La ricerca della felicità ha un peso importante nella vita di ciascuno di noi, sarai d'accordo con me (e penso che sarebbe pronto ad affermarlo chiunque), tuttavia, alla domanda: - Cos'è per te la felicità? - otterremmo tante risposte diverse quanti sarebbero gli intervistati. Questo a dimostrare, invece, la profonda soggettività di uno stato che, solo apparentemente, può essere una generalizzazione.
È chiaro, dunque, che non esistono e non potranno mai esistere le tanto inseguite - ricette della felicità - , proprio per l'unicità di ogni essere umano. Al più, un tratto comune che potremmo riconoscere alla felicità è quello della condivisione, nel senso che molta parte della felicità verrebbe, se non annientata, quantomeno compromessa, se fosse raggiunta in solitudine (pensa a quale gioia potresti provare se tu ottenessi un grosso riconoscimento, ma con l'obbligo di non dirlo a mai nessuno). Non esistono le - ricette della felicità - ; esiste, invece, cercare quanto più possibile di comprendere ciò che può renderci felice e perseguirlo. - Siamo felici quando si ha conoscenza di ciò che è bene per noi - , diceva Socrate, condizione questa, a prima vista, necessaria, ma ancora non sufficiente a realizzare il nostro sogno di benessere.
Non è raro, infatti, penso tu possa condividerlo, almeno per qualche episodio della tua vita, aver compreso ciò che è meglio per noi ma essere bloccati da altri meccanismi che c'impediscono, poi, di tradurlo in pratica. A ben guardare, però, l'essere vittime di tali meccanismi deriva comunque dal fatto che ragioniamo male, che siamo, in fondo, ignoranti.
Ma non c'è da spaventarsi, l'ignoranza è la condizione normale dell'uomo. Sì, proprio così. Per quanto noi vogliamo demonizzarla o vergognarci di essa o dissimularla, l'ignoranza è lo stato naturale dell'essere umano e per quanto, invece, vogliamo contrastarla, dobbiamo avere ben chiaro che non esistono confini che possano contenerla: essa è infinita. Dobbiamo, dunque, arrenderci ad essa? No, certo che no. Anche la fame è una nostra condizione naturale, non per questo non facciamo tutto il possibile per alimentarci e per non morire di stenti. Vale allo stesso modo per l'ignoranza: dobbiamo fare tutto il possibile per arginarla e per non morire di nullità; dobbiamo imparare a gestirla.
Ma tu, come sei messo riguardo al raggiungimento del tuo stato di benessere, della tua felicità? Senti di aver già toccato la tua personale e completa realizzazione o sei ancora in modalità - cerco ma non trovo? - . Se così fosse, niente panico, sei semplicemente tra la maggior parte degli esseri umani, ma il solo fatto di avere tra le mani un libro (e poi... questo libro) ti differenzia dalla gran parte di loro che hanno fatto una scelta diversa. Lo vedremo più avanti.
Se sei tra quelli realizzati, beh, vale la stessa cosa in egual misura. Il fatto che tu abbia davanti a te queste pagine ti differenzia dagli altri per la spinta a volerti ancora migliorare. In entrambi i casi, complimenti... Far propria l'idea che il miglioramento della nostra vita passi dal miglioramento nella nostra condizione naturale di ignoranza, anche se sembra banale, è davvero un grande passo. Il punto è che la matassa non si districa sulla frontiera tra il sapere e il non sapere, magari fosse così facile. L'assillo è più interno ad ognuno dei due opposti appena citati: in particolar modo, nell'area del sapere sta nella relazione tra - cosa so - e - come lo so - (con che livello di qualità) e nell'area del non sapere tra - cosa so di non sapere - e - cosa non so di non sapere - .
Potremmo spingerci ancora in diverse sottocategorie, ma basta fermarci qui, per l'obbiettivo da raggiungere con questo libro. Qual è questo obbiettivo? Semplice: voglio aiutarti a pensare meglio.
Come? Non è questo un libro di filosofia: quindi non voglio spendermi in laboriose disquisizioni sul sapere. Non è questo un libro di psicologia: quindi non contiene alcuna cura o analisi della personalità. Non è questo un libro di ideologia: quindi non voglio portarti a favore di una o dall'altra delle diverse tesi che verranno esposte. È questo, invece, semplicemente un libro di formazione molto basato sull'osservazione.
Osservazione della realtà da un punto di vista mobile, capace di andare da un lato all'altro delle questioni, dei comportamenti umani, delle azioni vincenti o perdenti che hanno fatto la differenza nella mia di vita e in quella di molte persone che ho avuto modo di guardare nel corso di diversi anni di gestione di risorse umane.
Mi occupo di management, di direzione aziendale e ciò che vale nel mondo del business, in ordine ai concetti di sapere, di saper fare e di saper essere, vale in tutti gli altri contesti di vita, ne è figlio. Sono convinto di poterti dare una nuova angolazione da cui guardare le cose e ti sfido in questo. Vorrei portarti alla fine di queste pagine ad avere gli occhi un po' più aperti, sia verso l'esterno che verso l'interno di te.
Zaino in spalla e... Prima di partire è necessario, però, dotarci dell'equipaggiamento giusto. Prendiamo il nostro zaino, forniamolo delle considerazioni che seguono (sono necessarie) e iniziamo il viaggio. Il modello Idee, Azioni, Risultati è oramai affermato in gran parte della letteratura sul miglioramento personale. I nostri Risultati dipendono dalle Azioni che, quotidianamente, poniamo in essere, e le Azioni dipendono dalle nostre Idee. Chiaro.
È ormai certo che, per migliorare i nostri risultati, sia necessario agire quanto più alla base del modello, cioè sulle idee, poiché agendo sulle azioni (ma lasciando immutate le idee) i risultati tenderanno ad essere sempre gli stessi. Anzi, se utilizziamo un modello circolare e più completo, in realtà, i risultati tendono a peggiorare col tempo, poiché, entrando in gioco l'elemento delle risorse, la spirale diventa degenerativa.
Le idee danno accesso alle risorse, attraverso le quali si pongono in essere le azioni che portano ai risultati. È evidente, secondo questo schema, che risultati insoddisfacenti compromettono le nostre convinzioni o idee.
Quest'ultime, così condizionate, ci fanno mettere in moto risorse sbagliate che portano ad azioni sbagliate e, inesorabilmente, a risultati ancora più insoddisfacenti, con un meccanismo degenerativo della nostra persona. Il modello funziona in egual misura anche in senso positivo, cioè: se le nostre idee sono corrette, ci mettono in condizione di vedere e di sfruttare le migliori risorse (interne ed esterne a noi stessi), attraverso le quali poter compiere le azioni giuste che conducono a risultati vincenti. Questi risultati rafforzano le nostre idee/convinzioni e... il meccanismo riparte, migliorandoci sempre più. È facilmente comprensibile, seguendo questi modelli, come l'ambito delle idee sia il fondamento cardine che decreta il successo o l'insuccesso di una persona (inteso come realizzazione di se stesso in base a quelle che sono le proprie propensioni).
Alla base delle idee c'è, però, un altro fattore ancora più importante: il nostro - Io - più profondo, il nostro modo di essere che è generato dal dualismo, tra la nostra mente razionale e la nostra mente emozionale. Si tratta di quell'equilibrio unico, distintivo e irripetibile che fa essere ognuno di noi una persona diversa dall'altra. È questo il nostro patrimonio più importante, che, se imparassimo a gestire nel migliore dei modi, potrebbe darci delle rendite così grandi che nemmeno immaginiamo. - Il più grande territorio non sfruttato del mondo si trova sotto il tuo cappello - , afferma Harvey B. Mackay. Siamo stati, storicamente e tradizionalmente, abituati a gestire meglio solo una delle due parti (quella razionale), provocando un disequilibrio generale, che ha portato allo stato del mondo attuale. Questo con dei benefici che sono innegabili, da un lato, ma, dall'altro, ci ha resi orfani di quegli strumenti che, invece, oggi, con le trasformazioni globali che sono in atto, si rendono indispensabili per affrontare il futuro.
Attualmente, l'effetto più devastante di questo tipo di evoluzione basato totalmente sull'intelligenza razionale per le nostre società è, a mio avviso (e, credo, non solo mio), lo sviluppo sempre maggiore di un tipo di ignoranza: - l'ignoranza funzionale - . Quest'ultima si autoalimenta attraverso le dinamiche di progresso che tutti conosciamo e crea i disastri, che, quotidianamente, leggiamo nelle scelte politiche, sociali e anche personali. Queste vengono, in larga misura, operate attraverso assunti che non sono veritieri (o almeno, non nelle dimensioni percepite).
Le nostre idee vengono potentemente condizionate da archetipi, modelli, concetti, trasmessi sempre più attraverso strumenti che fanno massicciamente uso di immagini, filmati, e di alti elementi fortemente evocativi. Questi dialogano direttamente con la nostra mente emozionale, bypassando quella razionale, che ne è, invece, successivamente, influenzata nell'accedere a quelle risorse e, di conseguenza, nel mettere in moto quelle azioni di cui dicevamo prima.
È più che mai indispensabile (se il nostro cervello non può essere impermeabile a questi condizionamenti) cercare di imparare a identificarli e costruire la capacità di - pulire - i nostri meccanismi di pensiero da queste scorie, che non ci permettono di essere i veri noi stessi.
Tale capacità è quella che farà la vera differenza nel futuro: la capacità di saper pensare. Non si tratta di essere filosofi o grandi cultori, ma semplicemente di essere in grado, partendo dalle modalità di pensiero, di giungere a risultati, per la nostra vita, quanto più soddisfacenti possibile. Tornando al punto di vista mobile di cui parlavo prima, iniziamo subito, come piccolo esercizio, ad invertire lo sguardo in merito alla concezione largamente diffusa che ci siamo costruiti, nella nostra attuale epoca storica, in risposta alle enormi trasformazioni che ci stanno conducendo verso un nuovo mondo, a quella che è la - rivoluzione mentale più grande della storia dell'uomo - .
Entriamo, dunque, nel vivo, esercitandoci a spostare il nostro punto di vista e a ragionare in maniera anticonvenzionale, fuori dai normali schemi (che è una cosa che dobbiamo imparare a fare, se vogliamo raggiungere risultati). Lo facciamo con ciò che scrive Alessandro Baricco in The Game e che come meglio di lui nessun'altro sarebbe capace di fare:
- Crediamo che la rivoluzione mentale sia un effetto della rivoluzione tecnologica. È vero, invece, il contrario. Pensiamo che i computer abbiano generato una nuova forma d'intelligenza. Inverti la sequenza, subito: un nuovo tipo d'intelligenza ha generato i computer. Vuol dire: una certa mutazione mentale si è procurata gli strumenti adatti al suo modo di stare al mondo e l'ha fatto molto velocemente. Quel che ha fatto la chiamiamo ‘rivoluzione digitale'. Non chiederti che tipo di mente può generare l'uso di Google, chiediti che tipo di mente ha generato uno strumento come Google. Smettila di cercare di capire se l'uso dello smartphone ci disconnette dalla realtà e dedica lo stesso tempo a cercare di capire quale tipo di connessione alla realtà cercavamo quando il telefono fisso ci è sembrato definitivamente inadatto.
Se la rivoluzione digitale vi spaventa, invertite la sequenza e chiedetevi da cosa stavamo scappando quando abbiamo infilato la porta di una simile rivoluzione. Cercate l'intelligenza che ha generato la rivoluzione digitale: è assai più importante che studiare quella che ne è stata generata: ne è la matrice originaria. Perché l'uomo nuovo non è quello prodotto dallo smartphone: è quello che lo ha inventato, che ne aveva bisogno, che se l'è disegnato a suo uso e consumo, che lo ha costruito per fuggire da una prigione, o rispondere a una domanda, o zittire una paura - .
È essenziale capire questo, perché, molto spesso, è nelle nostre menti la raffigurazione di un uomo del futuro robotico e lontano dalla sua natura. Credo, in realtà, nel contrario, perché per ogni passo in avanti che l'uomo farà, avrà bisogno, contestualmente, di farne uno indietro per ricordare a se stesso la sua essenza umana. Avrà bisogno, quindi, di sviluppare le sue caratteristiche più intime e profonde di umanità, per sentirsi ciò che in realtà è: un essere umano.
Quanto sopra, c'introduce violentemente in quello che è l'obiettivo (come già detto) di questo libro: aiutarti a pensare meglio. È questo il contributo che vorrei dare e, in questo, ho ribadito il cosa, ho anche accennato prima al come, il quando è adesso, mi resta da dichiarare il perché. Perché voglio farlo? Perché aiutare le persone in qualcosa, è l'unico, vero, importante gesto che può rendere grande ognuno di noi.
Se alla fine di questo lavoro sarò riuscito a migliorare anche una sola briciola di te, avrò già raggiunto il mio grande scopo. Basta aver migliorato una sola piccolissima idea o convinzione; essa si concretizzerà in una tua azione fatta meglio, che genererà, a sua volta, un piccolo risultato migliore per te, che influenzerà qualcun altro, e così via. Tutto questo, moltiplicato per tanti te e tanti me, è un grande miglioramento per il futuro, e già solo averti trasferito questo concetto lo è. Si, perché è questo il più grande consiglio che voglio darti: ricordati il futuro. Il tuo futuro può essere protetto solo dal suo passato, cioè dal tuo presente, - qui ed ora - .
Antonino Russo
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