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Autore: América J. Moy Mata
Le Colline di Santa Cruz
Narrativa Romantica
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Le Colline di Santa Cruz
Santa Cruz è una piccola isola di meno di tredici chilometri quadrati che si trova di fronte alla costa dello stato della Bassa California Sud, nel Messico. E' un'isola rocciosa totalmente deserta che fa parte del Patrimonio Mondiale dell'umanità e delle aree protette del golfo della California ed io, con l'immaginazione, ho voluto dare a essa un'altra vita, quasi come se potessi farla diventare una specie di universo parallelo.
Le ho aggiunto un grande territorio, case di brillanti colori, abitanti, colline verde smeraldo e una bellissima cittadina incastonata in una meravigliosa insenatura di tranquille acque. E anche, facendo uso della straordinaria possibilità che dona l'immaginazione a chi crea e scrive storie, ho voluto donarle una storia d'amore.

Kelly

Che cosa avreste fatto voi se vi foste trovati al suo posto? Cosa avrebbe fatto un'altra donna? Si chiedeva Kelly senza sosta, torturando se stessa con questa domanda.
Quando conobbe Glenn si trovava passando per un cattivo momento della sua vita. O forse era meglio dire che i cattivi momenti erano arrivati per rimanere, tantissimi anni prima, con la morte di sua madre e dei nonni materni in un incidente automobilistico quando lei aveva appena quattro anni? Sua madre, Rose, quella che non riusciva nemmeno a ricordare e che per lei era solo la donna minuta di occhi verdi ed espressione dolce che si vedeva insieme a lei nelle fotografie famigliari dei tempi in cui era ancora una bebè. Dal momento della morte di Rose, il dramma personale di Kelly era stato lo stesso che in un modo o l'altro accomunava tutti i figli di genitori divorziati o tutti i bambini orfani; messi da parte nel momento in cui il genitore superstite decide di andare avanti e di ricostruire la propria vita. Suo padre non era stato un'eccezione alla regola e dall'istante in cui decise di sposare una donna superficiale e priva di qualsiasi sentimento di empatia, aveva condannato sua piccola figlia a crescere come una bambina molto insicura, con enormi mancanze affettive, e paurosa del proprio futuro.
E quando, molto prima di finire l'università, il padre istigato da Ruth ─la matrigna─, aveva suggerito che forse era arrivato il momento di abbandonare la casa paterna per cercare il proprio spazio, il timore al fallimento e il senso di solitudine che portava dentro si fecero ancora più evidenti.
In città gli affitti erano cari e gli stipendi non molto alti, e come la modesta quantità di denaro che suo padre le dava ogni mese, non bastava per fare tante cose, trovò un piccolo monolocale di trentacinque metri quadrati con bagno e angolo cottura e ci si trasferì. Abitava li quando arrivo all'agenzia di viaggi dell'hotel Sonnemberg per chiedere il primo impiego e anche quando conobbe Glenn. E adesso si stava chiedendo quanto aveva influito il suo squallido stile di vita nella sua decisione di sposare un uomo che conosceva pochissimo.
Lei era stata da sempre una ragazza solitaria, con una vita sociale quasi nulla, già dai tempi dalla scuola e perciò, quando quel ricco uomo di mondo comincio a dimostrarsi interessato in lei ─ che dovuto alle proprie insicurezze, non era capace di riconoscere in se stessa nessuna bella qualità e nessun pregio─, la cosa le sembro molto strana, come se fosse una situazione tirata fuori da un romanzo rosa.
Da allora erano già trascorsi quasi due anni ... e quanto era differente l'uomo con cui adesso viveva da quel Glenn gentile e amorevole che l'aveva corteggiata in quei giorni e con cui si era sposata mesi prima! In quel tempo lei aveva appena diciannove anni ed era una studente della scuola di turismo che aveva ottenuto l'impiego part time nella agenzia turistica che operava nell'hotel della prospera catena alberghiera che conduceva lui, come proprietario e in rappresentanza di sua famiglia. Veramente non l'era sembrato troppo bello ma si molto attraente e affascinante. Aveva trentasette anni e una generosa fortuna ma, ciò nonostante, mise gli occhi su di lei, che proveniva da una famiglia piuttosto modesta ed era figlia unica e orfana di madre; quindi si trovava quasi sola nel mondo.
Kelly pensò che fosse l'uomo più interessante che avesse mai conosciuto ed era cosi gentile e delicato nei suoi riguardi che le fu molto facile innamorarsi di lui.
Purtroppo, la felicita duro pochissimo tempo prima che si accorgesse che anche poteva essere eccessivamente geloso e crudele; e qualche mese dopo il matrimonio, tutte le speranze e illusioni che avesse potuto nutrire nel suo intimo, erano distrutte, come distrutti sentiva i nervi in quel preciso momento, mentre provava a uscire immune dall'ennesima discussione della settimana.
"Tutto sarebbe diverso se riuscissi a capire certe cose. Perche dovrei nasconderti niente? Sterling seppe che lavoravo nell'agenzia e passo a salutarmi, ma lo sai che non ci vedevamo dai tempi delle superiori".
Voleva essere creduta ma lui, con le braccia incrociate sull'ampio petto non sembrava disposto a fare un passo indietro, e continuava ad accusarla di nascondergli qualche segreto interesse verso un suo ex compagno di scuola che, per caso era stato quel mattino nell'agenzia di viaggi in cui lavorava. Per disgrazia per lei, suo marito era anche passato a quell'ora ed entrambi uomini si erano incontrati.
"Ah! E vuoi che io dimentichi quanto era pazzo di te? E ancora lo e, da quello che ho potuto leggere nel suo sguardo e dalla maniera come ti guardava; ma e tutta colpa mia, che ti ho permesso per tanto tempo di lavorare, anche senza avere nessun bisogno".
Le chiese di telefonare al suo capo il pomeriggio e di dimettersi, se non voleva che quell'incidente mettessi a repentaglio il loro matrimonio e non servirono di niente tutti i lamenti e le sue richieste. Lui la voleva a casa e niente lo farebbe cambiare di opinione. Quelle furono le sue ultime parole, prima di uscire dal lussuoso salone della villa, senza darle il tempo di aggiungere altro. L'unico privilegio che le aveva permesso di conservare era il suo posto nell'agenzia di viaggi dell'albergo... e adesso glielo toglieva.
Per la prima volta in tutti i suoi mesi come moglie, si trovava questionando seriamente il suo amore ma, allora se non lo amava, perché continuava consentendo il suo maltrattamento psicologico e le sue umiliazioni che ogni volta diventavano piu frequenti? Lei era una professionista, una donna capace, intelligente, e sopratutto, giovanissima; che aveva tutto il tempo davanti a se per rifarsi una vita, meno piena di lussi ma sicuramente molto più serena. Allora perche dubitava?
Se asciugo le lacrime che ancora bagnavano i suoi occhi colore ambra e con rabbia usci dal salone. La porta d'ingresso ruggi come un animale furioso, all'essere sbattuta con forza e lei non si fermo fino ad arrivare al garage per partire un po' dopo sulla sua auto, una BMW M240i Coupé colore piombo. La collera la faceva guidare spericolatamente, in mezzo alle curve nella discesa della collina ma era abituata e non aveva paura della velocità. Tuttavia questa volta non misuro i rischi e non aveva ancora percorso mezza decina di chilometri quando perse il controllo della vettura e fini schiantandosi contro una grossa roccia poco prima di prendere un tornante. Giusto in quel punto particolare della strada, aveva diminuito la velocità, perciò usci dall'incidente senza un graffio, solo un po' dolorante, dovuto all'impatto dell'air bag; ma niente di grave.
Dopo che l'attimo di sgomento fosse passato, si libero con goffaggine della cintura di sicurezza. La strada era completamente deserta e non aveva la minima voglia di aspettare da sola in mezzo al nulla fino a essere raggiunta dall'impiegato della compagnia dell'assicurazione che sicuramente sarebbe arrivato dopo una lunga attesa, per "agganciare" l'auto e portarla via; e perciò chiese aiuto al primo autista che passò sul luogo. L'uomo parcheggio una decina di metri più in avanti e, dopo aver cercato dentro il portabagaglio un triangolo di sicurezza, che mise convenientemente, si avvicino a lei e le chiese se stava bene. Kelly lo rassicuro, dicendo di trovarsi bene, anche se le gambe le venivano a meno a causa dei nervi.
L'auto aveva sofferto un gran danno poiché la parte frontale si trovava totalmente distrutta, ma lei, evidentemente ancora sotto shock, fece solo una veloce telefonata alla compagnia di assicurazioni e chiese all'uomo di darle un passaggio di ritorno a casa. Cosi fecero, dopo aver disposto i segnali di allerta per gli ipotetici autisti che potrebbero passare su quella strada, partirono.
Minuti dopo, mentre attraversava il giardino, pensava in quale sarebbe stata la reazione di Glenn quando gli raccontasse quanto era successo e immersa nei suoi pensieri come si trovava, appena si accorse all'ultimo momento della presenza di un automobile sconosciuta, parcheggiata sul viale vicino alla casa. Entro, curiosa, un po' diffidente per quanto riguardava il proprio aspetto. Le faceva male il viso e aveva paura di trovarsi con qualche livido, che potesse fare accorgere Glenn di quanto era successo, ancora prima che lei riuscissi a trovare il valore di raccontargli tutto; e il fatto di trovarsi, addirittura, con visite inattese la fece sentire infastidita. Si senti peggio ancora all'entrare nel salotto e trovarsi di fronte all'ospite: un uomo di eccellente presenza, che indossava un magnifico completo italiano di taglio perfetto. Si senti sconcertata davanti a tanta eleganza in una giornata del tutto ordinaria. Gli uomini normali di solito non andavano per la strada indossando vestiti italiani da migliaia di euro e perciò capi che poteva solo trattarsi di qualche riccone snob, forse un nuovo conosciuto di Glenn, o forse di qualche cliente. E pareva che fosse appena arrivato poiché senti suo marito mentre lo pregava di mettersi comodo, giusto un po' prima che lei riuscisse a farsi vedere.
"Buona sera".
Saluto, già nel salotto e trovandosi adesso a una distanza più ravvicinata, poté finire il suo esame visivo su quell'uomo: capelli biondi, viso forte e bellissimo, con dei lineamenti scolpiti che le fecero pensare in un'incredibile somiglianza con l'attore Nikolaj Coster-Waldau. E che occhi! Azzurri e profondi, che la fissarono, esaminandola. Non aveva mai conosciuto un amico di Glenn cosi distinto e affascinante.
Come unico saluto, il marito le disse che aveva inviato la servitù a cercarla per tutta la casa senza trovarla.
"Dov'eri? E possibile che non porti mai il cellulare con te?" ─La voce del marito era leggermente aggressiva e lei rispose, all'inizio con freddezza, ma poi con voce insicura:
"Sono andata a fare un giro, ma... c'e qualcosa di urgente che vorrei dirti e che ci prenderà solo un attimo, se mi scusate".
Guardo anche l'uomo biondo, desiderando che non prendesse il suo gesto come un indizio di cattiva educazione ma Glenn disse che avrebbero parlato dopo, ignorando del tutto il tono preoccupato nella sua voce e afferrandola del braccio la avvicino a se.
"Lascia che prima ti dia una sorpresa... lui e David, mio fratello".
Per un attimo non seppe cosa fare. Non aveva mai conosciuto i suoi parenti, anche se essi non abitassero dall'altra parte del mondo ma in Messico, su un'isola turistica di cento cinquanta kilometri quadrati ma con appena cinque mila abitanti, che si trovava a cinquanta kilometri dalla costa e che si chiamava Santa Cruz del Sur. Nessuno di loro pero veniva spesso negli Stati Uniti come nemmeno Glenn visitava spesso quel paese lontano pochi kilometri, nel quale i suoi si fossero trasferiti quasi quindici anni prima. L'uomo che aveva davanti non era per niente simile a Glenn, tranne che per l'altezza e l'atteggiamento altezzoso. Lei allargò una mano al tempo che mormorava il suo nome.
"So bene che ti chiami Kelly ─. Rispose l'uomo con voce grave─ Già mio fratello mi aveva raccontato di te, e vedo che sei tutto quello che mi aveva detto; non ha esagerato per niente".
Sperò che quelle parole non avessero un senso contorto o sarcastico, come si potrebbe sperare di un fratello di suo marito. E questo qua sembrava proprio cosi stronzo e arrogante come il proprio Glenn!
Sedettero e il marito chiamò la cameriera e ordino di portare tre whisky, mentre Kelly si trovo forzata a rimanere li, in mezzo a quei due uomini presuntuosi che si facevano complimenti a vicenda. David si diceva meravigliato della lussuosa villa, adatta in tutto allo stile di vita in cui Glenn fosse sempre abituato a muoversi. E il fratello volle sapere cosa lo avesse portato in San Diego.
"In realtà solo passava da queste parti e... "
Era ovvio che scherzasse. Entrambi si misero a ridere e Kelly pensò che sembravano cosi superficiali da diventare insopportabili. La cameriera servi il whisky e lasciò la bottiglia e un contenitore d'argento con ghiaccio sul tavolino di salotto fatto in marmo e, giusto quando si ritirava, qualcuno fece suonare il campanello. La ragazza fu a guardare e ritorno dicendo che fuori c'era qualcuno che voleva parlare con la signora. Glenn chiese chi era e Kelly tremo, aspettando la risposta. Era l'uomo del carro attrezzi ma non si capiva cosa ci faceva li, quando invece doveva aver portato la macchina in officina. Prima che lei potesse reagire, già il marito era andato a trovarlo, cosicché si preparo mentalmente per quello che sarebbe successo dopo e seppe che i suoi timori erano fondati quando Glenn ritorno con il rostro accesso per la rabbia.
"Sei una stupida!" ─le disse all'improvviso senza che gli importasse la presenza dell'altro e il suo insulto fu come una frustrata in faccia ─. "Sei una scema, buona per niente. L'hai fatto diventare un mucchio di ferri vecchi!"─ L'umiliazione le mise lacrime negli occhi ma lui continuo a offenderla: "Credi che mi piovano i soldi dal cielo? Levati dalla mia vista prima di farmi perdere il controllo!"
Senti voglia di urlargli in faccia tutto il suo odio per come la stava maltrattando, ma con vergogna, ebbe soltanto il valore di scappare in fretta. Mai nessuno l'aveva fatto sentire cosi vergognata e perciò decise che mai più lo lascerebbe umiliarla cosi ancora una volta.
Lei aveva una dignità da difendere e adesso aveva appena deciso che se ne sarebbe andata per sempre da quella casa, lasciandolo da solo. Usci dalla villa, ma lui tolse importanza all'orribile scena appena vissuta e ordinò alla cameriera di servire la tavola per due.
***
Rientrò molto tardi, solo quando vide le finestre buie e pensò che tutti se ne fossero andati a dormire. Si sedette sul divano del salone, al buio, meditando; e le lacrime le bagnarono il viso ancora una volta. Quella notte, come tante altre nelle ultime settimane, avrebbe dormito da sola nella sua stanza particolare. Tutto era deciso: lascerebbe Glenn, senza importare cosa dicesse o facesse; se la minacciava con farle del male o lasciarla in mezzo alla strada senza un soldo. Niente importava, se ne sarebbe andata il giorno dopo. Era assorta in quel pensiero, calcolando i dettagli del suo piano quando sussultò al sentire un rumore in mezzo all'oscurità ... dopo fu la luce di un lume che si accendeva e poi senti una voce garbata alle sue spalle.
"Mi dispiace per quello che è successo stanotte"─. Era
David Sonnemberg e lei cercò di nascondergli le lacrime senza successo, ma lui le parlo in maniera indulgente:
"Non preoccuparti, immagino che non sia la prima volta che ti fa piangere, e difficile convivere con lui; sono suo fratello e lo so meglio di nessuno".
Venne e si sedette accanto a lei, tiro fuori della tasca un fazzoletto e in maniera del tutto inattesa, allargo una mano e comincio ad asciugarle le lacrime delicatamente, mettendole una mano sotto il mento per farla alzare il viso. Sorrideva, ma non era un sorriso caldo ma un po' enigmatico e impossibile di decifrare.
Era possibile che fosse cosi freddo come sembrava a semplice vista?
Decise che non c'era di cui avere paura poiché preferiva quella freddezza anziché il carattere esplosivo di Glenn. Cercò di evitare il singhiozzo che pugnava per uscire dalla sua gola ma senza successo.
"Lo lascerò".
Gemme alla fine.
"Quasi sotto Natale? Non credo che le cose siano cosi gravi e poi, i miei ti aspettano a casa per conoscerti".
Quella prospettiva la fece sentire peggio. Per un attimo poso lo sguardo sul magnifico ma glaciale volto di quell'uomo e senza che potesse sapere il perché si sentì oppressa da un'angoscia crescente. E forse fu quell'oppressione un presagio di quello che presto sarebbe capitato nella sua vita.

América J. Moy Mata

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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