Writer Officina - Biblioteca

Autore: Antonella Sacco
La grande menzogna
Narrativa
Lettori 3971 42 57
La grande menzogna
Una parola. Una sola.
Verità.
La grande menzogna.

('Un uomo', Romano Tancredi)

Non così. Non era affatto così che aveva immaginato il suo futuro.
Hank sospirò e posò con violenza il bicchiere appena asciugato sulla mensola, scaricando nel gesto la frustrazione di essere solo un cameriere tuttofare in quel vecchio bar in cui non aveva nessuna intenzione di restare ad ammuffire. Il problema era che la fortuna sembrava averlo cancellato dalle sue liste e non gli offriva alcuna opportunità di miglioramento. Comunque prima o poi le cose sarebbero cambiate. Dovevano cambiare.
In quel momento il primo cliente della serata fece tintinnare l'acchiappasogni appeso sopra la porta. Anche l'acchiappasogni era vecchio e aveva perso almeno metà dei suoi pendenti, ma Bert Dassel, il principale di Hank, si era arrabbiato quando gli aveva suggerito di toglierlo perché era un portafortuna regalatogli da una vecchia amica. Hank alzò la testa: l'uomo appena entrato era il tipo solitario che capitava di quando in quando. Dassel sosteneva che avesse una relazione clandestina, ma secondo Hank la cosa era altamente improbabile, doveva essere piuttosto un impegno di lavoro a portarlo lì.
Come ogni volta l'uomo sedette al tavolo d'angolo, sulla panca di legno scuro che in un tempo remoto era stata imbottita.
Hank posò lo strofinaccio e si diresse verso di lui.
- Il solito? - Aveva imparato che alla maggior parte dei clienti piaceva che si ricordasse cosa consumavano abitualmente.
- Sì, ma anche dell'acqua naturale, per favore. -
L'uomo tossì più volte e Hank notò che era molto pallido.
- Si sente bene? - Non poté fare a meno di domandargli.
L'altro annuì e gli fece un cenno per indicargli che poteva allontanarsi e portargli ciò che gli aveva chiesto. Hank eseguì alzando le spalle: gentilezza sprecata. Quando, qualche minuto dopo tornò al tavolino con il vassoio, il cliente stava tirando fuori da una delle tasche della giacca una piccola chiave, che strinse nel pugno vedendo avvicinarsi Hank, come a proteggerla dal suo sguardo.
Nella mezz'ora successiva il locale si riempì, era venerdì e la cosa non era insolita. Naturalmente Bert Dassel aveva scelto proprio quella sera per lasciare solo Hank, che si ritrovò a correre da una parte all'altra del bar. Anche se distribuire bevande e riscuotere, magari da qualche ragazza carina, era preferibile a lavare bicchieri o ripulire il pavimento dopo la chiusura, restava il fatto che riparare a tutti era davvero troppo.


Mentre Hank era intento a preparare un latte macchiato e due decaffeinati una biondina si avvicinò al banco.
- Secondo me quel tipo laggiù si sente male... - Gli disse sottovoce.
Lui rivolse lo sguardo nella direzione indicata e vide che il cliente entrato per primo aveva il capo accasciato sul tavolino e un braccio abbandonato lungo il corpo in una posizione innaturale e per niente rassicurante. Il ragazzo sentì un brivido attraversargli le spalle e poi, senza alcun motivo, arrossì. Si schiarì la voce per darsi un contegno e, sforzandosi di stare calmo, depose le tazze su un vassoio. Con quello in mano passò davanti alla biondina e le sussurrò - Ora ci penso io - , ma la sola sicurezza che aveva era della grande quantità di complicazioni che senza dubbio presto gli sarebbero cadute addosso.
Lei lo seguì. Lasciate le bevande alle tre signore che le avevano ordinate, Hank si avvicinò al cliente e lo toccò piano su una spalla. La sia pur tenue speranza che aveva avuto, ovvero che fosse semplicemente addormentato, risultò, con evidenza, vana: l'uomo non reagì in nessun modo. Hank sospirò e provò a scuoterlo con più energia, ma l'altro restò ancora immobile.
- Sta male. - Mormorò alla ragazza; era un'osservazione superflua, ma sentiva il bisogno di dire qualcosa, più per sé che per lei.
Intanto altri clienti si erano avvicinati e il brusio intorno si era fatto più alto. Hank si rese conto che tutti aspettavano di vedere la sua prossima mossa. Nessuno sembrava avere intenzione di suggerire qualcosa e lui non aveva idea di cosa fare. Cercò di pensare in fretta e maledisse per l'ennesima volta l'assenza di Dassel. A proposito, doveva telefonargli, che se la sbrogliasse lui con quella storia. Mentre prendeva il cellulare dalla tasca posteriore dei calzoni realizzò che era più urgente chiamare un'ambulanza, era quella la mossa giusta, l'unica possibile. Il tipo, che fosse addormentato o meno, non si svegliava, perciò era necessario che lo vedesse un medico, e al più presto.
La confusione si calmò un poco durante la telefonata, poi tutti ripresero a parlare insieme e, quando Hank tolse la comunicazione, diverse persone gli chiesero il conto. Così, appena avvertito anche il principale, il ragazzo si mise alla cassa a preparare scontrini e a riscuotere. Dopo dieci minuti erano rimasti solo pochi curiosi; anche la biondina era uscita, i suoi amici erano stati fra i primi ad andarsene. Lei aveva lanciato un sorriso di saluto ad Hank e li aveva seguiti fuori. Lui se ne era rammaricato, ma solo un poco, preoccupato com'era per i guai che il malore del cliente avrebbe potuto procurargli.
Finalmente il suono di una sirena annunciò l'arrivo dell'ambulanza e in pochi minuti un medico e due infermieri entrarono nel bar. Hank indicò loro l'uomo che sembrava dormire e rimase a qualche metro di distanza.
- Cos'è successo? - Gli chiese il dottore.
- Non lo so. Dopo che gli ho portato da bere sono stato occupato con altri clienti e non ho più guardato verso di lui. È stata una ragazza a farmi notare la sua strana posizione e siccome non sono riuscito a svegliarlo ho chiamato voi. -
- Cosa aveva chiesto? Ha mangiato qualcosa? -
- Niente cibo. Ha voluto del whisky e dell'acqua. Ma secondo me ha bevuto solo qualche sorso d'acqua. -
Il dottore emise un mugolio di assenso e si dedicò al cliente.
In quel momento, Bert Dassel, trafelato e rumoroso, si precipitò dentro.
Stava per iniziare a inveire contro Hank, ma valutò con uno sguardo la gravità della situazione e si trattenne.
Si presentò al medico che gli domandò se conoscesse l'uomo.
- Soltanto di vista, capita ogni tanto. -
- Quindi non sa come si chiama né chi possiamo avvisare. -
Dassel negò scrollando il capo e l'altro proseguì:
- Purtroppo questo signore è deceduto. Devo chiamare la polizia. -
- Deceduto. - Mormorò Hank, come assaporando il suono della parola. Non era stupito, lo aveva immaginato subito, quando aveva visto la strana e scomoda posizione in cui era scivolato.
- Deceduto? Vuole dire morto? - Esclamò incredulo il proprietario.
- Probabilmente è stato il cuore, ma non possiamo portarlo in ospedale senza autorizzazione. - Spiegò ancora il medico.
Approfittando del fatto che i paramedici stavano riponendo i loro strumenti e il medico telefonava alla polizia, Dassel borbottò rivolto a Hank: - Cosa gli hai dato da bere? -
- Il solito, ma il whisky è ancora tutto nel bicchiere... -
- E allora? Cosa è successo? -
- Non lo so, l'ho detto anche al dottore. Quando è entrato si è messo a tossire e gli ho chiesto se stava bene. Lui ha fatto di sì con la testa e ha voluto che gli portassi la consumazione. Poi il bar si è riempito e io ho avuto altro a cui badare. - Ribatté Hank innervosito.
Dassel non replicò, tornando a rivolgere la sua attenzione al medico e agli altri che si stavano occupando del suo ormai ex cliente.


I giorni seguenti furono per Hank un susseguirsi di seccature, fra le domande della polizia e le recriminazioni del principale, che sembrava addossare a lui la responsabilità del fatto che il cuore malandato di Karl Savander, questo avevano saputo essere il nome del cliente, avesse deciso di smettere di battere proprio nel suo bar. Dassel non perdeva occasione per accusare il ragazzo di disattenzione, negligenza, incompetenza, per poi sospirare e lamentarsi per la perdita dei clienti causata da una disgrazia che avrebbe potuto evitare. In realtà non c'era stata nessuna diminuzione dei frequentatori del locale, anzi; quello che Dassel cercava era piuttosto attirare su di sé l'attenzione che i curiosi dimostravano per Hank, l'ultimo con cui Savander aveva parlato, e che aveva assistito, per così dire, alla sua dipartita, sia pure distratto dai suoi impegni di cameriere.
Hank fu sul punto di mandare il principale al diavolo più volte, ma si trattenne sempre: lo scarso stipendio era l'unica possibilità che aveva per pagare le rate dell'auto di seconda mano che aveva acquistato da pochi mesi.


Quasi una settimana dopo la disgrazia Dassel, indicando ad Hank un giornale ormai vecchio, osservò:
- Guarda, c'è un articolo sul tuo morto... dice anche il nome del bar... - il principale aveva preso l'abitudine di riferirsi a Savander come al morto di Hank, cosa che il ragazzo non gradiva affatto.
Dopo aver servito due cappuccini e una birra recuperò il quotidiano, che risaliva a quattro giorni prima.
- Nella cronaca locale, è una colonna da un lato. - Gli suggerì il principale.
Trovato il trafiletto, Hank lo lesse.
Si è spento nel pomeriggio di ieri Karl Savander, abitante a V*, di professione traduttore e curatore editoriale. Malato di cuore da alcuni anni è morto mentre si trovava da 'Bert', un bar situato nella periferia di T*, dove è stato soccorso tempestivamente, purtroppo senza risultato. Anche il medico, giunto con l'ambulanza pochi minuti dopo la chiamata, non ha potuto fare altro che constatare il decesso. Benché sia quasi certo che la morte sia stata causata da un arresto cardiaco, il corpo verrà sottoposto ad autopsia, come avviene in casi del genere.
Karl Savander aveva vissuto gli anni della giovinezza all'estero, nella città natale di sua madre; aveva acquisito così una padronanza della lingua tale da permettergli di tradurre alcuni dei romanzi di Romano Tancredi, il famoso scrittore, fra cui 'Qualcosa che vale la pena'. Savander non aveva figli e non era sposato.


Hank aveva letto alcuni libri di Tancredi e non avrebbe mai immaginato che quel cliente un po' schivo potesse essere stato il suo traduttore. Tornato a casa recuperò dalla scatola che costituiva la sua libreria 'Il meccanico'; sfogliandolo la vicenda gli tornò subito in mente, era una storia molto coinvolgente, in cui in parte si era riconosciuto. Dato che gli era piaciuto molto era diventato socio della biblioteca del quartiere e aveva preso in prestito 'La piramide' e 'Luna nella nebbia', anch'essi scritti da Tancredi, ma del secondo non era rimasto altrettanto entusiasta e così era passato ad altri autori. Era comunque debitore a Tancredi per aver acceso in lui l'interesse per i libri, in particolare per le storie di avventura, che lo trasportavano in situazioni e ambienti molto più interessanti di quelli in cui viveva. Decise che avrebbe letto anche gli altri romanzi dello scrittore, gli sembrava che l'aver scoperto il suo legame con Savander gli suggerisse di farlo.

Antonella Sacco

Biblioteca
Acquista
Preferenze
Contatto
Ultime interviste
Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
Altre interviste su Writer Officina Blog
Articoli
Scrittori si nasce Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
Lettori OnLine