Le avventure del dott. Franz
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Baviera del nord, Germania.
30 ottobre 1948
I postumi della guerra da poco terminata riecheggiano quieti nelle immense vallate, in quelle terre dove i conflitti hanno lasciato i segni della distruzione. Ora però, gli uomini che le popolano, sono desiderosi di dimenticare ciò che è stato. Speranzosi di ricostruire un futuro per loro e per i figli che verranno.
Tra le case schierate con tetti spioventi tipici della zona, ve n'è una con il giardino ben curato e la staccionata tutta intorno. Dietro le finestre con le persiane di colore rosso, un'anziana donna prepara minestre tutta indaffarata ai fornelli. E' la signora Brhoumer, una delle tante donne rimaste vedove dopo la guerra. Quella lunga guerra che, purtroppo, non fece distinzioni tra vincitori e vinti. L'anziana signora era molto ordinata, curava le sue piante in maniera quasi maniacale nei giorni di sole. Belle giornate che ora però, iniziavano ad esser sempre più rare con l'imminente arrivo dell'autunno. Adorava il suo gatto nero che le faceva compagnia saltellando qua e la sui divani di casa. Amava svagarsi con le amiche, che invitava sovente nel suo grande salotto, per conversare e giocare a scacchi. Le allegre compagne s'intrattenevano tra un dolcetto ed un pettegolezzo dinanzi al grande camino. Sulla parete della sala vi erano affissi i quadri del defunto marito: il Colonnello Brhoumer, che vigilava col suo sguardo militare sulle amiche del pomeriggio.
Al piano di sopra, rinchiuso nella sua camera da letto, se ne stava chino sui libri il figliolo della Brhoumer di nome Franz, o come lo chiamavano i suoi alunni il dott. Franz. Era un uomo sulla quarantina, d'aspetto non proprio curato, infatti portava sempre la barba incolta e i capelli disfatti. I suoi vestiti erano sempre di colori grigiastri e non certo delle migliori marche. Non aveva cura dell'aspetto esteriore, forse perché aveva passato la vita sui libri ad affinare il proprio intelletto. Non era sposato e quindi viveva ancora con la mamma in quella grande casa. Era insegnante di chimica e fisica al liceo classico di Francoforte. Aveva un rapporto di estremo distacco con i ragazzi della scuola, tanto che loro per prenderlo in giro lo chiamavano appunto il " dottore". Dietro quell'aria da intellettuale e quegli occhialini tondi però, si nascondeva un animo represso. In fondo al cuore, egli ammirava ed invidiava quei giovani allegri e pieni di vita La sua stanza si mostrava simile a quando era fanciullo, sui ripiani colmi di libri vi erano ancora sparsi soldatini di piombo e piccoli modellini di aeroplani con i quali aveva giocato durante l'infanzia. La scrivania era inondata di fogli e penne che lasciavano macchie d'inchiostro ovunque. Franz era figlio unico , rimase sin da piccolo sotto il controllo della severa signora Brhoumer, che lo tenne sempre con se e lo riempì di attenzioni. I genitori spesero tutti i loro risparmi per farlo studiare all'università di Francoforte. Non volle mai deluderli, così s'immerse totalmente negli studi offrendogli tante soddisfazioni.
Forse l'unico a non essere pienamente soddisfatto era proprio lui che, arrivato a quell'età, non aveva mai conosciuto una donna da amare. Nella sua vita piatta e grigia però, si era ritagliato un piccolo spazio per sognare. Era la sua passione per l'Egitto che lo colmava di fantasie, immaginando viaggi e scoperte di nuovi mondi. Questo angolo di sogno era alimentato dai tanti libri di egittologia che aveva collezionato negli anni. Li leggeva con passione e a volte si addormentava sulla scrivania sognando il fascinoso deserto e i tesori che nascondeva. Era preso a tal punto da quelle leggende che si era addirittura comprato un completo da esploratore. L' abito era corredato da pantaloncini e camicia in tinta, scarponcini marroni e borraccia. Lo aveva indossato soltanto per guardarsi allo specchio e sognare ad occhi aperti una spedizione alla scoperta di chissà quale tesoro.
Ancor più reale quel sogno diveniva quando s'intratteneva a discorrere con l'amico Kabir, un egiziano che viveva da molti anni in Germania. I due passavano ore a chiacchierare davanti ad una tazza di buon tè. Nei loro discorsi Franz pendeva dalla bocca dell'amico che sapiente lo esortava ancor più alla scoperta di quelle terre lontane. Infatti Kabir era bravo a raccontare storie, molte delle quali erano pura invenzione, ma il dottore ammaliato da quei racconti non obbiettava.
Gli rimase impresso il primo incontro con Kabir, una decina d'anni prima. Il dott. Franz era solito, tra una lezione e l'altra, fare una pausa al Prinz Caffè per consumare la colazione e dare uno sguardo alle notizie sul giornale. Quello era il periodo delle rivolte, i nazisti prendevano piede e la Germania di lì a poco sarebbe diventata una grande potenza. Si respirava una strana aria politica all'epoca, nessuno sapeva da che parte stare. Favorire il fortificarsi della nazione voleva dire prestigio per il popolo tedesco, ma allo stesso tempo anche scendere in guerra. Era assurdo vedere come certi giovani inneggiavano alla potenza nuova desiderosi di schiacciare gli avversari. Il dott. Franz cercava in tutti i modi di dissuadere i propri alunni e non mandarli verso quella catastrofica direzione, ma i tempi cambiavano repentinamente e di lì a breve sarebbe successo l'inevitabile.
Franz cercava in tutti i modi di dissuadere i propri alunni e non mandarli verso quella catastrofica direzione, ma i tempi cambiavano repentinamente e di lì a breve sarebbe successo l'inevitabile Un caldo torrido quell'estate, un' umidità che alla sera appannava i vetri. Nel raffinato locale di fronte la scuola, il giovane Professore stava assaporando una bibita fresca tra una pagina e l'altra. Le pale dei ventilatori a soffitto giravano vorticosamente, ma l'aria che muovevano era solo ed esclusivamente calda. Il sudore scendeva a gocce dal suo volto e, mentre borbottava sbottonandosi il colletto della camicia, si asciugava la fronte col fazzoletto. Da un tavolo adiacente, una figura strana, orientale , gli si avvicinò e si sedette di fianco a lui.
"Nel deserto per combattere il caldo, noi sorseggiamo tè bollente", disse lo straniero senza presentazione alcuna.
Il dott. Franz rimase un po' allibito da quell'irruzione mentre era ancora assorto tra notizie di politica interna. Lo guardò bene, dalla testa ai piedi. Sembrava fosse uscito da uno di quei film che passavano al cinematografo sugli sceicchi a cavallo. Aveva un turbante che gli scendeva avvolgendogli il collo come una sciarpa, una casacca lunga fino al ginocchio e dei pantaloni ricamati con fili pregiati e luccicanti. Ai piedi un paio di scarpe orrende, con la punta rivolta verso l'alto. Franz come le vide accennò ad una risata, ma poi si trattenne non volendo fare brutta figura col nuovo arrivato.
"Buongiorno, mi presento: Franz Brhoumer" , fece gentile il giovane insegnante.
"Si, conosco il vostro nome signore", rispose lo straniero con aria quasi divertita.
Al ché Franz rimase perplesso e volle subito sapere, la cosa lo inquietava molto essendo lui un tipo timido e riservato.
"Prima vi sedete senza presentarvi e poi dite di conoscere il mio nome, ma che scherzo è questo?!".
"Non vi arrabbiate dottore", lo chiamò come i suoi alunni.
"E invece mi arrabbio, sono infastidito", l'insegnante aveva un carattere introverso e la sua riservatezza lo portava a reagire in quel modo. Allorché lo straniero ebbe a spiegarsi: "Ero affacciato alla porta del locale quando ho sentito un gruppetto di ragazzi passare qui davanti e sbirciare all'interno. Voi eravate intento a leggere il giornale mentre loro ridacchiavano pronunciando il vostro nome".
"Quei ragazzacci, li riempirò di compiti una volta rientrato in classe", disse autorevole il Professore.
"Ma sono solo giovani vivaci, lasciateli divertire", gli rispose con saggezza lo straniero.
Poi continuò : " Comunque il mio nome è Kabir, vengo da Alessandria d'Egitto. Sono qui in Germania per motivi di lavoro, la mia permanenza non è definita potrei andar via domani come restare per molti anni, così preferisco fare amicizia e visto che voi mi sembrate una persona di tutto rispetto mi sono permesso di avvicinarvi".
Dopo quelle parole l'insegnante si sentì un po' più sollevato e riponendo il fazzoletto nel taschino della giacca, consumò la bibita offrendo a Kabir un drink. Questi accettò senza indugi, forse stava proprio aspettando qualcuno che gli offrisse da bere.
Franz non aveva ancora inquadrato le intenzioni di quello straniero, voleva esser prudente e scoprirsi poco alla volta.
"Allora cosa beve sig. Kabir?" Lo invitò chiamando con un cenno il cameriere.
"Ve l'ho detto dottore, con questo caldo non c'è nulla di meglio che una buona tazza di tè bollente".
Franz lo guardò incuriosito da quella insolita proposta.
"Ma come può gradirvi una bevanda bollente al posto di una bibita ghiacciata?"
" Dalle nostre parti è d'uso, quando si affrontano traversate impervie nel deserto cocente, portare nelle sacche sul dorso dei cammelli un grosso quantitativo d'acqua e tè in polvere", lo straniero raccontava con un filo di nostalgia quegli espedienti.
Franz incuriosito ribatté : " Si, ma non mi avete spiegato perché dev'essere necessariamente bollente codesta bevanda!".
"E' semplice. Ci rifletta un po' sopra e vedrà che riuscirà a capirlo da solo".
La domanda sembrava un indovinello con trabocchetto finale al quale Franz si rifiutò di rispondere scuotendo il capo. Non aveva la benché minima idea della soluzione.
"La bevanda fredda può giovare l'uomo soltanto per poche ore , poi si riscalderà al sole. La bevanda bollente invece, verrà resa tale da fuochi appiccati durante il cammino ogni qualvolta egli ne avrà desiderio. Ella asciugherà il sudore dell'uomo durante il torrido giorno e riscalderà la sua anima nella gelida notte".
Il dottore rimase a guardare sorpreso quest'individuo tanto strano quanto fascinoso per il modo in cui raccontava le sue perle di saggezza, poi con un sorriso rispose: "avete ragione sig. Kabir, la vostra teoria non fa una grinza. Ora dovete togliermi un'altra curiosità, visto che siete stato così loquace con la risposta di prima", ed intanto posò la tazza di tè davanti al suo interlocutore.
"Dite pure", questi la bevve a due mani, senza porvi dello zucchero.
"Avete appena detto che siete in Germania da poco tempo, ma come mai parlate così bene la mia lingua?"
Infatti, anche se l'accento orientale era fortemente marcato, Kabir riusciva a comporre discorsi in modo egregio. A questa domanda lo straniero non rispose, tergiversò sull'argomento e alla fine non lo svelò.
Nel corso degli anni i due divennero ottimi amici. Tante furono ancora le chiacchierate, seduti ai tavolini dei vari Caffè dinanzi le scuole. Il professor Franz continuò sempre ad esercitare nell'insegnamento, passando da un liceo all'altro della città. Kabir invece, man mano che il tempo passava, sembrava sempre più un tedesco. Aveva abbandonato quei panni del deserto ed ora iniziava a portare vestiti di sartoria. Cravatte e cappelli sempre abbinati e giornale sotto il braccio. Se ne andava in giro per la città e puntualmente offriva la colazione a Franz, che per rifiutare e pagare a sua volta doveva convincere il cameriere con laute mance. L'egiziano aveva messo su un commercio di import export con l'Egitto, a dir suo gli affari fruttavano bene. Kabir non amava parlarne, non aveva mai rivelato nei particolari in cosa consisteva veramente il suo lavoro. Soltanto in maniera generale spiegò all'amico che aveva intrapreso un commercio di esportazioni di vini dalla Germania verso l'Egitto e di importazioni di frumento in via contraria. Il suo era un carattere molto particolare. Orgoglioso di essere un egiziano, ma allo stesso tempo servile con la società che ora lo accoglieva. Tanto da convertire la sua religione e diventare un assiduo frequentatore della messa domenicale. Anche se, durante il sermone aveva la testa tra le nuvole a pensare tutt'altro. Lui era fatto così. Voleva risultare agli occhi dei tedeschi come uno di loro. Un onesto cittadino.
Quando Franz finiva di leggere un nuovo libro sugli antichi misteri d'Egitto, correva subito alla ricerca di Kabir per chiedere chiarimenti ed allargare il suo bagaglio culturale. Ogni volta rimaneva spiazzato tra quello che aveva letto e ciò che apprendeva dalla voce dell'amico.
Kabir era solito raccontare episodi di vita vissuta perciò più veri di ciò che un libro poteva esprimere.
"Questo è un buon periodo per visitare la mia terra", gli disse fiero.
"A fine ottobre dici?"
"Si, dovresti vedere il Nilo. Navigare le sue acque. Si dice che chi prova quest'esperienza ringiovanisce di vent'anni". Con un sorriso lanciò la proposta.
" Ah...come vorrei andarci" sospirò Franz.
"Magari potremmo andarci insieme un giorno. Ma ora, come faccio. La scuola. Mia madre sola, non potrei abbandonarla."
Kabir aggrottò la fronte : "si vive una sola volta mio caro amico" e, dopo una breve pausa proseguì : "su questa terra".
Quell'ultima frase voleva sottolineare la teoria sulla vita dopo la morte. Quella credenza popolare dell'antico Egitto alla quale tante volte Kabir si era rifatto nei suoi racconti misteriosi. Furono proprio quelle narrazioni a turbare l'insegnante, rendendo ancor più nutrita la sua sete di conoscenza. Le leggende che Kabir riferiva avevano un fascino particolare, sapeva ben impostare quelle storie di Dei venerati e di Templi eretti in loro memoria come un vero novelliere.
Domenico Vasile
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