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Autore: Daniela Vasarri
Un passo dietro l'altro
Romance
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Un passo dietro l'altro
- Mamma, ho finito il quaderno, non posso più fare i compiti per domani... -
- Te ne accorgi sempre quando è tardi e i negozi sono chiusi, Andrea? -
- Eh, hai ragione, non ci ho pensato, non puoi chiedere a papà di cercarne uno aperto? -
- Non insistere, dove ne trova uno a quest'ora? Se non lo rovini ti presto il mio quaderno, quello con la copertina di stoffa verde. Aggiungici i fogli, poi, domani, quando compri il tuo me lo restituisci. Guarda che ci tengo, lo conservo dai tempi del liceo! -

Eccolo qui il suo quaderno verde, perfetto malgrado abbia almeno trent'anni; è stato un ricordo per mia madre e una salvezza scolastica per me, moltissime volte.
L'ho trovato tra i suoi libri, avrebbe voluto di certo che leggessi quanto annotava in diversi momenti e la vedevo isolarsi guardando nel vuoto, mentre la penna correva veloce sui fogli; ma non me lo impose mai, anzi, quando capitava di parlare della sua passione di trascrivere le proprie emozioni mi diceva: - Quando sarà il momento, Andrea, vedrai che ti capiterà l'occasione di averlo tra le mani...! -

E oggi ecco l'occasione: cercare una buona lettura per Kibo perché si distragga in questo momento particolare. Le proporrò di condividere la storia della mia nascita che leggo anch'io per la prima volta, seduto su una panca d'alluminio piccola e scomoda in questo corridoio anonimo d'ospedale che, però, è diventato a momenti come la mia seconda casa.
Quando si è ragazzi non si vuole mai dedicare tempo agli anni già vissuti, in particolare se raccontati da un padre e una madre. Come se fossimo privi di una storia, e volessimo crearne da soli una nuova ogni giorno.
Invece, ora che quel futuro è diventato il mio passato e che va ad aggiungersi a quello ancora più remoto riportato dai miei genitori, un quaderno così mi incuriosisce, arricchisce la mia vita.
Proprio ora, che Kibo sta per avere un bambino, il nostro bambino.
Kibo, sopravvissuta come per miracolo a un terremoto che ha quasi distrutto il Giappone, lasciandola purtroppo orfana, ha conservato la stessa figura longilinea di quando la conobbi alla facoltà di medicina.
Il ventre che accoglie nostro figlio è piccolo, ancora non si nota molto, malgrado sia giunta al termine della gravidanza.
Otto mesi di letto, immobile, ma Kibo, che ha vissuto con dignità e senza lamentarsi drammi peggiori, è una donna che ha fiducia. Ancora non mi è chiaro se sia riposta in se stessa, nella medicina o nell'energia cosmica.
Kibo significa - speranza - , nome che si sposa bene alla sua indole.
Ogni qualvolta ha rischiato di perdere il bambino, lei è rimasta ad aspettare, silenziosa, con quegli occhi dolci che sembrano chiedere aiuto alla vita e che da essa sono ascoltati.
So che anche mia madre ha sperato tanto di avermi, e a volte ha perso la fiducia, ma il coraggio, quello, mai!
Vediamo se a Kibo potrà piacere leggere...


Ad Andrea, un giorno qualsiasi del nostro cammino
Verrà l'occasione in cui ti offrirò di leggere quanto sto raccontando, così come, forse, è arrivato il momento di svelarti qualcosa di tua madre. Sono diverse le ragioni che inducono le persone a scrivere, molti lo fanno per capire di più se stessi, non so quanti, però, lo scelgano per venire compresi meglio dai figli.

Di sicuro un grande impulso a scriverti è dato dalla paura, paura che un giorno potresti odiare me e tuo padre. Non pretendo che il tuo sentimento nei miei confronti corrisponda al mio bene per te, il che mi ricompenserebbe di essere nata e di averti voluto, mi basterebbe solo che tu non mi maledica.
Ti ho amato dall'età di ventuno anni, quando abortii. Un piccolo angelo che ho tenuto nel cuore, però. Da quel giorno in poi mi sono ripromessa di venirti a riprendere, chissà se sei davvero quell'anima che ho cacciato allora? Il fatto che tu ci sia, e sia il solo, mi fa pensare che il buon Dio ti aveva già assegnato un posto nella mia pancia.


Dio che pancia che avevo e come scalciavi!
Di questo stato parleremo tra qualche anno o, meglio, tra qualche pagina.

Avevo tanti amici, e un marito, sì, hai capito bene, che non voleva figli, però; non desidero parlarti di lui, mi fa male perché rivivrei colpe e rimorsi. È stato mio complice in quell'aborto e dentro di me non l'ho mai perdonato, soprattutto per non avermi detto che né allora né mai ti avrebbe cercato. Ti dirò soltanto che non avevamo problemi economici, che potevamo permetterci di viaggiare spesso, che se fossi rimasta lì oggi sarei piuttosto ricca. Chi se ne frega, io sognavo un bambino!
Vedi, una creatura non la si desidera perché l'egoismo induce ad assicurare un sostegno alla vecchiaia, la si vuole perché... deve essere così, deve uscire da lì, con quel viso, con quella voce, con quel corpo, perché non può essere altrimenti la propria esistenza. Perché quando ti guardo sei un'apparizione, perché la sola opinione al mondo che mi interessa è la tua, perché dovunque il cammino ci porti noi ci apparteniamo... Spero di averti donato una vita che tu non maledirai mai, che tu saprai apprezzare anche nella sua tortuosità, nei suoi silenzi, nelle sua grida.


Sei stata tu a farmi apprezzare la vita, insegnandomi a cercare sempre il lato positivo...


Come tutti noi, tu non sei nato per caso ma per compiere una missione: svolgila come meglio potrai, non per meritarti il paradiso, ma per aggiudicarti una rinascita migliore. Ti ricordi cosa dice l'attore che interpreta il buon Dio al giovane Jim Carrey che è convinto Egli non lo aiuti?: - Sii il tuo miracolo. -
Non mi ha mai spaventata l'idea che questa vita sia un esame. Se le prove non ci fossero saremmo di sicuro meno angosciati ma ci sentiremmo, forse, anche inutili; mi infastidiscono, al contrario e in modo maggiore, quelle imposte dai propri simili, perché non posseggono nulla di soprannaturale in confronto a ciò che sosteniamo ogni giorno, quando dobbiamo rispondere alla nostra coscienza.
Sei molto piccolo ora, non hai ancora sei anni e stai dormendo beato, ma sto cercando di insegnarti a dire no: questa è la prima grande prova. Se imparerai a rispondere no agli altri, capirai come farlo anche con te stesso, per evitarti dispiaceri o per raggiungere i tuoi obiettivi, non assoggettandoti ad alcuno.
Ti amo, e non sarà l'unica volta che ti farò questa dichiarazione.

Tuo padre, con tono affettuoso, mi ha appena chiesto se ti sei addormentato e non ho potuto che rispondergli: - come un angelo. -
***

Ero piuttosto bella, ero alquanto effervescente e sapevo di esserlo, ma non mi sentivo felice. La mia testa non stava ferma un attimo (non sono, poi, molto cambiata in questo), rincorrevo sempre qualcosa senza attribuirgli di preciso un'identità, un po' come il leprotto di Alice nel paese delle meraviglie che corre affannato: avevo sempre viaggiato su un treno accelerato e avrei dovuto riprenderne uno a grande velocità per recuperare il tempo perduto quando ero scesa. Persino i miei sogni erano confusi e agitati e con essi le mie preferenze: a trentacinque anni non sapevo ancora che caratteristiche fisiche avrebbe dovuto possedere il mio compagno ideale, ho sempre avuto uomini brutti e magri e tuo padre ne è la prova.
Trovo che amare una persona non bella sia molto più coinvolgente, richieda sforzi maggiori di fantasia, ma sia anche più rassicurante, non nei confronti di altre, ma nei propri: si è certi, infatti, di volere lei perché possiede un'avvenenza non visibile ai più. Non ho fatto fatica a scovare il lato affascinante del tuo papà, ma solo quando ho deciso di non vederlo come gli altri lo conoscevano.
Lui, al contrario, si innamorò forse prima del mio corpo e della mia immagine e solo più tardi mi vide davvero. Ma sono convinta che non me lo confesserebbe mai.Era l'undici di febbraio di tanti anni fa, quella sera pensavo a tutt'altro, soprattutto a quanto fosse inutile uscire con Elena e con i suoi amici, che consideravo mediocri. Sì, ero anche diventata un poco snob, avevo un ideale di uomo acculturato, benestante e vincente, o perlomeno stavo frequentando persone legate al mio lavoro che incarnavano quella immagine. Ripetevo a mia madre che avrei trovato un compagno ricco, ma si accorse ben presto da sola che lo avevo incontrato ricco di problemi.

Sono stanca, amore mio, tanto che a volte vedo la morte come un riposo, ma voglio che venga solo quando avrò terminato di fare tutto quello che mi sono proposta. Oh no, non ti spaventare tesoro, queste depressioni mi accompagnano da sempre, quando ancora non conoscevo tuo padre e ancor prima che tu nascessi. Tra poche righe magari mi sentirai positiva ed esplosiva, sono fatta così e mi sono ormai accettata, senza preoccuparmi. La morte, sai, terrorizza perché è come una porta verso l'ignoto, io la vedo invece come un cambio da attuarsi quando qui tutto ormai è compiuto. Ognuno ha il suo compito, che sia di poche ore o di molti anni e non ci è dato di giudicarne la lunghezza, ma solo di accettarne il mistero.
Ricordo i tuoi sbalzi, ti adombravi spesso ma, poco dopo, sapevi ridere e tornare alla carica della vita
Bene, ti dicevo, volevo liberarmi più in fretta possibile di quella serata, tanto non mi avrebbe condotto a nulla, tutto ciò che arrivava da Elena, ormai lo avevo imparato, portava a una perdita di tempo che sfociava nell'alcol e nel sesso, e io non ero interessata a quel genere di passatempi.

Daniela Vasarri

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