elisa.
Mi cacciò fuori dalla portineria in malo modo quando arrivò un uomo alto e grosso con il signor Parisi, che riconobbi perché venuto altre volte a prendere Lidia.
Dopo un'ora circa, era quasi l'una di notte, sentii alcuni rumori e mi avvicinai al vetro della guardiola restando nel buio per non esser vista. Riconobbi le voci di Lidia e Parisi.
Passò per primo quell'uomo alto e grosso che teneva in braccio la signora Elisa che pareva addormentata.
La voce di Lidia chiara in quel silenzio: “Chi si taglia le vene, imbottendosi di alcool e droga finirà i suoi giorni in un reparto psichiatrico, e un posto simile è proprio quello che ci serve. Un bel soggiorno gratuito le farà solo bene” e finì la frase con un ghigno malefico.
Parini rispose soddisfatto: “Esatto. E tra qualche giorno chiederemo ai De Angelis che se rivorranno la figlia la dovranno pagare a peso d'oro e con l'azienda”. Parisi venne poi arrestato. E Lidia disse che “Quella avrebbe potuto morirci in quel posto. Che se anche l'avessero cercata non l'avrebbero mai trovata essendo stata fatta ricoverare con altro nome. E nessuno le avrebbe creduto, nessuno crede a una tossica suicida, specialmente dopo che le abbiamo detto della morte del figlioletto in un incidente”. Ma un giorno, frugando tra le cose di Lidia, tra scarpe e vestiti, ho trovato una cartella. Era quella che Parisi teneva sempre con sé. Contiene tante carte, che capisca, non posso prendere perché Lidia subito capirebbe. C'è un foglio di ricovero e una ricevuta di pagamento”.

Adam Levante lesse il nome della clinica, si trovava a soli cento chilometri da Forte dei Marmi, da dove Elisa viveva con la sua famiglia.
E il nome del beneficiario: Clara Bottini.
Adam Levante si trattenne a fatica dall'esultare.
Dopo mesi sapeva finalmente dove si trovava Elisa De Angelis.

Donatella Rodighiero

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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