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Autore: Antonina Lentini
Il mio Eros sei tu
Romanzo Rosa
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Il mio Eros sei tu
A ora di pranzo, rispondo alla mail di Gabriel e gli racconto della mia reale situazione, ovvero che dal momento in cui non ho tempo per uscire a comprarmi da mangiare, decido di andare nella sala caffè due stanze dopo la mia postazione e divorare il cornetto che ha rifiutato Mr. Morrison stamane.
Per mia fortuna nella stanza non c'è nessuno. Chi mangerebbe un cornetto all'ora di pranzo?
Solamente chi ha un capo strafottente a cui non importa niente della sua segretaria se mangia o meno.
Gli racconto che ho deciso di mettere subito in atto tutti i consigli che mi ha dato stamattina e che mi sono divertita un sacco a vedere la sua faccia
cambiare mille espressioni soprattutto quando gli dissi che lui fosse il mio ginecologo e lo informo pure del mio scherzo con il cornetto a colazione.
Raccontargli tutte queste cose è per me una valvola di sfogo contro il mio capo. Gabriel, anche se l'ho sentito solo una volta mi sta aiutando sin
da subito a gestire la situazione. È bello parlare con lui e quindi vorrei vederlo anche stasera.
Dunque lo informo nella mail.
Mi siedo sulla sedia di uno dei quattro tavoli gialli ed inizio a mangiare il mio pranzo, se così lo si può definire. Ansiosa e trepidante.
Per mia fortuna la risposta non tarda ad arrivare.
______________
Da: Gabriel Amell
A: Naomi Fischer
13.15 p.m.
Ciao Naomi,
iniziavo a pensare che non mi avresti più risposto.
Continua così con il tuo capo e vedrai che pian piano quello a cedere sarà lui.
Mmmh...allettante la storia del ginecologo!
Ho visto che lavori alla Company Morrison, vediamoci li alle nove di questa sera.
Gabriel.
______________
Smetto di masticare con il cornetto ancora in mano e un lato della bocca sporco di crema afferro il cellulare in mano.
- Allettante la storia del ginecologo! - Perché gli ho raccontato questo dettaglio? E adesso stasera con quale faccia lo guarderò? Morirò dalla
vergogna, ma la voglia di vederlo, di guardare il suo volto e conoscerlo è più forte dell'imbarazzo dunque gli rispondo immediatamente.
______________
Da: Naomi Fischer
A: Gabriel Amell
13.07 p.m.
Grazie per tutti i consigli che mi hai dato. Non sai quanto mi siano stati utili.
Sarò lì per le nove.
A stasera,
Naomi.
_____________
Sorrido come un ebete, tralasciando la parte del suo apprezzamento, con la bocca ancora sporca e il cuore che pulsa il sangue nelle vene sotto forma
di adrenalina.
- Stai ridendo da sola. - Dice il mio capo irrompendo nella stanza.
- Si, è un problema? - Lo inchiodo con lo sguardo, infuriata. Mi ha appena rovinato un bel momento.
- No, se non fossi pure sporca di crema qui. -
Indica la mia bocca e mi porge un tovagliolo avvicinandosi al mio tavolo. Mi sento divampare le guance. - E qui. - Passa il tovagliolo sul mio seno e m'irrigidisco all'istante.
- Non crede di essere un po' invasivo? - Gli blocco la mano che sta pulendo i residui di crema sulla mia camicia.
Si china sul mio volto lentamente e smetto di respirare. - Io credo che tu abbia bisogno di qualcos'altro. - Sussurra al mio orecchio
ricoprendo la mia pelle di brividi. - Dobbiamo parlare. - Afferra la mia mano aiutando a rimettermi in piedi. - Vieni nel mio studio. -
- Perché la devo seguire nel suo studio? - Arresto il passo, sconvolta e confusa. Di cosa dobbiamo parlare? Che intenzioni ha? Non mi ha mai
sfiorata se non per sbaglio o comunque non intenzionalmente.
Si volta a guardarmi quando capisce che non lo sto seguendo. - Immediatamente, Naomi. - Dice nel pieno della sua serietà.
Lo seguo nel suo studio in silenzio. Entriamo, chiudo la porta alle mie spalle e ci rimango poggiata.
Lo guardo camminare con eleganza verso la scrivania, si siede sulla sua poltrona dopo aver aperto la giacca e poi mi guarda. - Siediti. - Mi
indica la sedia di fonte. Faccio come dice e guardo il suo volto dai lineamenti tesi. È serio, direi molto e questo suo comportamento inizia a farmi paura.
Non capisco il suo umore e a dirla tutta non sto più capendo niente.
Guarda lo schermo del suo portatile con occhi glaciali poi lo gira verso di me e mi sento sprofondare dalla vergogna. È sulla pagina personale di Gabriel sul sito degli incontri e in evidenza la mia richiesta che ha accettato poco
dopo. In silenzio scorre nella sua descrizione e si ferma sul mestiere che esercita. Deglutisco e porto lo sguardo contro il suo che mi sta fissando da
qualche secondo.
- Signorina Fischer. - Poggia le spalle allo schienale della sua poltrona. - La prima cosa che pretendo dai miei dipendenti e soprattutto da te... -
Sottolinea - te - con tono dispotico. - È la sincerità. - Inchioda il suo sguardo al mio. - Perché mi hai detto fosse il tuo ginecologo quando qui leggo che lavora per una società? -
- Perché ha fatto ricerche sul conto di Gabriel? - Cerco di girare la frittata. A lui non deve importare della mia vita privata e non doveva fare ricerche
per conto di quell'uomo.
- Non cambiare discorso e rispondi alla mia domanda. - Incrocia le dita e ne tamburella uno sulla nocca davanti il suo viso.
- Perché non voglio che lei si intrometta nella mia vita privata. - Le mani mi tremano e non riesco a guardarlo negli occhi per più di tre secondi.
- La sincerità è una delle cose che metto al primo posto, Naomi. Se vuoi che tra di noi scorra un buon rapporto allora dovrai essere sempre sincera
e onesta con me. - Poggia le mani incrociate sulla scrivania continuando a guardarmi.
- A priori non ci sarà un buon rapporto tra di noi se continuerà a caricarmi di lavoro e a fregarsene se mangio un pranzo decente o meno. Le sue
priorità prima di tutto, vero Mr. Morrison? - Dico d'un fiato carica d'ira. Riesco a fissarlo per tutto il tempo. Lui non accenna a distogliere lo sguardo
e neanche io.
- Assolutamente no, mi dispiace che pensi questo sul mio conto. Ma delle volte bisogna fare dei sacrifici e come mia segretaria sei costretta a
farli. Sei stata tu a voler lavorare per me, non ti ho costretta di certo io. - Alza un sopracciglio con espressione soddisfatta.
- Così come ho deciso di farmi assumere da lei, posso benissimo farmi licenziare. - Alzo le spalle dallo schienale della sedia.
- Non credo che le cose vadano in questo modo, Fischer. -
- Mi vuole impedire di licenziarmi? - Adesso vorrei tirargli la prima cosa che ho a disposizione.
Guardo il PC. Si, questo è un'ottima arma. Glielo sbatterò in testa e poi magari acconsentirà al mio licenziamento.
- Non voglio perdere del tempo per fare nuovi colloqui. -
Bastardo arrogante!
È solo per questo motivo che non vuole accettare il mio licenziamento? Non gliela darò vinta.
- Entro stasera avrà la lettera delle mie dimissioni, non ho ancora intenzione di fare il suo robot personale, Mr. Morrison. - Mi alzo dalla sedia,
raggiungo la porta e mi volto a guardarlo. - In genere si ringrazia per tutto quello che di buono si è ricevuto durante il periodo lavorativo, ma questo
non è il mio caso. - Detto ciò esco fuori e mi chiudo la porta alle spalle. Vorrei scoppiare a piangere e gridare così talmente forte da lesionarmi le corde vocali. Mi dispiace avergli detto quelle cose però è la pura verità, ma
dall'altra parte non vorrei mai licenziarmi solo per pochi semplici motivi: amo guardarlo di nascosto, amo il suo corpo e certe sue espressioni, quando si
arrabbia, quando sorride, di rado ma lo fa, lui è il motivo per cui la mattina mi alzo e vado a lavorare ma non voglio continuare a farlo se le condizioni
lavorative rimangono queste e dal momento in cui non vuole sentir ragione preparerò quella dannata lettera.
Mi siedo davanti il mio PC ed inizio a digitare le prime parole...
***
Sono passate ore da quando ho iniziato a scrivere la lettera e continuo a fissare lo schermo del PC.
Devo solamente mandarlo in stampa nell'altra stanza e firmarlo. Non ho neanche terminato il lavoro che mi ha ordinato di consegnargli entro le
otto di questa sera. Per mia fortuna Mr. Morrison non è nel suo ufficio. Dopo la mia decisione è uscito un'ora dopo sbattendo la porta del suo
ufficio e non ha fatto più ritorno.
Guardo l'orario dal PC e sono le otto e un quarto.
Cosa? Guardo oltre l'enorme vetrata e il sole ha ceduto il suo posto alla luna da diverse ore ed io non mi sono accorta di niente.
Tra tre quarti d'ora ho appuntamento con Gabriel e arriverò sicuramente in ritardo. Un ottimo modo per iniziare una conoscenza, no? Pigio il tasto stampa e con passo svelto raggiungo la stampante. Afferro il foglio e mi guardo intorno, ormai tutti i dipendenti sono andati via e siamo solamente io e la lettera di licenziamento ad essere presenti sul piano o forse in tutto il palazzo, oltre agli agenti di sicurezza. Raggiungo il suo ufficio e poggio il foglio sulla scrivania, afferro una penna dal suo portapenne e mi chino leggermente in avanti poggiando una mano sul ripiano per aggiungere la data e la mia firma.
Tutto è così tranquillo fin quando non sento dei passi alle mie spalle. Sgrano gli occhi e lentamente mi volto. Lo vedo muoversi famelico nella mia
direzione con tanto di espressione seria. Afferra una penna dal taschino interno della sua giacca e si protende per prendere il foglio alle mie spalle.
- È questa la lettera di licenziamento? -
- Mr. Morrison... - M'interrompe.
- È questa? - Ripete.
- Si. - Sussurro con tono fievole mentre lo guardo firmare con la sua grafia dannatamente elegante.
- Non la vuole leggere? Non vuole sapere il motivo della mia scelta? -
- Sei stata abbastanza chiara oggi pomeriggio. -
Risponde con tono duro. Quasi come se fosse offeso. Mi dispiace ma non posso più stare ai suoi ordini.
- Non volevo essere... - M'interrompe a metà frase.
- Sta zitta. - Poggia entrambe le mani intorno i miei fianchi e mi fa voltare.
- Che vuole fare? - Sgrano gli occhi sconvolta.
- Quello che avrei dovuto fare da molto tempo. - Sussurra al mio orecchio.
Non vorrà mica esaudire tutti i miei desideri e pensieri che ho fatto su di lui mentre lo guardavo di nascosto da quando lavoro per lui?
No...certo che no!
- Non può farlo. - Gli blocco la mano che sale lentamente l'interno della mia coscia.
- Perché no? - Mi guarda con occhi famelici in viso.
- Perché nel contratto di assunzione c'è scritto ben chiaro che... -
- Mi sembra di aver appena firmato la lettera del tuo licenziamento. Quindi ufficialmente non sei più una dipendente della Company Morrison, nonché mia segretaria. - M'interrompe. - E poi i contratti sono fatti per essere infranti Miss Fischer. - Con la mano, nonostante la mia presa attorno il suo polso, riesce a salire più su.
- Stracciati. - Continua. - Voltati, Fischer. - Con le sue mani attorno il mio bacino, faccio come dice, confusa e trepidante. - Ed io sono il capo qui. - Mi
sfila la camicia dalla gonna e sfiora la pelle lungo la spina dorsale, poi si posiziona al mio fianco e mi dà una pacca sul sedere.
- Ahi! - Protesto. - Perché? -
- Perché qui comando io, signorina Fischer. -
- Non crede di essere un tantino arrogante e dispotico? - Mi lamento, ma rimango ferma, nella stessa posizione in cui mi ha ordinato di stare.
Come se fossi impossibilitata nei movimenti. Non riesco a negarmi alle sue mani che sfiorano ogni centimetro possibile della mia pelle.
Mi sfiora le natiche in tondo. - Io credo che tu parli troppo. - Sussurra, poi sento un'altra pacca e il bruciore irradiarsi su tutta la parte colpita.
- Dico solamente il giusto, Mr. Morrison. - Mi volto, rossa in volto, a guardarlo negli occhi e ad interrompere il momento la vibrazione del mio cellulare sulla scrivania alla nostra destra. Vedo Mr. Morrison prenderlo in mano e poi sorridere.
Gabriel!
Dannazione, saranno le nove inoltrate e non l'ho avvisato che avrei ritardato.
Dannazione! Dannazione...dannazione!!!
Mi mordo il labbro e spero che il mio capo non legga l'email.
- Il tuo bel finto ginecologo a quanto pare ti ha dato buca, non potrà presentarsi all'appuntamento e si scusa. - Dice con tono sarcastico, quasi
divertito.
Sento una fitta al cuore e un senso di tristezza invadermi l'anima. Avrei veramente voluto conoscerlo questa sera e all'istante mi chiedo cosa stiamo facendo ed io...come ho potuto cedere alle tentazioni del mio capo? Come ho potuto farmi corrompere in un attimo dopo che ho passato più di un anno a resistergli, a tenere a bada i pensieri impuri che ho fatto su di lui? In questo momento, anche se non l'ho mai visto, mi sento come se stessi tradendo Gabriel, dunque mi allontano immediatamente da lui. Sistemo la camicia dentro la gonna e richiamo all'ordine la mia ragione.
- Quindi, adesso, dovrai portare al termine tutto il lavoro che dovevi consegnare oggi pomeriggio. -
Si sistema la cravatta con espressione soddisfatta e va a sedersi sulla poltrona beige nel mini salottino.
- Mr. Morrison, mi sono appena licenziata, non devo più eseguire i suoi ordini. - Lo fulmino con lo sguardo, provo solamente rabbia nei suoi
confronti e vorrei tanto strozzarlo. Non può più darmi ordini.
Infila una mano dentro la giacca ed estrae un foglio. Lo guardo con attenzione e capisco che si tratta della lettera di licenziamento. Quando glielo
ha messo?
Guarda il foglio qualche istante come se lo stesse leggendo poi lo divide in due, poi in quattro...otto...sedici...
Si volta a guardarmi con espressione divertita.
- Adesso sei di nuovo la mia segretaria. - Alza un sopracciglio piegando le labbra in un sorriso - Non può farlo. - Sbotto correndo verso di lui.
- Perché no? Sono il capo qui. - Poggia le braccia sui braccioli della poltrona mettendo leggermente in mostra il petto possente coperto per metà dalla
camicia bianca. - Decido io chi entra e chi esce come e quando voglio io. - Sorride soddisfatto.
Digrigno i denti nervosa, richiamando all'appello tutto l'autocontrollo che possiedo per non tirargli addosso il tavolinetto dinanzi a lui. - Non può fare
una cosa simile, è illegale. -
- Non hai rispettato i termini di preavviso come da contratto. -
Aggotto la fronte.
Diamine!
Me ne ero dimenticata. Bastardo! Non gli sfugge niente. Assolutamente niente.
- Due settimane. - Si alza in piedi.
- Quattordici giorni di tortura e poi potrai andare via. -
Socchiudo gli occhi e tiro un respiro profondo.
Solamente quattordici giorni e poi potrò liberarmi di lui o no?
Si avvicina con passo famelico verso di me mentre chiude il bottone della giacca.
- Quattordici giorni di puro divertimento per me. - Sussurra. - Per te, decisamente il contrario. -
Senza essermene accorta mi ritrovo fuori dal suo ufficio.
- E adesso entro un'ora voglio tutto il materiale che ti ho chiesto per oggi pomeriggio sulla mia scrivania. -
- Altrimenti? - Chiedo irritata.
- Non sfidarmi. - Socchiude gli occhi in una linea, poi mi sbatte la porta in faccia con poca delicatezza.
Che il conto alla rovescia abbia inizio...

Antonina Lentini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
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