L'infortunio.
Ogni giorno il duro lavoro scandiva il tempo del dormitorio. Le stesse facce, gli stessi luoghi, tutto uguale. La vita era il ripetersi delle identiche azioni in un ritmo costante, come un vecchio disco in vinile graffiato che suonasse continuamente le medesime note. L'aria rigenerata, raffreddata per renderla respirabile, avvolgeva quel tratto di pianura solo limitato artificialmente da un'enorme cupola di vetro oscurata, a protezione dei raggi ultravioletti che si erano fatti sempre più forti a causa dell'assottigliamento dello strato d'ozono. Era decisamente stremato Federico prima di potersi sdraiare, al rientro dal lavoro, sulla branda del suo loculo di quindici metri quadri, posta all'interno di uno di quei palazzi tutti uguali che occupavano buona parte del dormitorio. Si sedette per un momento su una sedia, appoggiando quel viso da ragazzino, nonostante i suoi trentuno anni d'età, su quel tavolino al centro del loculo, adibito al solo compito di mangiarvi. Le braccia attorno gli coprivano il volto, lasciando solo vedere quei suoi corti capelli rossi. Nonostante quel fisico possente, le attuali sedici ore di lavoro giornaliere si facevano sentire. Era tecnico all'impiantistica wireless del True Beyond in quella che era stata una piccola città a nord di un luogo storicamente chiamato Italia. L'aveva ricercata più volte nell'archivio storico del server, voleva saperne le origini, sapere perché si chiamasse così, perché fosse cresciuta fino a diventare il dormitorio più importante della zona. Amava conoscere il passato e amava quel suo nome altisonante di tempi passati, di una storia tenuta viva solo dai ricordi archiviati nel True Beyond: il ‘server' o anche popolarmente chiamato ‘l'Eternità'. Federico poteva avere notizie sulla storia più dettagliate rispetto ai molti grazie al padre, Geder Glavo, uno dei responsabili all'etica comportamentale dei cittadini, lavoro che doveva partire anche dalla raccolta di informazioni storiche, da gestire a piacimento, per dare un'etica comune. Fu proprio suo padre, grazie all'entusiasmo per essa, a farlo innamorare della storia che, seppur vietato, con il rischio di vedersi decurtati tantissimi crediti e lasciato a un nuovo destino lavorativo, lo riteneva fondamentale per la crescita di una vera coscienza del mondo e come essere umano di suo figlio. Federico s'alzò in direzione della branda guardandola con bramosia ma, chinando leggermente il capo verso il suo corpo, si accorse di non essere particolarmente profumato dopo tante ore di lavoro e, nonostante l'estrema stanchezza di quel giorno, decise di lavarsi prima del meritato riposo. Si girò verso la doccia, mettendosi di fronte a quel cilindro di vetro oscurato, facendosi riconoscere dal pannello frontale attraverso l'interfaccia neurale ottica. Il riconoscimento serviva, come per tutta la tecnologia dei loculi, affinché, chi non avesse fatto il proprio lavoro con impegno per la causa, non potesse accedere a nessun bene che non meritasse. I loculi, oltre alla dimensione minima, erano estremamente spartani, la tecnologia interna che serviva per le funzioni importanti, come mangiare, lavarsi, accedere all'informazione e alle strutture del dormitorio, era d'alto livello, la restante non era considerata necessaria, solo pochi meritevoli, o di alto rango, potevano averla. Ogni tecnologia non fondamentale era considerata una distrazione verso la missione. Non vi erano nemmeno finestre su quei muri grigi, non vi erano panorami da vedere all'esterno, in quel cerchio di case, ma il mare, quasi scomparso su tutta la Terra, meritava assolutamente d'essere visto per Federico. Non lo voleva vedere solo attraverso l'interfaccia ottica, ma come fosse lì, con lui, nel loculo. Risparmiò parte della sua energia da utilizzare al nutrimento, per ricostruire alcune immagini del passato, quando il mare era esteso, esistevano gli oceani e dove mezzi, che si chiamavano navi, scorrazzavano attraverso di essi. Decise di appendere quelle immagini sulle pareti del loculo: aveva scoperto che così si faceva in un antico passato. Pochissimi avrebbero rinunciato a dei pasti per vedere qualche ‘inutile' immagine sulle pareti. Tutte le sere, sdraiatosi in branda, andava a consultare gli archivi storici per vedere e conoscere quel mondo del passato che lo incuriosiva e ammirava tanto. Il pensiero di confini, identità, miti ed eroi senza tempo, gli entrarono nella testa fin da bambino ma, purtroppo, non li poteva conservare a lungo, non poteva rivelare al True Beyond di avere quelle conoscenze. La madre, che prima di morire faceva lo stesso mestiere, riuscì a trovare il sistema di convogliare i dati dei suoi ricordi in una memoria esterna e mobile dove poter accedere di tanto in tanto all'oscuro del server, grazie ad una routine abitudinaria che scattava inconsciamente ogni volta che, solo, si sdraiava in branda. I dati dei ricordi venivano fissati sulla memoria esterna e questa girava al True Beyond dei pensieri fasulli: sempre gli stessi di lui in pieno sonno. Lo stesso ricordo lo riscriveva nel cervello al distacco della memoria esterna, non permettendo di rivelare al server le conoscenze. Al mattino gli restava soltanto quell'inconscio desiderio di conoscenza storica, ma esso non costituiva un problema per la sicurezza: i desideri erano tutti tollerati, salvo se applicati, solo qualora fossero considerati illegali. Conoscere la storia, quella vera, se non autorizzati, era assolutamente vietato e illegale. Fare manutenzione agli impianti fotovoltaici era pesante, salire e scendere da quegli enormi pilastri in metallo ed essere sempre a rischio di caduta da essi, era dura. Le tute protettive erano pesanti, scomode e per nulla fresche. Fatis Hieno non le sopportava, lavorare tante ore al loro interno lo faceva innervosire. In realtà non amava affatto lavorare, spesso si scontrava con il suo responsabile. Non amava - essere una macchina per diventare una macchina! - , ripeteva spesso, ma era cosciente che avere un posto nel True Beyond non era un'opzione e diventava d'obbligo adattarsi alla situazione. - Fatis! Vedi di agganciare il cavo di conduzione all'attacco numero tre in fondo al pilone! - , gli urlò Anikah, il suo responsabile alla manutenzione, attraverso l'interfono dei caschi protettivi della tuta, talmente schermati da non permettere la comunicazione attraverso l'interfaccia ottica. - Devo scendere di tre metri e non sono neanche ben fissato al cavo di sicurezza, mi vuoi nell'Eternità prima del tempo?! - , esclamò al suo responsabile mentre stava sganciando il cavo per entrare in uno degli sportelli del pilastro, - Andiamo Fatis! Sono solo undici ore che lavori, dovresti essere ancora fresco, verso fine turno che fai? Non muovi più un dito? Vuoi perdere crediti? - . Con lo sguardo fisso dei suoi occhi castani verso la postazione tecnica di Anikah dentro al dormitorio, con quell'espressione mista fra l'intenzione di usare le mani contro il proprio responsabile appena lo avesse incontrato e la scelta più mite di una lunga fila di offese elencate in modo ben scandito nella sua mente, decise di fare il balzo in giù per agganciare quel cavo. Fatis diede un colpetto con i piedi al pilastro e si lasciò andare verso il basso con rapidità per i tre metri che lo distanziavano dal suo obiettivo, un po' per il suo carattere impulsivo, un po' per togliersi quanto prima quell'incombenza che lo infastidiva e un po' per poter guardare male il prima possibile il suo responsabile con l'orgoglio e la rabbia di chi ha fatto il suo dovere, nonostante fosse stata fatta una richiesta al limite delle sue possibilità. Premette di colpo la levetta del freno appena raggiunto l'attacco, ma il cavo di sicurezza, male agganciato e ormai vecchio, non resistette alla frenata brusca e rabbiosa fatta da quel ragazzo trentatreenne, con un corpo per nulla robusto ma pieno di forza nervosa che metteva spesso in risalto con modi scontrosi ma leali e, nel suo sentire, 'giusti'. La leva del cavo non serviva più a nulla, allungò una mano per aggrapparsi in un qualche modo ma senza riuscirvi. Sgranò gli occhi, la paura lo travolse, mentre sentiva il suo corpo precipitare nel vuoto. Federico, nel pieno del sonno, sobbalzò dalla branda non appena ricevette un segnale, diretto all'interfaccia ottica, che lo svegliò con un messaggio del server in utilizzo alla sanità del dormitorio. Il messaggio lo avvertiva che suo padre aveva avuto un malore e si trovava all'ospedale centrale. Fu subito panico, mentre, ancora assonnato, cercò la sua tuta grigia da cittadino sempre appesa in quel piccolo armadietto e ancora perfetta visto il raro utilizzo che ne faceva. Giusto il tempo d'indossarla e corse al tunnel dell'anello di trasporto del suo palazzo per raggiungere il prima possibile suo padre all'ospedale. Gli anelli di trasporto collegavano tutti i palazzi e strutture del dormitorio, era l'unico mezzo cittadino ma estremamente comodo ed efficiente: non poteva avere guasti o problemi di nessun genere, poiché veniva utilizzato da tutti i lavoratori della città. Era in pensiero Federico, voleva ancora avere al suo fianco la figura paterna, quell'uomo ancora giovane nei suoi cinquantadue anni, da cui prese la sua stazza imponente. Non gli interessava comprarne un domani un perfetto duplicato digitale, lui amava averlo lì, ora. Già perse quella madre amorevole, degna moglie di un padre in quella posizione di lavoro, sempre disponibile per la famiglia, pronta donare tutta se stessa in ogni momento. Gli mancava molto la madre, dalla quale aveva preso il colore dei capelli e gli occhi azzurri. L'aveva persa a causa di una malattia tumorale non diagnosticata in tempo, ormai a uno stadio incurabile. Ma il padre, quell'uomo curioso, determinato e coraggioso nelle proprie scelte ed azioni, soprattutto amorevole come la madre, non lo voleva perdere. Poche persone erano in viaggio nell'anello di trasporto a quell'ora, tanto che si potevano vedere le pareti dei tunnel anche da seduti, fu in quel momento che vide una scritta quasi contemporaneamente sul muro del tunnel di un palazzo e su una parete della cabina dell'anello di trasporto, tutte e due fatte con della vernice nera, tutte e due sembravano una sigla fatta con un significato che pareva forte: 'Ius Mori!'. Di certo non era qualcosa di usuale nel dormitorio, quel luogo così asettico, privo di fantasia e standardizzato. “Ma come possono averlo scritto senza che il server l'abbia saputo?”, fu il suo primo pensiero, "Chissà che punizione avranno ricevuto! Chissà quanti crediti decurtati!", esclamò fra sé e sé, poco prima di scendere alla sua fermata. Stava entrando nell'ospedale quando in un angolo del muro, ma ben visibile, comparve nuovamente la scritta! Stavolta però ve n'era un'altra sotto che lo colpì: 'Humane vivere, humane morire!'. Entrò e, mentre l'interfaccia ottica gli indicava il percorso per raggiungere il padre nella stanza di degenza, la sua mente si divideva fra il pensiero del padre in cura e quelle scritte appena viste. “Chi può averle scritte? Chi può sfidare la legge e il server? E perché?” Continuava a domandarsi, che quasi non s'accorse di essere arrivato alla stanza del padre. - Patrem, che è successo? Come stai? - , chiese a al padre appena lo vide sdraiato su uno di quegli oggetti che venivano definiti 'letto', molto più confortevoli delle spartane brande dei loculi della maggior parte della popolazione. Il padre lo guardò con aria serena e un lieve sorriso, - Tranquillo Federico! Pare sia stato un lieve infarto ma nulla di ingestibile e incurabile - . Fatis era a terra, l'impatto al suolo era stato violento, anche se a malapena rallentato dal tentativo di frenata con i guanti della tuta sul cavo di sicurezza. Anikah corse giù immediatamente dalla postazione tecnica, entrò nell'hangar e chiamò un pilota di ‘flyng tec' per raggiungere il suo sottoposto ai piedi del pilone per prestare soccorso: perdere un lavoratore in un infortunio sul lavoro era cosa grave per il dormitorio; il governo centrale non avrebbe gradito, morire era normale, ma raggiungere un posto nell'Eternità nel compimento del proprio dovere era di per sé un fallimento del sistema stesso. Non era di certo la prima volta, né sarebbe stata sicuramente l'ultima, ma faceva male al morale dei lavoratori e infuriare il governo centrale. Per questi motivi il responsabile, sempre con lo sguardo freddo, impenetrabile, pronto a comandare senza empatia, stavolta era in apprensione: sarebbe stato un lavoratore morto per un suo ordine. Se gli avessero tolto dei crediti tanto faticosamente guadagnati? Se gli avessero azzerato il lavoro facendolo ripartire daccapo? Queste erano le domande che gli balenavano tutte insieme in quel momento concitato. Raggiunse Fatis, lo vide provato ma vivo, riusciva a leggere delle colorite imprecazioni attraverso le sue labbra, seppur pronunciate con un filo di fiato. L'interfono del casco era probabilmente rotto. In quel momento Anikah riprese quel fiato sospeso dal terrore per quel che gli sarebbe potuto capitare se lo avesse trovato morto. Gli si scorgeva un leggero sorriso nel vedere quel lavoratore imprecare contro di lui. Si chinò quasi istintivamente per sorreggergli il capo attendendo il soccorso di un ‘flying emergency', chiamato durante il volo per raggiungerlo. L'interfaccia neurale ottica diede la sveglia a Selaf. Sebbene avesse dormito otto ore, grazie al suo lavoro di primaria importanza che le concedeva maggiore riposo rispetto alla maggior parte dei lavori. La stanchezza del giorno precedente non era ancora del tutto scomparsa, ma le si vedeva lo stesso una vitalità incredibile in quel volto tanto espressivo, quanto grazioso. Ancora nessun fortunato aveva avuto stimoli ormonali favorevoli dal True Beyond per innamorarsene e farsi innamorare, quasi fosse stata dimenticata, arrivata ormai ai ventisette anni d'età. Era ora di fare colazione e poi andare al lavoro. Selezionò sul convertitore di materia pane con marmellata standard e il succo di arancia che amava particolarmente e nel frattempo cercò le notizie quotidiane del dormitorio. Era ormai pronta ad appoggiare la colazione sul tavolino, quando le scivolò di colpo il bicchiere di mano alla notizia che Fatis era precipitato da un pilastro dell'impianto fotovoltaico. "No! Non può essere!", pensò. Fece ricaricare la notizia più e più volte, sperando che, man mano che l'ascoltasse, la notizia potesse cambiare. "Il dispositivo! Il dispositivo è attivo?", si chiese in totale ansia fra sé e sé. - Sì! - , esclamò quasi avesse avuto la più bella notizia della propria vita. Era impossibile lo spegnesse, salvo casi eccezionali, come una visita di controllo, ma in quel momento ne voleva la conferma più che mai. "L'avranno scoperto? E se non fosse casuale? Se hanno scoperto lui, tutti noi... no! Non ci voglio pensare!". Si vestì in fretta, mentre le mani le tremavano nel reggere quella tuta bianca da lavoro. Appena vestita si precipitò all'esterno, senza quasi pensare a quello che stava facendo, cercando di raggiungere il prima possibile il tunnel dell'anello di trasporto per andare al lavoro. Nel salone virtuale dei governatori, all'interno del True Beyond, si teneva una riunione importante per decidere il futuro dell'umanità: era in gioco l'eternità stessa, secondo il Presidente. Si riunirono i governatori delle cinque città, le uniche che potessero fregiarsi del titolo di 'città' e non di 'dormitorio', un po' come fu storicamente per quelle che erano chiamate 'capitali'. Le città sono i luoghi amministrativi e burocratici dove si raccolgono le migliori menti atte al comando, per governare da umani gli umani. Vi era una città per ogni continente e per ogni città un governatore locale. La stranezza, per una civiltà che ripudia la storia, è che le città siano situate in luoghi particolarmente storici: quelle che erano Roma, Pechino, Alessandria d'Egitto, Washington e Sidney. Nell'incontro, oltre che gli attuali governatori, vi erano anche tutti i governatori ormai morti, tutti avrebbero potuto esprimere un parere: non vi era solo in gioco il destino dell'attuale civiltà umana, in senso stretto, ma anche di quella passata, che vive la sua agognata 'pensione' nella virtualità dell'Eternità. Il salone virtuale era immenso, con luce fioca per tutta la parte più esterna e forte nella parte centrale, dove chi parlava veniva messo dal server per essere visto e sentito chiaramente da tutti. L'assemblea stava per cominciare, aspettavano tutti che partisse come di rito colui che chiese di indirla. - Colleghi governatori, questa riunione segnerà la storia dell'umanità - , aprì Agor Patricia, governatore di Roma e attuale Presidente dei governatori, uomo possente e vigoroso, con lo sguardo che intimorisce, quasi di ghiaccio, dei suoi occhi azzurri, - comunque essa termini, qualsiasi siano le decisioni qui prese. Vi prego quindi - , continuò con tono deciso, - di valutare, di ponderare, ogni vostro pensiero, giudizio o decisione di quest'oggi - . I computer che seguivano l'andamento del cuore, scandivano il suono ritmato del battito ormai stabilizzato, che, nel silenzio momentaneo fra il leggero imbarazzo di Geder, nel trovarsi in quelle condizioni, sul letto, impotente, in balia degli eventi, e le preoccupazioni del figlio per la salute del padre, davano a Federico la sensazione d'esser suoi. - Federico, vai pure al loculo, qui non servi. In fondo mi stanno ben curando e tu, secondo me, faticherai domani al lavoro. Se ci fosse ancora tua madre ti avrebbe già mandato al loculo - , chiuse ridendo, con quel riso amaro nel parlare di quella moglie tanto amata che ancora ricordava ogni volta che poteva. - No patrem, non mi sento sicuro, vorrei essere certo che tu stia bene. Vorrei un parere medico prima di... - . - Non si preoccupi, sta bene, sta bene! - , spezzò la sua frase una voce femminile appena entrata nella stanza, voce accompagnata da un sorriso che non poteva di certo lasciare indifferente Federico. Fissò quel viso longilineo, i capelli di un nero intenso e quegli occhi che sembrava li potesse attraversare, di un verde che ricordava le immagini degli oceani appese alle sue pareti. Occhi che nemmeno la pellicola trasparente dell'interfaccia neurale ottica poteva minimamente scalfirne la bellezza. - Vedi Federico? Sto bene! Lo dice anche la dottoressa... - , - Feroj, Dottoressa Selaf Feroj - Rispose lei all'interrogativo chiaramente espresso fra le righe della frase di Geder. - Ecco! La dottoressa Feroj ha detto che puoi tornare al tuo loculo. Vero dottoressa? - , mentre si girò di scatto col capo in direzione di suo figlio per intimarlo bonariamente a rientrare al loculo. Era il gesto tipico genitoriale di chi vuole dimostrare ancora la sua totale forza e superiorità, cercando di nascondere gli anni che passano e la fragilità del fisico che aumenta di anno in anno. Fatis, ancora vivo, veniva curato con tutti gli onori di un infortunato sul lavoro: era il più alto riconoscimento a chi si facesse male per esso e per la causa. Anikah era all'ospedale con Fatis per accertarsi che non morisse, per dare anche l'immagine di colui che, nonostante il problema, era responsabile davvero, fino all'ultimo, rinunciando a crediti lavorativi per stare al fianco del suo sottoposto. Tutta immagine che serviva a tutelarsi nei confronti degli altri sottoposti e del governo, ormai informato dell'accaduto e che avrebbe potuto punirlo severamente. Ma informato non fu solo il governo, tutta la Terra ne ebbe notizia: il True Beyond nel suo asettico servizio, quando gli algoritmi non consideravano una notizia ‘top-secret' o lesiva per la società, faceva circolare la stessa immediatamente a tutti, utilizzando le immagini ricevute dalle interfacce ottiche di chi aveva visto l'accaduto. Rimaneva solo da capire perché l'interfaccia neurale ottica di Fatis non corrispondesse precisamente a quanto successo. A questo piccolo problema gli algoritmi del server fecero archiviare il tutto come banale errore dell'interfaccia. - Sappiamo tutti che la nostra immortalità virtuale e come specie non può esistere - , continuò con enfasi Patricia nel salone virtuale, - può capitare qualsiasi cosa che ci possa far estinguere: da una calamità naturale, in quello che è un pianeta ormai al collasso ma che può resistere ancora parecchio se ben sfruttato, ad un evento esterno, fino alla fine della vita della nostra stella... - . - Mi scusi governatore Patricia... - , interruppe dubbioso il governatore di Pechino, Shi Wang, nel suo abito simile al tradizionale ‘changshan' cinese, per ricordare il prestigio dei suoi avi, mentre lo fissava con quel suo sguardo che sembrava sempre una via di mezzo fra crudeltà e simpatia, - capisco le prime due ipotesi ma il termine della vita del sole è fra miliardi di anni. Perché preoccuparcene ora? - , il suo intervento fece annuire alcuni dei governatori, specialmente quelli morti che, ormai, della vita reale conoscevano poco, al massimo leggevano le notizie su giornali, per i più nostalgici della storia, o su apparecchi digitali virtuali nella loro realtà. Lo sguardo del Presidente fu di profondo fastidio per l'interruzione, specialmente fatta da un governatore attualmente in carica. Non fece in tempo a ribattere che Iesa Damasus, governatore di Alessandria, un uomo tozzo, forse un po' rude, dal carattere fermo e leale, intervenne: - Le sue perplessità, caro governatore Wang, sono comprensibili, ma l'eternità e ben più lunga di quei cinque miliardi di anni circa che ci dividono dalla morte della nostra stella, sebbene essi sembrano un numero troppo alto per la nostra abitudine... - . Patricia si voltò con lo sguardo in direzione di quel suo frequente alleato, cercando di fargli comprendere che ci avrebbe pensato lui a rispondere, - Corretto governatore Damasus! - , riprese repentinamente la parola il Presidente, - Bisogna inoltre ricordare che la Terra non se la passa bene, potrebbe metterci in condizioni di non sopravvivere, di morire di stenti, senza risorse, qui, nel pianeta che ci ha dato i natali. Il sole stesso potrebbe farci morire prima di spegnersi per il continuo assottigliarsi delle difese naturali della Terra e di quelle nostre artificiali - . Wang, cercando di capire meglio le intenzioni di Patricia intervenne di nuovo: - Bene Presidente, consideriamo valide le sue obiezioni e preoccupazioni, come intende risolvere il problema? Ritiene forse che in miliardi di anni qualcuno trovi la soluzione di non far morire il Sole? O di ristabilire le condizioni originarie della Terra? - , terminò la frase con un velato sorriso, quasi a voler burlarsi di lui. - La ringrazio della domanda mio caro governatore Wang, - , rispose prontamente Patricia, con il tono calmo e sicuro di chi sa molto bene di cosa sta parlando, sapendo di mettere sotto scacco le perplessità non troppo velatamente ironiche di Wang, - ma non è mia intenzione sperare in qualcosa di così futuristico e incerto, non voglio lasciare alla sorte le vite dei futuri umani vivi e morti, di nessuno di essi, di nessuno di voi, cari colleghi! - , continuò cercando di guadagnarsi sempre più il consenso di tutti i governatori del salone, - Come ben sapete, onorevoli governatori, esiste una memoria assolutamente top-secret nel server, dove vi sono tutte le memorie dei progetti, idee e invenzioni di quel passato che tanto viene nascosto ai più. Di quel passato dove il capitalismo sfrenato ha portato al collasso la nostra Terra ma ha sviluppato quelle idee il più possibile, cercando di trarne il massimo del profitto - . - Lei mi spaventa governatore Patricia! Vuole forse salvarci con le idee che ci condannarono?! - , tornò ad interrompere Wang. Damasus non resistette a tacere: - Insomma, governatore Wang! Sta cercando di capire il progetto avanzato dal Presidente o cerca solo di interrompere con una inutile ed effimera contrarietà dettata dal solo piacere d'averla? - . Wang lo guardò piuttosto seccato ma prima che potè ribattere, Patricia riprese subito la parola, - Grazie ancora della sua difesa nei miei confronti, caro governatore Damasus ma Il governatore Wang ha tutte le ragioni per i suoi dubbi, e io sono qui a scioglierli - . Federico sapeva che in fondo suo padre aveva ragione, che era inutile rimanere lì: anche la dottoressa l'aveva detto. Sarebbe potuto tranquillamente andare al loculo, ma non era del tutto convinto: se ci fossero stati cambiamenti improvvisi non se lo sarebbe mai perdonato! Tutto sommato poteva prendere un giorno di libertà dal lavoro, i crediti non gli mancavano, come non gli mancava il rispetto del suo ambiente di lavoro, il suo responsabile non avrebbe avuto nulla da ridire. La dottoressa era appena uscita dalla stanza e Federico fece uno scatto verso l'uscita pure lui, la raggiunse, - Dottoressa Feroj! Mi perdoni! - , la invitò a fermarsi con un gesto della mano, - Davvero mio padre è fuori pericolo? Non è che lo ha detto solamente per tranquillizzarlo? - . Pareva non smettere di guardarla, mentre le chiese lumi sulla salute del padre. Sentiva un ‘non so che' nei suoi confronti, un misto fra attrazione e mistero, una di quelle donne che sprigionano dolcezza, sensualità e curiosità in un sol colpo! “E se fosse stato il True Beyond?”, si domandò, “No! Ma perché mai? Non siamo compatibili, non ci avrebbe mai invitati all'unione” continuò fra sé e sé, “Eppure sembra che anche lei mi guardi come se fosse attratta...” ma interruppe subito i suoi pensieri non appena fu riportato alla realtà del momento dalla risposta della dottoressa, - No, davvero, non si preoccupi Glavo: suo padre è fuori pericolo - . Federico tirò un sospiro di sollievo, - La ringrazio dottoressa, sarei rimasto ancora in pensiero per le sorti di mio padre senza la sua conferma... ma le volevo chiedere: è possibile avere una branda e rimanere comunque qui al fianco di mio padre? Almeno per questa notte - . Selaf annuì, invitandolo a chiedere a un'infermiera la branda e si allontanò velocemente. In un'altra parte dell'ospedale Fatis aprì gli occhi, ancora intontito, quel volto appannato che aveva di fronte cominciò a prendere forma. La tensione che si faceva sempre più forte man mano che tornava allo stato di veglia, riusciva lentamente a sovrastare il dolore attutito dagli antidolorifici. - Si sta riprendendo... - , bisbigliò l'infermiera che gli era di fianco, con il dottore che lo guardava fisso negli occhi. - Mi vede Hieno? Mi sente? - , chiese il medico a Fatis. Lo sentiva appena, con un suono ovattato, che andava di pari passo con la sua vista, capiva che era un medico, capiva che il suono era interrogativo e non un interrogatorio e si sforzò al massimo per accennare un flebile - Sì! - . - Bene Hieno! È fuori pericolo ormai ma ci vorrà un po' per il recupero totale - , continuò il medico, - Sul server sembra funzionare tutto regolarmente, il segnale arriva forte e chiaro, ma sembrano esserci leggere incongruenze fra il suo attuale vissuto e i ricordi che arrivano. Che ne dice, facciamo una diagnostica completa della sua interfaccia neurale? - . Nonostante gli occhi esprimessero naturalmente sofferenza e dolore, cambiarono completamente, aprendosi in un'espressione di terrore, finanche peggiore del vedere la morte in faccia! Immediatamente uscì un appena percettibile ma deciso - No! - . - Va bene Hieno... Era per la sua sicurezza - , rispose il dottore a quella chiara negazione nel ricevere un maggiore verifica del suo stato, - La caduta potrebbe aver danneggiato qualcosa e vogliamo solo essere certi che non abbia complicazioni. Assolutamente indolore, stia tranquillo, ma se proprio non vuole... - , continuò cercando di convincerlo ed assicurarlo nello stesso momento, ottenendo, però, un altro no attraverso un leggero movimento della testa. - In ogni caso appena crede di avere qualcosa che non funziona bene me lo faccia sapere che le facciamo immediatamente la diagnostica, d'accordo? - , concluse il medico andandosene subito dopo che Fatis annuì alle sue ultime parole. Paura, sgomento e rabbia si formarono anche nel loculo di Ianich Nokto, sede alternativa per le riunioni dei ‘ribelli' di Ius Mori, la sede principale era il loculo di Fatis ma che, ovviamente, in quel momento non poteva essere presente. Essendo il dormitorio ‘Del Piano', comunemente chiamato dai suoi abitanti per la vasta distesa di pianura che lo caratterizzava, il dormitorio principale della zona, vi si era formata la ‘testa' dell'organizzazione per molti chilometri di raggio. La sede fisica era utilizzata solo in caso di estrema emergenza, quando si dovevano riunire i più alti in grado nell'organizzazione, laddove vi fosse il pericolo di essere intercettati dal True Beyond attraverso i canali riservati con l'hackeraggio dell'interfaccia ottica. Nel loculo si respirava una tensione così alta da poter velocemente esplodere in una reazione incontrollata e controproducente. Di questo Ianich ne era cosciente, anche se il suo carattere impulsivo non aiutava certamente in questo caso. Era un buon trascinatore ma di senno e diplomazia ne conosceva ben poco. - Pazzesco! Abbiamo Fatis in ospedale alla mercé dei medici! Siamo tutti a rischio! - , cominciò a parlare ad alta voce Ianich, muovendo le braccia in ogni dove in modo repentino, nell'imponenza dei suoi due metri d'altezza e dei quasi cento chili di peso. Con lui vi erano gli altri capi ‘fetta', ovvero un capo per ognuna delle otto divisioni del dormitorio, simili a fette di una torta, a ricordare un po' i vecchi quartieri, di quando c'erano ancora le città. I dormitori erano costruiti a forma di cerchio: il primo cerchio era il più piccolo, dove c'erano gli edifici più importanti per il dormitorio da un punto di vista amministrativo, burocratico e di servizi generali per i lavoratori, a seguire cerchi sempre più grandi. - Calmati Ianich! - , tuonò Tockla Nubo, forse uno dei più diplomatici dei capi, - non sappiamo nulla per ora, dobbiamo stare calmi e valutare le possibili soluzioni! - . Ianich si girò di scatto, arrabbiato ma non con Tockla, ce l'aveva con il mondo, con tutto, con niente. - Bene, Tockla! Visto che tu pensi di riuscire a mantenere la calma, dimmi: come procediamo? - . Tockla non aveva risposte, non poteva averle in quella situazione, ma sapeva che un errore minimo avrebbe potuto scatenare un problema senza rimedio. - Fatis! Fatis!... - , la voce di Selaf era bassa ma decisa nel richiamare la sua attenzione e, toccando le sue spalle con la mano, cercava di svegliarlo senza farsi notare da nessuno. Mentre apriva leggermente gli occhi, intontito e con la vista ancora non del tutto chiara, nonostante l'interfaccia ottica cercasse di regolarla al meglio, si accorse di lei, - Selaf, sei tu? - , fece uscire un filo di voce, poco più che percettibile, - Che fai qui? Sarebbe meglio non vederci in pubblico - . Selaf sapeva che poteva correre un rischio ma l'istinto a comprendere e conoscere la situazione era decisamente più forte della paura di far capire qualcosa a chi poteva vederli insieme. - Tranquillo Fatis, ho sempre la scusa di essere venuta per un controllo cardiaco, in fondo sei un osservato speciale che deve avere tutte le cure necessarie a garantirti di non morire - . Lui capì che la scusa era effettivamente plausibile e si calmò, mentre lei subito incalzò, - Ma ora dimmi quanto siamo a rischio? Ci sono sospetti? Ti hanno chiesto qualcosa? Hanno fatto controlli all'interfaccia? - . Lui fece un leggero sorriso mentre cercò di raccogliere le forze per continuare la conversazione, - Non ti preoccupare, non mi hanno fatto nessun controllo dell'interfaccia, però qualche sospetto... - , non riuscì a terminare la frase che venne interrotto da Selaf quasi in panico, - Lo sapevo! Lo sapevo! Adesso sono guai! Se cominciano ad indagare ci prendono tutti! - . Fatis le afferrò l'avambraccio con le poche forze che aveva, visto che gli era più difficile poter alzare la voce per fermarla, - Qualche sospetto sulla corretta funzionalità dell'interfaccia, non sull'organizzazione, tranquilla! - . Selaf sembrò sollevata, sebbene la tensione non fosse assolutamente svanita, - Ora devo andare, sono rimasta troppo. Non vorrei far scattare qualche altro dubbio - . Fatis la guardò con uno sguardo misto a incredulità e comprensione, quasi a farle capire che i dubbi, se c'erano, erano solo suoi, poi la salutò con un cenno del capo. Nella sala virtuale continuava la riunione dei governatori, dove lo stupore di molti, non solo di Wang, imperversava nel gruppo riunito. Quale idea poteva mai aver avuto Patricia? Quali rischi poteva comportare se si basava su idee di un passato distruttivo? Questi erano gli interrogativi di tanti. Patricia lasciò scorrere un po' di tempo prima di riprendere la parola, sembrava volesse vedere le espressioni di tutti, uno ad uno, come quando un generale fissa i suoi uomini prima di impartire un ordine importante. - No! Cari colleghi governatori! Non vi sto chiedendo di tornare al passato ma di andare verso il futuro, guardando attraverso il passato. Quel passato che ci ha lasciato, sì, un'eredità infausta, solo attenuata dalla vita dopo la morte nel True Beyond, ma che ci ha lasciato anche tante idee, progetti di quel mondo pazzo che cercava la gloria nel pionierismo dell'innovazione, come scelta di crescita, come arma di ricchezza! - , tuonò Patricia mentre ancora gli altri governatori continuavano a vagare nel buio, nell'incomprensione di quelle parole strane ma dette con tale enfasi da creare la curiosità di ascoltarlo fino in fondo. Anche Wang stavolta non aveva parole da usare per contestarlo e il suo amico Damasus era sconcertato allo stesso modo, quasi non lo riconoscesse come il Patricia di sempre. - Penso che sia inutile che le dica, governatore Patricia, che mi ha lasciata completamente basita, potrà leggerlo non solo sul mio volto ma sul volto di tutti, credo. Quindi la prego: venga al dunque! Affinché si eviti che anche solo uno di noi governatori vivi raggiunga prima del tempo gli altri a causa dell'apprensione nel capire se davvero ha avuto un'idea geniale o se dovremmo pensare di destituirla - , fu il commento dell'unico governatore che ne ebbe il coraggio, ovvero Attika Jones, governatrice di Sidney: l'unico governatore di sesso femminile dei cinque attualmente in carica. Un carattere deciso, nel suo corpo esile, dai tratti del viso spigolosi sotto a dei capelli neri. - Bene, colleghi governatori, verrò al dunque, seppur prima dovrò fare qualche premessa, ma il tutto sarà rimandato a domani. Capisco che molti di voi hanno fretta di sapere, ma ho bisogno di un po' di tempo per essere più chiaro e più fresco possibile, affinché le mie spiegazioni possano essere da voi comprese al meglio - , quest'ultima frase lasciò nuovamente sui carboni ardenti il resto della sala ma che era comunque disposta ad attendere l'indomani per le spiegazioni. Federico era sulla branda accanto al letto dell'ospedale del padre e, mentre lo guardava, ormai caduto nel sonno, pensò alla situazione e alla giornata. Continuò a pensare a come sarebbe stata la vita se avesse perso il padre, pensò alle scritte che aveva visto e che ancora gli destavano curiosità ma, soprattutto, pensò a quella donna, a quella dottoressa con quel viso così dolce, quello sguardo che pareva nascondere qualcosa, che diffondeva l'idea di una forte femminilità e che, per quanto cercasse di darsene una ragione logica, riuscì solo a comprendere di esserne attratto. ‘Feroj', questo cognome continuò a ripetersi nella sua mente ma senza ricordarne il nome. Gli seccava dover ricorrere al replay dei ricordi dell'interfaccia neurale, lo trovava manchevole di rispetto nei suoi confronti: pensare costantemente a lei senza ricordarne il nome. “Domani! Domani voglio assolutamente rivederla! Tanto lavora qui, quindi non mi sarà difficile, mi basterà aspettare per il prossimo controllo di mio padre... sperando venga ancora lei”, pensò fra sé e sé. Nel loculo di Ianich continuò la discussione fra i capi di Ius Mori. - Bisogna scuotere le coscienze, quelle che ancora esistono veramente, c'è tanta gente stanca che potrebbe unirsi a noi ma ancora non ci conosce, - , prese la parola con forza Nikko Pluvo, capo dell'organizzazione nella fetta cinque, forse fra i più ottimisti e zelanti di Ius Mori, con i suoi quaranta anni portati malissimo dalle fatiche del lavoro come ‘costruttore', - questo è il momento opportuno! L'infortunio di Fatis può diventare l'elemento scatenante di una protesta, soprattutto se Fatis viene scoperto e se l'organizzazione viene scoperta, a quel punto non abbiamo più nulla da perdere! - , continuò, - Nessuno vuole morire sul lavoro senza avere i crediti necessari ad una vita decente nell'Eternità, quindi si tratta di sollevare la gente su questo per poi indirizzarli pian piano verso la nostra causa! Per me è il momento! - . A Ianich non parve vero, il suo animo ribelle ribolliva all'idea: “rivoluzione!”. - Hai ragione Nikko! È ora di agire! È una bellissima idea la tua! - , esclamò, ma non fece in tempo a proseguire ed aumentare il fuoco del suo animo di quel momento, che su subito fu placato nuovamente dal giovane Tokla, un neo associato, con un grande potenziale da leader, - Calmatevi, per favore! Non è sbagliato il pensiero di Nikko, ma non abbiate fretta! Capite che abbiamo il nostro leader in ospedale col rischio di essere bloccato e punito se scoperto? Capite che ancora nulla è perso, perché non ci sono assolutamente certezze che Fatis sia scoperto? Capite che un errore di valutazione potrebbe comportare il fallimento di tutto? Allo scioglimento dell'organizzazione e la fine dei nostri sogni! - . Ianich ancora in preda all'emozione di una ribellione al sistema si sentì colpito nel vivo, voleva combattere, buttarsi nella mischia, lottare in prima linea in una rivoluzione, ma sapeva che il buon Tokla era un ottimo diplomatico e valeva la pena ascoltarlo quando aveva idee. - Quindi Tokla, te lo chiedo di nuovo: hai idee? - domandò Ianich ricevendo subito una risposta non definitiva ma giusta per quel momento, - No, non ho idee chiare e credo che in questo momento non sia l'ideale per esporne: serve mente fredda e serena, soprattutto serve un contatto con Fatis. L'unica che ora può farlo, senza destare sospetti, penso che possa essere solo Selaf, quindi direi di rimandare a domani, cercando di contattarla e darle un canale sicuro con cui connetterci direttamente con lui - . Tutti i capi fetta annuirono all'unisono.
Marco Sala
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