Nelle puntate precedenti.
Gli avvenimenti di questa storia si svolgono nell'anno 276 D. S. (Dopo Sbarco), a un mese dalla conclusione dei fatti narrati nel quinto episodio. Anche se è il seguito degli altri, questo racconto può essere letto in modo indipendente. Alcune situazioni, però, sono più godibili leggendo i primi episodi in Aedis: le avventure di Daniel Sung. La protagonista si chiama Samira Sulyman, è laureata in Biologia, Botanica e Veterinaria e lavora nel Centro Ricerche Malattie Infettive dell'Università. Ha trent'anni, un viso dolce e minuto, è alta e slanciata, porta capelli castani che le coprono parte della fronte e ha occhi verde intenso. Le piace molto indossare abiti corti e aderenti con motivi floreali. È sposata da un anno con Daniel Sung, il protagonista dei primi cinque episodi di questa serie. Vivono in un appartamento a Newpolis, nella trentasettesima strada, che dista solo mezz'ora dal Palazzo del Governo, dove Daniel ha l'ufficio al terzo piano e ricopre la carica di vice governatore di Aedis, che è il secondo pianeta di una stella rossa a 2.492 anni luce dalla Terra. Nella catena di comando, il posto di Governatore è occupato da Melverin Sharwani, un uomo di un'età indefinibile, che ha spesso simpatici battibecchi con Daniel. Come una colonia terrestre sia arrivata fin qua, è narrato nei primi episodi, dove Daniel, superate parecchie avversità, incontra Samira e insieme costituiscono una famiglia. Questo pianeta è come la nostra Terra cinquecento milioni di anni fa, con l'ottanta percento di acqua e la terraferma divisa in due grandi continenti: quello civilizzato e il Territorio Inesplorato. Daniel ora ha trentacinque anni ed è laureato in Matematica, Fisica e Statistica. È alto e snello, capelli scuri di taglio giovanile, occhi nocciola, non porta la barba e tiene spesso le mani in tasca. Non è uomo d'azione, ma quando serve non si tira indietro. Beve molti caffè, va sempre di corsa, e ama vestirsi con eleganti casacche grigie. Samira e Daniel hanno adottato da poco Peter, un bambino di dieci anni dai capelli ricci e biondi, che in realtà è un piccolo androide. L'unico esistente in tutto il pianeta, poiché non si dispone ancora della tecnologia avanzata necessaria. La sua comparsa viene narrata nel terzo e nel quarto episodio. Samira ha una sorella di trentanove anni che si chiama Alisha e che lavora come Addetta Stampa al primo piano nello stesso palazzo di Daniel. Sul lavoro indossa sempre dei tailleur molto eleganti: pantaloni grigio scuro e giacca chiara, con una camicetta rosa e a volte un foulard. Quando esce con gli amici, invece, si sbizzarrisce con abiti succinti sul rosso e sul nero, sempre dotati di stampe giganti. A palazzo c'è anche l'ufficio di Kayla Kendrick, Commissario capo da un anno di tutte le forze di polizia della regione. Trentaquattro anni, di statura media, ha capelli corti e neri e occhi scuri. Adora vestire con completi di pelle o giubbotti militari grigi. Gira armata e ha diverse squadre ai suoi ordini pronte a intervenire. Infine, sempre a palazzo, c'è l'ufficio di Lenora Toson, capo della sicurezza interna, dopo che l'uomo che l'ha preceduta si è suicidato in preda a una crisi, narrata nel primo episodio. Lenora ha ventisette anni e occhi marrone. È di media statura, e sul lavoro porta i capelli raccolti, di colore rosso fuoco, e una divisa grigia che non riesce a nascondere le sue forme perfette. Esiste anche un misterioso personaggio capace di viaggiare nel tempo di nome Benjamin. Proviene dall'anno 2276 e la sua storia è narrata nel quinto episodio, dove oltre ad aiutare Daniel a risolvere una crisi molto grave, gli affida l'incarico di seppellire qualcosa, un secolo prima, ai piedi di un giovane albero. Alla fine di quel racconto, a Daniel resta anche un cellulare del futuro di nome Eloisa. Dopo cinque storie in cui il protagonista è Daniel, ora il testimone passa a Samira. Riuscirà a reggere il confronto?
- Alisha, non azzardarti a usare il telefono mentre ti parlo! - - Guardo solo se c'è un messaggio di papà. Ne manda uno ogni dieci minuti, e se non rispondo subito, si offende, perché pensa che lo stia ignorando. - - Non è più giovane, non elabora un concetto completo prima di premere invio. Anch'io ne ricevo spesso tre o quattro di fila, ma è una sola frase suddivisa in più parti. - - No, ha bisogno di rompermi le scatole, perché pensa che io non faccia nulla. Il mio lavoro non l'ha mai capito: secondo lui mi diverto a giocare con i foglietti colorati. Copio le notizie che mi passano gli altri e non faccio niente di utile; sei tu il genio di famiglia. - - Ti odio quando parli così! Siamo entrambe figlie sue e ci vuole bene allo stesso modo. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, ha sempre avuto un'attenzione particolare verso di te. Tu sei diventata subito la donna di casa, dopo che abbiamo perso mamma, mentre io ero ancora piccola. - Mia sorella ha la prerogativa di riuscire a farmi alterare anche la mattina presto. Oggi mi è piombata in casa come una furia e sta parlando da mezz'ora senza che sia riuscita a spiegarmi che cosa voglia da me. - Io ho sofferto per la perdita di mamma in un modo che tu non puoi immaginare. A undici anni il mondo ti crolla addosso, hai l'età giusta per avere una sofferenza indicibile. Ci ho messo anni per ela-borare il lutto. - - Non credere che per me sia stato facile. A due anni si vive in funzione della madre, e se la perdi, non hai gli strumenti per capire ciò che è successo. È una situazione sconvolgente che ti lascia un segno che porterai per tutta la vita. - - Non è questo il punto. Ti sto dicendo che quando sono con lui, non fa altro che parlare di quanto sia importante il tuo lavoro. Ormai so a memoria tutti i discorsi che ti riguardano. E poi tu sei sistemata, mentre io sono ancora single e nemmeno questo gli sta bene. Me lo rinfaccia ogni volta che mi vede: è insopportabile! - - Che cosa credi, se ci sto io con papà, lui mi parla di te in conti-nuazione. È normale che si comporti in questo modo con noi due. Mi meraviglio che tu abbia una specializzazione in psicologia com-portamentale. - - Ecco, lo sapevo! Non dovevo venire qua a confidarti le mie preoccupazioni. A te non importa niente dei miei presentimenti, anche se sai benissimo che non sbaglio mai. - - Non sbagli quasi mai, per essere esatti. Sai che non mi piace far tardi all'università e mi piombi in casa alle otto di mattina? Possiamo parlarne a pranzo o sta andando a fuoco la villa? - - Non sta andando a fuoco, ma ho una brutta sensazione. Se fosse più chiara, ti direi addirittura di mollare tutto e di correre subito là con me. - - Tu sei fuori di testa. Vorresti che ci facessimo un'ora di strada perché hai le visioni? Sai che hanno inventato il telefono? - - Sei assurda: ti ho appena detto che papà mi riempie di messaggi e vuoi che gli telefoni. Mi ascolti quando ti parlo? - - Chi è preoccupato per una persona, la sente e le chiede come sta, non si precipita da lui. Adesso lo chiamo e gli faccio sapere che ha una figlia paranoica. - - Non osare toccare il cellulare, sai? - Alisha si impadronisce del mio apparecchio, che avevo lasciato sul tavolo, e cominciamo a rincorrerci per tutta la cucina. - Dammelo subito - le urlo imbufalita - se lo fai cadere, te la faccio pagare cara! Anzi, me lo paghi nuovo e mi compri pure il modello superiore. - Porca miseria, non riesco a raggiungerla perché lei scappa girando attorno al tavolo. - Non ti permetterò di chiamarlo! Il telefono non te lo do finché non prometti di stare buona. - In quel mentre ricordo che nel frigorifero è rimasta una fetta di torta alla crema. È lì da tre giorni e stavo già pensando di buttarla. Apro lo sportello e me ne impadronisco, mentre lei mi guarda so-spettosa. - Se non me lo ridai subito - le mostro un sorrisetto maligno - pro-va a indovinare dove finisce questo dolce? - - Sei pazza, questo tailleur è nuovo. Se lo macchi, ti faccio pagare la tintoria. - - Allora dammi il telefono! - alzo minacciosamente il mio proiettile, che però ha già iniziato a frantumarsi, spargendo le prime briciole sul pavimento. - Mai! Prima devi promettere che non chiamerai papà! - - Mettilo giù, oppure te la faccio ingoiare! - Proprio nel momento più drammatico della disputa, ecco che Daniel esce dalla nostra camera. - Ciao, Samy, io sto uscendo. Alisha, possiamo andare al lavoro insieme, se vuoi. La scuola di Peter è di strada. - - No, grazie - mia sorella sorride e si ricompone. - Non ho finito di parlare con tua moglie. - - Be', questo l'avevo immaginato dal fatto che vi sentivo anche con la porta chiusa. Tu sei pronto, Peter? - - Eccomi - mio figlio esce di corsa dalla sua stanza. - Ciao, zia. - - Ciao, giovanotto - Alisha si abbassa per abbracciarlo e sbaciuc-chiarlo per bene. Nel frattempo, Daniel ne approfitta per abbracciarmi. Lascio ca-dere nel lavello ciò che rimane del pezzo di torta e sospiro. Poi avvicina le sue labbra alle mie e io mi sento già più rilassata. Chiudo gli occhi e mi abbandono al suo bacio, che mi elettrizza sempre come la prima volta. Sì, ci voleva proprio un intermezzo di questo tipo. Dopo che Daniel e Peter sono usciti, spazzo velocemente per terra, mentre Alisha mi riconsegna il telefono e poi la nostra discussione può riprendere con toni meno accesi. - Ti ripeto che la villa non va a fuoco, ma io sento che c'è un pericolo nell'aria. È una cosa seria. Serissima. - - Da quanto tempo hai questa percezione? Ne hai parlato con pa-pà? - - Quando affronto certi argomenti, lui cambia discorso. E se insi-sto, dice che ha sonno e se ne va a letto. È una testa dura, lo conosci. E poi, ciò che sento riguarda sia lui, sia me stessa, per cui non mi direbbe mai nulla. Devi parlargli tu, a costo di legarlo a una sedia e tirargli fuori le parole di bocca con la forza. - - Ecco, vedi che sei tu che non ti rendi conto di ciò che dici? Stai parlando di nostro padre, non di un delinquente da torchiare per e-storcere una confessione. Credi che a me direbbe ciò che vuoi sape-re? Ha settantacinque anni, ma non è scemo. Sa benissimo che ti riferirei subito tutto. - - Un modo lo devi trovare, sto perdendo il sonno da quando è stato male il mese scorso e ho trascorso un paio di giorni in villa con lui. - - Non me ne avevi parlato. - - Credevo solo di doverlo controllare affinché seguisse le indica-zioni dei medici, invece mi sono accorta che c'era qualcosa di strano nel suo comportamento. E questo soprattutto grazie a due episodi. - - Sentiamo - sospiro. - Un giorno voglio riordinare i cassetti della sala e lui mi dice. “Non serve, grazie.” Io ne apro uno ugualmente per iniziare, ma lui me lo chiude in faccia e mi guarda torvo. - - Ti aveva detto di no, o sbaglio? - - Non per questo doveva comportarsi così. Sono la figlia, non do-vrebbe avere segreti. E non ti ho detto il resto. Mentre sto rifacendo il suo letto, apro l'armadio e mi rendo conto che ha solo vestiti vec-chi. Anche nei cassetti trovo solo indumenti di dieci anni fa. Allora torno da lui e gli chiedo: “Papà, da quanto tempo non compri un paio di pantaloni o una camicia?” Lui mi dice: “Non mi serve niente.” Io allora: “Usandoli e lavandoli gli indumenti si consumano. Devi comprarti qualcosa ogni tanto.” E lui: “Non ho tempo per queste cose e nemmeno soldi da buttare.” Capisci, Samy? È in pensione e non ha tempo? Ha ricevuto la liquidazione, percepisce un assegno mensile e non ha soldi? Queste sono affermazioni incomprensibili dette da uno come lui, non sei d'accordo? - - Possono esserci mille ragioni per quelle frasi. Anche Daniel non si compra mai niente, e non certo perché non ha tempo o gli manca-no i soldi. Però se lo aggredisci, la prima risposta che gli viene in mente è che non ha tempo e non ha soldi. - - Qui la situazione è molto diversa. Dopo quei giorni passati in-sieme, la mia angoscia non ha fatto che aumentare. Tanti piccoli particolari che prima apparivano insignificanti, ora assumevano una luce differente. Ho cercato di capire cosa ci fosse dietro, ma senza risultato. Più cercavo di avvicinarmi e più lui si allontanava. Poi ha iniziato a mandarmi un sacco di messaggi. Da un lato non vuole che mi occupi dei suoi problemi, dall'altro vuole che restiamo in contatto. Sembra quasi che abbia paura di perdermi. - - Eppure devi convenire anche tu che tutto ciò che mi hai detto può avere delle spiegazioni plausibili, senza immaginare chissà quali segreti o motivazioni pericolose. A me dispiace vederti così, ma non so proprio cosa potrei fare. - Mia sorella a quelle parole si avvicina e mi abbraccia. I suoi occhi sono umidi. - Samira, sono disperata. Nemmeno io so cosa fare, ma sono sicura che stia per accadere qualcosa di terribile. A volte maledico il mio sesto senso, perché sto male e non so come uscirne. La mia è una sensazione che non ho mai provato. Ho paura, ma non so di cosa. Mi sento sull'orlo di un precipizio, e anche se non lo vedo, so che sto per caderci dentro. - Alisha tira su col naso due volte e io le porgo uno dei miei fazzo-letti di carta. - Non ti ho mai visto in queste condizioni, mi stai spaventando. Non potresti avere tu qualche problema di salute? Hai fatto degli esami di recente? - - No, no, la salute non c'entra, sto benissimo - si siede sul divano del salotto e io mi metto al suo fianco. Le prendo le mani e mi accorgo che sono fredde e sta tremando. - Ieri sera - continua - mi sono concentrata molto per mettere a fuoco le sensazioni che provo. Non so spiegarti come funziona la mia testa, ma posso dirti quello che ho sentito. Papà ha un segreto che riguarda me e il lato economico della sua vita. Inoltre, gli eventi stanno precipitando. È questione di giorni, forse di poche ore, poi succederà qualcosa di molto brutto. Non ti so dare indicazioni più precise, ma ogni minuto che passa non fa che aumentare il mio ma-lessere e il presentimento di un pericolo imminente. Vorrei tanto sbagliarmi. Che dipendesse da una mia fantasia, dalla mia mente malata, ma temo che non sia così e non posso star ferma senza chiedere aiuto, senza cercare di evitare il peggio. Aiutami, ti prego. - Devo essere impazzita, perché le accorate parole di mia sorella stanno contagiando anche me. Comincio a credere che ci sia qualcosa di reale nelle sue sensazioni. D'altra parte è vero che il suo famoso sesto senso non sbaglia mai quando giudica una persona o una situazione. Sospiro. - Va bene, voglio provare ad aiutarti. Qualsiasi cosa que-sto comporti. - - Grazie sorellina, mi sento meglio sapendo che sei con me. Hai già delle idee? - - Entrambe siamo fuori gioco con papà. Non ha mai parlato con noi di cose da grandi, nemmeno adesso che abbiamo trent'anni io e quasi quaranta tu. Per lui siamo sempre le sue bambine. - - Hai ragione. Però i quasi quaranta potevi risparmiarteli - Alisha aggrotta la fronte. - Io me ne sento trenta, e infatti spesso ci scambiano per gemelle. - - Be', ora non più, da quando ti sei fatta bionda. - - Mi hai costretto! Abbiamo entrambe i capelli castani e gli occhi verdi e volevo distinguermi da te in qualcosa. - - Lascia stare, il punto è un altro. Come possiamo fare ad affrontare certi discorsi con papà, visto che noi siamo le sue piccole? - La risposta balena in testa a entrambe in contemporanea. È come se si fosse accesa una lampadina, anzi, un'insegna luminosa a caratteri giganti. Sorridiamo, guardandoci in faccia, e diciamo all'unisono: - Daniel! - - Come abbiamo fatto a non pensarci subito? Fra uomini ci s'intende: vedrai che lui riuscirà a ottenere dei risultati. Ovvio che dovrà promettere di non dirci nulla, ma questo non sarà un proble-ma. - - Già, immagino che tu abbia i tuoi metodi per farlo parlare - mia sorella mi fa l'occhiolino. - Daniel è un panetto di burro e io sono il suo microonde, se capisci cosa intendo. - - Ti sei espressa molto chiaramente - Alisha sbarra gli occhi. - Ora dobbiamo pensare a come organizzare l'incontro. Ci serve un momento di relax in cui possano restare soli. - - Un pranzo in villa. Il momento giusto è dopo il caffè. Noi spa-recchiamo e laviamo i piatti e loro possono parlare. Devi solo istruire Daniel affinché porti il discorso dove vogliamo. - - E Peter? - - Peter sta con noi, gioca, legge, non importa. - - Mi sembra una buona idea. Facciamo questo fine settimana? - - Sei matta? Facciamo domani! Chiamalo subito e costringilo ad accettare. - Sto per obiettare, ma il viso cupo di mia sorella mi fa capire che è meglio non continuare a discutere. - D'accordo, farò come vuoi. Ora vado al lavoro, poi chiedo a Flora di sostituirmi domani, e infine chiamo papà e organizzo il pranzo. Ho già la scusa pronta: mi hanno dato un attestato per i miei meriti nella ricerca di una nuova sostanza che proteggerà gli esploratori dagli insetti velenosi. - - Ma è vero? - - Che importa? È una scusa come un'altra. Poi questa sera spie-gherò a Daniel ciò che deve fare. Hai detto che papà va sondato a proposito di questioni economiche e anche in merito a te. Non so come le due cose siano correlate, ma la missione che gli affiderò sarà questa. - - Come farà a portare l'argomento sui soldi? - - Questo è facile: gli dirà che stiamo pensando di cambiare appar-tamento e quindi vuole valutare le possibilità di chi ci può dare una mano. Se tutto è a posto, si offrirà subito di aiutarci, mentre se dicesse che non può farlo, avremmo un indizio da cui partire. - - Ottima idea, ma spiega a Daniel che dovrà essere molto cauto. Se sospetterà qualcosa, si chiuderà anche con lui. - - Fidati di tuo cognato. Lui saprà trovare il sistema adatto. - - Hai ragione, è un uomo da sposare. Ah no, è già sposato con te, scusa. Comunque, non mi hai mai ringraziato. - - Ringraziato di cosa? - - Anni fa ho incontrato io Daniel alla macchinetta del caffè ed è diventato subito mio amico. Solo in seguito l'hai conosciuto tu, quando te l'ho presentato al Redding Pub. - - Oh santi numi - alzo gli occhi al cielo e le tiro un cuscino. Lei infila di corsa la porta ed esce.
Daniele Missiroli
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