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Autore: Marilena Corato
L'estate di Clara
Romanzo Adolescenza
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L'estate di Clara
Anno 1994

È luglio e fa un caldo insopportabile. Sto cercando di fare i compiti delle vacanze mentre grondo di sudore e nel frattempo penso a cosa poter barattare con mia madre per uscire questa sera: passare l'aspirapolvere? Lavare i piatti? Cosa potrebbe convincere quel generale di mia madre?
Mi sembra abbastanza ridicolo dover faticare così tanto per quello che dovrebbe essere un mio diritto, ma a quanto pare questo è un pensiero che non tocca minimamente i miei genitori. Ho sedici anni e ho terminato con successo il terzo anno di Ragioneria, quindi meriterei di uscire come tutte le mie coetanee e non come se fossi ancora alle medie. Oltretutto devo sempre fare tutto da sola in questa lotta per la libertà, perché se aspetto l'aiuto di mia sorella se ne parla in un'altra vita.
Sto tamburellando la penna sul foglio bianco da un bel po' ormai, non ho per niente voglia di fare questi maledetti compiti e poi io odio matematica. A cosa mi dovrebbero servire queste cavolo di equazioni? Mi impegno tanto, ma poi il risultato non è mai giusto, certo, potrei chiamare Eugenio il secchione, abita proprio nel mio palazzo, c'è solo un problema: è innamorato di me, di conseguenza dovrei vedere la sua bava cadere per tutto il tempo sui miei quaderni. No, grazie.
- Clara!!! - , urla mia madre senza ritegno. - Quante volte ti ho detto che la roba da lavare la devi mettere nel portabiancheria? -
- Uffi!! Sei sicura che la roba è mia? Non può essere di Silvia? - , rispondo.
- No. Silvia dice che la roba è tua! La sua è già piegata nel portabiancheria - .
- Cosa la piega a fare se tanto andrà a finire in lavatrice? - , continuo in modo acido.
- Adesso basta!!! Vai subito a mettere la roba in ordine!!!! -
Mia madre mi viene incontro come una furia e mi sembra anche di vedere del fumo uscirle dal naso, mi scappa da ridere, ma mi trattengo, potrebbe uccidermi all'istante se solo lo facessi. Scatto come una molla dalla sedia – ormai ho imparato a schivare colpi inaspettati - e mi dirigo in bagno per adempiere al mio compito, ecco mia sorella in un angolo che ride come al solito delle mie disgrazie. Si chiama Silvia, ha quattordici anni ed è l'opposto di quello che sono io, sia fisicamente che caratterialmente. Lei ha gli occhi azzurri e i capelli biondi e io sembro uscita da un camino sporco, lei è calma e tranquilla ed io la pecora nera, insomma una sfiga unica come sorella.
- Non hai niente da fare tu?!? Cos'hai da ridere? - La guardo infuriata mentre continua a sghignazzare.
- Niente figurati, pensa se ti vedesse Ivan in questo momento... - , mi dice così a bruciapelo.
Ivan è il ragazzo più bello che abbia mai visto, è più grande di me di tre anni, ha i capelli neri e gli occhi blu come il mare. Lui sa a malapena che esisto, non ci hanno mai presentati, ma essendo il cugino del fidanzato della mia amica Simona è capitato di incontrarci qualche volta e di scambiarci un saluto. Bè, è già un inizio! Ogni volta che sento il suo nome mi infiammo immediatamente, soprattutto se Silvia si prende gioco del mio amore.
- Non ti azzardare a pronunciare il suo nome!! - , le urlo infuriata.
Subito dopo le scaravento le mie mutande sporche addosso e lei si mette a piangere chiedendo aiuto a mamma come se stesse cadendo da un dirupo. Mia madre in meno di un secondo è in bagno, mi chiedo se abbia delle ciabatte particolari, perché quando cammina non la sentiamo arrivare, ma quando me le tira addosso le sento eccome.
Inizia la solita colluttazione verbale e non solo, odio quando si toglie la ciabatta e la sventola per aria, sembra una pazza e poi odio quando la parcheggia sul mio sedere per motivarmi nell'impresa. Cerco sempre di dimenarmi come posso, ma qualche ciabattata la prendo comunque. Questa volta però non riesce a prendermi subito, sono una saetta e lei sta per esplodere ad ogni colpo mancato, mia sorella fa finta di piangere ed io dal nervoso la spingo verso il muro. Peccato che l'urto faccia cadere un vaso dalla mensola del bagno. Ops! Non è - un - vaso, è - il - vaso. Quello che zia Assunta ci ha regalato la scorsa estate in onore della laurea del figlio.
Mia madre si ferma di colpo e fissa i cocci sul pavimento, sembra che non stia più respirando. C'è un'aria strana in questo momento, non saprei decifrare esattamente i suoi pensieri, ma forse ho qualche vaga idea. Si rimette la ciabatta ai piedi e come da copione tira fuori l'asso nella manica. - Clara - . Prende fiato. - Stasera non esci! -
Ti pareva!! Preferivo le ciabattate. Il generale apre la porta del bagno – che ha chiuso per non farmi scappare - e se ne va in cucina senza più voltarsi. In questo momento è meglio non controbattere, ormai mi sono giocata la serata e la possibilità di vedere Ivan.
Questa sera avrei potuto vederlo di sicuro, ma come al solito sono in punizione, tanto ogni cosa che faccio è sempre un'occasione per non farmi uscire di casa. Ci sono le giostre in paese e sicuramente lui sarà lì con un sacco di ragazze intorno. Ed io? A casa. Non posso neanche chiamare Simona - la mia amica - per sfogarmi perché mia madre controlla il telefono di casa, lo ha spostato in cucina, così lo può tenere tutto per sé. Non mi resta che preparare la tavola per la cena e contenere la mia rabbia come se nulla fosse.
Dopo aver apparecchiato mi siedo al mio posto e fingo interesse per il cibo, in realtà mangio quello sformato di zucchine a forza e subito dopo mi chiudo in cameretta. Continuo a rigirarmi nel letto nervosamente da quando abbiamo finito di cenare, mia sorella sta giocando con un mini-flipper e i miei genitori sono in cucina come tutte le sere a parlare di parenti; mi chiedo: cosa cambia per mia madre sapermi sul letto come una scema, piuttosto che alle giostre con gli amici? Avevo preparato questa serata da settimane e lei ha rovinato tutto!! Mi conviene cercare di dormire adesso, almeno avrò la possibilità di sognare. Prima però, prendo il mio diario segreto e voglio scrivere tutto quello che sto subendo, così un giorno, quando sarò grande, avrò le prove di tutto questo e mia madre non potrà che sentirsi in colpa.

L'indomani mi sveglio con tutti i buoni propositi del mondo, devo fare in modo che tutto vada per il verso giusto per non fare arrabbiare mia madre o passerò l'estate segregata in casa. Vorrei chiedere a Silvia di uscire un po' oggi, ma so già la sua risposta. Mia sorella non esce quasi mai con me, viene solo in cortile ogni tanto, per il resto frequenta una comitiva di - Squatter - sul sorso principale e proprio di fronte alla sua si trova la mia compagnia: - La Pinta - . Ho dovuto faticare per potervici entrare, tramite amici di amici sono riuscita nel mio intento, così posso passare anch'io qualche pomeriggio su quelle panchine, ma soprattutto posso sperare di vedere Ivan, che bazzica anche lui in quella compagnia, anche se non si ferma quasi mai, si limita a passare velocemente, saluta, scambia due parole e se ne va.
Non ci vado tutti i giorni perché a volte è una gran fatica, le ragazze sono più grandi di me, avranno diciotto anni, sono delle tipe - Snob - e a malapena mi rivolgono la parola. Solo alcune, tipo Stefania e Cristina - che hanno la mia età e frequentano il cortile davanti casa mia - mi parlano e così se loro non vanno alla Pinta evito di andarci anch'io. I ragazzi invece sono più simpatici, non sono acidi come le - Stronze - , solo che appena aprono la bocca mi viene da piangere dalle cavolate che dicono. Non ci si dà mai appuntamento fra i componenti del gruppo con delle telefonate, anche perché la maggior parte dei telefoni di casa è bloccato con dei lucchetti - anti-figli - , ma questo non è un problema, c'è sempre qualcuno che citofona all'altro e dai balconi di casa vedendo il - movimento - si decide di scendere o meno.
Oggi però non ho voglia di andare in - Compagnia - visto che la serata è saltata, non mi resta che godermi il pomeriggio come posso e quindi preferisco raggiungere Simona a casa sua. Lei è la mia migliore amica ed è spesso agli arresti domiciliari, i suoi genitori sono assurdi, non la fanno quasi mai uscire con le amiche, ma se si fidanza con qualcuno allora può uscire con lui. Ma che senso ha?
Abita a pochi isolati da casa mia, diciamo una bella passeggiata a piedi, ma a me non pesa, sono felice di andare a trovarla e ci divertiamo sempre un mondo. Lei invece non viene mai a casa mia e questo un po' mi dispiace e credo anche che non si impegni abbastanza nel far valere i suoi diritti con sua madre, ma questo non glielo dico mai perché ho paura di ferirla, anche se lo penso spesso, soprattutto quando ho bisogno di confidarmi e lei non c'è.
Ci conosciamo dall'asilo, è biondina e minuta, passa intere giornate da sola a casa perché i suoi genitori lavorano, mi chiedo come faccia a sopravvivere. Ogni tanto va dalla nonna e questo è il suo unico spostamento della giornata, diciamo che io sono sempre stata un po' la sua boccata d'ossigeno. Casa sua rimane sul corso principale del paese - quello che incrocia il - Viale - - e ogni volta che entro in quell'appartamento vedo sempre uno stendino nel corridoio. Simona è spesso in versione casalinga: carica mille lavatrici, stende e stira, praticamente l'opposto di quello che sono io. Dico sempre che vorrei imparare da lei a fare i servizi di casa ma poi ci rinuncio subito, preferisco usare la lavatrice per poggiare le spazzole e la lacca per capelli.
Nel suo salotto tiene due tartarughe giganti: - Tarta - e - Ruga - a cui è tanto affezionata, se ne stanno lì ferme e boccheggiano tutto il tempo dentro l'acquario, delle volte ho pensato di vedere anche lei boccheggiare dentro a quell'acquario e quell'immagine mi fa venire sempre il mal di pancia, perché vorrei farla uscire ma non posso.
- Vuoi la panna sul gelato? - , mi chiede Simona mentre sta riempiendo due deliziose coppette per la merenda.
Mi siedo sul suo morbido divano e prendo fiato, poi la fisso negli occhi e scoppio a ridere. - Ma non avevamo detto, niente dolci? -
- Eh! Lo so, ma a Enzo piaccio così come sono, mi dice sempre che sono la sua patatona - , sentenzia.
- Non mi sembra che tua sia una patatona, anzi, sei magrissima e poi chi se ne frega di quello che dice Enzo, lui è un panzerotto. Secondo me vuole farti diventare come lui - . E lo credo veramente.
- Smettila di parlare così del mio amore, lo sai che mi dà fastidio - , ribatte scocciata, - e poi....non sai cosa è successo ultimamente...ti sei persa le novità - .
Non la vedo da soli quattro giorni, cosa posso essermi persa? - Raccontami immediatamente, sono tutta orecchie - , mi avvicino a lei mentre sta continuando a versare quintali di panna sulle tazze del gelato.
Lei sorride e subito dopo sulle sue guance vedo un rossore che non mi piace per niente, ci accomodiamo in salotto e quasi non mi guarda più negli occhi.
Non lo avrà mica fatto?
Non può essere, non sono preparata a questa informazione. Io che a malapena riesco a scambiare qualche bacetto, come posso ascoltare certe cose senza poter dare consigli?
- Allora!?! - , insisto.
- Okay, te lo dico. Stai calma! - , ridacchia. - Ieri sono uscita con Enzo in macchina e siamo andati al solito parcheggio dietro al cimitero. Ci stavamo baciando, quando a un certo punto lui ha voluto qualcosa di più.... - .
- Lo sapevo!!! Lo hai fatto!! - Mi sento ribollire dentro.
- Ma no!! Aspetta, che palle che sei!! - Si alza dalla sedia e mi sbuffa in faccia. - Allora, ricominciamo: ero al parcheggio e mentre ci stavamo baciando mi ha preso una mano e mi ha chiesto solo qualcosa in più, ma io non ho voluto perché non me la sentivo. Che dici, ho fatto bene? -
Improvvisamente sento qualcosa dentro di me che non riesco a decifrare, cioè lei è la mia migliore amica e le voglio bene, ma è come se per un attimo l'avessi vista su un altro pianeta, lontana da me e questa cosa mi dà un po' fastidio. Enzo per giunta non mi è mai piaciuto, ha quell'aria da - sbruffone so tutto io - e fa il gradasso solo perché ha qualche anno più di noi e poi guarda tutte, ma proprio tutte le ragazze insistentemente, anche davanti a Simona. C'è da aggiungere che anche lui non mi sopporta e proprio per questo non ha mai perso occasione per dire a Simona quanto non gli facesse piacere che lei uscisse con me, forse è così stronzo perché una volta ci ha provato anche con me, ma gli è andata decisamente male, peccato che questo a lei non possa dirlo, ci starebbe troppo male. Non avrei mai pensato che un giorno sarebbe diventato il suo ragazzo e invece un pomeriggio di maggio, con mia grande meraviglia, Simona cede al suo fascino (si fa per dire) e si mettono insieme. Ovviamente la madre di Simona, super felice di questo - Fidanzamento - , toglie le catene alla figlia, ma solo per uscire con lui e in orari diurni. L'idea che nel paese si possa spargere la voce che la figlia sia - sistemata - non ha eguali credo e così ora mi tocca dividere la mia amica con quello zoticone.
- Pronto? Ci sei? - , mi chiede Simona e nel frattempo mi fa cadere dalla mia nuvola di pensieri.
- Ehm! Sì, sì... - . La guardo e non dico niente.
- Quindi?? -
- Quindi cosa? -
- Ho fatto bene o no con Enzo? -
Ho il voltastomaco, ma le voglio bene, quindi le rispondo, lo faccio solo per lei. - Certo che hai fatto bene. È solo da due mesi che uscite insieme, non vorrai sprecare così la tua prima volta? E poi, pensa tua madre se solo sapesse quello che ti ha chiesto, lo fucilerebbe all'istante -
- Non dirlo neanche per scherzo!! Lei pensa che passeggiamo solo per il Viale. Il problema è un altro, non capisco perché io mi sia bloccata, in fondo è il mio ragazzo... - .
Forse perché è un panzerotto zoticone mi viene da dirle. - Non lo so, non ci pensare adesso, credo che queste cose vengano da sole senza essere obbligati a farlo, cioè almeno penso....non saprei - , abbozzo.
- Già, in fondo che ne puoi sapere tu, visto che ti fai le storie con i ragazzini. Com'è che si chiama quel pivello? Francesco? Ma lo vedi ancora? -
Sa che mi dà fastidio quando tocca quel tasto e poi, Francesco è solo un rimpiazzo nei momenti bui. Se non ci fosse lui penserei di essere proprio sfigata con i ragazzi. Ha la mia età, mi muore dietro e bacia benissimo. La cosa positiva è che in questa specie di storia comando io, quindi zero rotture e zero costrizioni, decido io quando vederci e stop. Essendo un pivello non ha diritto di replica, è già contento di vedermi ogni tanto, anche se non può dirlo a nessuno, perché se venissi a sapere una cosa del genere lo lincerei sicuramente. Non posso far sapere al mondo intero che bacio un - bambino - , mi farei sicuramente terra bruciata attorno, per carità.
- Ah! ah! Davvero divertente - , controbatto. - Sì è vero, lo uso ogni tanto, ma di nascosto, se in compagnia sapessero che lo vedo per me sarebbe la fine. Le ragazze mi schiaccerebbero come una cicca di sigarette e mi butterebbero nel primo cestino della pattumiera - .
- Certo, capisco, a proposito, ma come fai ad uscire con quelle stronze della Pinta? Anche se ti invidio, almeno tu sei riuscita ad entrare in quella compagnia, io sono agli arresti domiciliari e non posso neanche provare ad inserirmi - , riprende Simona sospirando.
- Come faccio? E chi le frequenta? Io parlo solo con Cristina e Stefania, le altre non mi calcolano per niente. Arrivano sempre super tirate e si siedono a fumare come delle turche, poi si accordano per la serata, a cui ovviamente io non posso partecipare a causa del coprifuoco. Il più delle volte è una fatica stare lì più che un piacere, ma bisogna faticare per ottenere le cose - .
- In che senso, cosa vuoi ottenere? - , mi chiede basita.
- Non lo so di preciso, è solo che non voglio restare fuori, voglio conoscere sempre più persone. Mi piacerebbe andare a ballare con loro il sabato sera e tornare a notte fonda un giorno.... chissà...magari un giorno Ivan si accorgerà di me e mi verrà a prendere in quella compagnia, davanti alle Stronze. Te lo immagini? - . Scoppio a ridere e Simona mi viene dietro come sempre.
Iniziamo a sbavare cioccolata e a tirarci la panna sul naso, Tarta e Ruga per un attimo smettono di boccheggiare dal casino che stiamo combinando, per poi riprendere come sempre in quell'unica attività giornaliera. Ridiamo tanto perché sarebbe impensabile una cosa del genere, ed è per questo che finirò con l'accontentarmi dei soli baci di Francesco per il resto della mia vita, lo terrò chiuso dentro ad un barattolo e lo farò uscire all'occorrenza.
La cioccolata è finita più per terra che nel nostro pancino, dobbiamo pulire immediatamente o la madre di Simona potrebbe chiuderci in cantina per una settimana. Quando abbiamo finito, ci accorgiamo che siamo ancora in tempo per giocare a - schizzo- pallette - e prendiamo tutto l'occorrente per creare la postazione.
Schizzo-pallette è il nostro gioco preferito e consiste nel lanciare palline di carta e schizzare acqua alle persone che passeggiano sul corso. La nostra base è il balcone della cameretta di Simona. Prepariamo una sorta di barriera per non essere viste, utilizzando tutto, ma proprio tutto per nasconderci: piante, scatole, coperte, insomma quello che troviamo.
L'adrenalina che si crea ogni volta è ai massimi livelli, ci appollaiamo per terra e ci nascondiamo dietro la barriera, poi appena individuiamo le vittime....Bang! Spariamo.
Non è solo divertente, ma è una vera e propria prova d'abilità, perché non sempre si riesce a centrare il bersaglio, siamo pur sempre al secondo piano e la visibilità è ridotta, ma noi siamo ormai delle campionesse e passiamo pomeriggi interi in questa attività.
- Maleducati!!!! - , urlano i passanti appena colpiti. Guardano in alto senza però riuscire ad individuarci, dobbiamo coprirci la bocca con le mani da quanto ridiamo.
Ad un certo punto, decido di alzare i livelli del gioco. Prendo un po' di terra dal vaso e la faccio vedere a Simona.
- Ma sei pazza? - , bisbiglia lei. Fa la fifona, ma in realtà muore dalla voglia di farlo.
- Non rompere, ci divertiamo un po'.... Al massimo si faranno una doccia quando rientrano a casa - .
Lei per tutta risposta mi guarda malissimo, ma con la mano destra prende un'altra manciata di terra. - Okay, ma solo una volta - .
- Andata! - .
Il cuore batte a mille mentre lanciamo la terra senza neanche guardare, è una sensazione bellissima, non riusciamo a smettere di guardarci e ridere.
- Adesso lo dico ai tuoi genitori!! - , urla uno sconosciuto dal corso.
Improvvisamente ci geliamo e non ridiamo più.
- Ma chi cavolo è? - , sussurro a Simona.
- Non lo so, ma ho paura, forse lo sta dicendo così a casaccio - .
- Ehi!! Voi!! Vi ho viste, avete capito? - , continua l'uomo sconosciuto.
Simona si fa subito prendere dal panico e mi guarda in cerca di risposte, io le faccio cenno di sbirciare lentamente dalle fessure della barriera, ma lei è terrorizzata, allora lo faccio io e vedo un uomo anziano con un cappello marrone. Rientro immediatamente in posizione sicura e descrivo a Simona l'uomo.
- Cavoli!! È il mio vicino di casa!! - . Quasi piange dalla disperazione.
Che sfiga.
Credo che per oggi Schizzo- pallette sia terminato.

Questa settimana mia madre sembra di buon umore finalmente, oggi mi ha anche fatto la parmigiana di melanzane, deve aver sbattuto la testa, mi gira attorno con uno strano sorrisetto. Forse vedermi a casa ad annoiarmi la rende felice. Mia sorella invece è in camera, come sempre, ogni tanto mi avvicino alla porta per spiarla e vedo che mette in ordine ripetutamente l'armadio. Che brava ragazza. Potrebbe mettere in ordine anche il mio lato dell'armadio magari, sarebbe bello da parte sua, ma ovviamente non lo fa.
La seguo mentre si dirige in bagno e decisa a farle uno scherzo prendo una pistoletta ad acqua. Ad un certo punto però, prima che io colpisca il bersaglio, mi accorgo che tiene qualcosa in mano.
Ma cos'ha?
Cerco di indietreggiare lentamente e per fortuna lei non si è neanche accorta della mia presenza, guardo ancora facendo diventare i miei occhi delle piccole fessure e focalizzo l'oggetto: è la foto di Mark dei - Take that - , un gruppo musicale del momento. Cioè, mia sorella è seduta sul water e sta sbavando sulla foto di Mark. Ma è fantastico!!! Allora anche lei è umana? Non riordina solo armadi? Posso prenderla in giro per i prossimi vent'anni.
- Beccata!!! - , esordisco spalancando la porta.
Silvia salta subito dal water, come se improvvisamente la tavoletta scottasse. - Ma vaffanculo!! Mi hai fatto prendere uno spavento!! Vattene!! - .
- Cos'hai in mano? - , insisto come una iena.
- Niente - . Appallottola la foto di Mark e la butta nel water alla velocità della luce. - È solo carta igienica, vattene! - .
- Non è vero!! L'ho vista, è la foto di Mark! Dai ammettilo, stavi sbavando sulla sua foto mentre stavi... - , scoppio a ridere prima di terminare la frase, mentre la vedo gonfiarsi dalla rabbia. - Dai, sto scherzando, fatti due risate che la vita è bella - .
- Finiscila!! Ti odio!! Vattene o chiamo mamma e ti faccio mettere in punizione!! - . Si sistema i Jeans e mi fulmina con i suoi occhi, che dal blu sembrano diventati grigi.
- Che palle!! Ti ho detto che stavo scherzando, perché devi sempre chiamare mamma? Non puoi cavartela da sola? - .Mi rendo conto che non riesco a parlare con lei normalmente senza creare un putiferio.
- Certo che me la cavo da sola, ma non ho voglia di perdere tempo con te. Perché non vai a rompere le scatole nella tua comitiva - snob - e prendi in giro le tue amiche - snob - ? - , mi prende in giro.
- Ah! Certo! Vogliamo parlare dei capelloni che frequenti tu? Ma si lavano ogni tanto? - . Sono in fase d'attacco e non voglio cedere, non fa parte del mio carattere.
- Ma che sta succedendo? - , s'intromette mia madre che come al solito fluttua per le stanze presentandosi all'improvviso.
- È colpa sua!! Mi spia mentre sono in bagno!! - , dice mia sorella. - È da mezz'ora che mi rompe!! -
- Non è vero!! Stavo solo scherzando, è lei che va in bagno con la foto di Mark.. - Uno a zero palla al centro.
Mia madre è perplessa. - Ma chi è questo Mark? -
- Sei una stroooonza!!! - . Mia sorella si infuria e ha le guance paonazze. - Mamma a chi credi? - .
Mia madre sistema lo strofinaccio che usa per spolverare sulla sua spalla sinistra e guarda mia sorella dritta negli occhi: - Se non andate immediatamente via dal bagno e non smettete di fare casino passerete l'estate chiuse in casa. Sono stata chiara?? -
Con un ultimo sguardo di sfida nei miei confronti mia sorella abbandona per prima il bagno, subito dopo scanso la figura di mia madre per allontanarmi anch'io, quando....
- Clara, aspetta - , mi dice il generale mentre mi irrigidisco davanti la porta vetro. - Tu rimani ancora un attimo. Ti devo parlare... - Punizione? Ma basta!!! - Chiudi la porta e passa lo straccio sul vetro che è un po' sporco... - , continua porgendomi lo straccio. Questa cosa di farmi lavorare mentre lei parla dietro la mia schiena non mi rassicura per niente. - Tu vuoi bene a mamma, vero? - .
Ho i brividi su tutto il corpo, se pensa di segregarmi a casa ha proprio sbagliato e mia sorella la pagherà di sicuro questa volta. - Certo mamma. Non devi credere a quello che dice Silvia! Lei lo fa apposta per farmi stare a casa, lo sai che lo fa apposta! -
- Lascia perdere Silvia, non c'entra adesso... - . Ha uno strano sorrisetto. Come non c'entra? Ma che sta dicendo? - Questa mattina sono andata al mercato.... -
- E quindi? - , la sfido.
- E quindi impara ad ascoltare senza avere fretta - . Mi guarda strano e non mi piace per niente, fa segno di continuare a pulire il vetro, che ormai è quasi sciolto da quanto sto strofinando. - Dicevo che oggi sono andata al mercato e ho incontrato Lucia, la vicina - .
- So chi è Lucia!!!! - .
- Graziosa, vero? - . Gli angoli della bocca di mia madre si allungano fino alle orecchie e le palpebre sbattono in modo strano.
- Mamma cosa vuoi dirmi, non capisco - . Questa volta mi giro e poso lo straccio sulla lavatrice.
- Niente, parlando del più e del meno, le ho detto che da quando è finita la scuola ti annoi a casa con questo caldo e lei, pensa un po', è stata così carina da inserirti nel gruppo di pallacanestro del figlio. Non è fantastico? Sono solo due allenamenti alla settimana.... e poi..... -
- Che cosa!?! Ma stai scherzando? Pallacanestro? Con Eugenio? Mi vuoi vedere morta? - . Non riesco a decifrare quello che mi sta dicendo. Voglio subito una punizione!! Non comprendo, non.....Oddio mi manca l'aria, mi viene da piangere. Eugenio? Stiamo veramente parlando di Eugenio il secchione? - Non ci penso nemmeno, ringraziala e dille pure che io non ci vado! -
- E invece ci andrai mia cara! Perché Lucia ha appena accettato il preventivo di tuo padre, ed è un lavoro molto importante e quindi se è stata così carina da venirti incontro con il corso di pallacanestro dobbiamo solo ringraziarla. E poi, finalmente farai qualcosa e la palestra è anche dietro casa, lo sai che non ho la macchina. Dici sempre che vuoi fare dello sport e adesso farai sport - . Ha un'aria così decisa che mi sembra di sentirla parlare dall'alto mentre la guardo da dentro ad una buca. - Ah! dimenticavo, preparati perché ti aspettano per oggi pomeriggio alle 17.00 - .
Senza aggiungere altro mi lascia sola in bagno nel mio dolore e si dirige verso la cucina.
Sono finita!! Sono completamente finita!

Mi aggiro per la casa come un fantasma, al solo pensiero di quello che dovrò affrontare tra un'ora mi sento morire dentro. Vorrei chiamare Simona per raccontargli tutto, ma il telefono è sempre controllato a vista da mia madre. Se solo andasse a fare un giro potrei usare un trucco che mi hanno insegnato alla Pinta per chiamare anche con il lucchetto inserito; basta alzare la cornetta e picchiettare le alette che terminano la chiamata come fosse un telegrafo. Bisogna allenarsi, non è mica facile, basta un secondo in più nel picchiettare e salta tutto. Per fortuna sono diventata molto abile in questa cosa, ma ovviamente devo sempre aspettare che mia madre esca di casa per poterlo fare e a quanto pare oggi sembra non volersi schiodare dalla cucina.
Sto cercando di pensare a qualcosa di positivo in tutta questa storia, forse l'unica è che mia madre da oggi ha un'enorme debito nei miei confronti e potrebbe tornarmi utile quando vorrò uscire la sera. Per il resto....No. Non c'è nient'altro di positivo.
- Vuoi che ti presti la mia maglietta? - , mi chiede Silvia.
Per un attimo vorrei darle la colpa per quello che mi sta succedendo, giusto per sfogare la mia rabbia con qualcuno, ma devo ammettere che questa volta è innocente e poi ho bisogno di una spalla su cui piangere in questa tremenda situazione. - Quale vorresti darmi? Quella con i cuori gialli? - , chiedo.
È la sua maglia preferita ed è bellissima, sicuramente mi dirà di no o magari vista la situazione le farò talmente pena che si commuoverà.
- Sì, se vuoi la puoi prendere - . Silvia abbassa gli occhi e guarda il pavimento.
Okay, è ufficiale: La situazione è davvero tragica ed io le faccio decisamente pena.
- Davvero posso prenderla? - . La guardo come un micio indifeso. Quasi le vorrei chiedere, visto la sua momentanea bontà, di andare lei al posto mio a quel maledetto corso, ma questo non lo accetterebbe mai.
- Bè, sì, certo che puoi prenderla. Eugenio non si augura nemmeno al tuo peggior nemico, perciò..... - .
- Perciò sono sfigata e basta!! Quest'estate sarà la più brutta della mia vita!! - , dico mentre mi lancio sul letto a faccia in giù.
- Vabbè sono solo due allenamenti a settimana, magari non sei neanche in squadra con lui - , replica, - e poi, guarda il lato positivo, puoi mettere la mia maglia che cerchi sempre di prendere di nascosto - , ride.
Scoppiamo a ridere insieme e il letto quasi inizia a tremare e per un attimo tutto sembra passato, solo un incubo da cui risvegliarsi, anche se le lacrime sul mio cuscino mi riportano alla triste realtà nel giro di pochi minuti.
Mi alzo di scatto e asciugo di fretta il mio viso bagnato, è inutile piangere, ormai devo andare e così inizio a preparare il borsone e subito dopo vado in bagno a farmi il ciuffo.
La schiuma per capelli è finita, splendido! Ora posso contare solo sulla lacca per farmi il ciuffo e per quanto riguarda il resto della mia chioma, non so da dove iniziare, non c'è speranza. Senza schiuma, la permanente fatta dalla parrucchiera di mia madre sembra un gomitolo di lana aggrovigliato, quindi forse è meglio che metta della lacca anche sulle lunghezze, ma sì, tanto se ci va Eugenio sarà un posto di sfigati, quindi neanche per perdere troppo tempo ad acconciarmi. Alla fine della messa in piega ho una testa troppo vaporosa e il ciuffo è troppo alto, faccio schifo! È meglio che mi faccia una coda.
- Clara!! - , urla mia madre dalla cucina.
- Sì, sono pronta! Stai calma, non avrai paura che .... - . Mi interrompo di scatto, quando avvicinandomi in cucina vedo Lucia ed Eugenio seduti sul divano.
Questa è la sfiga di abitare a pianoterra, non c'è modo di eclissarsi alla gente perché sono già dietro la porta. E poi, chi l'ha deciso che devo andare con loro? La palestra è dietro casa, posso andarci da sola volendo. No?
- Ciao Clara - , mi saluta Lucia.
- Ciao Lucia. Come stai? - . Mi irrigidisco e nel frattempo guardo Eugenio per salutarlo, provocandogli un rossore su tutto il viso. È proprio uno sfigato.
- Bene, grazie. Ho pensato che come prima volta avrai sicuramente bisogno di una spalla ed Eugenio è nel gruppo da due anni, così non ti sentirai sola - , risponde Lucia.
Mia madre si intromette cinguettando: - Hai fatto benissimo. Clara mi stava giusto chiedendo delle informazioni oggi, ma io non sapevo cosa dirle in effetti - .
Guardo mia madre con sguardo assassino e vorrei smascherarla dicendole che lo faccio solo per il preventivo di papà e che di andare al corso di pallacanestro non me ne può fregare di meno, ma mia madre controbatte il mio sguardo strofinandosi le mani energicamente sul grembiule e questo vuol dire: - Non ti azzardare! -
Prendo il borsone e fingo un sorriso compiaciuto, nel frattempo Eugenio si alza e non la smette di fissarmi. Ho il voltastomaco. Salutiamo mia madre e usciamo di casa, mia sorella è dietro la finestra che mi guarda con aria dispiaciuta e io cerco di fare dei respiri profondi e concentrarmi sul fatto che un'ora passerà in fretta, forse.
Durante il tragitto verso la palestra Eugenio non spiaccica una parola, la madre invece non smette un attimo di parlare, i dieci minuti più lunghi della mia vita. - Non verrò sempre con voi Clara. Oggi devo pagare la rata del mensile di Eugenio, ma dalla prossima volta potrete andare insieme, voi due da soli. So che voi giovani non volete le mamme in mezzo ai piedi - , mi comunica.
Che fortuna, mi verrebbe da dire! Se proprio dovessi scegliere preferirei andare con lei che con il figlio, ma questi sono dettagli. Mi limito quindi a farle un sorriso a labbra strette.
Finalmente entriamo in palestra, non ci vado dalle medie, mi sembra perfino più piccola. La madre di Eugenio si dirige verso la segreteria e noi andiamo verso gli spogliatoi.
- Quelli femminili sono sulla destra - , balbetta Eugenio.
- So dove sono gli spogliatoi, ci venivo alle medie! - , ribatto acida.
- Okay. Volevo solo aiutarti - .
- Hai già fatto abbastanza! - .
- Ma di cosa stai parlando? Volevo solo essere gentile - .
- Lascia perdere.... - , lo liquido.
Mi dirigo verso lo spogliatoio e sparisco dalla sua visuale nel giro di pochi secondi. Tanto non capirebbe, oltre alla matematica, non capisce proprio niente.
Le panche dello spogliatoio sono stracolme di roba e i borsoni spariscono sotto montagne di jeans e magliette, non riesco ad individuare uno spazio libero. Mi guardo attorno nella speranza di poter appoggiare la mia roba su una maledetta panca, non ci penso minimamente a metterlo sul pavimento, su quel sudiciume. La puzza di piedi è penetrante e pensare che la lezione deve ancora cominciare, evidentemente non aprono mai le finestre in questa palestra. Finalmente scorgo uno spazio libero in fondo alla stanza e corro per accaparrarmelo, ma mentre mi sto fiondando sull'obiettivo mi scontro con una ragazza.
- Stai attenta nanetta! - , mi dice guardandomi come se fossi uno scarafaggio. Mi basta guardarla meglio per capire che non è aria, quella non è una ragazza, ma un fenicottero.
Alta, bionda, con le gambe lunghissime e ah, ora che guardo meglio anche con le spalle larghe come mio padre. Ma poi quanti anni avrà, venti? Siamo sicuri che mia made non abbia sbagliato giorno? Vorrei dirle che è lei la sproporzionata e che non mi fa paura, ma qualcosa mi dice che è meglio lasciar perdere, soprattutto quando sopraggiungono altri fenicotteri.
- Tutto bene Linda? Ci sono problemi? - , chiede una di loro al fenicottero numero uno. Sono tutte altissime e mi puntano come fossi un insetto fastidioso da schiacciare.
- Tutto apposto, tranquille. La nanetta mi è solo venuta addosso. Almeno chiedi scusa? - , si rivolge dura disintegrandomi con lo sguardo.
Sono in troppe, devo evitare la rissa. - Scusa, non ti ho vista. Volevo solo appoggiare il mio borsone - , dico mentre sto già sudando freddo.
Le ragazze si guardano fra loro e la cosa non mi piace per niente. - Ma perché non lo hai detto prima? Dammi, te lo poso io - , si intromette il fenicottero numero tre. Questa fa ancora più paura, è mastodontica.
Mi tende la mano falsamente e io appoggio a malincuore le maniglie del borsone sulle sue dita, lei lo prende lentamente e non so perchè ma non mi sento tranquilla. Alza la sua lunghissima gamba per scavalcare delle scarpe da ginnastica sul pavimento e fa finta di inciampare, facendo cadere il mio borsone su un enorme chiazza d'acqua vicino alle docce.
- Ops! Scusa! - . Seguono grasse risate. - Ci vediamo in campo nanetta - .
Si dirigono verso la porta d'uscita come se non fosse successo nulla e forse per loro è proprio così. Non riesco a dire mezza parola, la paura di fare la fine del borsone è ai massimi livelli, conosco le ragazze come loro ed è sempre meglio assecondarle.
Mi cambio come un bradipo e in quel momento mi sento più sfigata di Eugenio, ma non posso farmi vedere in quelle condizioni e così prendo il briciolo di coraggio che mi rimane e vado in campo. Che pomeriggio di merda!
Le ragazze sono tutte schierate vicino al muro come dei soldatini e quando mi vedono arrivare soffocano le loro risatine mordendosi la bocca, non vogliono farsi vedere dall'allenatore, ma io le vedo purtroppo. Faccio una panoramica della squadra e noto che sono la più piccola del gruppo e non solo in altezza, questa cosa non mi piace. Hanno tutte la divisa della squadra e in quel momento la meravigliosa maglia di mia sorella sembra uno straccio per pulire i pavimenti.
Dall'altra parte del campo ci sono i ragazzi, compreso Eugenio, che per fortuna non deve essersi accorto del mio disagio. La palestra è divisa in due parti con un nastro legato da parete a parete per far sì che gruppi maschili e femminili possano coesistere nella stessa ora. I ragazzi sono tutti altissimi come Eugenio, praticamente quella che stona in questo posto sono io con i miei 157 centimetri di tenerezza.
L'allenatore fischia l'inizio della partita e mi fa segno di raggiungerlo, nel frattempo le - fenicottere - cominciano a correre e a entrare nel vivo della partita. Mi chiedo quale potrebbe essere il mio ruolo visto che non so neanche le regole della pallacanestro, davvero, non saprei. Ma l'universo ha sempre le risposte alle tue domande e proprio in quel momento, l'allenatore mi comunica il mio ruolo: la raccattapalle. Wow! Che libidine! Ora sì che vorrei uccidere mia madre!
Fa tutto un discorso su come si inizi dal basso per poi poter arrivare in alto, discorso tra l'altro che non sta in piedi visto che, secondo me, per lui sono solo un'iscrizione in più e basta. Parliamoci chiaro, non potrei fare un canestro nemmeno con una scala.
Passo la prima mezz'ora a raccogliere la palla di continuo e porgerla alle fenicottere che continuano a ridere fra di loro e con un'altra palla palleggio per il perimetro del campo come richiesto dall'allenatore. Mi sento un criceto che corre senza senso sulla sua ruota sfigata e sinceramente la sensazione che provo in questo momento è terribile.
Mentre mi trascino per il campo, stordita dalle urla dei giocatori, intravedo Eugenio dall'altra parte della palestra. Caspita! È veramente bravo! Continua a fare un canestro dopo l'altro e i suoi compagni lo osannano come fosse una Star. Non lo avevo mai visto ridere e scherzare con qualcuno, di solito a scuola lo prendono tutti in giro e gli fanno un sacco di scherzi, ma oggi sembra un altro.
Sono intenta a guardare Eugenio nel suo nuovo mondo, quando una palla uscita dal campo come una meteora impazzita mi centra in pieno il viso.
- Concentrazione!! Concentrazione ragazze!!! Questo era un canestro che non si poteva sbagliare!! - , sbraita l'allenatore senza fare nessun riferimento alla mia faccia appena abbattuta dal siluro. Si saranno accorti che mi sono fatta male e anche tanto? - E tu! - , mi guarda scocciato. - Stai attenta la prossima volta. Se dobbiamo prendere un'altra ragazza che raccatta le palle al posto tuo rischiamo di perdere attimi preziosi della partita!! Non credi? - .
Questo tizio vuole veramente che risponda alla sua domanda? Pensa di farmene un'altra? Tipo: Come stai? Ti sei fatta male?
- Allora? Ti ho fatto una domanda! - , esagera.
Vorrei dirgli: - Mi scusi, ma a proposito di perdere minuti preziosi, non è che umiliarmi nel mezzo di una partita possa farne recuperare altri. Quindi non sarebbe bene riprendere il gioco e finirla qui? - E invece, dopo aver ingoiato i tre litri di saliva che si erano formati nella mia bocca e cercando di non piangere rispondo: - Sì, Signore! - e abbasso gli occhi sentendomi quasi mancare dalla vergogna.
- E allora prendila!! Stiamo aspettando te! - , insiste vergognosamente.
In quel momento mi accorgo che le fenicottere sono ferme e mi stanno osservando con aria di disprezzo. Mi appresto quindi, per uscire da quell'imbarazzo, a cercare con lo sguardo dove cavolo possa essere finita quella maledetta palla. L'allenatore comincia a sbuffare e io vorrei prenderlo a schiaffi, per fortuna dall'altra parte del campo qualcuno mi sta correndo incontro con la palla in mano. È Eugenio.
- Lascialo perdere, è un po' stronzo... - , mi sussurra velocemente quando mi porge la palla. Perfetto, questo vuol dire che Eugenio ha visto tutto, di bene in meglio.
Gli ultimi interminabili venti minuti li passo con occhi sgranati verso la palla, per recuperarla velocemente ogni volta che ce ne fosse stato bisogno e credo di non essermi mai annoiata così tanto in vita mia. Il viaggio di ritorno a casa poi, sembra più lungo del dovuto, non vedo l'ora di buttarmi nel mio letto per scrivere quello che mi è successo, ma la mia andatura è quella di una lumaca. Mi trascino, sono stanca, stanca mentalmente, in realtà anche fisicamente perché a fine della partita, per non incrociare nessuno, mi sono fiondata subito negli spogliatoi per cambiarmi alla velocità della luce e per fortuna le ragazze mi hanno lasciata perdere. Troppo intente a parlare di quanto erano state brave a fare canestri, meglio così, almeno ho potuto prendere le mie cose e scappare da quell'inferno. Ho anche cercato, bè sì, insomma, non so come ma, ho cercato Eugenio per tornare a casa insieme, ma lui era lì con i suoi amici in un momento goliardico post-partita e così adesso sto tornando a casa da sola.
Una volta arrivata davanti casa l'odore dell'arrosto di mia madre mi viene incontro a consolarmi, finalmente sono al sicuro. La porta è aperta e la tenda anti-zanzare sventola leggermente, la sposto ed entro come un cucciolo smarrito. Mia madre mi guarda euforica e mia sorella, che sta leggendo il settimanale - Cioè - , si gira di scatto a guardarmi, entrambe vogliono sapere. Sperano che dalla mia bocca esca: - Ma perché non mi sono iscritta prima in questa splendida palestra? - e - È così bello giocare a pallacanestro, che di colpo il resto del mondo non conta - .
Certo, come no.
- Allora, com'è andata? - , parte all'attacco mia madre.
- Da schifo!! Non ci voglio più andare, è stato umiliante!! - .
- Ma cosa è successo? È per Eugenio? Non ti sembra di esagerare? - , continua.
- Esagerare?!? Esagerare?!? Forse non hai capito, Eugenio è stato l'ultimo dei miei problemi. Mi hanno umiliata! Mi hai iscritto in un corso di pallacanestro e sono alta un metro e mezzo. Ti dice qualcosa questo? -
- Ti hanno fatta uscire dalla squadra? - , prova ad inserirsi mia sorella.
Sto per esplodere, devo scaricare tutta la tensione accumulata. - Per uscire da una squadra prima ci devi entrare ed io non ho fatto altro che fare la raccattapalle per tutta l'ora e quelle stronze mi hanno chiamata nanetta! -
- Ma Eugenio.... - , prosegue mia sorella.
- Basta con questo Eugenio, ho già detto che non c'entra!! Ma cosa ne vuoi capire tu che sei stata qui spaparanzata sul divano... - . Sono nervosissima.
- Oh! Scusa! Sai che c'è ma vai a quel paese!! - .
Mia sorella chiude il giornaletto infastidita e va in camera e mia madre si avvicina a me posando lo strofinaccio sul tavolo. - Siediti Clara. Adesso calmati - . Prende un bicchiere d'acqua e me lo porge. - Quante volte ti ho detto che le persone non si giudicano dall'altezza ma dall'intelligenza? Se ti prendono in giro tu rispondi che le persone non si misurano dal collo in giù, ma dal collo in su -
- Sì, fosse facile.... - , sbuffo. - Nella palestra c'è un campo da Basket e tutto quello che serve è l'altezza per fare quei maledetti canestri!! Quindi il tuo discorso va a farsi friggere, non credi? - . Mi sento una fallita.
Mia madre abbozza un sorriso insolito, tenero. Non sono abituata a vederla ridere così, soprattutto ultimamente, forse faccio pena anche a lei. Ad un certo punto mi accarezza il viso e prende fiato: - Se molli subito la darai vinta a quelle ragazze e il messaggio che passerà è che il loro giudizio è più importante del tuo, è forse così? Non credo, ascolta, ti racconto una cosa... -
- Non cominciare con i racconti della Sicilia. Ti prego! -
- Non riguarda la Sicilia ma riguarda il Piemonte - , mi corregge. - Quando sono arrivata a Torino non conoscevo nessuno e mi mancava tua nonna. Tante mattine le ho passate a piangere, soprattutto quando tornando dal mercato avevo visto ragazze come me con la loro madre che passeggiavano beatamente. Credi che i parenti mi abbiano sostenuto? Tutt'altro. Non perdevano occasione per farmi notare qualche mio sbaglio o difetto. Tua zia Assunta una volta è venuta a casa e mi ha presa in giro perché non riuscivo a prendere un bicchiere dalla credenza e sai che cosa ho fatto? -
- Cosa? - , chiedo annoiata.
- Ho preso una sedia e le ho detto: - Dove non arrivo mi faccio aiutare! - . Poi le ho messo davanti il bicchiere con aria fiera - , conclude come se stesse per ricevere l'Oscar.
Mi stringo nelle spalle e non so se ho capito bene il suo discorso, ma vederla così sicura di sé mi invoglia sempre a non mollare. Riesce sempre a calmarmi, lei è fantastica, a parte quando non mi fa uscire, è sempre sorridente ed è in continuo movimento, trova sempre una soluzione a tutto e lo stesso fa mio padre, un uomo anche lui - piccoletto - , ma che non ha paura di niente e la volta che va male un lavoro dice sempre: - Si chiude una porta e si apre un portone! - E poi succede veramente così.
- Mamma voglio chiederti una cosa? -
- Dimmi -
- Posso avere doppia porzione di arrosto? Tutto questo discorso mi ha fatto venire una gran fame... -
Sul mio viso si affaccia un leggero sorriso e quasi non penso più a quelle stronze, mia madre ha compiuto, come sempre, la sua missione ed è per questo che senza aggiungere altro si alza, prende il suo mitico strofinaccio e si dirige in cucina. Ti voglio bene mamma!

Oggi devo assolutamente sentire Simona perché, oltre a raccontarle le mie disgrazie, devo anche chiederle se vuole venire con me al - Parco della Mandria - : un ambiente recintato, a pochi passi da casa mia, con prati e boschi. Tramite sua cugina Sara ho saputo che Simona è stata in punizione per diversi giorni, a causa di un gioco stupido che faceva sul balcone. Ovviamente schizzo-pallette. Quel signore era veramente il suo vicino di casa a quanto pare. Sara mi ha anche detto che la punizione sarebbe finita oggi, quindi.... Devo assolutamente sentirla più tardi.
Comunque a parte questo, oggi siamo tutti d'accordo per trovarci alle 15.00 in cortile e da lì andare con le biciclette alla Mandria. Dovremmo essere: io, mia sorella, Francesco, Cristina, Stefania, Omar e spero Simona, dico spero perché con lei bisogna dare un preavviso di almeno qualche giorno per farla muovere di casa.
Ci incontriamo in cortile perché non voglio che dalla Pinta mi vedano uscire con loro, sono quasi tutti della mia età e questa cosa mi farebbe perdere punti, molti punti, punti guadagnati a fatica negli ultimi mesi. Anche Cristina e Stefania la pensano così e quindi saranno mute come un pesce. Mi hanno detto che ultimamente alla Pinta hanno chiesto di me, visto che è un po' che non mi faccio vedere, questo vuol dire che mi hanno notata. Non è fantastico?
La cosa mi inorgoglisce parecchio. Eppure, se penso alle risate che sicuramente mi farò nel pomeriggio, non mi pento di aver scelto la Mandria per oggi, anche se, dovrò farmi viva nei prossimi giorni con quelli della Pinta, giusto per tenere la cosa in piedi.
- Clara, io sto uscendo. Sicuro che non vuoi venire con me al mercato? - , chiede mia madre.
- No. Sto a casa con Silvia... - .
- Per me puoi andare - , bisbiglia mia sorella.
- Shh!!! - . Guardo Silvia inferocita e subito dopo dirigo lo sguardo nuovamente a mia madre. - Vai pure mamma -
- Okay. Ciao ciao. Fate le brave - .
Bene, mia madre è fuori dai giochi e ne avrà almeno per un'ora, perfetto.
- Cosa devi fare? - , riprende mia sorella.
- Devo chiamare Simona per chiederle di venire oggi pomeriggio - .
- Ma figurati se viene, se non la vai a prendere fino sotto casa non si muove - .
- Sì è vero, ma oggi non c'è tempo, quindi se vuole venire deve farsi trovare in cortile come gli altri - . La guardo come se aspettassi un applauso.
- Se lo dici tu. Faresti qualsiasi cosa per lei, sembrate fidanzate - . Si alza e fa una smorfia con la bocca. Forse è vero, sono sempre io quella che si propone, ma che importa, l'importante è passare del tempo insieme.
Mi dirigo velocemente in cucina e mi avvicino al telefono rigorosamente lucido. Mentre guardo il lucchetto mi viene da sorridere, perché ora che so il trucco posso chiamare tranquillamente senza essere beccata.
- Pronto? - , risponde sbiascicando.
Quando Simona risponde al telefono sembra sempre che si sia appena svegliata, in realtà è così solo quando è sola dentro casa, perché quando è fuori sembra di stare con un'altra persona.
- Simo, sono io, Clara - .
- Ciao Clara, come stai? - .
- Bene. Ho saputo da Sara che oggi finisce la tua punizione. Alla fine era il tuo vicino, vero? - .
- Sì, lascia perdere. Ma che fine hai fatto? Potevi almeno farti sentire... - , sospira malinconica.
- Non sai quante cose sono successe e mia madre è sempre piantonata davanti al telefono, quindi chiamarti era impossibile. Comunque non perdiamo tempo, volevo chiederti se vuoi venire con noi alla Mandria, oggi pomeriggio. Vuoi venire? - .
- Con chi? - . La voce di Simona sembra più squillante. - A che ora? - .
- Ci troviamo in cortile con il gruppo che abita nel mio palazzo, sai: Cristina, Stefania, mia sorella.... - .
- Ah, sì sì ho capito - . Pausa.
- E quindi? Puoi venire? - , chiedo insistendo.
- Ma a che ora puoi essere sotto casa mia? - . Parla di nuovo a voce bassa.
Eccola, come da copione, con la storia di prenderla sotto casa. Non capisce che abita dall'altra parte della destinazione? Di solito vado sempre a prenderla, ma oggi non posso. - Non posso venire a prenderti, perché tra finire di pranzare e due faccende di casa non riesco a passare per tempo da te. Ma non puoi venire tu, scusa? - , la imploro quasi.
- Solo se al ritorno mi riaccompagni a casa almeno... - , conclude.
Che posso fare? È la mia migliore amica. - Okay, facciamo così. Ora devo riattaccare però, devo mettere in ordine la mia cameretta o mi gioco l'uscita di oggi. Ciao Simona - .
- Ciao, ci vediamo dopo - . Click. Chiamata terminata.
Sono super felice che venga anche lei, è questo quello che conta.
A pranzo io e mia sorella scherziamo di continuo, mia madre è quasi sorpresa di questo atteggiamento. Oggi c'è anche mio padre, non sempre riesce a venire a pranzo e siamo tutti contenti che ci sia anche lui.
- È pronta la mia bicicletta? - , chiedo a mio padre.
- Uhmm- uhmm - , dice mentre sta divorando con ferocia una coscia di pollo.
Mio padre non è un gran chiacchierone, è sempre molto stanco, fa il muratore e lavora dalla mattina alla sera con orari incredibili e quando gli chiediamo delle cose risponde sempre con dei versi più che con delle vere e proprie parole. C'è da dire che quando prende un impegno lo mantiene il più delle volte e per questo che sono sicura, al cento per cento, che quel grugnito volesse dire: - Certo!!
Io e Silvia ci alziamo di fretta da tavola e sparecchiamo velocemente, poi prendo la scopa e tolgo le briciole da sotto il tavolo.
- Lo sai che le cose fatte di fretta non vengono bene. Vero? - . Mia madre fissa il pavimento che è ancora un pò sporco di briciole, nonostante abbia appena passato la scopa.
- Dai mamma! Ti prego, sono già le due del pomeriggio e devo ancora farmi il ciuffo. Ti prometto che stasera apparecchio e sparecchio la tavola - , imploro con occhi lucidi.
- Va bene. Vatti a preparare. Ma dov'è che andate alla fine? -
- Un giro qua intorno con le biciclette, niente di che - , mento spudoratamente.
Non posso dirle che andremo alla Mandria, è terrorizzata da quel posto, non tanto per il parco in sé, ma perché conoscendo il mio spirito d'avventura sa benissimo che andrei a cercare posti isolati o qualche rovina di qualche palazzo antico. Come quella volta che sono riuscita a trovare, in mezzo a delle sterpaglie, un'entrata pericolante che dava accesso alla Reggia antica della nostra città. Tutti i componenti del gruppo volevano tornare a casa, ma io non ho resistito a tanta bellezza e così ho convinto tutti ad entrare dentro la reggia da una spaccatura nel muro. Doveva essere il nostro segreto, ma una ragazza nuova del gruppo, di cui non ricordo neanche più il nome, ha rovinato tutto andando a raccontare la nostra impresa ai suoi genitori. Finale: tutti in punizione!
- Mi raccomando.... - , continua mia madre mentre sta asciugando un piatto.
Qualcosa non la convince, lo capisco da come mi guarda, ed è per questo che decido di eclissarmi in bagno prima che le sorgano nuovi dubbi.
Una volta in bagno, qualcosa non mi convince. - Che cavolo stai facendo?? - , sbraito a Silvia mentre la vedo con la mia lacca in mano.
- Me ne serve solo un po' e poi te la do!! - , si difende.
- Non ti azzardare a finirla, devo farmi il ciuffo!! Dammela subito! - . La lacca è sacra, lo sanno tutti.
Me la porge quasi tirandomela, oggi non oppone resistenza, è euforica anche lei per la gita, meglio, ora posso dedicarmi al ciuffo.

Tutto procede a meraviglia, siamo già saliti sulle nostre biciclette e stiamo aspettando il resto del gruppo sotto casa. Per prime arrivano Cristina e Stefania, tipico, sono le più puntuali, poi arrivano gli altri e con mio grande piacere c'è anche Simona, non ci speravo più.
Manca solo Francesco, ma è tardi, vorrà dire che ci raggiungerà. Pronti a pedalare verso l'avventura!
- Aspettate!! - . Una voce lontana ci fa fermare di colpo.
- È Francesco - , ci avvisa Cristina, - ....e c'è anche Eugenio lo sfigato - .
Stranamente sentire il nome di Eugenio non mi dà fastidio come le altre volte, ma lo sguardo schifato delle mie amiche mi fa pensare che forse dovrebbe. In teoria non sarebbe dovuto venire, non l'ho di certo invitato, ma faccio finta di niente. Ci raggiungono con le loro biciclette e partiamo tutti insieme in una splendida giornata di sole.
- Certo che Francesco è proprio carino... - , mi sussurra piano Simona mentre stiamo pedalando.
L'affermazione mi coglie di sorpresa. - Bè, sì dai.... - , divento un po' rossa.
- Poteva evitare di portarsi dietro quello sgorbio però, non credi? - , continua.
- Di chi state parlando? Dello sfigato? - , si intromette Cristina.
Come da copione, scoppiamo a ridere e quasi sbandiamo leggermente con le biciclette, so che non dovremmo ridere di lui, ma è sempre stato così dalla notte dei tempi. Nel frattempo Eugenio ci supera con Francesco. Il suo viso è tutto sudato, ma non so se ha capito che ridiamo di lui, spero di no.
- Smettetela di ridere! Rischiamo di cadere - . Le guardo male per interrompere le loro risate nei confronti di Eugenio. Forse mi sono pentita di averlo deriso e vorrei che anche le altre provassero pietà per lui, bè, ammetto che - pietà - è un po' troppo però....
- Stai calma....Che ti prende? - . Cristina mi guarda sbigottita e cerca di capire se sto male o cosa.
- Niente! È solo che oggi ho voglia di divertirmi e se qualcuno cade non ci divertiamo più - . Il mio tentativo di giustificarmi è terribile, lo ammetto.
Non è solo quello, in realtà non voglio fare arrabbiare Eugenio, l'idea che spiattelli quello che è successo in palestra non mi fa impazzire proprio per niente e poi è stato carino quando mi ha restituito la palla, o no? Ma questo le mie amiche non lo sanno e continuano a guardarmi perplesse, per uscire da quella situazione di imbarazzo le supero con la scusa di raggiungere mia sorella e per il momento il discorso - sfigato - sembra archiviato.
Il viale che porta alla Mandria sembra quello delle fiabe, adoro questo posto, ci vengo spesso anche da sola e nonostante mi sembri di conoscere ogni angolo riesco sempre a meravigliarmi tutte le volte che ci torno. C'è una strana magia in tutto quello che circonda il parco: i sentieri, i torrenti, gli alberi secolari e soprattutto le antiche strutture abbandonate.
Oggi però la nostra destinazione è: - I sette salti. -
Non è che si chiami realmente così, è un nome dato da qualcuno dei ragazzi, che poi si è sparso per le comitive. È un oasi verde con una piccola cascata, le sue acque scorrono su sette gradini naturali, dove adoriamo scendere con il sedere come fosse uno scivolo. Ovviamente è vietato l'ingresso al pubblico, c'è una transenna all'inizio del sentiero con tanto di cartello che dice chiaramente di non entrare, ma noi abbiamo scoperto un'altra stradina che porta diritto ai Sette salti tra sterpaglie e terreno pericolante, non è il massimo come comodità, ma fino ad ora è andata sempre bene.
Arriviamo davanti all'entrata del sentiero e siamo obbligati a metterci tutti in fila indiana perché la stradina è strettissima e si rischia di cadere in mezzo ai rovi. Siamo tutti super eccitati come sempre e canticchiamo canzoni del momento, persino Simona sta cantando, non mi sembra vero. I primi minuti passano in completa armonia, poi, come sempre qualcuno rovina tutto.
- Mi sono rotto di andare lento come una lumaca!! Aumentate il passo!! - , sbraita Omar nel mezzo della fila.
Omar è il classico troglodita della compagnia, è molto alto e muscoloso, il più delle volte combina casini, ma è sempre in prima linea quando si tratta di fare delle gite avventurose.
- Sei scemo o cosa? Vuoi finire in mezzo ai rovi? - , lo minaccia Stefania. Adoro Stefania, perché nonostante spesso sia stata vittima di alcuni bulli è sempre in prima linea per far valere i suoi diritti.
- Sto solo dicendo di muovervi...Di questo passo arriviamo domani mattina. Almeno fatemi passare avanti - , continua lo scemo.
Cristina si acciglia e si avvicina a Omar con la bicicletta. - Come cavolo pensi di fare? Siamo in fila indiana, la smetti di rompere? - .
Omar è su tutte le furie, sta per esplodere, lo conosco troppo bene. - Se solo questo cretino si togliesse dai piedi!! - , indica Eugenio davanti a lui. Ecco, ci siamo, quando Omar inizia ad annoiarsi si butta su Eugenio.
- Ragazzi, mancano pochi minuti e siamo arrivati - , aggiunge Francesco per raffreddare i toni. Lui è il migliore amico di Eugenio ed è fantastico, oltre a baciare benissimo è molto intelligente e non è come gli altri scemi del villaggio e poi sa mantenere i segreti, infatti non ha detto a nessuno di noi due e quando ci si vede nel gruppo, come oggi, mi calcola appena, giusto per non destare sospetti.
- Non me ne frega niente!! Io dietro a questo imbecille non ci sto!! - , inveisce Omar. È davvero insopportabile quando fa così.
Ad un certo punto Eugenio fa il tremendo errore di alzare lo sguardo e girarsi per guardarlo, forse per implorare di lasciarlo perdere, ma purtroppo non ha l'esito sperato. Quel cretino di Omar non aspettava altro e così guardandolo con odio gli dice: - E tu cos'hai da guardare? Sgorbio! -
Eugenio non ha neanche il tempo di controbattere - anche se conoscendolo non lo avrebbe fatto – che parte subito uno spintone nei suoi confronti, facendolo cadere inevitabilmente sui rovi.
- Ahi!! Ahi!! - , si lamenta Eugenio. Poverino.
Un'improvvisa rabbia si impadronisce di me. - Sei proprio uno stronzo!! - , dico a Omar. - Rovini sempre tutto!! - .
Tutti cominciano a ridere e tenersi l'un con l'altro per non cadere anche loro. Francesco si precipita ad aiutarlo, dà una mano a Cristina per farsi calare nelle sterpaglie e cerca di recuperare Eugenio. Non la smettono proprio di ridere e il recupero sta cominciando a diventare impossibile. Fa caldo e il povero Eugenio non riesce a liberarsi dalle spine dei rovi senza ricaderci nuovamente dentro. Omar non sembra per niente preoccupato, anzi continua a schernirlo a dovere. - Non riesco a guardarlo. Mi fa troppo ridere... - , commenta mentre se ne sta con le braccia incrociate.
- Se ci aiuti anche tu forse riusciamo a tirarlo su e possiamo proseguire - , suggerisco cercando di tenere la calma.
- Ma non ci penso minimamente!! Non mi dire che non fa ridere anche te, e poi che ti succede? Ora lo difendi pure? Sei stata la prima ad invitare tutti tranne lui - .
In quel momento Eugenio sposta il suo sguardo verso di me e mi fa davvero pena, o forse sono io che mi faccio pena, mi sento una merda, perché è vero, non l'ho invitato alla gita. L'unica cosa che mi viene da fare per recuperare la situazione è contrattare con quello zoticone di Omar.
- Okay. Che cosa vuoi in cambio? Inglese? Italiano? - . Cerco di contrattare con qualche compito, visto che Omar a scuola è una capra e sicuramente non avrà ancora aperto il libro delle vacanze.
Lui ci riflette. - Inglese, più.... - , mi guarda ammiccante.
- Scordatelo!! - , contraccambio il suo sguardo viscido con la mia faccia schifata.
- Una buona parola con Cristina? - , bisbiglia pensando di aver ancora diritto con le richieste.
Vorrei buttarlo giù nei rovi, giuro, ma mi serve il suo aiuto visto che è il più muscoloso del gruppo. - Va bene. Le parlerò - , mento. Cerco di non farmi sentire dagli altri e gli reggo la bicicletta in modo da potersi calare verso Eugenio.
Alla fine, dopo qualche manovra, lo tira su. Il povero Eugenio è pieno di terra e perde sangue dalle braccia e dalle gambe a causa dei rovi. Francesco gli passa un fazzoletto per asciugarsi alla bene meglio e senza dire una parola proseguiamo per il sentiero, anche se le risatine continuano. Per tutto il tragitto si sentono frasette bisbigliate e ghigni soffocati, mi sento male per lui e per la prima volta la strada sembra più lunga del solito, fino a quando..... Eccola davanti a noi: La cascata dei sette salti. È semplicemente fantastica!
Buttiamo le biciclette sul prato e apriamo i nostri zainetti da cui tiriamo fuori delle coperte. Una volta sistemate, qualcuno si siede comodo e altri vanno subito ad ammirare la cascata.
Di solito passiamo tutto il pomeriggio lì, ma oggi devo andare via prima perché ho promesso a Simona di riaccompagnarla a casa, ma non importa, sono già contenta che siamo tutti insieme. Omar prende il pallone e inizia a fare qualche palleggio, poi si dirige verso Francesco ed Eugenio per poter giocare con loro. Nel giro di qualche secondo stanno già correndo all'impazzata. I maschi sono strani. Prima litigano e cinque minuti dopo sono amici, poi magari si azzuffano di nuovo...mah! Fosse capitato a noi ragazze, sicuramente sarebbero passate settimane prima di rivolgerci la parola.
Cristina tira fuori qualche pacchetto di patatine e cominciamo a spettegolare sulle ultime novità. Alla fine riesco a raccontare a Simona quello che mi è successo a pallacanestro, chiedendole di non farne parola con nessuno. Lei si mette a ridere e dice che certe cose possono capitare solo a me. Inizio a credere che abbia ragione.
- Ehi! Raga, io vado a cambiare l'acqua al pesce. Qualcuno vuole venire con me? - , chiede Omar a noi ragazze. A volte penso che abbia davvero dei seri problemi, solo che lui non lo sa. Qualcuno dovrebbe avvisarlo.
- Hai paura che qualche biscia possa morderti? - , scoppia a ridere Stefania.
- Ridi, ridi....Tanto lo so che muori dalla voglia di accompagnarmi - . Si abbassa verso Stefania e le pizzica le guance.
La povera Stefania è disgustata. - Ma neanche morta!! Piuttosto mi faccio suora - . Lo scansa come fosse una mosca.
C'è uno strano sguardo fra di loro, in realtà gira voce che si siano fatti una storia al compleanno di Francesco, ma nessuno ha conferma. Bè, lei non parla tanto delle sue storie, è abbastanza riservata, però pensandoci potrebbe essere, effettivamente chiede sempre se c'è anche lui quando usciamo e si punzecchiano spesso. Boh! Lo scoprirò.
- Okay. Facciamo una cosa, quello a destra è il bagno delle femmine e quello a sinistra è dei maschi - , continua Stefania indicando due grossi cespugli.
Omar sorride e va, come dice lui, - a cambiare l'acqua al pesce - .
- Non lo sopporto proprio!! - , sbuffa Stefania. Sarà vero?
- Bè, almeno quando è di luna buona è simpatico - , dice Cristina.
Ho dei dubbi a riguardo. - Certo, come no. Come prima sul sentiero con Eugenio - , aggiungo.
Di colpo le ragazze si ammutoliscono e mi guardano curiose. Poi Cristina si mette davanti al mio viso. - Dì un po', ma non mi dirai che adesso lo sfigato è diventato il tuo migliore amico? - . A quanto pare le mie amiche non sanno cosa voglia dire avere delle mezze misure, non è che se provo ad aiutare un mio simile vuol dire che lo abbia necessariamente adottato.
- No, certo che no. Rimane sempre uno sfigato..... - . Quasi balbetto. - È solo che... - . Le ragazze mi guardano male, mentre Simona e mia sorella dirigono lo sguardo verso il prato evitando di esprimersi. - Sentite, cambiamo discorso, siamo qui per divertirci, giusto? - . Le guardo come se avessi fatto la domanda del secolo.
Non le ho convinte per niente.
- Guardate!! Lì dietro ci sono dei cespugli di more - , ci f notare mia sorella salvandomi al pelo da quell'imbarazzo. Tutti sanno della mia passione per le more.
Mi alzo di scatto e prendo il mio cappello. - Wow!! Vado subito a raccoglierne qualcuna - . Meglio svignarsela. Nel frattempo per fortuna sta tornando Omar ed io mi fiondo in mezzo a quei frutti meravigliosi. Il discorso Eugenio sembra archiviato.
Sono in mezzo ai cespugli e mi sento rinata, c'è un odore di erba che mi solletica piacevolmente il naso. Comincio a raccogliere le more e le metto dentro al cappello, mi accorgo che i cespugli sono immensi e si diramano tipo un labirinto nel bosco. Riesco sempre a viaggiare con la testa quando sono in questo parco: i rumori, gli odori, i colori. Chiudo gli occhi per qualche secondo, respiro a pieni polmoni ed espiro e subito dopo mi sento ricaricata. Ad un certo punto, mentre sono assorta nei miei pensieri, quasi mi viene un colpo. Una voce irrompe nel bel mezzo del mio viaggio mentale.
- Vuoi una mano? -
Ma è pazzo?!?
- Francesco!! Che ci fai qui? Sei impazzito? Ti ha visto qualcuno? - Sono agitatissima. E se lo avessero visto? Per me sarebbe la fine.
- Tranquilla - Si mette a ridere. - Ho fatto il giro dall'altra parte - .
- Vai via adesso!! - Mi guardo attorno come se dovessero uscire tutti quanti dai rovi all'improvviso. Non possiamo avere incontri ravvicinati, se qualcuno ci vede insieme potrebbe iniziare a sospettare qualcosa e non posso certo permetterlo.
- Prendo solo due more e vado via subito - , mi fa notare e i suoi occhi diventano piccoli. Decisamente non ha capito.
- No! Non puoi prendere le more! Se no gli altri capiranno che sei stato in mezzo ai rovi con me. Assolutamente No!! - .
- Okay. Allora prenderò qualcos'altro... - , ammicca e il suo sguardo è tutto un programma.
Si avvicina un attimo al mio volto e i raggi solari colpiscono i suoi occhi verde- azzurro. Mamma mia, che fatica!! È davvero carino però. Mi guardo nuovamente intorno e senza aggiungere altro decido di baciarlo, almeno si toglierà dai piedi. Non so se è la giornata in sé o proprio lui, ma quel bacio dura più del dovuto, non riesco a lasciarlo andare, ha le labbra così morbide.
- Conviene che io torni dagli altri adesso - , dice staccandosi di colpo tutto soddisfatto.
Mannaggia. - Ce-Certo! Te lo stavo dicendo anch'io - , mento spudoratamente.
Si allontana dal cespuglio e io, dopo qualche minuto, esco dalla direzione opposta. Sono accaldata e sudaticcia, devo togliermi questo stupido sorrisetto dalla bocca o mi prenderanno per scema. Sto raggiungendo gli altri nel prato e subito focalizzo Francesco vicino a Simona.
- ......Ahahahah..... Sei troppo simpatico, veramente... - , le sento dire a Francesco guardandolo con lo sguardo alla - Simona - . Non riesco a capire se sono io che mi faccio i film mentali o le mie sensazioni sono vere.
Intanto qualcuno si accorge di me. - Sei arrivata finalmente! Ti davamo per dispersa - , interviene mia sorella notando la mia presenza.
Francesco si gira verso di me e mi sorride, ma io non lo calcolo minimamente, anche perché mi sembra in buona compagnia. Ma poi, da quando parla con Simona? Devo essermi persa qualcosa.
- Ho raccolto le more e non ho badato più al tempo - Mi giustifico sedendomi sulla coperta.
- Brava, hai fatto bene. Ma ora che ne dite di andare a fare - Surf - ai sette salti? - , domanda Omar mentre si sta strafogando di more. Menomale, così non sarò obbligata a guardare i piccioncini.
- Sììììì! - Rispondiamo tutti in coro.
Ci alziamo tutti e corriamo all'impazzata verso la cascata. Questo è il momento più atteso, persino Eugenio ha un'altra faccia. Siamo proprio fuori di testa, sappiamo benissimo che ci bagneremo come dei pulcini, ma tanto è luglio e in dieci minuti saremo asciutti.
Il primo ad arrampicarsi sulla montagnetta è Omar, poi lo seguono a ruota gli altri ragazzi. Una volta trovato l'equilibrio mette una borsa di plastica sotto i piedi e via col Surf. È l'unico che riesce a fare tutti i gradini senza cadere neanche una volta.
Sono felice, sono davvero felice quando veniamo qui, ridiamo tutti insieme e facciamo giochi che in città non potremmo neanche immaginare. E poi, non devo badare al ciuffo che in questo momento è andato a farsi benedire.
Quando è il turno di Stefania notiamo subito che non ha messo bene la borsa di plastica sotto i piedi e cerco di chiamarla per avvisarla, ma è troppo tardi. Riesce a fare i primi due gradini in piedi e il resto col sedere. Inutile dire quanto ridiamo, ho persino il mal di pancia dal ridere, ma lei sembra fregarsene e ride più di noi. Stefania è un mito.
Dopo circa una buona mezz'ora siamo fradici. Completamente fradici. Dobbiamo smettere immediatamente se vogliamo asciugarci per tempo.
- Tieni il mio asciugamano, tanto io sono a posto - , dice Francesco a Simona.
- Grazie, sei gentile - , risponde lei.
Tutti si sono girati verso di loro con sguardo compiaciuto, come se tifassero per i due innamorati. - Grande Francesco - , esulta Omar. - Cresci bene, con i consigli dello zio Omar - .
- Ma figurati! - , si intromette Cristina. - Cresce bene proprio perché è diverso da uno zoticone come te, invece - .
Si mettono tutti a ridere e io mi chiedo: - Da quando Francesco è al centro dell'attenzione? -
- Certo, come no. È inutile che fai la difficile, un giorno cadrai ai miei piedi - , continua Omar guardando Cristina. Proprio non ce la fa a non fare commenti inopportuni.
- Che schifo! Ma neanche morta - . Cristina si alza schifata e sistema il suo zainetto sulla bici.
È arrivato il momento di stenderci al sole come delle lucertole, siamo stanchi ma felici. Mi accorgo che Eugenio è da solo, seduto su una grande pietra vicino alla cascata che guarda perso l'orizzonte. Non ha parlato con nessuno oggi, certo ha interagito fisicamente, ha giocato a palla, ha fatto surf, ma non ha spiaccicato una parola. Ma come cavolo fa? Così non si toglierà mai il nomignolo dello sfigato. C'è da dire che qui gli va ancora bene, Omar sa essere antipatico nei suoi confronti, ma è niente confronto a quello che Eugenio subisce a scuola. Per lui l'estate è una boccata d'aria fresca in confronto all'intero anno scolastico, aria senza i veri bulli. Per fortuna adesso si sta rilassando sotto il sole e lo stesso facciamo anche noi cercando di asciugarci.
Mezz'ora dopo, anche se non siamo del tutto asciutti, mi accorgo che si è fatto tardi e io devo ancora accompagnare a casa Simona. Gli altri hanno deciso di venire via prima, insieme a noi. Meglio. Faremo la strada del ritorno in compagnia, così ci divertiremo ancora un po'. Ci organizziamo per il ritorno e ci mettiamo nuovamente in fila indiana. Questa volta sono la prima della fila e subito dopo di me si piazza Francesco, che inizia ad irritarmi. Con dei legnetti mi solletica il fianco, approfittando del fatto che gli altri sono parecchio indietro.
- Smettila! - , bisbiglio nervosa.
- Sto solo scherzando. Non ci vedono, stai tranquilla - .
- Non ho voglia di scherzare, okay? -
Francesco ha l'aria perplessa. - Ma che ti prende? Sei la stessa che ho baciato in mezzo ai rovi? -
A saperlo. Sono la stessa che ha baciato in mezzo ai rovi? Non lo so. So solo che sono nervosa, come quando mi sta per arrivare il ciclo, se non fosse che l'ho già avuto l'altra settimana penserei a quello.
- Ragazzi. Aspettateci - , urla mia sorella dall'altra parte del sentiero.
Mi riscuoto immediatamente dai miei pensieri e non guardo più Francesco, come se non esistesse. Lui è ancora più perplesso, ma regge il gioco e quando gli altri ci raggiungono si mette vicino a Eugenio come se nulla fosse.
Quando usciamo dalla piccola stradina ci rendiamo davvero conto di quanto siamo sporchi tra fango e succo di more, siamo terribili. Cominciamo a ridere del nostro aspetto e pedaliamo velocemente, sperando di non essere visti da nessuno una volta rientrati in paese. Non è la mia abitazione il problema, perché è molto vicina al parco, il problema è casa di Simona, che è nel centro del paese e quindi dovremo necessariamente passare davanti al genere umano.
Una volta arrivati davanti casa mia, io e Simona ci separiamo dal resto del gruppo, mia sorella ha il compito di comunicare a mia madre che arriverò fra qualche minuto. Stiamo pedalando verso il corso principale, cercando di nasconderci il più possibile dietro alle visiere dei nostri cappellini e ancora ridiamo di questa splendida gita.
- Grazie Clara. Che bella giornata, davvero - , mi ringrazia Simona.
- Te l'avevo detto che ti saresti divertita. Dovresti venire più spesso - .
- Hai ragione. Ma poi, senti una cosa... - , tentenna. - Come prosegue con Francesco? - Lo sapevo. Allora ho visto bene.
Mi sento improvvisamente in allarme. - In che senso? - Mi irrigidisco. - Come sempre, lo uso e basta - .
- Quindi non t'interessa se qualcun'altra possa farsi delle storie con lui? - , vuole sapere.
Cosa dovrei rispondere secondo lei? - Certo che no. Che cosa vuoi che me ne freghi. È un pivello - .
- Okay. Era solo per sapere - . Continua a pedalare e non prende più l'argomento. Non voglio neanche chiederle se - qualcun'altra - è lei, perché non mi piace entrare in competizione con le amiche per queste cose, quindi se avesse qualcosa in mente mi tirerei indietro io. Non posso perdere la mia migliore amica.
Siamo quasi arrivati nel corso, a un minuto da casa di Simona, quando un rumore assordante ci fa quasi saltare in aria. È il clacson di una macchina piena di tamarri, che inchioda di colpo sulle strisce pedonali.
- Ma sei scemo? - , urlo. - Siamo sulle strisce!! Non ci vedi? - Ci manca anche un incidente, così mia madre non mi farà mai più uscire di casa.
- Scusate. Non vi ho viste - , si giustifica un ragazzo abbassando il finestrino e sporgendosi fuori col busto. È proprio il classico tamarro di periferia e non appena ci focalizza si mette anche a ridere. - Comunque vi conviene andare a fare una doccia. Non avete un bell'aspetto - .
Come si permette? I ragazzi con lui in macchina ridono di gusto, vedo delle ombre agitarsi come degli idioti, poi il ragazzo vicino al guidatore abbassa anche lui il finestrino ed è la fine. È Ivan.
Mi guarda senza riconoscermi o forse non sa neanche chi io sia, visto le poche volte che ci siamo salutati di sfuggita. Vorrei sprofondare all'istante, perché credo di avere del fango pure in faccia, ma mi limito a diventare come una statua di sale, bloccandomi completamente.
Ivan ci guarda ridendo, poi strizza il suo bellissimo occhio blu ed io divento rossa come un peperone, senza riuscire ad aggiungere un'altra parola. L'amico subito dopo ingrana la marcia e sfrecciano via lungo il corso, lasciandomi imbambolata sulle strisce pedonali. Che sfiga!!

Marilena Corato

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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