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Autore: Omar Costenaro
Gemini
Fantasy
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Gemini
In un mondo post-bellico il mago Syter e l'allievo Ologold sono stati privati di ogni potere.
In un mondo primordiale tre ragazzini lottano per sopravvivere.
La Magia. Che cos'è? Una pratica occulta? Un'illusione? Un potere sovrumano? Un termine per definire l'indescrivibile?
Il vero dilemma però è un altro: come è nata la magia?
La leggenda narra che essa fu praticata per la prima volta da tre gemelli, ma se questi racconti non fossero del tutto veri?

In una landa desolata e ghiacciata, dove regnavano soltanto la solitudine e la tristezza, due anime impavide correvano senza meta.
Si trattava di un uomo e un bambino, fianco a fianco sfidavano il gelo e il freddo senza lamentarsi, lo facevano ogni giorno, ogni mattina. Partivano all'alba e si fermavano in prossimità di un lago ghiacciato circondato da immensi cristalli violacei. Il Pianeta SFX era famoso proprio per quello: innumerevoli cristalli colorati crescevano dal terreno come se fossero alberi. Per questa particolare caratteristica veniva anche chiamato “il pianeta dei cristalli”.
L'uomo si girò sorridendo al ragazzino, rimasto indietro di un paio di metri, i suoi capelli lunghi e neri si muovevano al ritmo del vento. Il bambino si fermò posando le braccia ai fianchi, indossava dei pantaloni corti, il torso era nudo, un armacollo reggeva una spada e dal suo viso ovale traspariva una tremenda stanchezza, i suoi occhi verdi erano tutt'altro che amichevoli mentre fissava il suo maestro. Quest'ultimo era vestito al suo stesso modo, ma non portava con sé nessun'arma. I suoi occhi smeraldo risposero allo sguardo dell'allievo con la stessa intensità, sul suo volto compariva però un sorriso compiaciuto.
L'uomo continuò a fissarlo e poi ad un tratto scoppiò a ridere, spaventando il ragazzino.
“Cominci a diventare ripetitivo, Ologold!” disse l'uomo. “Anche ieri ti sei fermato proprio in questo punto.”
L'allievo cominciò a sbuffare e a rimuginare a bassa voce.
“Non ci vedo nulla di divertente, e poi come fai a sapere che anche ieri ci siamo fermati qui?” chiese Ologold. “Questo pianeta è tutto uguale, sempre ghiaccio e cristalli.”
“Un tempo le cose non erano così...”
I due ricominciarono a correre e il ragazzino rimase deluso non avendo ricevuto una chiara risposta, cosa che accadeva molto spesso, purtroppo. Tutto ciò non faceva altro che aumentare ancor più la sua sete di curiosità. Dunque il pianeta in passato era abitabile, ma cosa poteva aver causato una tale desolazione? Il cielo era incolore e a malapena lo si distingueva dall'orizzonte ghiacciato, non esisteva né fauna né flora, il pianeta dei cristalli era privo di vita.
L'addestramento con l'inseparabile maestro Syter, guerriero tanto forte quanto crudele, era iniziato due anni prima, ma per sua fortuna con lui si comportava in modo diverso, lo trattava con gentilezza e gli concedeva parecchie libertà, perciò alle volte osava disubbidire ai suoi ordini. Tempo prima, l'intero arco della mattinata era dedicato allo studio: storia della magia e arti marziali per la maggior parte, ma c'era spazio anche per le materie fondamentali di qualunque disciplina, come la matematica o la lingua. Ora le attività scolastiche erano state ridotte e spostate dopo il pranzo. Nel tardo pomeriggio riprendeva infine gli allenamenti con altri tre maestri, visto che Syter doveva lasciare il pianeta per i suoi misteriosi affari. Ogni giorno si davano il cambio, soltanto la domenica era dedicata al riposo.
Finalmente poté vedere dei colori oltre quel triste panorama privo di vita: i cristalli, il lago... significavano cinque minuti di tregua.
Ignorava il motivo di quella vita troppo movimentata per un ragazzino di nove anni, programmata come se tutto quel che faceva avesse uno scopo futuro. Da un lato odiava quell'eccessiva organizzazione, ma dall'altro l'amava. Sapeva di avere come insegnante lo stregone più potente di tutti i tempi e si sentiva un vero e proprio principe pronto a ereditare il suo regno. Amava il potere, lo bramava, per questo andavano d'accordo.
“Oggi che faremo?” chiese Ologold.
“Io me ne starò fermo e mi godrò la scena” rispose Syter beffardo.
“Non ti difenderai?!”
“Non ho detto questo... colpiscimi” disse e s'indicò il petto, dove aveva uno strano tatuaggio raffigurante un sole nero.
I due si posizionarono a una decina di metri l'uno di fronte all'altro. Syter aveva le braccia conserte, in attesa. Ologold, irritato dal suo comportamento canzonatorio, cominciò a correre verso il suo avversario.
Purtroppo il colpo non andò a buon fine e il suo avversario lo schivò con estrema velocità, come il vento. Il ragazzino era però testardo e, anche se in affanno, cominciò a balzare da un lato all'altro per cercare di cogliere di sorpresa Syter, ma ancora una volta il maestro evitò ogni attacco con facilità.
“Come fai?”domandò l'allievo da terra, fermo e irritato.
Un violento colpo al ventre lo fece sobbalzare e lo allontanò di qualche metro.
“Prima regola, mai fermarsi in un combattimento corpo a corpo” disse Syter.
“Ti ho fatto una domanda!” protestò il ragazzo.
“E io ti ho dato una risposta!” tuonò il maestro. “Combatti come se stessi per morire, respira come se fosse l'ultimo fiato che hai in corpo, dai sempre il massimo, non lasciare che la rabbia ti pervada. Altrimenti non diverrai mai veloce come me!”
Ologold si rimise in piedi, ricomponendosi.
“La rabbia è un'arma, non deve essere un tuo punto debole!”.
L'allievo cominciò a correre in direzione del suo mentore e, quando fu a meno di un metro da lui, alzò il pugno osservando i suoi occhi verdi, sembrava compiaciuto, pronto a contrattaccarlo ancora, ma questa volta non avrebbe abboccato. Ologold cambiò tattica all'improvviso e, con un balzo felino, andò alle spalle del suo avversario per colpirlo con una ginocchiata alla schiena. A quel punto si allontanò, spaventato per quello che aveva appena fatto, prima di inginocchiarsi a terra ansimante. Era esausto. Avrebbe dovuto presto imparare qualche incantesimo legato alla resistenza. Syter rimase in piedi, non si era mosso né aveva emesso parola dopo aver subito il colpo.
“Scusa maestro” balbettò l'allievo.
“Non hai alcun motivo per scusarti, ho dovuto aspettare un po', ma alla fine ce l'hai fatta” disse Syter, poi allungò le braccia verso il cielo.
Ologold tirò un sospiro di sollievo. Aveva già visto soldati morire per mano del suo maestro solo per un'affermazione sbagliata.
“Adesso puoi mostrami quello che sai fare con la magia, coraggio ragazzino!” lo provocò con aria ironica lo stregone.
“In che senso?” chiese l'allievo.
“Con le arti marziali non sei mai stato una cima e nemmeno io, se devo essere sincero, ma con la magia sono il migliore in tutte le galassie” affermò Syter. “Ho motivo di credere che anche per te valga la stessa cosa.”
Ologold si rimise in posizione, chiuse gli occhi per richiamare a sé ogni singolo frammento di energia attorno a lui. Non si trattava di nomi o teorie scientifiche, la magia derivava da una particolare molecola presente nell'atmosfera stessa. Il trucco era saperla individuare e utilizzarla a proprio vantaggio.
Un potente fruscio d'aria. Un'ombra si mosse.
Ologold si precipitò alle spalle del suo avversario, convinto di beffarlo ancora una volta, Syter però fu più veloce di lui ed evitò così il suo attacco. Ma non lo aveva evitato spostandosi come in precedenza. Si era smaterializzato.
L'allievo guardava estasiato il suo mentore a una decina di metri da lui.
“Ho aumentato la mia velocità, ma non ho ottenuto alcun risultato. Quando mi insegnerai il teletrasporto?” domandò sconsolato il ragazzo.
“Presto.”
Aveva applicato la magia al combattimento e senza utilizzare alcuna formula magica. Nemmeno lui a nove anni era in grado di fare ciò. Strabiliante, pensò Syter. Ora capiva perché Katzehin, uno dei tre maestri pomeridiani del ragazzo, lo elogiava in quel modo.
“Maestro?!” esclamò Ologold.
“Dimmi.”
“Ti ricordi le teche degli elementi che hai messo in camera?”
Lo stregone capì subito a cosa si stava riferendo: poche settimane prima aveva infatti predisposto delle sfere di cristallo nella sua stanza, erano quattro e dentro ognuna di esse si celava uno degli elementi della natura che costituivano la magia: acqua, fuoco, terra e aria.
Il compito che gli aveva affidato era semplice, doveva provare a infilare la mano in ognuna di esse ogni mattina, quando sarebbe arrivato il momento, avrebbe capito a cosa sarebbero servite.
“Ebbene?” domandò incuriosito Syter.
“Credo che il fuoco mi abbia scelto, ho infilato il braccio attraverso il vetro e mi sono sentito pervadere da un calore indescrivibile, sono svenuto e mi sono risvegliato poco prima della nostra partenza” spiegò il ragazzo.
“Bene, molto bene. E come te la cavi?” lo incalzò il maestro incrociando le braccia.
Ologold unì le sue mani e, allargandole poi verso l'esterno, evocò un immenso drago infuocato che andò a dirigersi verso l'uomo che aveva dinanzi. Syter rispose annullando l'attacco in avvicinamento con un getto acquatico.
“Niente male” commentò lo stregone.
“E questo?!” insistette Ologold con aria provocatoria mentre il suo corpo veniva lentamente circondato da una barriera rossastra infuocata.
Ora era il suo mentore che lo guardava con aria esterrefatta, mentre contemplava le fiamme vorticanti che lo avvolgevano. Gli antichi l'avevano nominata barriera mistica, un'arte che non faceva parte della magia, si manifestava soltanto ai prescelti o a coloro che riuscivano a dominare dopo anni il proprio elemento primario. Quel ragazzino riusciva a stupirlo ogni giorno di più.
“Posso vedere la tua?” chiese Ologold.
“Sì, ma ricordati che questo non è un gioco, utilizzala solo in casi eccezionali” raccomandò il maestro.
Syter si concentrò per un attimo e ad un tratto, dal nulla comparve la barriera perfetta: lava incandescente rappresentava il fuoco, burrascosi oceani rappresentavano l'acqua, potenti uragani l'aria e fluttuanti tempeste di sabbia, la terra.
Ologold distolse però lo sguardo da essa, perche la valle ghiacciata al'improvviso cominciò a tremare, il cielo divenne nero, come se un una nube maledetta avesse oscurato il mondo, un tuono squarciò infine il tetro panorama prima di abbattersi sul ghiaccio poco lontano.
I due si guardarono intorno mentre le barriere mistiche che li circondavano si spensero assieme alla luce del giorno. La magia prima iniziò a perdere la propria intensità e infine, dopo aver emanato un'ultima scintilla, cessò di brillare, proprio come una lampadina giunta alla fine della propria esistenza.

Omar Costenaro

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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