Per tutta la vita mi sono lasciata trascinare dalla mia immaginazione. Sono sempre stata accompagnata da vampiri, fate e altre creature fantastiche, finché un giorno sono state loro a raggiungermi. Finché quel mondo che credevo immaginario è diventato il mio inferno sulla terra. Fino a quel momento la mia vita era trascorsa in modo ordinario. Avevo una famiglia che assomigliava a quella di molti altri, avevo scelto una scuola che piaceva ai miei genitori e, con dispiacere loro, ma non mio, avevo lasciato a metà l'università. Avevo un lavoro che, dopo diversi anni di fatica e sudore, avevo finito per amare. Anche la mia casa era proprio come l'avevo sognata, spesso frequentata da amici preziosi, con cui amavo trascorrere il tempo. A ventotto anni mi sentivo però diversa dalle mie conoscenti: come mi faceva notare sempre mia madre, non avevo ancora un marito e dei figli al seguito, ma ero convinta che il vero amore, nonostante molte storie finite male, sarebbe arrivato presto e mi avrebbe lasciata senza fiato. Anche se un po' cresciuta, sognavo un amore da favola. Ancora non sapevo che una verità misteriosa avrebbe trasformato ogni mio desiderio in qualcosa di spaventoso.
Nel sotterraneo di un palazzo del centro città, un uomo, circondato da una trentina di persone fidate, si stava preparando per un importante rituale. Sopra un elegante completo grigio indossava un lungo mantello scarlatto, che sembrava esser passato di generazione in generazione e custodito con cura. Sulla schiena era raffigurato un piccolo cerchio, circondato da altri sette cerchi più piccoli. - Confratelli, questa sera siamo qui riuniti per risvegliare e condurre a noi colui che stiamo cercando da anni. Colui che ci aiuterà nella nostra dura battaglia contro il Nemico Comune. Sono consapevole che mi avete già sentito molte volte pronunciare queste parole e che poi siete rimasti delusi, ma so che questa sera le nostre preghiere saranno esaudite - . I presenti annuirono e, abbassando la testa in segno di reverenza, si prepararono all'inizio del rito. L'uomo avanzò fino al centro della stanza, illuminata solo da sei torce poste entro un cerchio disegnato con polvere nera davanti a due statue ad altezza naturale, che raffiguravano un uomo e una donna discinti, perfettamente scolpiti, le cui nudità erano coperte da grandi ali. L'uomo in grigio appoggiò una ciotola su un piedistallo di marmo. Dalla cura con cui la maneggiava, si capiva che era un oggetto molto antico. Prima di iniziare la sua opera, la osservò per un po'. D'un tratto al suo interno prese vita una scena di lotta fra due creature: un demone e un angelo. Il demone aveva lunghi artigli con cui sferrava colpi, l'angelo si proteggeva con le sue splendide ali. Ciò che aveva visto sembrò riscaldare il cuore dell'uomo, che, dopo essersi ripreso dall'emozione, sistemò con cautela all'interno della ciotola una piuma nera e una piuma bianca, poi iniziò a cantilenare una litania che risuonò nella stanza. Dalle sue labbra uscivano parole in una lingua così antica che in pochi sarebbero riusciti a comprenderla. Dopo circa un minuto l'uomo adagiò la ciotola al centro del cerchio e si allontanò. I trenta individui intorno a lui si avvicinarono e, uno alla volta, estrassero dalle tuniche un piccolo pugnale. Con esso si incisero il dito indice e fecero cadere dentro la ciotola esattamente tre gocce di sangue. Quando anche l'ultimo ebbe completato il rituale, l'uomo in grigio tornò vicino alla ciotola e fece lo stesso. Con questo la prima parte dell'invocazione poteva dirsi conclusa e l'uomo osservò l'interno del piccolo contenitore con un sorriso di speranza. Allungò una mano e afferrò una tunica bianca che giaceva accanto a lui e la indossò, quindi sollevò la ciotola con entrambe le mani e riprese a cantilenare. Dopo pochi minuti un immenso potere, la cui origine pareva essere la ciotola, investì i presenti. Con un movimento rapido il celebrante rovesciò la ciotola, ma da questa non cadde neanche una sola goccia di sangue. Mentre sorrideva, soddisfatto per la riuscita del rito, l'uomo notò con stupore la piccola piuma bianca svolazzare davanti a lui e adagiarsi ai piedi di una delle statue. Alzò lo sguardo verso i suoi compagni e disse: - Amici miei, colui che cercavamo con fervore è giunto a noi sotto sembianze femminili! - Gli altri annuirono con aria preoccupata e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla statua davanti a loro, si incamminarono verso il passaggio che li avrebbe ricondotti alle loro vite normali, così lontane da quello che avevano appena compiuto. L'uomo in grigio sorrise: quella era per lui una conferma. Adesso, però, doveva sperare che la risvegliata assumesse in pieno il suo potere e che diventasse a tutti gli effetti ciò che stava cercando.
Quella sera dovevo uscire con Alice e il resto del gruppo. Tenevo molto al mio aspetto, così, mentre attendevo, mi osservai attentamente nello specchio alla ricerca di imperfezioni. Sorrisi compiaciuta: il nuovo ombretto, acquistato quel pomeriggio, metteva in risalto i miei occhi verdi, e la parrucchiera aveva acconciato meglio del solito i miei capelli scuri, lunghi fino alle spalle. Lo squillo del telefono mi fece sobbalzare: Alice era arrivata, era ora di scendere per raggiungerla. - Pronta per la serata? - Alice, la mia migliore amica fin dai tempi della prima superiore, mi sorrideva dalla macchina. - Certo! - Mise in moto e, mentre guidava verso il pub, la osservai. Non era cambiata molto. Mentre io avevo cambiato taglio e colore molte volte, per poi tornare al mio castano naturale, lei aveva sempre portato i capelli, di un castano leggermente più scuro del mio, lunghi fino ai fianchi. Al pub, Irene e Stefano ci aspettavano seduti a un tavolo poco oltre l'entrata. Salutai Irene con un bacio e tirai un orecchio a Stefano. - Finalmente! - esclamarono all'unisono, facendoci spazio. Ordinammo subito da bere. La serata trascorreva tranquilla. Stefano sembrava molto interessato a una ragazza sulla ventina, coi capelli neri corti, jeans e una camicetta di seta azzurra molto scollata, seduta al tavolo accanto. Dagli sguardi che lei gli lanciava l'interesse pareva essere reciproco: Stefano era infatti un bel ragazzo alto, con capelli biondo cenere e occhi scuri. Noi però continuavamo a frustrare ogni suo tentativo di approccio con lei non smettendo di ronzargli attorno. Ogni volta che lei si girava verso di lui, Alice gli mordicchiava un orecchio, Irene gli si strofinava addosso e io lo baciavo dolcemente su una guancia. Dopo un po' che questo giochetto andava avanti, lui si spazientì. - Ragazze! Siete tremende... - Noi scoppiammo a ridere. - Con voi tre intorno resterò single fino alla pensione. - - Dai, non esagerare, è tutto sotto controllo! E poi essere single non è così male... - gli dissi in un orecchio, quindi, guardando Alice, aggiunsi: - Tra di noi l'unica accasata è lei, e non la vedo poi così felice e rilassata. - Lei fece spallucce finendo il succo in un solo sorso. - Io e Irene invece siamo contente così, da sole - , conclusi. - Ci credo, tesoro - , ribatté Stefano. - Irene cerca un uomo che sia la sua fotocopia; se non avesse i suoi stessi hobby e desideri sennò sarebbe un uomo finito, e naturalmente dovrà amare i bambini, altrimenti non lo prenderà in considerazione nemmeno per sbaglio, e tu... - - Io...? - - L'uomo per te lo devono ancora inventare. Sei così selettiva che non ti va bene nessuno. Se qualcuno cerca anche solo di scalfire la tua barriera, tu fuggi via come una lepre. Hai così tanta paura di soffrire che non lasci avvicinare nessuno. - Si zittì subito dopo, sgranando gli occhi: aveva capito di essere andato un po' troppo oltre. Guardò le ragazze e poi, con una certa indifferenza, si alzò e andò a sedersi al tavolo accanto. Avrei voluto rispondere per le rime, più toccata dalla veridicità che dalla cattiveria di quelle parole, ma avvertii una forte stretta allo stomaco. Afferrai il tavolo e cercai di respirare, in preda a un dolore lacerante.
Sara Marino
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