Fuoco e oblio - Abisso (vol. 2)
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Osservo il Vice Questore Pellegrini, mentre trascrive al computer la mia testimonianza. È il prototipo dell'ispettore di Polizia: quarant'anni, corpulento, pelato, vestiti trasandati e occhi acuti. La sua voce mi distoglie dai miei pensieri: - Vuole aggiungere altro?- Che cosa dovrei aggiungere, non ho fatto niente, non ho visto niente, non ho sentito niente e non SO niente. - No- Potrei dire che gli uomini che amo sono degli stronzi ma non credo che abbia qualche importanza. Mi consegna un paio di fogli appena usciti dalla stampante e una penna. - La devo informare che durante le indagini tutti i suoi conti correnti saranno bloccati...- guarda l'orologio e poi aggiunge. - Poiché ormai è pomeriggio inoltrato, le banche vedranno l'avviso solo domani mattina- Mi lancia un'occhiata d'intesa, io annuisco di rimando e gli restituisco i fogli firmati. - Questo è il mio numero- Mi allunga il suo biglietto da visita strisciandolo sulla scrivania consunta. - Se le venisse in mente qualcosa, mi chiami- Vedo nei suoi occhi la preoccupazione, so che vorrebbe dirmi altro ma non può, non siamo soli, con noi ci sono anche dei rappresentanti dell'esercito italiano e americano. Dal poco che sono riuscita a capire, le informazioni che sono state sottratte e rivendute, sono segreti militari che ledono entrambi gli stati. - Sa dove andare a dormire?- Certo che no. - Sì- Mi guarda sospettoso. Dopo aver frugato in un cassetto, aggiunge. - Questa è una lista di luoghi che accolgono senzatetto- Guardo l'opuscolo come se fosse un serpente a sonagli. - Non ne ho bisogno, grazie- Mi alzo stizzita, non sono una senzatetto. O meglio, sono una senza casa, senza lavoro, senza soldi e senza amici ma non una senzatetto. Alzandomi mi accorgo d'essere stanca e affamata, sono ore, tante ore che rispondo sempre alle stesse domande. - Bene, la faccio accompagnare fuori- dice mentre ripone il foglio nel cassetto. Quando mi volto, guardo i due ufficiali che hanno assistito all'interrogatorio, i loro occhi parlano chiaro, non mi credono, Pellegrini mi crede, ma loro pensano che io sia una spia. Beh, almeno non credono che sia una senzatetto. Non dico ne faccio nulla mentre gli passo davanti. Che cosa potrei fare o dire per fargli cambiare idea? Nulla, appunto. Così esco in silenzio da questa stanza maleodorante. Un ragazzo in divisa mi scorta fuori dall'edificio. Mi dirigo spedita verso la metropolitana ma quando ormai sono vicina, rallento. Non so dove andare. Mi fermo davanti alle scale che conducono alla stazione sotterranea e le vedo vacillare... sono così ripide, sono così buie. Faccio un bel respiro, mi aggrappo al corrimano e scendo con calma in quel buco infinito. A casa, voglio andare a casa. Quando esco alla fermata che serve il mio quartiere, vado subito al centro commerciale, dove per fortuna c'è un Bancomat e prelevo tutto quello che posso. Poi mentre m'incammino verso casa, prendo il telefono e chiamo Elena. - Ciao- La mia voce si spezza ma cerco di spingere l'emozione il più profondamente possibile. Devo informarla che ho bruciato la sua casa. - Tesoro, come stai? Ti ho chiamato centinaia di volte... I Vigili del fuoco mi hanno informato dell'incendio- Lo sa già, meglio. Non sapevo da dove iniziare. - Cass. Parlami, dimmi come stai... dimmi qualcosa?- - Sto bene... Non ero in casa quando è scoppiato l'incendio- - Sì, lo so. Me lo hanno riferito, come stai? Sai dove andare a dormire?- Sto male, come vuoi che stia. - Bene, Elena sto bene, non ti preoccupare. Cercherò un alberghetto qui nei dintorni- - Come fai per i vestiti, per le cose che devi portare al lavoro?- sorrido per l'ironia. - Non c'è più nessun lavoro- a stento riconosco la mia voce è dura e risoluta. - Non ti hanno confermata?- Già, diciamo così. - No, non mi hanno confermata- - Ascolta, ora metto giù, devo chiamare una persona. Tu non ti muovere da li. Okay?- - Okay- Tanto dove dovrei andare? Ed eccola lì, la mia bella casetta con il mio bel giardino in fiore. Tutto carbonizzato non c'è più nessun colore, non c'è più vita. È tutto nero, nero ovunque... Come nel mio cuore. Mi vorrei avvicinare, addentrarmi tra i resti di casa mia, ma ci sono i nastri che impediscono l'accesso alla palazzina. Faccio il giro. Vorrei arrampicarmi sul muro che separa la strada dal mio cortile, ma è troppo alto e non ne ho la forza. Il mio telefono vibra, lo prendo e rispondo a Elena. - Ho parlato con una mia amica, l'anno scorso l'ho aiutata a prendere una casa in affitto per sua madre- Non so dove voglia arrivare quindi sto zitta in attesa di capirci qualcosa di più. - Giorni fa l'ho sentita e mi ha detto che stava cercando una persona per fare la notte a sua mamma che purtroppo recentemente si è ammalata- Capendo dove vuole arrivare la interrompo: - Non ho esperienza con le persone anziane... o le persone ammalate- - C'è un'infermiera che la segue di giorno, lei può dirti tutto quello che devi sapere... si tratta di un lavoro temporaneo e perlomeno non devi andare in albergo. Che ne dici?- - Hai chiamato lei prima?- - Sì, mi ha detto che non ha ancora trovato la persona giusta, è come se ti conoscesse già, visto che le parlo sempre di te. Quindi vai e quando ti sarai ripresa, cercherai un nuovo lavoro- - Spero di non fare casini- - Ma figurati, non puoi fare casini- - Dove devo andare?- - Abita qualche palazzina più in giù al numero 11, la Signora si chiama Rosa Sedici. Vedrai che andrà tutto bene, sono persone deliziose- - Le avvisi che sto andando?- - Ti stanno già aspettando- - Elena, questo è sleale e se avessi detto di no?- - Su via Cassandra. Non potevi dire di no, è un'occasione d'oro- - Mi dispiace aver bruciato casa tua- mi esce dal cuore e d'improvviso l'emozione mi soffoca. - Tesoro è stato un incidente e comunque sono assicurata. Vedrai che si sistemerà tutto- Reprimo il sentimento inutile che mi toglie la lucidità e cerco nella mente la chiarezza necessaria. - Io non sono assicurata- - Invece sì, visto che paghi ancora il mutuo- Giusto, il mutuo. - Okay, sono davanti all'11, ti lascio e grazie di tutto, ti chiamo appena mi sistemo- - Prego tesoro. Ci sentiamo presto- Mi apre un'infermiera e m'informa che presto arriverà la mia nuova datrice di lavoro. Nel frattempo mi mette al corrente di tutto quello che devo fare e cosa mi devo aspettare assistendo la Signora Sedici. Dopo un'oretta mi ritrovo sola in una casa che assomiglia molto alla mia, per prestare assistenza a una persona malata che non conosco. Sento aprire la porta d'ingresso e mi volto per accogliere il nuovo arrivato. - Ciao, io sono Wanda, Elena mi ha detto meraviglie su di te- Stringo la mano di una donna più o meno dell'età di Elena, bassina e tondetta, capelli lisci e scuri e un bellissimo sorriso cordiale che illumina anche gli occhietti marroni. - Ciao, grazie per avermi accolto senza referenze- - Oh, le referenze le hai... quelle di Elena- mi dice, mentre alza e abbassa le sopracciglia. Il gesto inaspettato riesce a strapparmi un sorriso, cosa che pensavo di non essere più capace di fare. - Non ti preoccupare per mia mamma, l'infermiera ti avrà spaventata con una marea d'informazioni...- annuisco desolata. - Tu sei qui solo per la mia tranquillità, in effetti, lei non avrebbe bisogno di assistenza notturna, ma io non mi sento tranquilla a lasciarla da sola- - Certo ti capisco- - Vieni andiamo su, così te la presento- La Signora Sedici è una donna piccolina e all'apparenza molto fragile. Madre e figlia si somigliano molto, a parte il pallore e la magrezza della prima. - Buona sera Signora- - Oh, per l'amor del cielo chiamami Rosa, in fondo dobbiamo dormire assieme- mi dice ridacchiano e lanciando un'occhiataccia a sua figlia. - Mamma per cortesia non fare scenate- - Vieni qua bambina, dimmi tutto di casa tua- esclama la Signora ignorando sua figlia. E così mi ritrovo a raccontarle tutto, dei vigili del fuoco, del bollitore e della perdita del mio bellissimo lavoro. Poco dopo Wanda ci lascia sole, ma non prima d'avermi informata che nell'armadio della sua vecchia camera da letto ci sono ancora alcuni suoi vestiti e che posso prendere tutto quello di cui ho bisogno. La ringrazio e poi vado in cucina per preparare una cena leggera alla signora Sedici. Cerco di mangiare qualcosa ma non ho fame, il solo pensiero del cibo solido mi fa ribrezzo, bevo un succo e mi appresto a passare la mia prima nottata come badante. Mentre la Signora riposa tranquilla, fisso il soffitto della stanza distesa su una brandina, non posso ma soprattutto non riesco a dormire. Rosa mi chiama un paio di volte per andare in bagno e la sveglio per prendere le medicine alle ore stabilite. Ma per il restante tempo sono bloccata, inchiodata davanti allo schermo dei miei ricordi, pieno d'immagini di noi tre: felici o furiosi. Non capisco, come possono credere che io abbia potuto tradirli? La mia mente continua a ripresentarmi gli ultimi attimi che ho passato con loro, l'ultima volta che li ho baciati, l'ultima volta che mi hanno guardato senza quella luce piena d'odio negli occhi... Il dolore mi sommerge e annega la mia voglia di vivere in una pozza piena di ricordi. All'arrivo dell'infermiera sono uno straccio, non ho dormito niente, Rosa mi consiglia di riposare un po' approfittando dell'altra stanza, ma dopo una bella doccia, indosso un paio di calzoncini elasticizzati e una magliettina striminzita, Wanda ed io non abbiamo proprio la stessa taglia. ed esco. Quando arrivo alla mia povera casetta annerita, faccio tutto il giro e mi arrampico sul muro del cortile. Voglio sbirciare dall'altra parte. Tutto bruciato, anche il mio povero giardinetto è tutto bruciato. I miei fiori sono perduti, le mie sdraio sono carbonizzate. Non è rimasto nulla. Mi lascio cadere sulla strada e torno all'ingresso principale. Mi siedo in terra con la schiena appoggiata all'albero vicino al mio vialetto. Almeno lui si è salvato.
Sono seduta sul sedile di un'auto in movimento, qualcuno mi sta baciando il collo, facendomi rabbrividire e fremere. Gemo e i brividi corrono tutti verso il mio centro palpitante. - Devi stare in silenzio Cassandra. Ricordati nessun suono- Sento nuovamente delle labbra sulla mia pelle, non so se è Steven o Jason. Siamo all'interno della loro auto, chissà cosa pensa - Rock - di tutta queste attenzioni. A quel pensiero mi irrigidisco. Non vedo nulla, sono bendata, l'incertezza su chi sta facendo cosa, mi accende di passione incontrollata e ogni volta che vengo sfiorata devo reprimere i gemiti che nascono nel mio profondo. L'auto si ferma e mi fanno scendere. Bene, almeno Battista non dovrà più assistere. Cerco di capire dove siamo, ma non ci riesco, facciamo delle scale a scendere e poi sento una porta che si chiude. L'aria è impregnata da un fresco profumo di fiori e un odore più acre che non riconosco. Poi le loro mani sono sul mio corpo mi spogliano lentamente, poi mi accarezzano, mi baciano, dita lievi mi sfiorano la schiena, scendono verso il mio inguine, mentre io lotto per reprimere i suoni che premono per uscire dalle mie labbra. Una bocca vorace s'impossessa della mia. Steven, riconosco il suo modo di baciarmi, il suo profumo. Si preme contro di me e sento la sua erezione. Il bacio s'interrompe e ordina: - Falla sdraiare- Jason mi aiuta a stendermi su un tavolo imbottito e poi inizia a legarmi. Mi sposta le braccia oltre la testa e sento la morbidezza della corda sfiorarmi la pelle, poco dopo, sono completamente immobilizzata. - Sai cos'è un flogger, Cassandra- Sì, certo che lo so, ma non voglio dirglielo e scuoto la testa. Qualcosa di morbido mi sfiora il ventre. - E uno strumento costituito da striscette, in questo caso di camoscio, sono le più innocue Una sferzata colpisce la mia coscia sinistra e mi manca il respiro, mi pizzica la pelle dove le striscioline mi hanno colpito: - Innocue - un corno. Poi il pizzicore si trasforma in calore che si diffonde in tutto il mio corpo facendomi inarcare per il piacere. Qualcuno mi sfiora il clitoride e poi delle labbra lo catturano e iniziano a succhiarlo, un attimo dopo arriva un nuovo colpo sul mio ventre. A fatica trattengo un gemito. - Sei meravigliosa dolcezza- Con la punta della lingua solletica il mio nodo sensibile, poi sento un ennesimo colpo. Gemo persa tra dolore e piacere. - Non dovevi emettere alcun suono Cassandra- mi bisbiglia Steven vicino all'orecchio. - Ora sei nei guai- Poco dopo Jason mi prende il viso tra le mani e le sue labbra sono sulle mie, sento il mio sapore sulla sua lingua mentre mi bacia. Steven mi divarica le gambe e la punta del suo pene sfrega tra le mie pieghe e poi mi penetra violentemente. Mi aggrappo alle costrizioni e gemo, lasciandomi andare al piacere, mentre l'orgasmo cresce veloce. Mi sveglio, sono in un bagno di sudore, sono sola, sono sotto l'albero di fronte a casa mia, ho un ramo sulle gambe e sono eccitata. Respingo l'orgasmo che mi palpita dentro. Non gli darò la soddisfazione di farmi godere ancora, non mi vogliono ed io non voglio i loro orgasmi.
Cara Valli
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