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Autore: Massimo Zurlo
Il Tempo
Romanzo
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Il Tempo
Una goccia di presente immersa nel passato.
Il sole filtrava attraverso la tapparella della finestra, andando a proiettare tanti piccoli rettangoli luminosi, come led sulla parete spoglia di fronte; il muro, dalla tintura ormai di un bianco sporco, tipica espressione creativa del tempo nel suo inesorabile procedere, faceva da enorme cornice ad una sola immagine, riprodotta su comunissima carta A4 e visibilmente sbiadita, ritraente il volto di una giovane ragazza con un sorriso appena accennato e che sembrava lo fissasse. Sul comodino, invece, ben riposta in una cornice, la foto di una bambina, dall'aspetto felice e dall'età apparente di circa dieci anni che saltava, come tutte le bambine a quell'età. Guardò, come suo solito, entrambe le foto svegliandosi con un respiro profondo, quasi ad incamerare l'energia giusta per affrontare una nuova giornata. Quella che stava per iniziare, però, non era una giornata come tutte le altre, bensì una di quelle che rimangono nei ricordi, ben fissa nel calendario della vita di una persona.
Si alzò dal letto in modo svogliato, quasi trascinandosi fino in bagno. Si fermò un attimo a fissare l'immagine di sé riflessa nello specchio: un uomo quasi sicuramente oltre la metà del cammino, barba lunga e trasandata, come pure i capelli che erano arricchiti da un evidente effetto brizzolato e ormai diradati. Aveva dormito nudo, come sempre, e allo specchio poteva vedere quasi interamente il suo corpo che, a differenza del viso, si difendeva bene dagli attacchi degli anni e se ne rallegrò con un sorriso beffardo. Mentre si compiaceva di sé, sentì il rumore tipico di chi si rigira nel letto e si ricordò di non essere solo.
- Ehi piccola, ti ho svegliata? - Dopo qualche istante, non ricevendo risposta, aggiunse: - Dormito bene? -
- Mi hai svegliato definitivamente ora, chiamandomi - rispose una voce femminile dalla stanza - Mentre stavo ancora dormendo... Comunque, sì, dormito bene, grazie;
però non chiamarmi piccola, ho più anni di te e la cosa m'infastidisce due volte! -
- E cosa conta l'età? Chi ti sembro io? - replicò lui, sorridendo sotto i baffi.
La donna rifletté qualche istante. - Mi sembri uno rassegnato alla vita, come un sessantenne, ma... Comunque uno che continua a fare cazzate, come un ventenne... Quindi un quarantenne... Ma solo per media! -
Lui si guardò allo specchio con un'espressione un po' delusa, poi abbassando lo sguardo sul lavandino: - Ah, grazie per questa dimostrazione di affetto oltremodo articolata! -
La donna, sbuffando, si alzò dal letto e lo raggiunse in bagno. Era completamente nuda anche lei; considerato che aveva più anni di lui, per la sua età aveva comunque un bel corpo, merito di una ricercata attività fisica. Si fermò sulla porta a fissarlo, lasciando che lui facesse altrettanto, scrutandola da capo a piedi, ad osservarne bene le forme.
- Senti bello, lo sai che tra noi non ci sono problemi perché non ci sono finzioni. Io non sono la tua piccola così come tu non sei il mio principe azzurro. Si sta semplicemente bene insieme... In sincerità... E quando si ha voglia ci si diverte senza tanti problemi... Come ieri sera... STOP! -
Lui fece un sospiro, come chi è stanco di una situazione, poi provò a ribattere: - La sincerità non ti è mai mancata, quindi, sincerità per sincerità... oggi ho da fare. Fatti una doccia se ti va, mentre io mi do una ripulita al viso; fai colazione se hai fame e poi arrivederci. Non ti dico addio solo perché non è mia abitudine farlo, ma credo non ci si vedrà per un bel pezzo -
Lei lo fissò con uno sguardo che non lasciava trasparire nulla e senza aggiungere altro s'infilò nella doccia e aprì il getto di acqua calda. Lui aprì un cassetto e prese un rasoio elettrico, di quelli che si usano per tagliare i capelli, mentre il vapore incominciava a riempire il bagno appannando tutto, compreso lo specchio, quindi prese a tagliare la
barba e i capelli a zero. Nel mentre, vedeva riflesso nello specchio parte del corpo di lei tutto ricoperto dal sapone.
Quando ebbe finito di tagliare il tutto, lei era ancora sotto alla doccia e lui la raggiunse. Incominciò ad insaponarsi la testa fissandole il seno e lei, con un sorriso di donna che conosce le debolezze dell'uomo che lascia entrare nel proprio letto, prese ad insaponargli il torace. Ovviamente finirono col fare sesso sotto la doccia. Dopo, senza dirsi nulla, mentre lui finiva di ripulirsi radendosi la testa con la lametta e lasciando solo il tipico pizzetto di un tempo, lei si asciugò in camera e si vestì. Si ripresentò davanti a lui in bagno mentre era ancora intento ad ultimare le rifiniture del taglio. Era pronta ad uscire, era pronta ad andare via. Rimasero per un istante in silenzio, guardandosi negli occhi, come due pistoleri nei film western sotto il sole di mezzogiorno, finché lei non riprese la parola.
- Dunque, sei di partenza? -
- Sì... Oggi vado - rispose lui con voce all'apparenza tranquilla.
- Ok... Ok... Non ne approvo il motivo, ma rispetto la tua decisione. In fondo non mi devi nulla - Fece una pausa. - Ti auguro buon viaggio, ma non ti bacio e neppure ti abbraccio... Facciamo finta di esserci detti addio sotto la doccia -
Lui semplicemente annuì senza dire nulla. Lei si voltò e fece per raggiungere la porta d'ingresso che era infondo al corridoio. La seguì con lo sguardo e vide che, quando fu dinanzi al portone, si voltò nuovamente con modo deciso
- Decidi tu se continuare a sentirmi oppure no - disse guardandolo nuovamente negli occhi - Decidi tu se invitarmi a raggiungerti una volta trovata la tua pace o se tornare e ritrovarmi qui... Decidi tu, io non pretendo nulla, lo sai! -
Le lacrime incominciarono dapprima a gonfiarle gli occhi, scendendo poi lentamente lungo il viso.
Lui le sorrise e con voce rassicurante ma decisa rispose: - Vuoi fare quella forte ma non lo sei! Affronti tutto, te ne do atto, non ti tiri mai indietro, ma preferisci che qualcun altro sia forte anche per te. Ci conosciamo entrambi troppo bene dopo tutti questi anni. Non abbiamo solo fatto sesso quando ci andava di farlo... Ma la vita ci ha portati da tempo ad essere freddi fuori, restando comunque caldi dentro. Con affettuoso rispetto ti dico: non aspettarmi! Parto per non tornare. Se dovessi tornare vorrebbe dire che avrò fallito. È un fallito che vuoi attendere? -
- Se devi fallire per trovare pace... Allora sì, aspetterò il ritorno di un fallito ed è per il tuo bene che non ti supplico di desistere dal farlo - ribatté lei, con le lacrime ormai strabordanti e la voce singhiozzante. - E per il mio, di bene, ti dico di provarci in tutti i modi affinché ti renda conto che le occasioni vanno colte quando capitano e non rincorse dopo anni perché spinti da un incurabile rimpianto! Va, parti... Raggiungi il tuo fallimento... E poi torna qui... Come fallito non sei male! -
A quelle parole lui semplicemente abbassò lo sguardo perché non seppe cosa rispondere e lei affondò il colpo.
- Dopo aver udito queste parole non riesci a dire nulla, vero? E quello forte saresti tu? È vero: non abbiamo solo fatto sesso quando ci andava di farlo... Nonostante tu fossi sempre altrove, come un fantasma. Vai, fai quello che vuoi... Comportati da stupido... Fai la figura dello scemo... Sarò qui ad aspettare il ritorno di uno scemo... Di un fallito... Ma dello scemo e fallito più adorabile che esista e di cui, a modo mio, sono innamorata. -
Si voltò e velocemente uscì dalla casa sbattendo la porta. Lui rimase solo, con la schiuma da barba ormai secca sul volto a ripensare alle parole che aveva appena udito. Riascoltava nella testa quella tanto strampalata quanto dura dichiarazione d'amore... Una dichiarazione che, pur avendo ormai una certa età, non aveva mai sentito prima.
Avevo messo in conto uno schiaffo per questa giornata, pensò. Ma tutto questo è totalmente inatteso... Ok, ora andiamo a prenderci lo schiaffo vero a cui spero di essere preparato, così potrò andare per la mia strada.
Si vestì con premura, fece colazione liberando il frigo dagli ultimi avanzi di cibo, quindi prese l'ingombrante zaino da viaggio e fece per uscire. Arrivato innanzi alla porta si voltò, diede un rapido sguardo a ciò che offriva il panorama: da insignificanti fogli sul mobile d'ingresso, all'angolo cottura ordinato e ripulito, dalle poche foto presenti sulle pareti, alle macchie di umidità sugli angoli del soffitto. Tutto narrava di come aveva vissuto negli ultimi anni, in quell'appartamento acquistato ormai più di due decenni prima per essere - casa - di un determinato tipo di vita e che invece era divenuto - prigione - di solitudine. Fece una mezza smorfia di rassegnazione, un profondo respiro e poi finalmente uscì richiudendo il portone.
Raggiunse il garage, salì in moto dopo aver sistemato lo zaino, ingombrante ma comunque unico bagaglio, quindi accese il motore e partì. Lentamente si allontanò senza mai voltarsi indietro, neppure guardando nello specchietto retrovisore; la strada da fare era innanzi, senza ripensamenti e senza troppi sentimentalismi... Doveva semplicemente essere così, finalmente se ne era convinto.
Ed ora andiamo ad incassare lo schiaffo...
Fece circa una mezz'ora di strada per poi fermarsi al margine di una piazzetta, dinanzi ad una villetta su di un piccolo terrapieno artificiale; il muro di cinta era basso e la siepe lasciava intravedere il prato all'inglese che in quel momento veniva bagnato dall'impianto di irrigazione. Toltosi il casco, fece un bel respiro e compose un numero sul cellulare; dopo pochi squilli, dall'altra parte della cornetta rispose la voce di una ragazza:
- Ciao... -
- Ciao amore mio, potresti raggiungermi? Sono qui fuori - disse lui.
- Dammi solo qualche istante. - E riagganciò.
Dopo qualche minuto, sul vialetto interno alla villa comparve una ragazza sulla ventina, fisico snello e lunghi capelli neri. Uscì dal cancelletto pedonale e quando lo raggiunse gli domandò a bruciapelo: - Cosa c'è? Non ho molto tempo. Tra pochi minuti devo andare a lezione. -
- Sono passato solo per rubarti poco tempo - annunciò lui. - Volevo dirti che parto, starò via per un po'... Ma se avrai bisogno di me, ti basterà chiamarmi. -
- Parti? E dove vai? Bella la vita!? -
- Ti sembra che io abbia fatto una bella vita negli ultimi anni? Ed ora, sentirti parlare così! Se la mia è stata una bella vita... -
- Tutto è successo perché tu l'hai permesso... Non darti scusanti che non hai. -
Lui fece un profondo respiro guardando il cielo, poi tornando a guardarla rispose: - Non formulare giudizi su situazioni che non conosci in modo approfondito; ho la mia parte di colpa, è vero e ne sono cosciente, ma non ho la colpa di tutto. Comunque, non ho smesso di essere tuo padre e di essere presente, nel limite del consentito. Ora sei un'adulta anche tu... Parto perché penso che sia giunto finalmente il momento per me, senza arrecare ulteriore danno a te! -
Lei fece una smorfia, quasi a mordersi il labbro.
- Ok... Diciamo che ho capito - rispose semplicemente.
- Non saluti neppure con un abbraccio il tuo vecchio? -
Lei lo guardò, incominciando a mostrare occhi lucidi. Per togliersi dall'imbarazzo, lo abbracciò senza aggiungere altro. Un abbraccio forte da parte di entrambi. E quando fece per allontanarsi nuovamente gli sussurrò all'orecchio.
- Non so dove vai, non so quanto starai via... Ma non pensare a me... Fai quello che devi per te... Non smetterò di essere tua figlia aspettando il tuo ritorno. -
A quel punto gli diede un bacio sulla guancia e scappò via, richiudendo velocemente il cancelletto del vialetto e scomparendo oltre la siepe. Ora anche lui aveva le lacrime agli occhi.
Che dire? Uno schiaffo avevo messo in conto e, forse, uno ne ho ricevuto; mia figlia non mi ha preso a schiaffi, il che mi basta e mi rende felice dal momento che mi ero preparato al peggio... Ed ora, andiamo!
Si asciugò le lacrime, indossò il casco, mise in moto e partì in direzione del Grande Raccordo Anulare. A quell'ora era insolitamente non intasato dal traffico e così raggiunse velocemente lo svincolo verso Roma Nord e tra sé e sé pensò che anche il destino volesse che quel viaggio avesse inizio senza ulteriori intoppi.
Imboccò la rampa verso Roma Nord e diede gas, raggiungendo presto i centotrenta.
Velocità massima consentita, ad intraprendere un viaggio consentito... Finalmente... Grazie, amore mio... papà aveva bisogno di questo tuo saluto.

Massimo Zurlo

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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