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Autore: Assunta Sperino
La luce dietro le ombre
Poesia
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La luce dietro le ombre
Avrei voluto

Avrei voluto
una morte più umana,
guardarti e tenerti la mano
per mostrarti
che avevo coraggio,
per dirti di avere coraggio.
Avrei voluto
un fiore, di qualunque colore,
profumo del mondo
in cui ti ho lasciato,
perché ti resti nell'animo
qualcosa di buono.
Avrei voluto
guardarti un'ultima volta,
ti avrei sorriso,
avrei finto di esser sereno
per proteggerti ancora,
ancora una volta,
dai dolori del mondo.
Avrei voluto,
bambina mia,
andarmene solo,
senza la folla
che mi accompagna,
nel silenzio di una chiesa,
senza il frastuono
dei motori dei camion...
Ma me ne vado,
bara tra centinaia di bare,
senza parole,
senza una lacrima.

Ritornerò
nei tuoi pensieri,
ti accarezzerò
in una folata di vento
e mi sentirai,
bambina mia,
tenerti la mano
ancora una volta,
perché il corpo brucia
ma io torno indietro,
torno a sedermi
sulla mia poltrona,
a guardarti lavare i piatti,
a stupirmi di quanto sei bella.
Avrei voluto
una morte più umana,
ma sono contento
che tu sia restata,
tu che cammini
dentro ai miei passi,
tu che impazzisci
per le camelie.
Coltivale sempre,
coltivane tante:
un fiore per ogni compagno
che viaggia con me
in un pezzo di legno.

L'urlo muto

Ho finito le parole,
le ho finite tutte,
sono volate via,
cadute,
sparse dentro ai tuoi occhi.
Non c'è che il silenzio
a fare eco
alla pioggia battente
che fradicia le scarpe.
Pesano i vestiti inzuppati,
l'ombrello rotto,
i tuoi infiniti silenzi.
Bruciano le mani fredde,
le mie lacrime sulle tue impronte,
i km nelle tue scarpe.
E mi porto dentro
quest'urlo muto,
che esplode senza una miccia
e sdradica ogni pensiero.

Il tempo

Crudele il tempo
che passa incessante
sulle mani
a lasciare solchi profondi,
crepe
ad inclinare la vita.
Inesorabile il tempo
che scorre veloce
tra le dita
a lavare via i ricordi,
lacune
che non puoi riempire.
Strano il tempo
che rallenta il passo
a darti pause
tra un vivere e l'altro.
Gentile il tempo
che torna indietro
nei rimorsi,
a sbirciare
tra gli incroci passati,
a mostrare nuove,
possibili strade.

Infinito istante

Fingi d'amarmi,
ti prego, fingi,
solo finché la realtà
resta fuori dalla mia pelle,
finché nel petto
resta il tepore
di questo respiro.
Fingi d'amarmi,
ti prego, fingi,
solo finché la mia voce
resta intrappolata
in una bottiglia,
finché quest'anima,
mai sazia,
ingoia un altro pianto.
Fingi d'amarmi,
ti prego, fingi,
solo finché gli occhi stretti
cacciano via la luce,
finché dura
questo infinito istante
ed io, in eterno,
fingerò di crederci.

Figlia mia

Nuovi passi
alle mie
orme pesanti
svelti, leggeri,
minuscoli,
alle mie
gigantesche orme.

Il tempo dell'attesa

Il tempo dell'attesa è un tempo bugiardo,
beffardo, cattivo; i pensieri scorrono
senza aggrapparsi a nulla, cadono come sassi,
in questo tempo di cerchi concentrici
che continuano a dilatarsi.
E cerchi un appiglio alle tue azioni,
una scusa per continuare a respirare,
una sola immagine che non sia un ricordo.
E tutto è troppo veloce per poterlo vedere,
per poterlo capire, che ad afferrarlo ti bruciano
le mani.
Flusso di vita che non vivi, che si perde in
questa eterna sublimazione.
Il tempo dell'attesa è un tempo sterile, codardo, bastardo; figlio di sentimenti muti, che
continuano a nascondersi dietro ogni suono,
ogni colore,
ogni sensazione, che a forza di cercarli ti viene
il fiatone.
Crollano i ruderi delle tue certezze,
si sfaldano le tele dei tuoi progetti...
Il tempo dell'attesa è un tempo senza tempo,
senza aria, senza vento.16
L'abitudine
Io che
non voglio perdere
la strana abitudine
d'amarti,
d'aspettare le tue mani
sotto le lenzuola,
di cercarle
quando tardano
ad arrivare.
Io che
non voglio perdere
la sciocca abitudine
di sceglierti,
di scegliere la confusione
delle tue parole
e la consapevolezza
di capire ogni tuo silenzio.
Io che
non voglio perdere
l'inutile abitudine
alla conferma
di ogni tuo gesto
e allo stupore
di ogni nuova emozione.
Io che
non posso perdere
l'inconsapevole abitudine
di respirarti
tutti i giorni,
ogni giorno,
per tutto il giorno.

La tua voce

Aria
ed io annaspo,
annego
nel tuo silenzio.19
Lasciate che mi spenga
Lasciate che mi spenga,
io
che ho consumato la vita
prima di consumare i giorni.
Si dilata il vuoto
attorno alla mia sedia.
Lasciate che mi spenga,
io
che attendo la notte
ed angelo il buio,
il silenzio, la pace.
Fioca lanterna in lontananza
il vibrare di un ricordo.
Lasciate che mi spenga,
adesso,
prima che arrivi il giorno,
che i rumori mi ridestino
da questo vivere in assenza,
da questa assenza di vita,
prima che un altro giorno
venga a consumarsi gli occhi,
i passi, le mani.
Lasciate che mi spenga.
Lasciate che si spenga
questa incessante, logorante,
abitudine al vivere
che, con le sue sottili dita,
lacera
e poi rammenda
e poi lacera ancora.

Passerà tutto

Passerà tutto.
Ci porteremo sulle spalle
il peso delle bare
a ricordarci
che non c'è macigno
che non si possa spostare,
negli occhi le foto
di strade deserte,
di mani tremanti
in cerca d'altre mani.
Passerà tutto.
Resterà l'onta della paura
a ricordarci
d'avere il coraggio
di dire ti amo,
d'alzare la mano
per dire "Ci sono",
di tenderla all'altro
per dire "Ci siamo".

Fumi d'Auschwitz

Nati sotto
un cielo sbagliato,
in un tempo
che non vi ha dato tempo.
Chiedevate
solo
d'essere liberi
come l'aria...
Eppure, ora siete
solo
liberi nell'aria.22
Nonna Nunzia
Gli anni stampati
sul viso,
le parole nascoste
tra le pieghe del volto,
le gioie, i dolori
intrappolati
in quegli occhi d'argento.
Ogni volto, ogni carezza,
ogni paura,
incastrati nel cuore.

Notte

Satura
di silenzi
colmi
di parole inghiottite.

Le tue briciole

Tengo
un po' del tuo respiro
sotto il cuscino,
per riscaldare
le notti troppo fredde
per dormire,
un po' della tua voce
in un vecchio barattolo di latta,
per riempire
i silenzi improvvisi
di questa casa.
Tengo
nella tasca del cappotto nero
la stretta della tua mano,
il suo tepore
per le passeggiate d'inverno
e, stipato in fondo al cassetto,
il tuo odore
sulla camicia blu,
per riaprire
gli occhi
dopo un ricordo.
Tengo,
disseminate
tra le pieghe delle dita,
le tue briciole
ancora calde.

Paola

Shhh...
Dormi
di un sonno pesante,
di un sonno profondo,
di un sonno
che cancelli le tue paure,
le ansie, le umiliazioni...
Dormi
di un sonno
che ricopra di carezze
tutti i lividi,
che lavi dagli occhi
tutte le lacrime...
Dormi
di un sonno
che riempia di libertà
ogni tuo respiro,
ogni tuo sguardo,
ogni tuo sorriso.

Piove

Piove
fuori e dentro
la mia pelle,
fuori e dentro
i miei occhi.
Scroscia forte
l'acqua,
quasi fa male,
mentre mi riga
l'anima...
Zittisco i pensieri,
distraggo la mente,
cerco nel vuoto
un ombrello di pace.

Scrivo

Inaspettato,
irrinunciabile
sussulto dell'anima.
Ciò che resta
del soffio divino
nel mio corpo
ancora fangoso.

Trova il coraggio

Trova il coraggio
di oltraggiare.
Le tue parole nuove,
assodanti
alle orecchie dei bigotti,
riecheggeranno
d'aria fresca,
ossigeno puro
al tuo petto tremante.
Trova il coraggio
di abbattere
il muro di silenzio
dietro al quale
ti nascondi,
vacilla già
sotto il peso
delle tue lacrime.
Apri la bocca,
lasciati esplodere,
l'onda d'urto
frantumerà
il tuo bozzolo
di cemento.
Trova il coraggio
di aprire le ali
e scoprirai
di poter volare.

Sotto le mie mani

Voglio sentirti
sotto le mie mani,
accarezzarti
e sentirti ansimare,
scordarmi del mondo,
dei rumori
che a forza
entrano dalla finestra,
della luce
a cui, per dispetto,
ho chiuso la porta in faccia.
Voglio sentirti
sotto le mie mani,
chiudere gli occhi
e sentire che tremi,
uccidere
sulla mia pelle
ogni pensiero,
spegnere
nel silenzio
ogni timore,
lasciare fuori
da questa porta
ogni pudore.
Voglio sentirti
sotto le mie mani,
accarezzarti
e guardarti dormire,
accorgermi
come d'incanto,
che dentro l'uomo
c'è ancora un bambino,
e respirare
del tuo respiro
ed essere certa
del mio destino.

Tu che sei

Tu che sei
la luce,
l'ossigeno
ai miei pensieri.
Tu che sei
la voglia,
la forza
per spostare
il macigno
che mi sta sul petto.
Tu che non ci sei
ed io,
ad occhi chiusi
che ti sto a guardare.

Ho voglia

Ho voglia
di cambiare pelle,
di cambiare aria,
di cambiare modo
di respirare.
Ho bisogno
di sentirmi viva,
di sentirmi nuda,
di sentirmi
un'altra volta nuova.
E queste ali,
fatte di carta pesta,
mi alzano in volo
oltre le persone,
oltre quei muri
fatti di parole,
oltre gli sguardi,
gocce di pensieri,
che puntano
sulle mie ali...
E allora cado,
rovinosamente,
mi graffio il viso,
mi graffio le mani,
mi graffio l'anima,
che ancora si sporca
nello stesso fango,
nello stesso odore,
nello stesso putrido
e pesante vuoto.

Assunta Sperino

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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