Carta e penna ce le avevo
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BARCHE DI CARTA Carta e penna le avevo Avessi potuto, avrei disegnato Colorando di Sogni il passato Se potessi Canterei alla morte Di quanto avara è la sorte Di chi nasce Un po' per caso Un po' poeta Come vaso di creta Plasmato a piacere Dal Vento Uno su cento E già siam troppi Uno su mille? Come scintille Fuggiasche Vuote le tasche Scappate dal fuoco noi siamo Siam tra i boschi, ora nei laghi, Sulla cima del Monte Ci fermiamo un poco, Sugli scogli bianchi, Noi, stanchi, Per riposare Come barche di carta Senza nocchiero, Nel mare ormai perse Ci facciamo mistero.
SETE Non bevo per sete Il ben più allegro vino, Che, dolce al palato, Mi par sopraffino. Papille si fondono, Pupille si accendono, Di ardire beati, Completi ubriachi. La festa si fa, Mestizia settimana, Di sabato, si sa, La vita è un poco strana: Tutto vale, è un Carnevale. Sono in giro molte maschere Che, finalmente escono, Dal lor settimanale E redditizio impiego, Divertire si vogliono, Liberi dal sussiego.
LA SCATOLA Apriam dunque la scatola, contiene ori e preziosi, che fu da un tempo immemore, che furon di viziosi circoli assai esecrabili e giri di denaro. Purtroppo è un dono vano l'aver questo tesoro che reca sorte infausta a chi ama solo l'oro. Lor bene e presto intendono di farci su l'affare ma capire non possono il vero suo valore. La scatola è sorpresa, finchè rimane chiusa, ma poi, una volta aperta la bocca del leone ed il vaso di Pandora comincerà stagione finor del tutto nuova a questa mia tenzone, tra Te, me ed un Maestro che ci insegnò la Vita, ma poi se ne andò presto tra i Cieli a benedire le anime dei poveri che ancora han da venire.
SEMISERA Mi dice tale Gianni, si tratta di uno serio, che scrivo gran cazzate e queste sono nate dalla mia testa mesta. Ora ti faccio festa, ti dedico una rima che, come ora, mai prima, mi viene dalla pancia. Mi scrive dalla Francia, che lui grande poeta, nella vita si arrangia con la sua gran moneta. Sarai anche uno ricco, ma in culo io ti ficco, con un po' di ironia, questa mia poesia. La sera si fa presto, ma ora non è l'ora, che siam di pomeriggio, e qui fa caldo ancora. Orsù, cosa ci vuole a dirmi nella faccia che la mia rima odi che tali spesso taccia di tristezza infinita. Sepolcri ve ne andate ad imbiancar cazzate. Sei un imbratta muri e qui son tempi duri per quelli come te, ma ora c'è il caffè, perciò qua la finisco, che intanto me ne infischio.
GRONDA UNO SCRONDO Dall'onda bagnato giocondo e stupito Riman come Scrondo Grondando divertito, che pure la Scronda, sua amica invereconda, irriverente e tonda, non sa fare a con l'h. Soggiacciono i due, sullo scoglio aspettando di stelle cadenti, di lustri sentieri, di pigre mollezze, mollanti schifezze, che per ogni poro, par luccichi d'oro, sempr'arie si danno. Mannaggia a quei due! Che scrondi che sono, l'amica e anche lui, di Scrondo hanno il suono.
UN PO' D'ETICA IN POLITICA È ora Di scegliere ancora Da quale parte stare. Coi buoni o coi cattivi? Lo gridano a gran voce Dai puliti, e la gente Confusa da un saccente Piano promozionale È certa di restare A fianco di vincenti Partiti oppure forti Poteri istituiti Da chi li vuole morti. Teniamo chiusi i porti O apriamo verso il mare La nostra anima candida, Per poter navigare Su quelle antiche rotte Che furono corrotte Fin dai remoti tempi Di Guelfi e Ghibellini Di lotte ed intestini Giochi di potere Meschini desideri Di onori senza onere Mi danno da pensare Che è ora di cantare Al posto di una muta Paura e singolare Voce di chi rifiuta Di vendere anche il mare. Un nuovo dio narrante Mi è entrato nella testa Non sono io a parlare, Ma lui, da una finestra: -Su quanto è brutto il mondo ne han fatto girotondo, ma chi alle vie di fatto passare poi dovrà si dice il Cittadino che da sborsare avrà per dare a quei cretini che stanno al Parlamento, stipendi e bonus varii al Governo, tutto quanto. I furbi già lo sanno non c'è pena di morte andiamo, presto e subito incontro a miglior sorte! Se poi sopravviviamo, l'Italia a noi aprirà tutti quanti i suoi porti e tanta libertà di far ciò che ci pare, affare losco o vendita, il bel Paese sarà costretto a far di un fascio ogni singola realtà. Poi dicon dei razzisti Di questi italiacani Si chiamano leghisti A noi rompono i piani Di fuga o d'invasione? Aperta è la tenzone Per la mondovisione Tra il Premier e la crucca Che in fondo al mar si butta Per 5mila euro Farei anch'io di meglio. Senz'altro io non vado In un altro paese A rendere del tutto Le regole di Stati Inappropriate o invalide, Per favorir gli scali. Sono 42, quei poveri africani Tu vivi in un castello Con i tuoi sette alani. Portateli tu a casa Che hai bella e prosperosa Che noi dall'indigenza Parliam come potenza Votante di una Italia Che poveri ci ha resi, Son tutti manigoldi, Corrotti e pure ingordi. Già ci pensò Platone Nella sua grande opera Ed anche Cicerone Lo scrisse in una lettera: -chi vuole governare, alcuna proprietà lui non può amministrare. Che già amministra isole, penisola e le terre che alcune Noi perdemmo durante le due guerre. - Come sarà la terza? Si chiede la mia testa... A me già ora sembra che noi ci siamo dentro, Che sia quarta, o la terza, Stagione di episodi Che saga cominciò Già con Romano Prodi. È facile assai scrivere Chilometri di pagine Su quanto siano brutti Leghisti ed ignoranti Vorrebbero che i tanti Che fan delle promesse Fossero tutti uguali Al loro Presidente. Se questa è la politica Tenetevela voi, Per me già è una fatica Il viver quotidiano E al vostro triste piano Di fare dell'Italia Lo scarico di Europa Rispondo con le rime Su quanto sia la poca Coscienza di ogni cosa A farvi dire in prosa Che siamo brutte anime E che sia nostra la colpa Se delle Vostre case Chiudete voi la porta. Dovremmo accogliere tutti Siam proprio tanto brutti Perché ci mancan soldi Diritti ed un lavoro Per render la Repubblica Il giusto suo tesoro. Abbiamo arte e industria Però è dei porti e basta Che voi vi interessate Facendo degli sbarchi Le vostre sporche crociate.
MATEMATICA LIBERA Se non saranno i numeri A darmene ragione Sarà la libertà Di scrivere il copione Che vo ad interpretare. Noi tutti attori siamo, ma quando non possiamo fare ciò che più garba nell'animo ciascuno di noi sente il richiamo che come una foresta di numeri che ho in testa comincia lesta lesta a scriver la mia mano un, due, tre , quattro, cinque, il tempo con il piede lo tengo qui un momento per invitarvi al ballo di numeri al castello adornato di liberi cedri del Libano. Parole come numeri Che stan sempre a far festa è come una sequenza che è già dentro la testa, di sillabe compiute per troppo taciute.
INSALATA CON DITA MI SFOGLIO Su pagine voglio Voltare le vesti Che tu mi dicesti: -sei bella- mi spoglio, per farti piacere con queste mie righe da farti sentire il ben che ti porto in dono ti dono me sola io sono dai poveri gesti. M'inchino un pochino Reclino il mio capo In Te riconosco Il mio più bel bosco Di fragili foglie Che del tanto dentro Io, vuota, mi dolgo. Di fronte ho Te solo Mio unico faro, s'è sera mi perdo al tuo dolce riparo.
LEGITTIMO FELICE Sono figlia del mio tempo E di ciò io non mi pento. Se di un'opera si tratta Non è affatto di un'astratta Melodia fuori dal coro, Piango con lacrime d'oro. Le monete, e non ti mento, M'interessano assai meno Dell'imperitura gloria, Oltre la soglia, Di chi è caduca foglia Che di primavera versa Come salice in tempesta Tutto ciò che ha nella testa. Sono certa, io non mento, Come chi è una rima fuori Ma da dentro sono orrori. La vergogna non mi manca Per confondere una stanca Melodia di gran parole Che d'autunno cascan sole Sul tappeto erboso ormai Divenuto una raccolta Di una foglia e poi di un altra. L'esser viva non mi manca Ma il potermi annoverare Tra i messaggi da salvare Benché presto, ormai si sa, Perderà d'identità Anche questo mio ultim scritto A favor di chi è più ricco. È una vita, e i suoi affanni, Così è, non farne drammi, Impariamo ad aspettare Quando? È il Tempo A comandare. Io a Lui lascio questa sola Mia, non ultima parola, Mentre spero vivamente Che felice sia la gente, Ma legittimamente.
LEOPHARD Truccata ora mi sono Per essere più bella E far buona figura, Un'ottima pagella I voti sono alti Così come la scuola Frequento al terzo piano E ciò un po' mi consola. Non vola la Gallina Anche se le ali ha, Pinguino è pur uccello Che le sue uova fa. Non cova come gli altri L'uccello dell'Antartide Perché rimase privo Nel gelo del suo covo. Di sei in sei le uova Io dodici ne ho fatte Che poi le ho strapazzate In rime un po' inesatte.
DIVINA COMMEDIANTE Chi non vorrebbe essere Più grande di uno simile, Che fu da tempo immemore Di onori a Lui asserviti Che tutti i gran poeti Vi furono riferiti. Lui scrisse. È questo il punto. Dalla Commedia in poi Nulla così fu fatto. E, cosa assai più bella, È un'altra, in fin dei conti, Ed è che 'sti poeti Son quasi tutti morti. Sai l' essere con Dante Sui banchi della scuola? Che tedio l'insegnante Su quanto bravo è Dante. Ma all'oggi non c'è scampo In questo grande campo Di racconti intensivi Di chi resta tra i vivi Pur sperando che un giorno Vi si faccia ritorno Con lo studio di libri Ed ai posteri figli Che di postumi versi C'è abbondanza di sprechi Continuiamo a suonare Come poveri ciechi Alla luce nascosti Ingobbiti dai nostri Più pesanti fardelli Leopardi novelli Nella giungla autoriale Ci vogliamo mostrare Commediando cantiamo Questo coro innalziamo Sindacati dei sogni Ora alzatevi lesti Che son pieni gli scrigni Di segreti funesti.
APP LAUDO Laida applaudo Di esotiche rime Il mio cuore redento Torna piano al suo grembo Di frenetico limbo Come estatica quiete La parola conduce Verso rive di versi In idiomi ormai persi Che chi scrive in inglese O italiano o francese Cambia accenti Ed uccide Vile l'ego dirige Socchiudendo le imposte Per dormire d'un sonno E di un epico inganno Tra la veglia e la notte Ecco farsi le ore Di ben note mattine È di nuovo chiarore Non si spegne la luce Di quel sole di giugno, Che la luna accompagno Nel suo languido verso Di ritiro, ha ormai perso Il bagliore notturno Senza zaino mi tuffo In un lago di sogni Dove tutto è più terso.
COME STAI? STO NATA A natale dirai Che dovevo morire Nei pensieri di chi Ha voluto predire Un brillante futuro E felice sicuro. Ma Tristezza mi piacque La sua grande mollezza Come acque divine Che il bel mondo disprezza. Alla fonte di Icaro Non scordai di fermarmi Per volare nel Sole E le ali bruciarmi Di pennuta o pennata Di una penna dotata Depennata in appello Come povero uccello Da quei cieli cacciato Da barbaro peccato Di Superbia ho esultato, Senza rendere conto Delle ali di cera C'era Luce la sera Era una candela nera.
ALBEGGIA UNA SCO... Guarda! Albeggia... Sono puzzette di angeli In cerca di una casa Aleggia sulle nuvole Odore di scoreggia. Se questo vi fa ridere Provate a immaginare Che tutta la bellezza Che potete ammirare In un soffio Fu creata Da puzzette ben più grandi Da lasciarci le mutande Mentre odor di Universo Si espande. E fu un Dio A fare questo, Né mutande, né Biopresto, Che dai mille colori Venner fuori gli odori Che noi oggi aborriamo Come peste lì trattiamo Ma, io vi dico, Dall'alto del mio scranno, Che mia meta è il metano Che fuoriesce dall'ano Come un buco di culo Di universo venturo Ha creato il creato Di saper non è dato. LA PEPPATENCIA Davanti ad uno specchio Siam tutte damigelle Chi dama d'oro o coppe Chi di denari ha molti Ma della Peppatencia Nessuno vuol parlare Che, dietro quello specchio Le assomigliam parecchio. Lei viene disprezzata, Che dama sfortunata Sarà per via del picche Che pare porti sfortuna, Che è una bella carta In fondo come nessuna. Se lei è assai diversa Dipende dalla gente Che prima dice picche E poi non dice niente. Rendiamole ora omaggio A questa Peppatencia, Ha proprio un bel coraggio Nell'essere diversa E qui sta il suo valore, Nel non aver paura Di essere nel mazzo La regina più scura.
QUADERNO A COLORI Acchiocciolato a chiocciola In fondo ad una scala Tra ragnatele e ratti Se ne stava. Poi tutta quella polvere Che si scrollò di dosso Finì in un posacenere Posato lungo un fosso.. Le gambe a penzoloni La testa a guardar giù Un soffio di tabacco Tua unica virtù. Non sei poi così candida Amica mia speciale Che, dentro la tua anima Ti fanno ancora male Le parole ed i giudizi Di chi parla dei tuoi vizi. Guardassero le loro Estreme povertà Di esseri perversi Che già tu hai i tuoi versi, In essi ti consoli Sperando che risuoni Quell'eco suo bellissimo Che hanno per te i suoni. Son sette meraviglie, Come l'arcobaleno Che a te sembrano musica Di colori strapieno È il quaderno di quell'eco Che viene da lontano
UN PO' TAGLIENTE E non posso calmare La burrasca marittima Di parole che ho in tasca. Paura di sbagliare Io adesso più ne ho Che prima di dormire Mi metto a sbadigliare. Con una cantilena, Che addormentar mi fa, Si crogiola il Poeta Pensando: - è questa qua- La rima sua più bella Ancor ha da venire Che il pensiero àncora Sulle sue basse mire. Amica mia non piangere Se il mondo non comprende Che tu non sei cattiva Sei solo un po'... E.. Tagliente, ti fecero Affilata con bava Di serpente. La verità assoluta Nessuno qui ce l'ha Da dove sia venuta Nemmen questo si sa.
PO'... E SIA Che scorra lungo il fiume L'aver sempre ragione, A me non interessa Se passo un po' per fessa Conosco l'italiano Ed è un pochino strano Che grandi luminari Per me senza alcun pari S'accingano alla meta Di parole di creta Lo scrivo, poi lo dico Vi grido: - giù dal fico! - O voi, alti papaveri, Che più pensier mi danno, Quei pochi altolocati Di anima lo sanno. Son buona, ma non stupida, La Vostra guerra tiepida D'onori e di gran fama Immemore nel Tempo Vi rende pigri dentro. Voglio restare piccola, Lo dissi in altra rima, Perché chi sta con gli umili In Cielo arriva prima.
È ORA DI DORMIRE Che i sogni, poi, arrivano Aspettano Morfeo In fila come al cinema. Si guarda la TV, Ed ecco, il sonno è qui Appeso sulle palpebre, Un salubre riposo Si augura ben memori Della leggenda antica Dei Pisani sugli occhi Ed ecco, si fa il sonno, Arriva su quel ciglio Che sta dietro la veglia. È come avere un film Già dentro la tua testa Che i sogni presto arrivano E poi domani è festa Che si vuole scoprire Com'è andato a finire Quel sogno che la sveglia Troppo presto interrompe Lasciandoci il sapore Di un film senza il finale.
LA SAI L'ULTIMA? Prometto, questa è l'ultima, Ma ridere mi fa, Gallina e un po' pavone Io sono in verità. Sappiamo bene tutti Cos'è la vanità Che il plauso noi cerchiamo E gran notorietà. Se poi arrivan soldi Che fai tu? Non li prendi? Ma il soldo è solo l'ultimo Tra i nostri tre pensieri Che prima vengono facili Altri due desideri : L'uno è un applauso vero Con piglio assai sincero Di un pubblico che ascolta Di noi una raccolta. Il secondo è una silloge Poetica, s'intende, Che superi in bravura Quelle dell'altra gente. Una sinossi tattica Cerchiamo a più non posso Per far dei nostri versi Di una collana osso.
FAMMELO BUONO Bello alcolico, ti prego, sul gin non lesinare, fai scendere il tuo ego da quel piedistallo su cui ti hanno messo, ma attenta! Che anche un fesso si accorge di quel nesso che manca al tuo cervello. Nella tua mente manca, poiché sei nata stanca, quel senso di fatica, che vuoi che tiu dica? Ti fan solo piacere Quei soldi e le due chiacchiere Di un tipico mestiere Di chi non sa studiare, che nulla si può dire, ti resta il sol tacere e il pianger per le rime di questa sporca sguattera che ti ha fatta arricchire. POKER Piano piano anche la sera lascia il passo a questa notte che si fa ancora più nera sotto queste fitte note. Troppo è troppo, mal sopporto chi vuol mettermi alla porta, che da sola me ne parto avanzando qualche scorta, pochi sogni per la notte, senza occhi gioco a carte, con la vita estratta a sorte, ch'è di poker la partita. CREATINA CREATIVA Di gabbiano ha il soppracciglio, del gran capo ha sempre il piglio, non sa scrivere il suo nome, ma le tasche ce le ha buone. Lui per comandare è nato che sa fare poco altro se non dirti cosa fare come un vero generale. Va che uomo abbiamo qui, con i muscoli ed il resto, che fan uomo l'altro sesso, chi ti credi? sei fesso? forse sì, tu sei belloccio, ma cervello non ne hai, creatina a più non posso, per aver gli sguardi addosso. Sai che pena che mi fai? Vorrei dir di te...non posso.
BIANCO E NERO Un po' di bianco e nero, Ridotti all'essenziale I tratti e la tua luce, che va a fare la pace con gli angoli di ombre, curva la stessa immagine. Un quadro, in nero e bianco, Da quando, in quello stanco Assol di pomeriggio, Coi fucili spararono Che quattro ne hanno uccisi. Il sangue scorre piano, Macchiati anche i sedili Di bianco rivestiti Del pullman che, fermato, diventa la Tua tomba. Rimbomba un altro sparo. Hei tu! Sta a terra. Stesa! Allunghi la tua mano, ne esci, infine, illesa nel corpo, ma la mente malamente ricorda, anche controvoglia, che ti han resa sorda In quel tuo primo viaggio. Non trovi più il coraggio Di scrivere a colori, che del sangue gli odori dal foglio tuo risalgono. Non è abbastanza intenso Il rosso, che di un denso Colore un po' più scuro Si fa il tuo segno, duro. Son pietre le parole, rotolano da sole, miliari al capolinea di quella triste gita che ti rese una vittima: hai perso il Tuo colore, ricorda ora, ti prego! Adesso nel dolore Di viola vai vestita, Violenza di violetta Mai fu più profumata.
Laura Gallina
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