La sfera di plastica di colore bianco è rimandata a una velocità tale da esigere da parte della bambina, otto anni, un'adeguata risposta. – Papà, non sono io la più brava? – dice con tono compiaciuto, mentre gioca a pallavolo con il fratello di due anni più grande nell'ampia terrazza situata nel retro della casa, nell'occasione divisa in due da una corda tesa per delimitarne l'area di gioco. – Più brava un corno! Prova ad alzare un po' più la palla, se ti riesce – risponde il fratello, mentre papà, intento ad annaffiare i fiori nella piccola aiuola, sembra gradire il simpatico, frizzante scontro d'idee dei suoi ragazzi. – Sì, è lo spirito giusto per diventare dei veri campioni – osserva il padre. Tutta l'energia che il ragazzo ha dentro la sprigiona in una veemente battuta della palla. - Prendi questa! - La sorella non viene per nulla intimorita tanto da rispondere alla grande. Nel frattempo la donna di casa sta sistemando alcuni indumenti in un armadio, quando sente suonare alla porta. – Chi è? - – Polizia! Apra la porta! - Presa da un improvviso stato di angoscia, la donna rimane come pietrificata. – Non abbiamo molto tempo da perdere, si sbrighi ad aprirla. - – Un attimo, vado a chiamare mio marito – dice la donna dopo aver guardato dallo spioncino. Trascorre qualche minuto prima che l'uscio si apra quel tanto consentito dalla catena di sicurezza. - Cosa volete? - – Se vi decidete a farci entrare, vi assicuro che tutto sarà chiarito. - – Avete un mandato? – chiede l'uomo. – Sicuro! – replica il poliziotto. La catena dalla porta viene tolta, simultaneamente una mezza dozzina di agenti in divisa e in abiti civili, pistola in pugno, irrompono sparpagliandosi all'interno dell'appartamento, rovistando in ogni angolo dello stesso. – Dov'è? – domanda un agente in borghese. – Non capisco! Non so di cosa stia parlando! – risponde sbigottito il marito della donna, mentre sopraggiungono nel soggiorno i suoi due figli. – Chi sei tu? - – Il padrone di casa. - – Allora, padrone di casa, dove sta Mauro Bonfiglio? - – Non conosciamo nessun Mauro Bonfiglio. Siete entrati in casa nostra come dei selvaggi, che cosa vi ha autorizzato a farlo? Ha detto di avere un mandato, vorrei vederlo se non le dispiace. – - Basta con queste fesserie, non stiamo giocando a guardia e ladri. Come vi chiamate? - – Antonio Pacelli. Lei è mia moglie. - – I vostri figli? – dice il poliziotto in abiti civili facendo cenno ai due ragazzi. – Sì. - – Qui non c'è – dice un collega dell'uomo. – Non c'è nessun'altra persona in casa. - – Da quando tempo abitate qui? - – Quattro mesi, sì, all'incirca quattro mesi. - Il poliziotto si guarda intorno con irriverenza tenendo in pugno col braccio abbassato la sua pistola semiautomatica, mentre i suoi uomini con le rispettive armi si muovono nel soggiorno come fossero automi, non curanti della presenza dei bambini. - Stai forse pensando che abbiamo preso una cantonata? - – Mi sembra chiaro – risponde Antonio Pacelli. - Tranne che non abbiate da dimostrarci qualche altro motivo il quale vi ha spinto ad autoinvitarvi da noi. Comunque, può capitare, anche se non ho condiviso il vostro modo irruento di presentazione. - – Probabilmente questa bella casa non è più la dimora di Bonfiglio, ma ti posso assicurare che lo si è visto aggirare nelle vicinanze un paio di giorni fa; quindi, se fossi in voi, me ne guarderei bene nell'ostentare tanta serenità – l'uomo continua a guardarsi intorno. - Non ho mai avuto una buona memoria, ma voglio confessarvi che qui non è la prima volta che ci entro, e non mi sembra proprio che ci sia stato un cambio di arredamento. Non so se mi spiego. - – L'abbiamo presa in affitto così, già arredata – interviene la donna. – Pensiamo di comprarne una al più presto. - – Saggia decisione. - I bambini si stringono l'uno con l'altra. – Tornate a giocare – dice la mamma. - Non c'è motivo che stiate qua. - Il loro silenzio non equivale in questo caso a un atteggiamento di obbedienza. – Avete un regolare contratto di affitto? – chiede il poliziotto. – Sì, certo – replica il signor Pacelli. – Allora doveste sapere che il vostro padrone di casa è Mauro Bonfiglio. - – A noi risulta che sia Katia Allevi. - – L'irreprensibile cognata. - – Sentite, a noi non interessa quello che fa questa gente, o volete per questo accusarci di superficialità? - – Potrebbe essere un valido motivo, non crede? – replica il tutore dell'ordine, mentre si sofferma a guardare l'ampia scollatura della donna, la quale, a scanso di equivoci, decide un po' goffamente di restringergli il campo visivo chiudendo il bottone della camicetta. - Mi sembrate una brava famigliola perché vi si possa immaginare impelagati in situazioni torbide – dice con un'espressione sornione l'uomo. - Ma, a volte ci si trova dentro senza nemmeno saperlo, con conseguenze non proprio gradevoli. - Antonio Pacelli e la sua famiglia sperano che gli indesiderati ospiti tolgano quanto prima il disturbo. – Be', qualsiasi cosa vogliate chiederci, saremo a vostra disposizione in qualsiasi momento – dice l'uomo. – Ne siamo convinti – replica il poliziotto, non risparmiando l'indiscreta attenzione nei confronti della piacente figura femminile che ha dinanzi. - Il Bonfiglio ha degli interessi, oltre ad avere stretti legami familiari, qui nella zona, quindi se doveste vederlo vi esortiamo a comunicarcelo – continua il poliziotto, mentre i suoi colleghi rimangono immobili come belle statuine con le pistole impugnate rivolte verso il basso. – Mi sembra alquanto improbabile che ciò possa verificarsi, non conosciamo il suo volto – dice Pacelli. – È molto strano, è famoso quasi come un divo del cinema. Provvederemo comunque a farvi avere una delle sue migliori foto. Vi servirà anche a evitare delle brutte sorprese. - – Ci spiace, ma viviamo un'esistenza ovattata. Tutto quello che succede nel mondo ci mette paura. – – Più che ragionevole. - – Non so nemmeno come mai vi abbiamo fatto entrare. - – Per paura. Immaginavate che avremmo in ogni caso buttato giù la porta. - – Sì, deve essere così... non tanto per noi, ma per i bambini, capisce... - – Certo. - risponde il poliziotto, volgendo il suo sguardo malizioso e conturbante alla donna. - Fuori è infestato da balordi di ogni genere, capaci d'inaudita violenza. - – ...si è fatto tardi, dobbiamo prepararci in fretta per andare dal dottore – interviene lei, consapevole di apparire agli occhi dell'uomo come un irresistibile fonte di desiderio. – Forse i bambini preferirebbero tornare a giocare. - Il marito si avvede con notevole disappunto dell'evolversi della situazione. - Signori, se non abbiamo nient'altro da aggiungere, vi prego di lasciarci ai nostri inderogabili impegni. - – Togliamo il disturbo, naturalmente – dice il poliziotto con un'espressione sibillina. - Spero almeno vi fidiate di noi, perché in caso contrario sareste veramente molti soli... - i suoi colleghi decidono finalmente di deporre le pistole nelle rispettive fondine. – La vostra presenza, se proprio ci tiene a saperlo, non ci è stata di conforto – ammette Pacelli. - Anzi, per certi aspetti è da considerare deleteria. - – Non si rende conto cosa sta dicendo; pensi, se a entrare a casa vostra fossero malviventi, o peggio ancora, psicopatici e stupratori – replica con decisione il poliziotto. - Alla fine è sempre da noi che vi rivolgete per difendervi da questo marciume. - – Lei sta esagerando! Non può venire a casa mia parlandomi con questo tono, dinanzi a mia moglie, i miei figli... - – Mamma... - – Tesoro, non preoccuparti, capita anche tra noi adulti di trovarci in disaccordo – la donna stringe a sé la sua bambina. – Vi chiedo di lasciare immediatamente questa casa! – tuona secco Antonio Pacelli, mentre si avvia ad aprire la porta. – Stai perdendo le staffe – replica con tono serafico il poliziotto. - Non sei un bel vedere agli occhi della tua famiglia. - – Ora basta! Qui non c'è, andiamo via – interviene un collega in borghese. I poliziotti escono uno ad uno dall'appartamento, quello che sembra essere il loro superiore si ferma per ultimo sull'uscio. l'uomo prima di andare via “regala” un lieve sorriso, tagliente come una lama sottile, mortificando ancora di più l'intera famiglia. – Chi è questo Mauro Bonfiglio? – domanda la donna. – Non lo so, probabilmente abitava in questa casa prima di noi. Un poco di buono – risponde il marito volgendo lo sguardo ai suoi ragazzi, rimasti immobili, turbati nella loro innocenza, risucchiati troppo presto da una realtà cinica, violenta.
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In un ambulatorio veterinario, l'uomo, assistito da una giovane bella donna, sta eseguendo un delicato intervento chirurgico di ripristino di un'ala a un'aquila.
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È una serata calda, una macchina della polizia si ferma dinanzi a un palazzo. – A domani – dice l'agente rimasto alla guida dell'autovettura. – Ok, ciao. - L'uomo con indosso l'uniforme da poliziotto, dopo aver salutato il suo collega, si addentra nell'edificio, chiama l'ascensore e vi entra non appena arriva, seguito senza accorgersene da una persona. – Io salgo al sesto piano – dice il poliziotto allo sconosciuto, il quale non lo degna neanche di un pur minimo sguardo. Con visibile disappunto a tale atteggiamento, l'uomo preme il pulsante del sesto piano. Lo spazio angusto dell'ascensore annichilisce la più ostentata sicurezza, fa affiorare nella mente la propria vulnerabilità; il poliziotto non ha il tempo per pensare ed attuare una concreta strategia di difesa e, mentre tenta goffamente di estrarre la pistola, il braccio medesimo è infilzato da un lungo coltello a serramanico. Il lacerante urlo di dolore è soffocato dalla mano dello sconosciuto messa sulla sua bocca, poi, estratto il coltello glielo conficca violentemente nella gamba, e ancora vibrato all'addome. Il poliziotto moribondo si lascia cadere sul piano dell'ascensore; la bussola si apre, mentre l'assassino si allontana dopo aver avvolto il coltello in un pezzo di stoffa e messo dentro uno zainetto.
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– Presto ritornerà a volare – dice Bruno, un prestante uomo di mezza età, riferendosi al rapace da poco finito di operare. – Sei stato bravo, un meritato plauso al mio amatissimo papà – risponde Federica. – Non me lo sognerei nemmeno di ottenere questi risultati senza la mia valida collaboratrice e adorata figlia. - Con indosso il camice da lavoro i due familiari si lasciano andare in un abbraccio affettuoso. – Trascorreremo insieme una bella vacanza, da ricordare per tutta la vita – continua l'uomo con un'espressione compiaciuta. – Non faccio altro che pensarci – afferma la giovane donna. - Anche se provassi a nasconderlo il mio viso ne sarebbe sfacciatamente testimone. - – Già, sprizzi gioia come una ragazzina da riuscire a contagiare perfino un vecchio orso come me – – Un vecchio orso piuttosto atipico – dice col sorriso sulle labbra Federica, mentre adagia il grosso uccello, sotto l'effetto dell'anestetico, all'interno di una gabbia. - È un bellissimo esemplare. - – Sì, forse tra i più belli della sua specie – ammette Bruno. - Purtroppo ne sono rimasti un numero esiguo. È sempre un piacere poterne aiutare qualcuno – l'uomo si toglie il camice e lo appende. - Immagino a cosa stai pensando. - – Davvero? - – Certo. Avresti desiderato che sulla barca ci fosse assieme a te un altro genere di compagnia. È normale. - – Cosa intendi, un altro genere di compagnia? - – Un fidanzato, mi sembra ovvio alla tua età. - – Sarà ovvio, ma ti assicuro che non ci penso nemmeno. - L'uomo replica con un sorriso di simpatica incredulità. – Amo il mio lavoro e la mia bellissima famiglia e questo fa di me una donna felice – sostiene con estrema convinzione, Federica. - Chiunque abbia in mente di infrangere il magico momento, se la vedrà di brutto con me. - – Conoscendoti non ho dubbi, ma l'amore, credimi, è una cosa tremendamente folle, perciò, è consigliabile su certe affermazioni andarci cauti – dice il padre. – Interessante! Be', ora è meglio che vada, prima di finire in una di quelle trappole tremendamente sdolcinate – replica la donna, togliendosi d'impaccio con un amabile sorriso. - Papi, ci vediamo a casa. –
***
Bruno va ad aprire la porta. - Mi spiace, non volevo sembrarle scortese, ma come le ho detto, l'ambulatorio è chiuso. - – Sì, ha ragione, mi scusi – l'uomo, con indosso un'impeccabile divisa da poliziotto, appare desolato nonostante la sua faccia rude. - Non ho portato con me nessun animale da farle visitare, volevo solamente chiederle il suo parere sul mio gatto, piuttosto pigro negli ultimi tempi da mettermi paura. - – Spesso lo sono per natura, come noi esseri umani d'altronde – risponde Bruno. - Entri pure. - – Grazie. Mi auguro non ci siano animali feroci in giro per lo studio. - – È proprio di loro che dovrebbe avere paura, non del suo gatto – replica con ironia il dottore sedutosi dietro alla scrivania, invitando il poliziotto a fare altrettanto dinanzi. - Cos'ha esattamente? - – Improvvisamente sembra stanco, con sempre meno voglia di giocare, insomma, non è più il gatto giocherellone di prima. - – Quanti anni ha? - – Quattro, forse cinque anni – l'uomo si guarda intorno. – Pensavo di trovare una donna. Voglio dire, una dottoressa. - – Si riferisce a mia figlia, è andata via pochi minuti fa. Se desidera parlare con lei, la prossima volta si ricordi di non fare così tardi. - – Niente di personale, l'amico che mi ha indicato di venire qui ha usato parole di stima nei confronti di sua figlia. - – Non posso dubitarne. Pensa ancora di parlarmi del suo gatto, o crede sia meglio rinviare il colloquio e affidarlo totalmente alla dottoressa? - – Non potrei mai mancarle di fiducia per quello che ha fatto, e poi, lei ne è il maestro. - – Bisogna dare spazio ai giovani – commenta Bruno. - Da dopodomani noi non ci saremo per una settimana, al nostro posto ci sarà un valido sostituto, se a lei va bene, posso prenotarla... - – Preferisco che siate voi a visitare il mio gatto. - – Vuole dire, mia figlia. - – Faccia lei. – Tra quindici giorni, va bene? - – Ok. - – È necessario che porti il suo gatto. - – Certo. Nessun rancore? - – Niente di personale. –
Salvatore Scalisi
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