Tra l'ombra di Sherlock e la mano dell'occulto.
Elementare, Doyle!
Quando pensiamo a Sherlock Holmes, le prime immagini che ci vengono in mente sono senza dubbio la sua figura alta e slanciata, il naso aquilino e soprattutto quegli occhi sottili e indagatori, capaci di leggere su di noi ogni traccia o dettaglio. Con uno sguardo, egli è capace di individuare il nostro lavoro, le nostre abitudini, la nostra identità persino. È un uomo pronto e scattante a ogni accenno di pericolo, e rapido nel ghermire la sua preda, pur restando spesso comodamente seduto in poltrona, usando solo il suo intelletto e la sua filosofia dottrinale.
L'immagine che ci siamo fatti di lui è influenzata anche dai vari adattamenti cinematografici e televisivi e dai divi che hanno interpretato il suo personaggio, da Jeremy Brett a Benedict Cumberbatch a Robert Downey Jr., il quale a mio parere ha saputo esprimere meglio di chiunque altro gli atteggiamenti, il carattere isolato e spesso impudente di Holmes e a rendere complessivamente l'idea dell'investigatore così come è rappresentato nei romanzi di Conan Doyle.
I romanzi di cui Sherlock è protagonista sono ambientati in un'epoca di rivoluzione industriale che affascina e, allo stesso tempo, preoccupa portando alla disperata ricerca di una soluzione scientifica per tutto. In queste storie si evince proprio ciò, che la luce della ragione avrà la meglio sulle tenebre. Holmes incarna la speranza in mezzo all'oscurità ed è la prova che la ragione può risolvere ogni enigma e problema del mondo.
[...] il suo sguardo era acuto e penetrante; e il naso sottile aquilino conferiva alla sua espressione un'aria vigile e decisa. Il mento era prominente e squadrato, tipico dell'uomo d'azione. Le mani, invariabilmente macchiate d'inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato, come ebbi spesso occasione di notare quando lo osservavo maneggiare i fragili strumenti della sua filosofia.4
Ci soffermiamo sempre e solo sul grande investigatore, sulle sue indubbie grandi qualità e sul suo metodo deduttivo e scientifico. Ma pochi ricordano il padre di Holmes, colui che gli ha permesso di essere così celebre e dotato, che gli ha trasmesso il suo acume e la sua arguzia e forse anche i suoi difetti. Sto parlando naturalmente di Arthur Conan Doyle. Proviamo allora a conoscere meglio questa straordinaria figura di medico e scrittore.
Arthur Ignatius Doyle nacque a Edimburgo, in Scozia, il 22 maggio 1859. Aggiungerà solo in seguito Conan al suo cognome, prendendolo da suo zio Michael, anch'egli giornalista come Arthur.
Fu il secondo di dieci fratelli, anche se alcuni di loro non raggiunsero l'età adulta, nato da madre irlandese, Mary Jesephine Foley, discendente della famosa famiglia Percy del Northumberland, della linea dei Plantageneti, e da padre inglese, Charles Altamont Doyle, artista e illustratore.
Mentre la madre cercava di tirare avanti badando a una famiglia intera e di sopperire ai problemi economici che ne derivavano gestendo degli alloggi in una pensione, suo padre, alcolizzato ed epilettico, fu un grande scoglio e una protratta sofferenza per il figlio. Morì il 10 ottobre 1893 in un manicomio.
L'educazione del piccolo Arthur cominciò a casa e in una piccola scuola di Edimburgo. A nove anni entrò nella scuola gesuita di Cliteroe, nel Lancashire, e due anni dopo fu ammesso allo Stonyhurst College. L'educazione impartitagli non gli si addiceva e quando lasciò la scuola, nel 1875, rigettò del tutto la religione cristiana. Ciononostante trascorse un anno ancora presso un collegio gesuita in Austria. Nel 1876 cominciò a studiare presso l'Università di Edimburgo, dove, a ventisei anni, si laureò in Medicina e Chirurgia. Tra i suoi insegnanti figuravano Joseph Lister, l'inventore dell'antisepsi, e il dottor Joseph Bell, freddo e calcolatore professore di Chirurgia.
Nel 1879 pubblicò in forma anonima due racconti: The Mystery of Sasassa Valley e The American's Tale. Nel 1880 lavorò come assistente medico dapprima del professor Richardson a Sheffield, poi del dottor Elliot a Shropshire e infine del professor Hoare a Birmingham. S'imbarcò sulla baleniera Hope in Groenlandia e divenne medico di bordo sul battello Mayumba che collegava Liverpool all'Africa. Accumulò così soldi ed esperienza, soprattutto contro la malaria e le febbri africane, curandole con il chinino.
Arthur aveva un aspetto mite, dietro cui si celava un uomo dalle forti convinzioni, e ne diede prova nelle battaglie più disparate che sostenne, come, per esempio, quando nel 1890 mise in guardia il mondo sulla tanto decantata cura contro la tubercolosi, oppure quando nel 1902 difese il governo britannico dalle accuse di cattiva condotta nella seconda guerra boera5, oppure ancora quando nel 1906 sostenne il divorzio, e quando nel 1909 intervenne contro le atrocità avvenute in Congo. Nel 1903 ottenne persino il titolo di Knight Bacelor, ovvero un cavalierato concesso dal monarca senza che il ricevente sia un membro vero e proprio di un ordine cavalleresco. Da allora divenne Sir Arthur Conan Doyle.
Oltre che in queste lotte sociali e politiche, mostrò il suo impegno anche nello sport, praticando soprattutto cricket e boxe.
Dapprima cattolico, come si allontanò dalla religione fino all'agnosticismo divenendo poi un fervido sostenitore dello spiritismo e capo di un grandissimo movimento a favore di questo, il cui scopo principale era di compiere sedute spiritiche.
Aprì uno studio medico a Portsmouth che non ebbe molta fortuna. Proprio per la grande quantità di tempo libero, iniziò a scrivere le prime avventure di Sherlock che furono un fiasco totale, ma Doyle ne fu felice. In realtà al romanzo poliziesco, che credeva una creatura minore, preferiva tutt'altro genere per cui si riteneva più portato e a cui attribuiva un peso culturale più rilevante. Ma i racconti dell'investigatore, all'inizio quasi sottopagati da una rivista locale, furono notati dall'editore americano Joseph Marshall Stoddart, il quale, il 30 agosto 1889, invitò a cena lui e Oscar Wilde al Langham Hotel di Londra. A entrambi chiese dei romanzi da pubblicare sulla versione inglese del - Lippincott's, Monthly Magazine - , la sua rivista letteraria. Alla fine della serata, l'editore aveva concluso due importanti accordi: con Conan Doyle per The Sign of Four ( - Il segno dei quattro - ) e con Wilde per The Picture of Dorian Gray ( - Il ritratto di Dorian Gray - ).
Doyle dovette così continuare contro la propria volontà a scrivere della sua creatura reputata da egli stesso di poco conto, Sherlock Holmes. Si riteneva uno scrittore migliore e voleva contribuire alla letteratura con dei romanzi di rilevanza maggiore. Era incline a scrivere su tematiche fantastiche oppure opere di ricerca storica. Da ricordare il volume di storia militare The Great Boer War ( - La Grande Guerra Boera - ). Per quanto riguarda il fantastico ricordiamo le novelle del terrore e del soprannaturale come Tales of pirates ( - Storie di pirati - ), Lot 249 o Mummy number 249 ( - La mummia - ), The Lost World ( - Il mondo perduto - ). Ma troviamo la sua vena fantastica anche nelle storie dell'investigatore The Hound of the Baskervilles ( - Il mastino dei Baskerville - ) e The Adventure of the Sussex Vampire ( - L'avventura del vampiro del Sussex - ).
Notiamo come non riesca a scindere mai completamente la sua passione per l'occulto neanche nei momenti in cui dovrebbe prevalere la razionalità. Fu il presidente della loggia massonica di Rito scozzese antico ed accettato6 di Southsea, nell'Hampshire, e lì assieme ad altri membri condivise la passione per l'occulto e soprattutto per la ricerca del contatto con l'aldilà. Presumibilmente ciò era accentuato dalla mancanza del figlio Kingsley e dalla morte della prima moglie.7
Nonostante il grande successo che Holmes portò ai suoi scritti, Doyle odiò sempre di più quel personaggio che tendeva a oscurarlo, a metterlo in ombra. Cercò più volte di cessare la narrazione delle sue avventure, ma i lettori presero ad andare al lavoro con la fascia nera al braccio per il lutto di Holmes. Una lettera di protesta tra le tante, indirizzata a Doyle, iniziava apostrofandolo - razza di bruto - .
Ho sentito dire che qualcuno ha pianto. Devo confessare che per parte mia non ho provato nulla. Se non la felicità di poter finalmente aprire la mia immaginazione a nuovi territori e non dover resistere all'attrazione del denaro che mi inchiodava ad Holmes.
Spinto dagli amici e costretto dal pubblico, riportò Sherlock in vita dopo lo scontro mortale con Moriarty, non riuscendo così a liberarsi mai della sua creatura.
Arthur Conan Doyle morì il 7 luglio 1930 colto da un attacco cardiaco. Sulla lapide venne inciso questo epitaffio:
Di sincerità ferrea e onesta lama, Arthur Conan Doyle, cavaliere, patriota, medico e letterato.
Mattia Spirito
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