Stare qui mi piace e non mi piace. Restare troppo su questa terra mi obbliga a imbrigliare la mia vera natura, a celare il mio vero io, ma ogni tanto questo mi diverte. Camminare tra questi piccoli e insignificanti esseri di rango inferiore mi fa comprendere ancora di più l'immenso potere della mia razza. Cammino qui anche perché in fondo non ho dubbi: li invidio. Non invidio quello che sono, ma il loro vivere all'aperto, il loro poter godere di quella magnifica cosa chiamata sole. Qui le piante hanno foglie rigogliose e fiori colorati, non tristi tronchi rinsecchiti, ricordo di un passato forse mai fiorito. Qui l'acqua che scorre nei fiumi e riempie i laghi e i mari è di un azzurro incredibile, non rossa come le fiamme o nera come la pece. L'aria è libera e leggera, non pesante e puzzolente. Osservarli vivere con la pienezza di quei sentimenti che in noi sono così miseri e scarni spesso mi pesa. Non è che il luogo in cui sono nato non mi soddisfi, però ogni tanto mi piace variare un po', lasciarmi stuzzicare da altro, da qualcosa che sotto sotto forse bramo ma non lo ammetterò mai, neanche sotto tortura. Ogni volta che vengo quassù, mi porto dietro l'amico idiota, sempre su di giri. - Arthur! Per la miseria, smettila immediatamente! - sibilo. Lui si volta verso di me, sorridendo come se niente fosse. Come se la mia non fosse una vera minaccia di morte. Come se non fossi capace di affondare le mie unghie dentro il suo ventre qui, in mezzo a questa strada, e utilizzare le sue budella come decorazione. - Suvvia, lo sai che io adoro le piante. Guarda queste come sono belle. A casa non ho modo di veder fiorire neanche una margherita, né di ammirarne il colore. - Sospiro sconsolato e osservo l'essere davanti a me chinarsi in avanti per contemplare una rosa dalle mille sfumature rosse come se fosse la cosa più bella del mondo. Bella è bella, non dico di no, ma è solo uno stupido fiore, accidenti! - Sì, certo, ma siamo fermi da venti minuti. Questo è assurdo e la gente ci fissa. Mi fai vergognare. Passiamo per due psicopatici. - Mi lancia un'occhiata di sbieco. - Perché non lo siamo, vero? Siamo due così brave persone... ops! Forse no! - - Sei veramente simpatico, lo sai? - reagisco sarcastico. Mi volto e mi allontano, dirigendomi verso un piccolo bar-tavola calda che si trova dall'altra parte della strada. Poco dopo Arthur trotterella accanto a me nei suoi nuovi pantaloni neri di jeans e una strana camicia verde con le maniche a tre quarti che indossa con disinvoltura. Amalgamarsi con gli umani va pure bene, ma comprarsi ogni volta un completo diverso è da pazzi. Veniamo qui anche sette volte al mese. Di questo passo nell'arco di un anno ci vorrà un container solo per la sua roba! L'appartamento che mi sono procurato non è grande abbastanza per la sua megalomania. Mi fermo davanti alla vetrina del bar-trattoria e osservo le bottiglie di vino ordinate alla perfezione, poi osservo il nostro riflesso. Sembriamo così umani. Siamo degli ottimi illusionisti. Arthur è alto circa un metro e settanta. Ha capelli biondi tagliati corti e tenuti a posto con dell'orribile, puzzolente gel. I suoi occhi, che di regola sono neri come la notte profonda, sono diventati di un pacato e tranquillo marrone. Di corporatura lo potremmo definire abbastanza robusto, almeno in base allo standard umano. Osservo anche il mio riflesso e non posso non piacermi. So di essere un po' presuntuoso, ma non ho nascosto molto di me... beh... insomma. Sono più alto di Arthur di almeno dieci centimetri: l'altezza è una caratteristica che non può essere variata quando cambiamo aspetto. I capelli sono del loro colore naturale, neri. Come il mio compagno, li tengo piuttosto corti; ci metterei comunque pochi secondi a farli ritornare della lunghezza originale, ovvero lunghi, molto lunghi. I miei occhi però sono diversi. Non sarebbe una grande idea vagare per strada con gli occhi rossi! Per puro piacere personale, quindi, li ho trasformati in due pozze verdi. La gente all'interno del locale è intenta a consumare il pranzo quotidiano, ma vedo alcuni tavoli ancora liberi. Possiamo entrare e mischiarci ai clienti. Ci sono alcune pietanze umani che adoro. Solo alcune, però: su altre avrei molto da ridire. Quei piatti colmi di salse strane, per esempio, spesso hanno odori che mi danno quasi la nausea, o tutta quell'erba che insistono a mangiare, neanche fossero capre. Afferro Arthur per un braccio e lo trascino dentro, mentre lui si lamenta: - Calmati Derek, tanto c'è posto. - Annuisco e mi dirigo versi uno dei tavoli liberi. Accanto a noi sono seduti un signore sulla sessantina, intento a leggere il giornale, e una ragazza curva su una miriade di fogli. Arthur si accomoda di fronte a me e subito lo sento sbuffare. - Cosa c'è che non ti va bene? - gli chiedo, mentre scorro il menù fino a trovare il mio piatto preferito. Adoro le costolette di maiale impanate con patatine fritte. - Lo sai... quando ci sediamo da qualche parte mi metto sempre ad ascoltare le chiacchiere dei vicini e mi deprimo. Questi umani parlano solo di sesso, soldi e donne, quasi sempre in quest'ordine. Accidenti, anche le donne non fanno che parlare di altre donne! - - Non ascoltare, mangia e fatti i fatti tuoi, per una volta - , suggerisco. Subito si fionda con il naso dentro il menù e ordina un piatto di tagliolini al pesto: ne va matto, ma a me proprio non piacciono. Le sue previsioni sfortunatamente si avverano: una ragazza con corti capelli neri e un vestito decisamente troppo colorato si siede dietro di lui, e attacca a parlare con la tipa sommersa dai fogli.
- Elena, stasera vieni alla festa? - esclama, afferrando per un braccio l'altra ragazza, che finalmente alza la testa dai suoi importantissimi fogli. - Lisa, come devo dirtelo? No, non ci vengo - , borbotta, e per caso incrocia il mio sguardo.
Osservo la piccola umana e la trovo graziosa. Occhi profondi, verdi come i miei, mi fissano seri, mentre una cascata di capelli biondi e lisci, le incornicia il volto. Arthur sbuffa e mi distrae dalla contemplazione, mentre lei torna a rivolgere la sua attenzione all'amica, che non ha smesso di parlare neppure un secondo. - Devi dirmi perché! Sarà una festa bellissima, verranno tutti. Ci saranno anche un sacco di cose buone da mangiare - , esclama la ragazza, appoggiandosi pesantemente allo schienale della sedia e scuotendo la testa sconsolata. Poi si fa più seria. - Ok, te lo dico. Non ti arrabbiare. Alla festa ci sarà Martin. - - Oh! - - Già! Sii sincera, ti ha chiesto di andarci con lui? - La bionda è annoiata, quasi restia nel rispondere, come se l'argomento della discussione la stesse stancando o disgustando, non riesco a interpretare. - È da mesi che tenta di uscire con te, vero? - incalza la mora L'espressione dell'amica si intensifica: se dovessi scommettere punterei tutto sul disgustato. Annuisce, poi mima la sensazione di avere i brividi. - Non lo farai mai, vero Elena? - Scuote la testa, i suoi capelli ondeggiano come fili di seta. - Lisa, sai che non lo farò mai. Quel ragazzo è un verme. Dovrebbe bruciare all'inferno per quello che ti ha fatto, e non velocemente, ma lentamente e dolorosamente. Avresti dovuto denunciarlo. - Sorrido pensando al suo progetto: non conosco l'umano in questione, ma sarei curioso di vederlo agonizzare. La ragazza dai capelli neri si alza di scatto. - No! Voglio solo dimenticare! Tu stai alla larga da quel bastardo, promesso? - - Non ti preoccupare. Per dagli corda dovrei essere completamente pazza. Preferisco farmi sbranare viva da un lupo, piuttosto che uscire con lui - , esclama. Poi con un sorriso saluta l'amica, che esce dal locale, dove torna il silenzio.o o il nome Autore perché verranno già aggiunti automaticamente.
Sara Marino
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