Sedute di sexy-psicoanalisi
Doggy bag
Spirava una leggera brezza e in quella primavera un po' anticipata il caldo si era fatto soffocante. Stella vestiva con jeans, un paio di ballerine, camicetta bianca e un giubbetto sportivo, i capelli scuri e lunghi avvolti e legati in una piccola fascia, un leggero trucco dove risaltavano due occhi chiarissimi color azzurro cielo e due labbra carnose ma non volgari. Sul viso aveva anche un minuscolo tatuaggio a forma di stella proprio sotto l'angolo dell'occhio sinistro. Al numero 4 si trovò di fronte ad un largo portone con le maniglie dorate e vide quasi subito il citofono del dottor T. Suonò decisa il pulsante del citofono. Non ci fu risposta. Si sentì solo lo scatto della serratura del portone. Percorsi pochi passi, svoltò a sinistra, salì pochi gradini e si trovò davanti ad una porta massiccia in legno con tanto di targhetta - Dott. T., Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoanalista - . La porta era socchiusa, quindi Stella senza pensarci due volte la spinse ed entrò. La sala d'aspetto era vuota e Stella si sedette su un piccolo divano bianco in attesa. Dopo qualche minuto sentì una porta aprirsi e dei passi lenti avvicinarsi. Comparve sulla soglia il Dott. T. - Buon giorno - disse T. tendendole la mano. - Buongiorno a lei - rispose Stella prendendo la mano del dottore e ricambiandone la stretta. - Venga - mentre T. faceva strada verso lo studio. T. era un uomo sulla cinquantina, ancora prestante, una massa di capelli folti ma precocemente incanutiti, con dei lineamenti regolari in cui spiccavano due occhi chiari e penetranti. Portava un paio di occhiali dalla montatura sottile di colore nero e la bocca era incorniciata da una corta barba - sale e pepe - . Vestiva in modo casual ma sobrio. Fece accomodare Stella sulla poltrona mentre si sedette sul divano. Restarono qualche secondo in silenzio ad osservarsi, poi T. domandò - Bene, signora Stella - sottolineando quel - Stella - con una sfumatura ironica. - Per quale motivo oggi ci troviamo qui - ? Stella emise un profondo respiro e si adagiò sulla poltrona guardando fisso negli occhi il dottor T. - Uhm... vede dottore, il mio problema è che - Stella fece una breve pausa - non so se sono più in grado di innamorarmi - e aspettò che T. – che nel frattempo si tormentava un labbro – gli desse un rimando. - Capisco, vuole spiegarsi meglio? - rispose T. prendendo un bloc-notes. - Si, certo - . Stella si mise a frugare nella borsetta e ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino. - Posso fumare? - T. le allungò un portacenere senza dire nulla. - Da dove inizio - riprese interrogativamente Stella, accendendosi la sigaretta e avvolgendosi in una nuvola di fumo - Penso che sia per il tipo di lavoro che faccio - . - E sarebbe? - - Come posso dire - rispose Stella - diciamo che faccio l'accompagnatrice - . - La hostess? - - Non propriamente... posso farle vedere? - - Certo - . - Mi dia un attimo - . Stella si alzò, prese una borsa delle due che aveva con sé e chiese dov'era il bagno. - In fondo a destra - indicò T. un po' stupito. Dopo qualche minuto Stella si ripresentò. Vestiva ora con un tubino nero attillatissimo ampiamente scollato dove mostrava un generoso décolleté, i capelli lunghi sciolti e un paio di scarpe rosso fuoco tacco dodici. - Eccomi in tuta da lavoro - disse Stella ironicamente mentre si sedeva nuovamente, accavallando le gambe con un movimento lento e sensuale. T. osservò Stella senza proferire parola. - Bene dottore, torniamo al mio lavoro, sarò diretta, faccio la escort! - - La escort - fece da eco sommessamente T. mentre assumeva un'aria pensierosa. - Si! Dottore - riprese Stella - faccio la puttana, la mignotta... la rizza cazzi!! Non so se mi sono spiegata a sufficienza - sottolineando con ironia le ultime parole. - La rizza cazzi! Curiosa espressione - rispose T. sorridendo. - Eh si, dottore, io sono una professionista del cazzo! - riprese Stella ridendo sonoramente - Ne ho visti talmente tanti che oramai, quando vedo un uomo, sono in grado di capire se ha un cazzetto, un cazzone, un cazzettino, un cazzo normale - . - Uhm... vediamo di fare ordine - riprese T. un po' imbarazzato - mi diceva dell'innamorarsi - . - Si, dottore, vede - Stella si sporse in avanti - io ho una considerazione elevatissima dell'amore, ma come le ho detto, ho paura di non riuscire più ad innamorarmi - . - Vuole spiegarsi meglio? - Stella spense la sigaretta e riprese - come posso innamorarmi di un uomo - fece una pausa - e se poi mi chiede – amore, posso succhiarti il dito del piede – posso leccare la tua scarpa - mi fai indossare le tue mutandine? Converrà con me che non è propriamente facile innamorarsi di un individuo del genere e poi - altra pausa – e poi dottore - la voce si fece decisa - io DEVO raccontare, ne sento proprio il bisogno, di tutti questi miei... come posso chiamarli? ‘siparietti'? - - Cosa intende? - domandò T. mentre allungava le gambe. - Per siparietti intendo - precisò Stella mentre si abbandonava sulla poltrona - tutte queste storie, questi incontri con uomini, coppie, donne... - - Donne? - T. inarcò le sopracciglia. - Si! Donne! Cosa crede dottore, anche le donne ci cercano e poi... io adoro leccarla! - rispose provocatoriamente Stella. - Sa, ho una cliente, una straniera, è sposata, ma di fatto è una lesbica, vive all'estero, quando viene in Italia, mi chiama, ci incontriamo, la lecco per mezzora - e per mezzora gode - le assicuro dottore che è una donna bellissima - . - Non ne dubito, ma lei pensa che raccontandomi - T. fece una pausa - come li ha chiamati - ah sì - i suoi ‘siparietti' possa sentirsi meglio? - - Ma io non sto affatto male, dottore - rispose Stella - ma ho come la necessità di - come posso dire - liberarmi? Insomma di togliermi di dosso, di togliermi il vestito, posso dire così? Di raccontare, di cercare di capire, le posso fare un esempio dottore? - - Certo - rispose T. incuriosito. - Allora - riprese Stella con una certa foga - mi chiama un cliente, un uomo giovane, ben vestito e mi chiede di trovarci in un certo parcheggio - lo raggiungo e mi fa questa richiesta - . - Cioè? - - Mi dice – ora tu mi rinchiudi nel bagagliaio della tua macchina e te ne vai in giro per un paio d'ore, ti fermi a mangiare al ristorante, avanzi un po' di cibo e te lo fai dare, quando rientri nella macchina me lo butti – capisce dottore? - - Capisco, continui pure - . - Io ho rinchiuso sto tizio nel bagagliaio della mia macchina - e per fortuna non mi hanno mai fermato sennò che gli dicevo alla sbirraglia - me ne sono andata in giro due ore in macchina con sto tizio rinchiuso nel bagagliaio come se fosse un sequestro - . - E poi? - - E poi ho chiamato un'amica e siamo andate a mangiare - non le dico che ridere - mentre mangiavamo pensavamo al tizio in mutande rinchiuso nel bagagliaio, tenga conto che era pieno inverno - . - Uhm - . - La vedo pensieroso dottore. Ad ogni modo abbiamo pranzato, mi sono fatta dare la doggy bag e quando sono rientrata in macchina gli ho buttato lì gli avanzi! E lui era tutto contento! - - E lui ha pagato per questo? - - Eccerto! - rispose prontamente Stella - La marchetta è marchetta, due ore fan tot euro più il pranzo, più la benzina! - - Si, ma dottore - insistette Stella - quello che vorrei cercare di capire - e si mise a frugare nella borsa alla ricerca dell'ennesima sigaretta - questo tizio si segava - oh mi scusi - si masturbava mentre io lo scarrozzavo rinchiuso nel bagagliaio, ma le pare normale pagare un botto per farsi una sega rinchiuso nel bagagliaio di una macchina? Lei che è dottore, riesce a spiegarmi cosa c'ha nella testa un tizio del genere? - - Posto il fatto che non possiamo entrare nella testa di nessuno, si possono solo fare delle ipotesi - . - E sarebbero? - chiese incuriosita Stella, mentre guardava T. attraverso una nuvola di fumo. - Una prima ipotesi è che... supponiamo che questo individuo quando era bambino in un momento particolare della sua crescita in cui era – T. fece una pausa e con una mano si lisciò il mento – diciamo particolarmente sensibile o possiamo dire eccitato, sia stato punito per qualche ragione dalla mamma, la quale come castigo lo ha chiuso in un armadio e gli abbia successivamente buttato i resti del pranzo - . - E allora? - - E allora - continuò T. - quello che era il bambino ha rimosso il ricordo iniziale, ma questo ricordo associato alla forte eccitazione è rimasto nell'inconscio, ora da adulto non ricorda quell'evento, ma alberga nel suo inconscio, si può pensare che con questa modalità questa persona rievochi una forte eccitazione - lei ha presente quel caso di Freud sul feticismo? - - Uhm - non rientra propriamente nelle mie abituali letture - rispose Stella ironicamente. - Freud nella sua analisi sul feticismo scrisse di un caso in cui un suo paziente si eccitava quando vedeva delle scarpe ortopediche. Durante l'analisi si scoprì che quando era bambino questo paziente era stato preso a sculacciate dalla balia. La balia portava una scarpa ortopedica perché era leggermente zoppicante. Ora era successo che per punizione la balia lo aveva preso e se lo era messo piegato sulle sue gambe in modo che il viso del bambino era proprio all'altezza della sua scarpa. Le sculacciate della balia lo eccitarono e lui associò questa eccitazione alla scarpa ortopedica. Poi il bambino rimosse questo ricordo, che però rimase nel suo inconscio, così tutte le volte che vedeva una scarpa ortopedica il ricordo, o meglio le sensazioni associate a quell'episodio, emergevano eccitandolo - . - Ah! Funziona così il feticismo? - - Ci sono altre teorie - aggiunse T. - ad esempio quella neurologica in cui hanno scoperto che le aree corticali deputate alla rappresentazione dei piedi e dei genitali sono quasi contigue, in alcuni individui sembrerebbe che si formino delle connessioni fra queste aree per cui alla vista dei piedi si attivano le aree genitali eccitandole - . Ci fu una breve pausa. Poi T. riprese - Un'altra ipotesi relativa al suo cliente è che viva una sorta... come possiamo dire - una specie di regressione - . - Regressione? - chiese stupita Stella. - Si - replicò T. stirando nuovamente le gambe - provi a pensare - il cliente le chiede di essere messo nel bagagliaio della sua macchina, noti bene, della SUA macchina, non della propria, lo potremmo intendere simbolicamente come una specie di grembo dove lei lo scarrozza, lo porta in giro, lo nutre, come una madre gravida - . - Ma tu pensa - disse Stella sorpresa - come un utero in affitto! - - Sicuramente in affitto! - aggiunse T. - e che affitto, viste le sue tariffe! - continua...
Dottor T. & Stella
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|