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Autore: Micol Fusca
Il Diario di Alone
Distopia Fantasy
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Il Diario di Alone
(Apocalisse - Cronache)

Alone

Sono l'ultimo di una specie oramai dimenticata. L'unico a essere sopravvissuto alla Fine dei Tempi che Furono e aver levato lo sguardo sulla prima alba della Nuova Era.
Ero un uomo. Un Uomo Antico, così mi chiamerebbero gli esseri che ora poggiano piede su questa Terra risanata. Così mi chiamerebbero, se solo fossero coscienti della mia presenza. Sono stato ben attento a non rivelarmi a loro.
Gli Immortali, l'Oscuro per primo, bramano il sapere che ho raccolto. Sono il solo custode della verità di ciò che era.
Conoscenza che non è in vendita.
Conoscenza che può distruggere.
Il mio nome è Alone ed ero un bibliotecario.
Da bambino chiudevo gli occhi fingendo di essere cieco, lasciavo la parola agli altri sensi: tatto e olfatto. I libri possono raccontare molto di loro ancor prima di scoprirne il contenuto.
La carta non è tutta - uguale - . Racconta una storia nella storia.
Al tatto i fogli sono nettamente diversi secondo il grado di lavorazione: patinati; lisci come la superficie di uno specchio; naturali; morbidi come la pelle di un bambino; goffrati; ruvidi e al contempo piacevoli. E mille, mille altri.
E gli odori! Dipendendo dalla composizione e dagli inchiostri utilizzati, l'aroma cambia per completo: il profumo corposo di un giornale ingiallito, l'essenza vanigliata dei fogli ottenuti da miscele contenenti una percentuale maggiore di cellulosa; l'odore chimico di colla e inchiostro dei libri freschi di stampa.
A occhi chiusi, si ha una presa di possesso che va oltre il contenuto. Ne saggiavo il corpo ancor prima dello spirito. Una volta adulto, ho compreso che avrei fatto della carta la mia amante per tutta la vita.
Solo dopo, mi sono immerso nei mondi all'interno del libro. Viaggi fantastici, dimensioni e realtà miei per un istante glorioso.
Era naturale che scegliessi per me quella professione: sono sempre stato un topo da biblioteca. La mia, era piccola. Non più di un paio di stanze rubate al municipio. Assieme ad alcune maestre in pensione ero riuscito a creare un programma di alfabetizzazione per adulti: li incontravo ogni giovedì, dalle venti alle ventidue. Sì, hai ragione. Non hai nessuna idea di che cosa sia il - giovedì - . O forse sì... Porta pazienza.
L'analfabetismo di ritorno era un problema piuttosto sentito nelle piccole comunità. Molti lasciavano la scuola d'obbligo per procurarsi uno stipendio: la vita era dura per tutti. Nei ghetti la cultura era un vizio da ricchi. Ho raggiunto il mio scopo, alcuni hanno iniziato a provare per i libri amore e rispetto.
Non ti tedierò col descriverti i Tempi che Furono. Se sei giunto fino a qui e hai ottenuto l'accesso al database centrale, è probabile che tu conosca il passato grazie al sapere conservato in questa montagna.
Voglio parlarti di ciò che non sai. Esiste un buco temporale fra il Prima e il Dopo che solo io posso colmare. Nessuno ne ha mai scritto memoria: una scelta presa in coscienza per non tramandare gli errori del passato.
Tabula rasa.

Il Signore degli Anelli

Avevo i miei libri, non mi importava di ciò che accadeva nel mondo. Evitavo di accendere il televisore se non per farmi beffe delle idiozie introdotte nelle versioni cinematografiche dei best seller di successo o dei comics. Ritengo ormai scontato che tu conosca il significato delle parole - best seller - , - televisore - e - comics - .
Devo procedere per ordine, perché è tutto molto complicato. Rischio di essere dispersivo e di creare confusione: desidero che tu comprenda fino in fondo.
Mentre trascorrevo l'adolescenza crogiolandomi nel mio limbo di pagine stampate, il mondo impazziva.
Le scoperte prodotte dall'ingegneria genetica avevano cambiato considerevolmente la qualità della vita: i ricchi erano più sani, forti, intelligenti. Gli impianti cibernetici avevano soppiantato organi e arti compromessi dalle infermità e l'industria della clonazione aveva dato vita a nuove dinastie che avevano preso in mano le sorti dell'umanità.
Quale interruttore era scattato nella mente di quegli uomini? Noia?
Non sono un genetista, te lo spiegherò a modo mio.
I ricercatori avevano manipolato il DNA umano per creare altre - razze - : lo scopo dichiarato era quello di alleggerire il carico di lavoro che nessuno auspicava svolgere. Mansioni dure, pericolose, degradanti. Il DNA è un codice che impone ordine nelle strutture biologiche: ogni specie animale, o vegetale, ne ha uno. Determina la forma e la capacità cognitiva. Un cane è diverso da un pesce. Un uomo è diverso da un albero.
Quegli incoscienti burloni dovevano aver letto il Signore degli Anelli almeno un centinaio di volte: preferisco pensare questo, piuttosto che si facessero di manga. Non che disprezzi quella forma d'arte. Anzi... al quarto livello della torre troverai una sezione molto accurata di fumetti provenienti da tutto il mondo. Non me ne volere se li ho inseriti nell'anello successivo a quello dedicato alle religioni.
Torniamo a noi.
Razze, dicevamo: Daemon per rimpinguare gli eserciti, Lillip per i lavori di fatica, Elfidi per il mercato domestico e del sesso: se sei uno dei loro discendenti non me ne volere. Alla fine, la lingua batte dove il dente duole: sei Christoph? L'Oscuro, il Semidio cui tutti si inchinano in preda al terrore?
I Daemon incutevano timore alla sola vista: erano alti un paio di metri, spalle larghe e fisico da lottatore. La fronte prominente gettava un'ombra sugli occhi scuri e le corna sul capo ricordavano quelle di una gazzella. I Burloni si erano limitati a manipolare l'osso sacro per dare consistenza a una coda: niente zampe caprine, bensì solide gambe capaci di correre per chilometri senza dolere.
L'esercito aveva inviato i primi esemplari ai - presidi - non appena giunti alla maturità. No, non c'era una guerra da combattere. Erano stati creati a scopo preventivo e, diciamocelo chiaro, come contromisura da impiegare nel caso di rivolte popolari. L'aumento indiscriminato della popolazione aveva messo a serio rischio le risorse naturali della nostra Terra: uomini disperati sono pronti a compiere azioni disperate. Il terrorismo era una guerra senza regole che nessuno sapeva come fermare.
I politici chiamavano - presidi - le strutture dove erano accolti i Daemon e le loro famiglie. Non potevano utilizzare la parola lager. Politicamente scorretto, meglio lasciare all'opinione pubblica l'illusione del paesello felice. Diventati una razza a sé, sodalizzarono fra loro e crearono gruppi familiari: erano prolifici. Erano molti i piccoli Daemon a giocare fra i container.
Grosso errore: nella formulazione del codice genetico delle razze i ricercatori avevano inserito la capacità di procreare. Quegli idioti intendevano abbattere i costi di gestione e le risorse destinate al processo di crescita degli embrioni. Presto nacquero schiavi figli di schiavi.
I Lillip erano meno spaventosi: il piccolo popolo. Lavoratori indefessi, robusti quanto la roccia. Anche a quel tempo avevano un gran brutto carattere. Erano impiegati nelle miniere e nelle colture idroponiche. Manovalanza economica che si accontentava di qualche barile di birra economica. Era permesso loro vivere nelle città, ma non si mischiavano alle altre razze. La parola Clan era largamente utilizzata per indicare i quartieri abbandonati che avevano colonizzato.
Per ultimi, non per importanza, gli Elfidi. Creature inquietanti. Filiformi, pelle traslucida. I loro capelli erano bianchi, gli occhi a mandorla di un azzurro tanto chiaro da perdersi nella sclera. Erano creature studiate nel dettaglio, non solo per l'aspetto fisico. Nel loro codice genetico era stata impressa la freddezza necessaria a eseguire valutazioni senza dare seguito alle emozioni e un profondo senso di recettività che li rendeva adatti a svolgere mansioni domestiche. Erano impiegati come assistenti per anziani, balie per neonati, bambinai. Muti animali da compagnia. Silenziosi a pazienti. Molti erano destinati a tutt'altro scopo. Non riesco a immaginare quale perversione possa rendere attraente un corpo fragile come un fuscello.
Cos'è accaduto? La storia delle popolazioni ridotte in schiavitù insegna che le opzioni sono due: l'estinzione o la ribellione.
Un mese prima del mio cinquantesimo compleanno migliaia di Daemon lasciarono i - presidi - per raggiungere le città di tutto il mondo, armati di bastoni appuntiti. I Lillip si unirono a loro impugnando piccozze. Gli Elfidi iniziarono a tagliare gole nel sonno e a rapire bambini. Molti di coloro che avevano perso il lavoro a causa dell'introduzione nella società delle nuove razze, alimentarono la guerra civile. Gli scienziati non avevano previsto nulla di tutto questo.
La mia biblioteca seguì il destino di altre strutture ritenute inutili: abbandonata. Il mio era un quartiere periferico, abitato da povera gente che sbarcava a mala pena il lunario. Le razze non avevano mai messo piede in quel luogo disperato, non eravamo pronti al loro arrivo. Decisi di asserragliarmi all'interno della biblioteca nella speranza che la follia avesse termine. Racchiuso nel mio fortino, fingevo di essere sordo. Ho sempre avuto una strana propensione a utilizzare i sensi a mio vantaggio: la codardia mi indicò quella via. Ridussi la guerriglia che devastava le strade attorno a me a un riflesso ovattato: un fastidioso rumore di sottofondo. Tappai le orecchie a ogni suono e grido disperato che chiedeva soccorso.
Daemon e Lillip rastrellarono ogni edificio radunando gli umani che non opponevano resistenza per portarli chissà dove. Altri perirono con il collo spezzato o una scure piantata sulla schiena. Quando i - branchi - si avvicinavano mi nascondevo nel condotto di aerazione. Ora comprendo di essere stato tutt'altro che invisibile agli occhi acuti dei Daemon. Semplicemente, non ero di loro interesse. Non mi consideravano un essere un umano. Ero un topo.
Avevo paura. Non desideravo morire: c'erano ancora tanti libri da leggere, mondi da scoprire. Non ho mai provato empatia per la mia razza. Ero il solo che desideravo salvare.
A beffare il mio udito e le magre misure di sicurezza che avevo messo in atto per proteggere il mio nido fu un Elfide. Non mi dedicò attenzione, quasi fossi trasparente. Puntò lo sguardo sui volumi alle mie spalle.

Micol Fusca

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