Mentre attraversava Piazza Roma per giungere all'Accademia, presso la quale era stato convocato insieme agli altri ufficiali del proprio corso per una conferenza di aggiornamento della durata di due giorni, Emiliano chiamò la fidanzata al cellulare per informarla che il viaggio era andato bene. - Sbrigati a tornare, già mi manchi! - . - Buonanotte, amore mio - - le augurò lui teneramente. La prima giornata di lavori verté sull'evoluzione della situazione mediorientale dopo la seconda Guerra del Golfo. Alla conclusione, nel tardo pomeriggio, il ragazzo riaccese il telefono per sentire Rebecca, ma esso suonò a lungo a vuoto. Richiamò più tardi, prima di accedere all'elegante salone dove stava per essere servita la cena: un paio di squilli, poi un tu-tu-tu continuato; probabilmente la linea era caduta mentre lei maneggiava il tasto di risposta, pensò egli. Riprovò, ma dall'altra parte cominciò a blaterare la segreteria telefonica... boh, forse l'aveva beccata in un momento in cui non le era possibile dargli retta. Anche dopo cena, però, a rispondergli c'era sempre la voce registrata, dal tono cordiale ma ogni volta più irritante; Rebecca, dal canto suo, non lo chiamava. Strano. Il mattino successivo un colonnello disquisì sull'ampliamento della N.A.T.O. realizzatosi l'anno prima. Dopo il pranzo, culminato con un festoso brindisi all'ormai prossimo inizio per tutti del servizio effettivo, i convenuti si rimisero in viaggio verso le rispettive sedi. Alla stazione ferroviaria modenese Emiliano ricompose il numero di Rebecca: ella a quell'ora doveva infatti avere già terminato da un pezzo le proprie lezioni in facoltà ed essere dunque nella possibilità di parlargli... Macché, ancora la segreteria telefonica! In quei due giorni oltretutto lei non gli aveva spedito nemmeno un sms; né ora rispondeva a quelli che egli cominciò ad inviarle innervosito (se non seccato) dal treno, dato che la ragazza continuava a mantenere spento l'apparecchio. Le era forse accaduto qualcosa? Pensò allora di chiamare la sua amica, ma poi gli sovvenne che quella di recente aveva cambiato numero di cellulare e che lui si era scordato di aggiornarlo nella propria rubrica. Così quando sbarcò a Torino Porta Nuova, anziché prendere a sinistra in direzione del vicino Arsenale, si diresse con passo lesto dalla parte opposta, finché non raggiunse la casa delle ragazze. Gli aprì Luisa. - Non ho mica capito cos'è successo! - - gli spiegò quella - - Ieri, dopo avere mangiato insieme in mensa, non è più tornata a casa; ha trascorso fuori anche la notte perché stamattina, cercandola, ho trovato il suo letto intatto. Sul momento non mi sono comunque preoccupata perché ho pensato che fosse con te: non sapevo che tu eri a Modena! Poi però, quando sono rientrata qui verso le tre del pomeriggio, l'ho trovata che stava finendo di fare la valigia e due borsoni; ad ogni mia domanda, mutismo totale! Mi ha rivolto la parola soltanto quando era ormai alla porta. - Lascio la casa, ma comunque vi manderò la mia parte di affitto per i prossimi quattro mesi, così potrete trovarvi con calma una nuova inquilina - , mi ha detto. E poi: - Ti affido questa lettera; ti raccomando, falla avere ad Emiliano - . Mi ha abbracciata velocemente e senza darmi il tempo di dire - ah - è scappata giù per le scale con tutto quel bagaglio addosso. Io... insomma, mi ha presa in contropiede! Sono allora corsa alla finestra per chiamarla, dirle di tornare su e spiegarmi cosa cavolo stava succedendo e così sotto ho visto uno che l'aiutava a sistemare la sua roba dentro una Volvo: un gran bel ragazzo, devo dire, mai veduto prima! Dopodiché, boh, sono partiti via. Ma, dimmi un po', avete per caso litigato? - . - Assolutamente no! - - rispose il sottotenente, caduto dopo quel racconto nel più totale disorientamento - - E l'altra tua coinquilina, sa niente? - . - No, lei è arrivata quando Rebecca era già andata via - . - Posso avere la busta? - - chiese Emiliano, immaginando che essa racchiudesse la spiegazione (probabilmente poco piacevole) dei misteri di quelle ultime quarantott'ore. - Certo, te la vado a prendere subito - . Sopra v'era scritto semplicemente: - Per Emiliano - . Quest'ultimo ringraziò e salutò. - Fammi poi per favore sapere qualcosa! - - lo pregò Luisa alle sue spalle; quel giorno era la seconda volta che essa seguiva con pena qualcuno scendere le scale: l'ultimo senza valigie in mano, ma con il cuore chia-ramente carico di inquietudine. Una volta sul Lungo Po, il ragazzo si sedette su un'umida panchina e sotto lo scampolo di luce buttato da un vicino lampione lesse il biglietto contenuto nella busta. Solo quattro sbrigative parole. E, proprio per la loro asciuttezza, ancora più atroci per un cuore che ama: - Mi sono innamorata di un altro; vado a vivere con lui. Per favore, dimenticami. Rebecca - . Emiliano rilesse un milione di volte - incredulo - quello striminzito messaggio. Uno scherzo sciocco, aveva disperatamente sperato in principio; ma quando comprese che no, non lo era affatto, il cuore di botto gli esplose in mille pezzi e il pianto gli dilagò sul viso, mischiato alla pioggia che intanto aveva cominciato a scendere copiosa come quel lontano pomeriggio in cui, stretti sotto un minuscolo ombrello, si erano baciati per la prima volta. Perché gli stava facendo questo? Appena due giorni prima lo aveva salutato al binario sussurrandogli all'orecchio di amarlo! Allora perché lo stava uccidendo? Chi era questo - altro - ? Era con lui che aveva trascorso la notte fuori? - Perché? - , non fece altro che chiedere al cielo plumbeo ma privo di risposta fino all'alba, quando spossato e tremante di freddo si ripresentò all'ingresso dell'Arsenale oltre il termine fissato e con la divisa in uno stato pietoso, beccandosi una pesante consegna che gli costò pure il sequestro del cellulare.
Adesso però egli esigeva assolutamente una chiara spiegazione. Lei gliela doveva, e a quattr'occhi! Dopodiché, se era ciò che desiderava, ella avrebbe potuto andare per la sua nuova strada... Allorché, grazie alla complicità di un comprensivo compagno, ritentò quindi di contattare la ragazza, Emiliano scoprì che il numero di cellulare di Rebecca non era più attivo: aveva cambiato scheda, dunque. E quando poté tornare all'università egli rovistò per giorni corridoi e sale della facoltà di biologia, ma della traditrice nessuna traccia; con Luisa, essa stessa stupita di non averla più rivista neppure a Biella e di non essere mai più stata da lei richiamata al telefono, si scambiò dunque la notizia che non c'erano... notizie. Il sottotenente compose innumerevoli volte anche il numero di Biella nella speranza che prima o poi dall'altro capo del filo rispondesse lei, finché finalmente una sera la cornetta si sollevò; era però la madre. - No, Rebecca non è qui. Si è stabilita altrove - - lo deluse la donna - - Mah, io non so cosa sia accaduto fra voi: mia figlia non ha voluto spiegarmi nulla. Mi ha soltanto raccomandato, se tu avessi chiamato, di dirti di non cercarla mai più! - . Poi proseguì: - Ascolta, per quel po' che ti ho conosciuto quando qualche volta sei venuto qui a Biella credo di potere dire che sei un gran bravo ragazzo, con la testa a posto; ne ero contenta per Rebecca. Ma le cose non sempre vanno come si desidera: io, ad esempio, vorrei tanto esserle più accanto ed invece per permetterle di studiare devo spesso stare a lungo - lo sai - lontana da lei. Rassegnati, Emiliano: sei una persona meravigliosa, troverai presto qualcun'altra degna di te - . Dimenticare, dunque... Una parola! La mattina si risvegliava infatti con il cuore pieno di bisogno di lei, e al tempo stesso carico di rabbia: perché si sentiva umiliato, offeso, ed avrebbe voluto urlarle tutto il proprio disprezzo, vomitarle addosso gli insulti peggiori per la sua viltà di non avergli detto in faccia come stavano le cose, tranne poi ricominciare a cercarla disperato con gli occhi ovunque... La odiava, con tutte le forze; e l'amava ancora, immensamente. Di lì a breve, ad imporre al giovane di smettere di piagnucolare per una sciocca donna e di guardare determinato avanti - come si conviene ad un soldato - ci pensò l'Esercito. Dopo avere sostenuto, seppure non proprio brillantemente, la tesi di laurea (da quel maledetto ultimo di maggio non aveva praticamente più studiato), gli giunse l'ordine di presentarsi a settembre al Centro Logistico Addestrativo - Ferruccio Tempesti - di Corvara, in Val Badia: la sua richiesta di fare l'alpino nelle Dolomiti era stata dunque accolta (non così il suo desiderio di arrivarci con Rebecca...). Fu lì che poco dopo lo raggiunse - sconvolgendolo - la notizia della tragica fine del padre. [...]
--------------------------------- Breve sinossi del romanzo: Primavera 2010. Una missione solitaria sprofonda una pattuglia motorizzata di alpini negli orrori della guerra afghana e ridesta nel capitano Emiliano Zanin il tormento di un amore tradito. Nello sperduto villaggio di Sharin Kot l'ufficiale si imbatterà infine in una terribile scoperta, che rappresenterà tuttavia per lui la premessa per tornare a sorridere alla vita.
Claudio Loreto
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