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Autore: Paolo Ninzatti
Il volo del Leone
Avventure
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Il volo del Leone
C'era una volta un mondo che cambiava...

Anno del Signore 1482. Milano
– Un mago, state affermando? Qui in città? Alquanto strano, comandante; suvvia, vi conosco come una persona con i piedi per terra. Mi meraviglio come proprio voi possiate credere a una storia del genere.
Le parole sfidarono il vocio e i rumori della locanda affollata, come uno stormo di uccelli che avesse attraversato una nuvola temporalesca, arrivando all'orecchio della giovane servetta Matilde del Fioretto. La fanciulla riuscì anche a percepire la replica: – A volte bisogna rivedere le proprie credenze davanti a determinati fatti, luogotenente: costui è giunto al Castello soltanto ieri, e già corrono un sacco di dicerie su di lui, cose da non credere. Sua Altezza percorrerà vie contorte, se deciderà di assumere quell'uomo al suo servizio... Benché non stia certo a me giudicare le scelte del duca.
La frase si impresse nella sua mente come una freccia che, passata per pura fortuna attraverso una feritoia, si fosse saldamente piantata in una parete.
Pura fortuna? Scherzo del Fato? Oppure...?
Strano, per un attimo ogni altro suono si era era attenuato come per fare in modo che lei udisse quel brano di conversazione. Aveva visto qualcosa che dopo pochi battiti di cuore era stato dimenticato. O se l'era soltanto immaginato? Un sogno di giorno? Forse, ma quelle parole erano state pronunciate, e soltanto questo contava.
Ripeté nella sua testa ciò che aveva appena sentito e cominciò a ragionare: le voci dei due avevano un tono serio e sobrio. Ripensò agli insegnamenti del suo maestro che sembrarono risuonare nella sua mente a viva voce, quasi lui le si trovasse accanto e le parlasse direttamente: Ricordati, qualsiasi informazione, anche quella all'apparenza meno importante o addirittura incredibile, può rivelarsi utilissima. Spiare è un'arte, mia cara, quel tipo di arte che concerne l'osservazione e l'interpretazione delle cose per poi dipingerle su una tela, formarle sul marmo, trascriverle sulla carta o narrarle a voce. Trascurerebbe il pittore o lo scultore la nuvoletta di sottofondo a un paesaggio agreste o la ruga sul viso della statua di un santo?
Ricordò gli incoraggiamenti: Hai un talento naturale nel saper osservare. Farai molta strada.
Infatti ora, a sedici anni soltanto, lei si trovava in missione da ben sei mesi sotto la finta identità di camerierina sempre sorridente, dagli occhi vivaci e seducenti che serviva vino agli avventori di quella locanda frequentata esclusivamente dai soldati del duca. Occhi però capaci anche di lanciare sguardi simili a dardi col potere di far desistere le libidinose manacce dei più scriteriati d'allungarsi troppo.
Risoluta, Matilde afferrò una caraffa piena e si gettò in pasto agli avventori sculettando e distribuendo sorrisi a destra e a manca, tenendo le orecchie ben aperte, cercando di localizzare il tavolo dove si stava svolgendo quella conversazione.
Passò al setaccio inutili suoni e frasi, come un cacciatore che seguisse soltanto il rumore della bestia da catturare.
Storie scurrili da letto, avventure amorose, fanfaronate da soldato, risse da osteria, fluirono via condite da rutti e risate sguaiate. Nel frattempo, in quegli attimi febbrili, Matilde cercò di dare un senso a ciò che aveva appena udito.
Un mago. Uno stregone. Esistevano? In tal caso buona parte di costoro era stata bruciata sul rogo.
Succedeva, di tanto in tanto. La gente distruggeva ciò di cui aveva paura, e se c'era qualcosa da temere, evidentemente poteva anche esistere. O forse soltanto in menti malate e intorbidite dall'ignoranza. Magari, invece, il “mago” in questione era soltanto un alchimista, un veggente o un ipnotizzatore. In ogni caso, che diavolo ci faceva un uomo del genere alla corte di Ludovico Sforza? Che piani aveva il Moro?
Certamente niente di buono. I suoi superiori dello spionaggio della Repubblica di Venezia le avevano dato ordini ben chiari: tenere d'occhio, senza scoprirsi troppo, ogni sospetta mobilitazione delle forze dell'ambizioso duca di Milano.
– Ho sentito parlare di armi inusitate – disse eccitata una delle voci sentite poco prima.
Finalmente. Matilde aveva raggiunto la sua meta
– Chiaramente negromanzia applicata all'arte bellica – rispose l'altra con tono saccente e colto.
Con la coda dell'occhio Matilde si impresse velocemente nella mente l'immagine di due ufficiali di mezza età: lineamenti fini, barba brizzolata l'uno e grigia l'altro, uniformi eleganti. Nobili, di sicuro; gente che sicuramente bazzicava la cerchia ristretta di Ludovico il Moro. Ebbe la conferma che ciò di cui stavano parlando non fosse una bazzeccola.
Matilde del Fioretto, si disse, diamoci da fare.
Non scoprirsi, mantenersi nell'ombra. Istruzioni date da persone altolocate a lei sconosciute, al sicuro in qualche umido palazzo a Venezia; ma il suo diretto superiore, il suo contatto, il suo maestro, l'aveva addestrata ad agire, se necessario, e interpretare gli ordini in base alla situazione.
All'ombra della pace di Lodi del 1454, che sembrava aver messo fine alle guerre tra gli Stati d'Italia, il Moro stava evidentemente procurandosi armi segrete con l'aiuto di chissà quale inviato da forze occulte. La cosa puzzava.
Al diavolo gli ordini e le istruzioni di chi non rischiava la pelle direttamente!
Ogni arma in mano allo Sforza sarebbe stata una spina nel fianco di Venezia. Da quanto aveva osservato fino ad allora, la Serenissima non aveva niente da temere dalle milizie del Moro. Buoni a parlare, vantarsi, ruggire con aria dallo stomaco, pronti a battagliare a letto con qualche prostituta o al massimo guerreggiare con piccole città di confine che Sua Altezza avesse voluto sottomettere.
I soldati e i marinai di Venezia, invece, erano avvezzi da decenni a un ben più potente, pericoloso e agguerrito nemico: l'enorme Impero Ottomano. I turchi infatti avanzavano inesorabilmente, avevano conquistato Costantinopoli e gli avamposti cristiani; le colonie e i possedimenti di Venezia e della rivale Genova in Levante erano caduti in mano ai musulmani uno dopo l'altro. Spesso le ostilità tra la Repubblica e il sultano venivano interrotte da trattati di pace e compromesso. Il suo maestro era stato agente della Serenissima nell'Impero Ottomano. Le sue parole echeggiarono di nuovo nella testa di Matilde come un cantico ripetuto più volte ma gradevole a riascoltarsi.
L'antica disputa tra Oriente e Occidente, e quella dei secoli recenti tra Cristianità e Islam, si sta di nuovo svolgendo. La Serenissima è quasi sola tra gli Stati d'Italia in questa lotta, sostenuta ogni tanto di nostri rivali di Genova. I turchi sono un avversario da rispettare. Un vero professionista non deve mai lasciarsi prendere dai sentimenti. Niente odio nei riguardi del nemico del momento né amore per la potenza amica. Soltanto fedeltà incondizionata alla Patria e alla propria causa. Perché gli avversari di oggi possono diventare d'un colpo gli alleati di domani. E viceversa.
Mentre riascoltava nella mente la sua voce, Matilde ricordò anche quel volto d'uomo sulla quarantina che mutava espressione, corrugandosi in una mal celata rabbia, mentre aggiungeva: Contrariamente al papa che, invece, propaganda odio e disprezzo contro i cosiddetti infedeli e parla di Crociate come ai vecchi tempi. I musulmani credono nella Guerra Santa e, coerenti, la praticano. I cristiani devono invece vedersela con le belle idee di amare e perdonare il proprio nemico. Teorie che mal si confanno ai misfatti che i fedeli a Cristo hanno commesso nel corso degli ultimi secoli: Crociate, Inquisizione e conflitti sanguinosi di interesse terreno.
Ricordò l'indignazione di quella concione mentre evitava di inciampare sul piede di un soldato corpulento seduto scomposto.
La Guerra Santa moderna si combatte con i cannoni del sultano che trenta anni fa divelsero le mura secolari di Bisanzio. Il nemico è ben determinato. I cristiani divisi e indecisi. La Roma dei papi di oggi è molto simile a quella imperiale del periodo della decadenza. Sua Santità Sisto IV della Rovere regna su una congrega di cardinali corrotti dalla lussuria terrena: amanti, figli illegittimi e orge sono all'ordine del giorno, e i territori della Chiesa vengono distribuiti a parenti e amici che si comportano come feudatari o signori laici!
A Matilde sovvenne l'espressione di sollievo dopo quello sfogo e quella raggiante allorché aveva ribattuto: Ma il vento della Storia soffia recando cose nuove. Guardati intorno: nuove filosofie più consone ai tempi teorizzano l'Uomo al Centro dell'Universo, l'Uomo Creatore. Arte, bellezza e sapienza hanno inondato l'Italia, facilitate dalla lunga pace, e fanno eco anche all'estero. La Luce sta ritornando dopo i Secoli Bui: una regola fissa della dinamica storica.

Paolo Ninzatti

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