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Autore: Cara Valli
Fuoco e oblio - Intreccio (vol 3)
Erotico Avventura
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Fuoco e oblio - Intreccio (vol 3)
Mi sveglio e il buio mi circonda, è fitto e impenetrabile, cerco di muovermi ma ho i polsi e le caviglie legate alla sedia su cui sono seduta. Non capisco perché ma una sensazione di pericolo aleggia dentro di me, poi ricordo e mi si rizzano i capelli in testa, rivedo la pozza di sangue sotto il corpo esanime di Battista e un singulto esce dal mio petto rimbalzando sulle pareti della stanza.
Strattono gli arti per cercare di liberarmi ma le costrizioni non cedono di un millimetro, mi incidono la pelle e mi fermo.
Improvvisamente un rumore stridulo mi perfora i timpani, una porta di spalanca e una forte luce mi ferisce gli occhi, istintivamente li chiudo ma il terrore mi costringe a riaprirli, per guardare chi sta entrando.
Due figure varcano la soglia e mentre una si appoggia al muro di fronte a me, l'altra si avvicina minacciosa, mi gira intorno e poi si piazza proprio davanti a me, con le gambe divaricate e le braccia conserte sopra a un ventre prominente:
- Bene. Sei sveglia- La sua voce è bassa e rauca con un forte accento straniero che non riesco a identificare.
Alzo il viso verso l'uomo che mi sovrasta e lo guardo negli occhi, vedo la malvagità che li riempie e anche se calza un passamontagna, intravedo il ghigno che gli tira le labbra.
- Ora facciamo una chiacchierata-
Non lo vedo neppure muoversi, la mia testa scatta di lato e sento un gran male al volto, i miei denti sbattono forte tra loro e poi il gusto di sangue mi riempie la bocca.
- Cosa vi ha dato Viani prima di morire?-
Non riesco a rispondere. Sono bloccata dal terrore, non riesco a respirare, i miei polmoni hanno smesso di funzionare. Lui si abbassa fino a quando i nostri volti sono alla stessa altezza, mi afferra il mento e mi costringe a tenere la testa girata verso di lui. Il suo alito nauseante mi penetra nel naso e mi sblocca dalla paralisi, cerco di liberarmi dalla sua presa ma lui mi stringe più forte e mi strappa un lamento.
- Cosa. Vi. Ha. Dato. Viani?- Scandisce come se fossi sorda.
- Una chiavetta USB- Riesco a dire, anche se ho la mandibola intrappolata dalle sue dita.
- Che cosa contiene?-
- Niente-
La sua mano molla la presa e mi colpisce con un manrovescio sull'altra guancia. Quando il dolore si attenua e riesco a riaprire gli occhi, vedo gli schizzi del mio sangue imbrattargli la maglietta.
- Riproviamo... Che cosa contiene?-
Il terrore mi attanaglia la mente, il sapore metallico del mio sangue mi nausea e il sudore freddo mi scorre lungo la schiena.
- Delle mail, sono solo delle inutili mail- mi affretto a dire mentre lui sposta il braccio per colpirmi di nuovo.
- Se sono inutili lo decido io... Parla- il ruggito del mio cuore mi tambura nelle tempie e la tensione nei muscoli mi fa tremare incontrollatamente.
- Sono messaggi inviati dall'account di Paolo a una donna che lavorava nel Minimarket del palazzo di Steven e Jason- dico di corsa inciampando sulle parole mentre lui si riavvicina.
- E poi?- I suoi occhi si stringono minacciosi.
- Nient'altro, sono solo gli accordi per far si che la donna introduca una microspia nell'appartamento- per quanto possibile arretro schiacciandomi contro la spalliera della sedia, mentre lui si avvicina ancora.
- Perché Viani ve l'ha consegnata?-
- Lui sosteneva di non averle inviate ma che fosse stato qualcun altro con le sue credenziali-
- E perché le ha date proprio a voi?- Mi chiede picchiettando con un dito sulla mia fronte.
- Pensava potessimo trovare chi le aveva realmente inviate e quindi smascherare la talpa-
- Dov'è ora la chiavetta?- Mi afferra i capelli e li stringe forte nel pugno strappandomi un lamento.
- Non lo so- sussurro, ho paura della sua reazione e infatti:
- Dove cazzo è la chiavetta?- Tuona e mi strattona forte i capelli facendomi inarcare il collo, tanto da farmi gridare di dolore tutti i muscoli.
- Non lo so ma non l'hanno data alla Polizia- dico sperando sia quello che vuole sentire.
Sento le lacrime rigarmi il viso, spinte dal dolore ma soprattutto dal terrore. Lui mi lascia e si allontana di un passo, tace per alcuni secondi guardandomi malignamente.
- Quindi te li sbatti entrambi?- Dice addolcendo la voce.
Il cambio repentino d'argomento mi destabilizza e mi lascia senza parole.
Lui si porta le mani alla cintura e aggiunge:
- Quindi sarai bravissima a succhiare cazzi- e inizia a slacciare la cintura.
Sono impotente, indifesa e un nuovo tipo di terrore mi pervade. Per favore, no. Tutto tranne quello. Cerco di divincolarmi e le fascette che mi bloccano i polsi e le caviglie mi incidono la carne ma non mi fermo, continuo a dimenarmi.
- No. No... non voglio- tremo sempre di più, sento le lacrime che scorrono sul mio viso.
- Se provi a mordermi, ti strappo tutti gli incisivi...-
Il suono di un telefono interrompe il mio aguzzino che si blocca con le mani sulla cerniera.
- Pronto- Risponde l'uomo che per tutto il tempo è rimasto appoggiato alla parete.
- Subito- e chiude la comunicazione.
- C'è un problema- Riferisce.
Il mio aggressore guarda prima lui e poi me, quindi si riallaccia la cintura.
- Ci vediamo dopo... Mi devi ancora un bel po' di divertimento-
Poi si fruga nella tasca posteriore dei jeans e ne estrae una fiala, mi gira intorno e sento il rumore di un tappo che viene rimosso, poi un liquido mi cola sui capelli e sul viso. Lo stesso odore percepito dopo che hanno sparato a Battista, mi riempie le narici.
- Sogni d'oro- mi dice mentre esce dalla stanza.
L'altro uomo mi da un'occhiata veloce poco prima di spegnere la luce e chiudere la porta. Il buio mi circonda ma non so se è l'incoscienza che mi sta avviluppando o è la mancanza di luminosità.
Riemergo dal pantano della mia mente a più riprese, ogni volta cerco di rimanere sveglia, so di essere in pericolo e che devo restare cosciente ma la sostanza che m'impregna i capelli, mi fa perdere i sensi.
Non so quanto tempo è passato, quando la porta si spalanca e la luce si accende, apro gli occhi in allarme, ma mille spilli mi costringono a richiuderli. La paura che l'uomo grasso sia tornato per continuare da dove è stato interrotto, mi fa svegliare del tutto.
Ho la gola in fiamme, apro la bocca per lamentarmi e il dolore di una ferita al labbro che si riapre e riprende a sanguinare mi strappa un singhiozzo.
Sbatto gli occhi per adattarmi alla luce e vedo un uomo alto e muscoloso che sta richiudendo la porta dietro di se.
Quando si gira noto che ha una grossa bottiglia d'acqua in mano, poi si avvicina con calma per poi girarmi intorno e fermarsi alle mie spalle.
- Bevi- Esclama con una voce profonda e un lieve accento dell'est europeo.
Mi afferra i capelli e mi strattona la testa indietro, l'istante successivo solleva la bottiglia sopra il mio viso e con un movimento del pollice il tappo vola via, lentamente la inclina e io apro la bocca e sporgo la lingua per catturare quelle prime gocce.
Poi il flusso aumenta mentre lui abbassa maggiormente la bottiglia, ingoio tutta l'acqua che posso, ma è troppa e non riesco a stargli dietro.
Ansimo e cerco di girare la testa da una parte o dall'altra,
- No. Basta- Cerco di dire ma il fiotto e troppo e anche le parole escono distorte.
Mi dimeno con tutte le forze, ma lui mi stringe maggiormente i capelli, tenendomi sotto l'acqua, mi entra nel naso, mi si chiude la gola e i polmoni si bloccano, mi sento soffocare e il panico mi travolge, incontrollato.
Ho l'acqua nel naso, nella gola. Sto soffocando, annegando. Non riesco a respirare... poi tutto finisce, tossendo, mando giù un po' d'aria, singhiozzo e ansimo.
Mi lascia i capelli e il mio collo protesta mentre mi affretto a tirare su la testa per allontanarmi da lui, mi spavento quando un rumore di vetri rotti riempie la stanza, ha gettato la bottiglia in un angolo rompendola in mille pezzi.
- Ho bisogno che tu stia sveglia, Cassandra- mi sussurra in un orecchio.
Poi si sposta davanti a me e si accuccia sistemandosi in modo da essere alla mia altezza.
- Hai bisogno... di stare sveglia- Continua mentre si rigira un oggetto affusolato tra le dita.
I suoi occhi sono incredibili, di un azzurro chiarissimo, sembrano fatti di ghiaccio. Anche se un passamontagna gli copre il viso, ho la netta sensazione che sia un bell'uomo.
Ferma le mani e lentamente apre in due l'oggetto che si rivela essere un coltello a serramanico. Il panico mi assale e mi allontano da lui il più possibile. Sorride, lo capisco da come gli brillano gli occhi.
- Non pensi che sia un bellissimo oggetto?- Mi chiede mostrandomi il pugnale in ogni punto di vista.
- No-
- Quantomeno sei sincera- dice quasi tra se e se.
- Vediamo se così ti piace un po' di più- afferma, mentre si solleva e si avvicina con la lama puntata verso di me.
Chiudo gli occhi e sposto la testa di lato, non voglio vedere dove mi pugnalerà, ma invece sento una pressione su un polso e poi il dolore del sangue che riprende a circolare indisturbato nelle vene della mia mano, mi assale impetuoso.
Mi volto di nuovo verso di lui e guardo stupita il mio braccio libero, lui si alza mentre richiude il coltello e lo fa sparire nella tasca dei jeans neri, assieme alla fascetta che mi legava alla sedia.
- Quindi?- Mi chiede mentre palesemente si sta prendendo gioco di me.
- Mi dispiace ma odio i coltelli- affermo.
- Già. Anch'io- dice mentre si volta e si dirige verso la porta.
- Tre porte a destra oltre a questa, c'è un telefono funzionante-
Esce chiudendo la porta e lasciando la luce accesa.
Non so che fare, non so che pensare. So solo che devo provare a liberarmi del tutto ma un dubbio mi assale, perché non ha tagliato tutte le fascette? Perché ha rotto la bottiglia? E perché mi ha quasi annegata con l'acqua? È una trappola o sta davvero cercando di aiutarmi?
Provo a strappare la fascetta che mi blocca l'altro braccio, ma non cede di un millimetro, devo tagliarla come ha fatto lui, devo raggiungere uno dei vetri.
Mi piego in avanti il più possibile ma il mio raggio d'azione e brevissimo e tutti i pezzi sono molto più distanti, cerco di avvicinarmi saltellando con la sedia e piano piano guadagno centimetri su centimetri.
Sono in un bagno di sudore, provo a raggiungere un pezzetto ma le dita lo sfiorano appena. Un rumore oltre la porta mi gela il sangue nelle vene, sento dei passi avvicinarsi e il mio respiro si blocca, guardo la porta in attesa che si spalanchi e che i miei aguzzini entrino per sventare il mio tentativo di fuga ma il rumore prosegue e supera la mia porta allontanandosi veloce.
Ritorno a respirare e il più silenziosamente possibile cerco di guadagnare ancora qualche centimetro, provo a prendere il vetro e finalmente riesco a stringerlo tra le dita. Un grande senso di sollievo mi pervade e in fretta mi libero delle fascette che mi legano il polso e le caviglie.
Mi avvicino alla porta con circospezione e accosto un orecchio al battente. Non sento nulla, così lentamente afferro la maniglia e inizio a farla girare. Quando il meccanismo si sblocca, mi sembra che il rumore prodotto sia fortissimo, così mi fermo e aspetto con i battiti del cuore a mille, provo a tirare la porta che cigola sui cardini, piano, pianissimo, la apro e quando creo abbastanza spazio guardo oltre.
Nel corridoio non c'è nessuno, l'ambiente come la stanza in cui sono è fatiscente e sporco, continuo ad aprirla e sgattaiolo fuori. Nella mia mente risento le parole dell'uomo dagli occhi di ghiaccio: - tre porte a destra - .
Corro e conto, alla terza porta mi fermo, mi guardo intorno e poi entro nella stanza. Mi chiudo la porta alle spalle, ho il cuore che sembra volermi uscire dal petto da tanto batte contro le mie costole, cerco a tentoni il modo di bloccare la porta, quando vedo la chiave e riesco a girarla nella serratura, mi appoggio al battente ed emetto un sospiro di sollievo. Mi sincero d'aver bloccato bene il battente, mi guardo intorno, a differenza della stanza in cui ero prima, qui c'è una finestra e anche se ha le sbarre, almeno la luce non manca.
Cerco il telefono sulla scrivania che è appoggiata a una parete della stanza, ma non c'è. Il panico mi assale e mi stringe le sue gelide dita attorno alla gola, come ho potuto credergli? Come ho potuto fidarmi di lui?
Cerco freneticamente, perché mandarmi qui se non voleva aiutarmi? Non ha senso, deve per forza esserci un telefono da qualche parte.
Cerco ancora in tutta la stanza ma non lo trovo. Forse ho sbagliato porta.

Cara Valli

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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