Da ventiquattro ore non metto piede in casa. Ho smontato da una notte infernale, il fine settimana è sempre impegnativo e la gente che esce si coalizza alla ricerca di modi estrosi per morire o tentare di uccidere il prossimo. La vita di un poliziotto non è semplice. - Te lo faccio doppio il caffè? - La voce dolce di mia moglie mi riporta alla realtà mentre friziono i capelli con l'accappatoio morbido e pulito che ogni giorno trovo a disposizione in bagno. Devo avere un aspetto orribile stamattina, mi chiede di rimanere a casa, porterà lei la bambina a scuola. - Ce la faccio - . Questa frase è più per me che per lei. Mi piace portare nostra figlia a scuola. Lei è orgogliosa di me, del mio lavoro, mi crede un super eroe. Se solo sapesse quanti pochi soldi mi pagano per rischiare la vita, quanti insulti prendo durante gli arresti; le crollerebbe un mito. - Vado io Carla, devo comprare a Erika le patatine di nascosto al bar - . Mia moglie risponde con un sorriso scuotendo la testa. - Sono pronta! - La voce squillante di Erika mi scalda il cuore. Entro in cucina e mi abbraccia, non la vedo da due giorni. Sono uscito presto e sono rientrato così tardi che l'ho trovata sempre a dormire. Le strizzo l'occhio quando ripone la merendina nel pacco e lei mi sorride con complicità; il nostro segreto, il bar della scuola. L'istituto si trova a dieci minuti di strada. Oggi è una bella giornata, possiamo andare a piedi. Mia moglie ha scelto questa struttura per la nostra bambina già dal nido. Una scuola privata decisamente fuori dalla nostra portata, ma Carla è ex allieva e saltuariamente collabora con loro organizzando seminari pomeridiani. Ha ottenuto tramite il direttore uno sconto notevole sulla retta, altrimenti proibitiva per due impiegati statali. Una fila di auto di lusso e mamme con tacchi a spillo e SUV in doppia fila ci accolgono appena giriamo l'angolo della strada. Il grande giardino curato con i glicini che già sono pieni di boccioli. Nel condominio dove lavoravano i miei nonni ce n'era una pianta gigantesca, questa fragranza mi fa tornare indietro nel tempo. Tra qualche giorno il loro profumo intenso invaderà ogni angolo di questo cortile immenso. Non sembra neppure di stare a Roma. - Ciao Salvo! - Mi sento chiamare dal papà della migliore amichetta di Erika, abbiamo passato diversi momenti insieme e abbiamo legato anche tra di noi, nonostante la differenza di età, lui va per i cinquanta, io ne ho quindici in meno. - Ciao Giulio, come va? - - Smonto dalla notte, non vedo l'ora di andare a dormire - , cala gli occhiali sul naso e mostra un paio di occhi gonfi e rossi. - A chi lo dici - . Il mio tono è pieno di comprensione, lui lavora in ospedale, fa il chirurgo, un pezzo grosso di un ospedale importante ed entrambi abbiamo avuto una nottataccia. Nel frattempo le ragazze ci avvisano che oggi passeranno del tempo insieme, la piccola Flaminia verrà a casa nostra all'uscita della scuola, lei fa il tempo pieno, mia figlia esce alle 13.00. - Te la faccio portare dalla baby-sitter - . - Macché, facciamo una passeggiata e la veniamo a prendere noi, così al ritorno ci fermiamo in gelateria per la merenda - . - Grazie, Salvo. Ti andrebbe un caffè? - Rimango abbastanza sorpreso, di solito al mattino va sempre di corsa. Ma in fondo dieci minuti in più non sono niente. Il bar della scuola pullula di mamme che sfoggiano gioielli e vestiti firmati, un cinguettio di pettegolezzi sulle assenti. Siamo gli unici due uomini. - Sergio, ci fai due caffè per favore? - Risponde con un sorriso, forse ha notato le occhiaie di entrambi, sembriamo due tossici. Una piccola discussione su chi debba pagare il conto e usciamo dal locale che dà sul giardino. Avrei voluto frequentarla io una scuola così, un'oasi felice. Sono cresciuto a Napoli, ho frequentato un istituto che cadeva a pezzi, le sedie di legno scheggiato, i bagni che non funzionavano con quel puzzo di urina stagnante che ho ancora nel naso se ci penso. Una scuola brutta in un quartiere popolare. L'ho frequentata fino all'età di sette anni, quando mio padre è venuto a mancare improvvisamente. Era un militare e ha perso la vita in servizio. Un brutto incidente, in Iraq, uno dei soldati caduti durante la guerra del golfo. Ha lasciato mia madre da sola con tre ragazzini da crescere, tre maschi, mio fratello piccolo aveva tre mesi. È stata una questione di sopravvivenza tornare a Roma a casa dei suoi genitori. I miei nonni sono stati strepitosi con noi e con mia madre che non si è mai risposata né ha frequentato nessuno. Non l'ho mai vista felice, ha sempre avuto un velo di tristezza negli occhi.
CAPITOLO 2
Mi fermo nel bar sotto casa a prendere un cornetto per mia moglie, il suo preferito, quello con i frutti di bosco e la crema. - Tesoro, devo dimagrire! - Mi riprende puntando l'indice. Stamattina è libera, raramente capita che lo siamo entrambi. È profumata, ha sistemato i capelli. - Sei perfetta così - . So quanto sia sensibile all'argomento. In effetti non ha mai perso i chili accumulati durante la gravidanza, quella decina in più rispetto al suo peso forma, eppure non le stanno male, anzi. I suoi seni sono aumentati di una taglia, i suoi fianchi sono morbidi. Adoro ogni dettaglio di lei anche le super odiate smagliature che sono comparse man mano che la pancia cresceva. - Lo dici per adularmi - . Il suo tono canzonatorio mi fa sorridere. - Ovviamente - le rispondo. Fa una smorfia mentre divide a metà il cornetto affermando che si sentirà il cinquanta per cento in meno in colpa per averlo mangiato. Al solo pensiero di essere soli in casa, sento il mio membro svegliarsi nonostante il resto del mio corpo chieda un paio d'ore di sonno. - Ti trovo dimagrita, ma dovrei controllare meglio - , le dico mentre le massaggio i glutei. - Vale più di mille ti amo! - Ammicca e ho la conferma che aspettava le mie avances appena le calo il pantalone; di solito utilizza caste mutandine, vedo apparire un mini slip in pizzo, un triangolino di merletto umido che mi manda fuori di testa, dopo vent'anni, come la prima volta che abbiamo fatto l'amore. - Quanto sei bella Carla - non posso fare a meno di dirglielo ogni volta che incontro i suoi occhi grandi color nocciola, le sue labbra. Ci siamo conosciuti in oratorio all'età di quindici anni. Lei partecipava a diverse attività, suonava il piano, cantava nel coro; io ero sempre lì a giocare a pallone con i miei fratelli. Siamo cresciuti insieme e insieme abbiamo avuto le nostre prime esperienze. Io non ho mai avuto altra donna oltre lei, non ho mai desiderato nessun'altra e di occasioni ne ho avute un'infinità, sono stato fuori Roma tre anni appena sono entrato in polizia e abbiamo mantenuto il rapporto a distanza senza troppe difficoltà, a parte il dispiacere di non poterci vedere tutti i giorni. La nostra relazione è stata facile solo inizialmente, un amore adolescenziale, la prima cotta, il primo bacio per entrambi. Man mano che passavano i mesi i suoi genitori hanno cercato in tutti i modi di dividerci. L'orfanello con l'accento - straniero - e le toppe sulla tuta non era adatto a una principessa, figlia unica di un avvocato famoso. Ma l'amore va oltre le differenze sociali e devo dire che dopo vent'anni e una nipotina, mio suocero, un po' si sta abituando ad avermi come genero. Io l'ho sempre trattato con molto rispetto e solo da pochissimo ho avuto la concessione di dargli del tu. Come origine napoletana impone, nonostante io abbia quasi completamente perso l'accento natio, mi sono sempre rivolto a lui con un ossequioso - Voi - . Qualche mese fa, mia figlia si rivolgeva al nonno dandogli del voi perché sentiva me parlargli così. Ha ceduto ed è avvenuto - o miracolo di San Gennaro - una domenica a pranzo si è sciolto mio suocero e ha proclamato: - Smettiamola con questi formalismi - come se fosse dipeso da me. Ho ancora davanti agli occhi gli sguardi increduli delle donne di casa. Mia suocera la chiamo Elena, da sempre, dalla prima volta che sono salito a casa loro, per una merenda. Mi sono trovato in una reggia, con i domestici, i tappeti, i quadri di valore e una casa grandissima. Elena ci ha sempre coperti nelle nostre uscite e sorride ogni volta che mi vede, sono il figlio maschio che non ha avuto. Tratto sua figlia come una regina, non ho mai alzato la voce, mai uno sgarbo, mai un litigio e la riempio di attenzioni. Mio suocero è piuttosto freddo nell'esprimere i sentimenti. Ora con Erika, si è sciolto parecchio perché è una bambina estroversa, regala baci e abbracci a tutti. Carla era molto riservata, timida, poco propensa al contatto fisico da piccola. Mi ha riferito che è sempre stato un padre poco propenso alle effusioni anche se indubbiamente l'amore che prova per sua figlia è incalcolabile. Abbiamo avuto qualche discussione con Carla, per cose banali, spesso per i soldi che sono sempre meno ed è difficile far quadrare i conti, ma dura poco e mai con un tono alterato. Un civile scambio di punti di vista alla fine del quale mia moglie ha sempre ragione e io torto. - Ti amo Salvo, voglio darti un figlio maschio! - Ha ancora il fiatone. - Continuo a ripetermi che sei tu quella del sud, non io! - Le piace quando le dico che è una napoletana verace, ride. - Voglio un piccolo Salvo - mi confessa in un orecchio. Ho un brivido, la sua voce sensuale, il suo respiro caldo, il profumo di frutti di bosco. Abbiamo desiderio di allargare la famiglia ed è già qualche mese che ci stiamo impegnando. Carla ha avuto parecchie difficoltà all'inizio anche con Erika, non è stato facile, ha avuto un aborto prima di nostra figlia e ha subìto un raschiamento. Le sono stato vicino ma ne siamo usciti distrutti. Era incinta da un paio di mesi e quando ci hanno informati che non c'era battito, non ha voluto rassegnarsi: aveva la nausea, si sentiva stanca. - Sono incinta - continuava a dire al medico che ripeteva come una nenia parole di conforto. Solo la gioia di avere una seconda possibilità ha lenito in parte quel dolore anche se abbiamo vissuto la gravidanza con il terrore che potesse accadere qualcosa di brutto. - L'impegno non manca, ma l'idea di avere un'altra principessa e di rimanere l'unico re, mi piace assai - .
Pia Lauto
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