Equilibrio - Le Due Chiese
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La città verso sera iniziava a rallentare i suoi battiti, mentre il traffico delle ore di punta finalmente scemava. Le luci di sicurezza dell'AIWASS S.p.A. illuminavano fiocamente i corridoi, ormai quasi del tutto deserti. Il sicario si avvicinò all'edificio con movimenti rapidi al di fuori del raggio delle telecamere di sorveglianza. Non appena fu a qualche metro dal portone, percepì la familiare energia soprannaturale, quella bassa vibrazione a cui non si era mai davvero abituato. Una volta che fu sufficientemente vicino, tirò fuori da una borsa nera da palestra un congegno che sistemò su uno dei pilastri dell'elegante palazzo vetrato. Controllò sul tablet e in pochi secondi ebbe la conferma che l'intero sistema di videosorveglianza dell'edificio era disabilitato. Bene. Ora doveva fare in fretta: non aveva molto tempo prima che qualcuno si rendesse conto dell'anomalia. Utilizzando un badge contraffatto si introdusse nel palazzo attraverso un'entrata secondaria, eludendo i sorveglianti all'ingresso. L'uomo percorse rapidamente i corridoi che lo separavano dall'ufficio del presidente dell'AIWASS, il giovane Vittorio La Voisin, il rampollo che era da poco subentrato al padre Ennio a capo del colosso energetico. L'Azienda Italiana Watt e Sinergia Solare era stata la prima in Italia a intuire l'importanza delle fonti di energia rinnovabile, già da oltre trent'anni, e da poco aveva ottenuto un appalto milionario per la fornitura di energia solare ed eolica nell'area urbana; la firma del contratto, primo atto della sua presidenza, lo aveva reso per l'opinione pubblica il paladino dell'energia pulita, nonostante i dubbi di persone meglio informate sulla trasparenza nell'affidamento dell'appalto. Il sicario entrò nella sala riunioni adiacente al suo ufficio senza essere visto dalla guardia del corpo di La Voisin, che parlava annoiato al cellulare. - Sì, vado a Roma - , stava dicendo. - Ho preso qualche giorno di ferie! - Era una tranquilla serata di dicembre; mancavano pochi giorni alle vacanze di Natale e l'edificio era quasi completamente deserto. Il sicario immaginò che la guardia si stesse organizzando per raggiungere le centinaia di migliaia di fedeli che intendevano dare l'ultimo saluto al Papa, deceduto dopo una lunga malattia. In bocca al lupo, pensò: se era vero quello che aveva sentito in televisione, quel babbeo non avrebbe trovato una stanza in tutta la provincia. La vera guardia del corpo, invece, un Sathariel dalle grandi corna, indurì improvvisamente lo sguardo, spalancando le narici. Il corpo del sicario era solcato da rune di invisibilità, coperto di amuleti protettivi, celato da spiriti evocati per l'occasione. Che annusasse pure l'aria finché voleva, il Sathariel non l'avrebbe trovato. Il suo obiettivo era solito rimanere in ufficio fino a tarda sera anche quando non vi era una reale necessità. Forse lo faceva per dare il buon esempio o forse, immaginò, non sapeva cosa fare a casa sua. Certe persone erano assolutamente incapaci di trovarsi un hobby, rifletté, praticando silenziosamente un foro nei due strati della parete di cartongesso che separava la saletta dall'ufficio del presidente. La soglia della stanza e la finestra erano blindati da rune di sicurezza, ma nessuno aveva pensato di proteggere altrettanto efficacemente i muri laterali. Che errore! Il sicario tirò fuori un pezzo di gesso dalla tasca e disegnò un cerchio sul muro, per poi vergare velocemente dei simboli intorno ad esso: la porzione di muro all'interno del cerchio diventò invisibile, consentendogli di vedere l'interno dell'ufficio. L'ufficio era deserto, rilevò, ma un filo di luce filtrava sotto la porta del bagno. L'uomo estrasse un fucile di precisione, montò il silenziatore e lo posizionò nel foro della parete. Sulla scrivania di La Voisin notò due fotografie: in una era ritratta una ragazza bionda dall'aspetto elegante e un po' sulle sue, con due bambini piccoli che le assomigliavano molto. La moglie e i figli, immaginò distaccato. Nell'altra riconobbe Ennio La Voisin, il padre di Vittorio, insieme alla moglie, una donna con i capelli grigi raffinatamente acconciati. Per un istante la sua attenzione fu attratta dallo sguardo severo e penetrante della madre di La Voisin. Nonostante fosse a fianco del marito, in una posizione leggermente meno centrale dell'immagine, c'era qualcosa nella sua espressione che gli diede la sgradevole idea che potesse leggergli dentro. La porta del bagno si aprì e l'obiettivo tornò a sedersi alla scrivania. - Possa Dio avere pietà di te - , mormorò il sicario, per poi imbracciare il fucile e premere il grilletto. Il silenzio della sera fu spezzato dal tonfo secco del proiettile che andò a conficcarsi tra le sopracciglia di Vittorio La Voisin. Fuori dalla porta, il Sathariel ruggì di dolore.
CAPITOLO 1
Giovanni Pantoni tirò su la persiana e osservò il cielo terso. Un'altra luminosa giornata di sole, pensò. Da ormai qualche mese non cadeva neanche una goccia di pioggia, il che preoccupava le amministrazioni comunali, sempre in allarme per il livello di smog. Secondo i giornali, al consiglio comunale l'opposizione invocava incentivi all'uso dei mezzi pubblici e ancora una volta il traffico privato sarebbe stato chiuso. Giovanni non era preoccupato: abitava in centro e di solito si spostava semplicemente a piedi. Dalla sua finestra, osservando il sole del mattino riflettersi sul Po, era difficile credere che quelle splendide giornate fossero un problema così grave. Forse, arrivando da fuori Torino, chi viveva fuori città avrebbe notato una cappa di smog, ma a lui poco interessava. Ormai probabilmente l'aria senza smog gli avrebbe fatto girare la testa. Lo smartphone di ultima generazione sul tavolo diede un fastidioso trillo e Giovanni sospirò: gliel'aveva regalato suo figlio, Michele, nell'ennesimo tentativo di renderlo più moderno e al passo coi tempi. In realtà, lui non riteneva di essere così obsoleto: sapeva usare quel cellulare discretamente bene, immaginava, anche se molte delle sue - potenzialità - , come diceva Michele, non lo interessavano affatto. No, quello che davvero gli dava fastidio era il fatto di - doverlo - sempre avere con sé e controllare assiduamente. Se non rispondeva per un po', addirittura per una mezza giornata appena, Michele iniziava a preoccuparsi. Era arrivato persino a chiamarlo in ufficio. Una volta ci si faceva meno problemi, rifletté: se uno chiamava il telefono di casa e l'altro non rispondeva, si presumeva semplicemente che quest'ultimo fosse uscito. Forse avrebbe dovuto essere grato al figlio per la sua sollecitudine, pensò, ma aveva un'atavica insofferenza all'idea di essere tenuto sotto controllo. Ancora una volta un messaggio con un'offerta di una diversa tariffa da parte del suo gestore telefonico... Giovanni intascò il cellulare e si accinse ad uscire, dando un'ultima occhiata alla casa per sincerarsi che fosse tutto a posto. Aveva già scrupolosamente rifatto il letto e lavato la tazza della colazione, che ora era appoggiata a fianco del lavello nel cucinino in modo che scolasse. Il suo appartamento era, come sempre, ordinato e immacolato: a Giovanni non piaceva il disordine. Non amava neanche i cambiamenti: l'alloggio era rimasto immutato da quando sua moglie era mancata, una decina di anni prima. Michele l'aveva esortato più volte a ristrutturare: - Papà, guarda che un appartamento in questa zona potrebbe diventare un gioiellino. Basterebbe cambiare queste piastrelle e questa carta da parati... E poi, chi vuole più un - tinello con il cucinino - - , qui aveva fatto una smorfia di disgusto, - di questi tempi? Se solo buttassi giù questo muro e facessi un open space... - Giovanni era rabbrividito al solo pensiero. Non ci pensava proprio a mettere a soqquadro tutta la casa, tanto non aveva mica intenzione di venderla. Per non parlare del fatto che ci avrebbe messo un mese solo per ripristinare tutte le protezioni degli ingressi. Grazie, ma no. Si sforzava di apprezzare l'entusiasmo di Michele, ma lui e il figlio avevano davvero due caratteri molto diversi. Scese le scale fino a raggiungere il portone, e poi uscì in strada. Nonostante il sole, l'aria era pungente per il freddo e una folata di vento dal fiume lo fece sobbalzare. Si strinse un altro po' la sciarpa e si incamminò. Abitava proprio dietro piazza Vittorio, uno dei tanti luoghi da cartolina torinese, e solitamente gli faceva piacere camminare fino in ufficio. Era convinto che camminare molto contribuisse alla sua ottima salute, il che non era una cosa da poco ora che era arrivato all'età in cui tutti i suoi amici non facevano che lamentarsi per i vari acciacchi. Passando davanti al giornalaio sull'angolo con Via Po, un titolo attirò la sua attenzione: - Omicidio La Voisin, a un mese dal delitto spunta la pista mafiosa - . Si fermò a comprare il quotidiano. C'era uno speciale che prendeva due pagine, con tanto di riquadri di approfondimento, ma non gli sembrava che ci fosse nessuna informazione nuova. Era chiaro che la mafia non c'entrava niente, rifletté tra sé e sé. Ai piani alti c'era chi sapeva bene riconoscere i segni lasciati dal killer; dalla notte in cui La Voisin era stato trovato morto, Giovanni aveva ricevuto infinite circolari che gli raccomandavano di fare attenzione e di comunicare immediatamente se ci fossero stati segni di pericolo imminente. Dopo l'omicidio, però, la città sembrava sprofondata in una sorta di torpore che a Giovanni sembrava sospetto, come la quiete prima della tempesta. Tuttavia i settecento metri di rettilineo di Via Po che percorreva per arrivare al lavoro da decenni erano sempre gli stessi. I venditori di libri a metà della via stavano tirando su le serrande e dalle porte dei bar e delle pasticcerie proveniva l'invitante miscuglio dell'odore caldo del caffè e quello burroso dei croissant. Anche i soliti scocciatori, gli attivisti di qualche ONLUS - Salva-vattelapesca - erano già in pieno fervore al limitare di Piazza Castello, ma Giovanni era diventato un esperto nel distogliere lo sguardo e sgusciare indenne attraverso i loro attacchi. Una volta arrivato in ufficio, Giovanni notò che Gino Coda era già alla scrivania: la cosa era molto insolita, di solito non si faceva vedere prima delle dieci, e Giovanni era abituato ad essere sempre il primo ad arrivare. Gino aveva settantadue anni e l'aspetto trasandato. Non era affatto pigro, ma tendeva a considerare gli orari e le procedure più come delle generiche linee guida che come delle vere regole. - Buondì - , lo salutò Giovanni. - Giuanin. Cum'a l'è? - rispose quello, senza alzare la testa dal documento che stava leggendo. - Sto bene, grazie. Come mai qui così presto? - domandò. - Stamattina ho ricevuto una strana notizia giù ai Murazzi - , rispose quello, appoggiandosi allo schienale della sedia. - So cosa pensi di quei tipi, ma ascolta: sembra che la signora La Voisin abbia deciso di chiedere un incontro in Gran Madre. Sì, proprio così - , aggiunse, vedendo la sorpresa di Giovanni. - Sembra che voglia discutere tutta la questione alla luce del sole. Niente trucco, niente inganno. Incredibile, eh? Però, Giuanin, qui la situazione si sta facendo sempre più grave. Prima viene ucciso il Cardinale, poi Vittorio. Pensi davvero che la La Voisin voglia arrivare a uno scontro vero e proprio? Sta davvero invecchiando così male? - - No, certo, ma... - , Giovanni ci pensò su, senza raccogliere la provocazione, - Vittorio era suo figlio, il suo preferito a quanto si dice. È stato un duro colpo. Potrebbe aver perso molte remore. - Gino tacque. Sul suo volto, Giovanni poteva vedere la sua stessa preoccupazione.
Anna Mantovani
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