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Autore: Sephy Fontaine
Heart of Darkness: The Vampire
Urban Fantasy
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Heart of Darkness: The Vampire
Era una fredda e nebbiosa mattina di novembre nella contea di New Valley, nel West Virginia. La neve non era ancora caduta, neanche un piccolissimo fiocco di neve era sceso dal cielo, ma il freddo pungente e la nebbia perenne annunciavano il suo arrivo. Chris si era svegliata il più presto del solito quella mattina, seduta sul letto ad attendere con trepidazione che i numeri verdi fluorescenti dell'orologio digitale sul comò di fianco al letto segnassero le sette. Aspettava quel giorno dall'inizio della scuola. Quando gli insegnanti avevano annunciato la gita all'Effingham Palace, Chris era rimasta a bocca aperta e con gli occhi lucidi per l'emozione, fissando gli insegnanti così a lungo che qualche compagno di classe sogghignava apertamente, dandosi di gomito con il compagno accanto. In pochi secondi, l'intera classe si era girata a guardarla. Chris si era risvegliata dalla trance soltanto quando aveva attirato l'attenzione di tutti i presenti, rendendosi conto di aver fatto una delle sue pessime figure in pubblico, come al primo anno di liceo, quando si azzardò ad invitare al ballo un suo compagno di classe che a scuola era etichettato come il "gran saputello". Oppure quando arrivò in ritardo alla prima lezione e le scivolarono i libri di mano, chinandosi a raccoglierli con le guance in fiamme, accolta da schiamazzi e battute ironiche che non avevano nulla di divertente. Per Christine Gadely, studentessa dell'ultimo anno di liceo e con voti modesti in ogni materia, collezionare brutte figure era diventata un'abitudine.
Spesso s'inabissava nei suoi pensieri, lasciandosi assorbire da varie riflessioni sulla sua vita o perdendosi semplicemente in qualche soggetto o paesaggio che le riempiva la visuale in qualsiasi momento della giornata. Ora si era concentrata a osservare dei piccoli passerotti che zampettavano sulle tegole del tetto della casa dei vicini. Per fortuna la sua casa era più alta, e la sua stanza era situata al secondo piano, dove all'orizzonte si stagliava la valle su cui era appena scesa una spessa coltre di nebbia che assomigliava ad un velo sottile e galleggiante. Sulla destra si riusciva a distinguere appena la vecchia e rotonda torre campanaria, forse la più antica e importante costruzione di New Valley che risaliva al quindicesimo secolo. L'Effingham Palace si trovava proprio vicino alla torre campanaria, ma da quella distanza era impossibile vederlo. Chris non vedeva l'ora di esplorarlo dopo l'ultima ristrutturazione. La costruzione originaria risaliva a qualche secolo prima dei tempi della guerra d'indipendenza, dove metà edificio era andato praticamente distrutto. Questa era la seconda volta che veniva ristrutturato e riportato allo stato originale, anche se erano state apportate delle modifiche in alcune stanze per renderlo un po' più moderno. L'elegante Effingham palace era la casa dei sogni, il posto in cui ogni ragazza romantica sognava di organizzare il proprio compleanno o matrimonio. Anche lei avrebbe tanto voluto festeggiare un compleanno memorabile nel palazzo dei sogni. Ma si era dovuta accontentare di passarlo a casa sua con i suoi genitori e alcune compagne di scuola che si erano presentate soltanto perché aveva promesso loro di organizzargli un'uscita con Jared, il suo affascinante e carismatico fratello maggiore con cui litigava molto spesso per via delle notevoli differenze caratteriali. Erano come il giorno e la notte, il sole e la luna. Lei era la classica ragazza timida e riservata con un carattere complicato e una forte personalità che tirava fuori soltanto con le persone che avevano la fortuna di guadagnarsi la sua fiducia. Diffidente e testarda. Forse era l'ultimo aggettivo che aveva in comune con suo fratello. Ma lui era cocciuto, una testa calda. E non era per niente riservato e timido ma espansivo e ribelle, un conquistatore nato che collezionava flirt e storie di breve durata. Ultimamente si era fatto vedere in giro con sei bellissime ragazze diverse, vantandosi con i suoi amici e dimostrandogli la sua arte venatoria, il rubacuori del West Virginia e lo spacca cuori della contea. Fino ad ora, all'età di diciannove anni, al primo anno di università, non si era mai impegnato seriamente in una storia. Chris pensava che non fosse capace di innamorarsi e di instaurare un rapporto basato sull'onestà e la fiducia. Lei invece era leale e fedele, sia con gli amici sia con la famiglia. E lo sarebbe stata anche con un ragazzo, se ne avesse avuto uno. Fino ad ora però non era stata molto fortunata negli incontri al buio, ma non ne faceva certo un dramma come gran parte delle sue coetanee che si disperavano se non avevano accanto un ragazzo da esibire alle altre come se fosse un trofeo o una nuova borsetta. Le sette scoccarono. Chris si trovava già davanti all'armadio a muro dipinto a mano che rappresentava delle viti intrecciate e fiori variopinti che davano un tocco di colore alla stanza con le pareti bianche.
Scelse i capi da indossare senza fermarsi a rifletterci troppo. Indossò dei semplici e comodi leggings neri che evidenziavano le gambe morbide, e una lunga maglietta blu notte che aderiva ai fianchi. Seppur timida, il suo stile non rispecchiava la sua vera personalità. All'apparenza dava l'impressione di una ragazza sicura di sé e aggressiva, una tigre bianca pronta a balzarti addosso. Forse era questo che le creava dei problemi nel campo delle amicizie. Una volta, qualcuno le disse che dava l'impressione di una ragazza altezzosa e snob che ti guardava dall'alto in basso con aria di sufficienza. Molti scambiavano la sua timidezza per qualcos'altro. Si spazzolò i capelli lisci, che incorniciavano un delizioso viso ovale.
Un giorno prima aveva tinto metà dei capelli castani di un biondo scuro, giusto per schiarirli di qualche tonalità e cambiare un po' il suo aspetto esteriore. Poi si passò sotto gli occhi un filo di matita nera per risaltare il verde chiaro dei suoi occhi che avevano delle sfumature giallicce alla luce del sole. Portava al collo una catenina impreziosita con piccolissime pietre verde smeraldo che risaltavano il colore più chiaro dei suoi occhi. Il pendente era a forma di mezza luna con dei minuscoli brillantini sulla facciata che mandavano dei bagliori a ogni tipo di raggio di luce.
Alla fine si infilò il suo giubbotto preferito con il cappuccio, prese lo zainetto nero e si avviò giù per le scale in tutta calma.
Al piano di sotto, in fondo al corridoio, sua madre, Audrey, era ai fornelli come ogni mattina a preparare una gustosa e semplice colazione. Terence Munroe, il compagno di sua madre, era a tavola con gli occhi fissi sul suo telefono dallo schermo gigantesco. Si era trasferito a casa sua da poco più di un mese ma Chris non si era ancora abituata alla sua costante presenza. Si era creato fin da subito un rapporto, grazie alla simpatia e alla gentilezza che Terence aveva mostrato fin da subito, mettendo sia lei che suo fratello a proprio agio. Con la differenza che Jared aveva legato molto con lui, facendolo sentire parte della famiglia, anche se a volte litigavano a causa del brutto carattere di Jared, che spesso e volentieri ne combinava di tutti colori, come guidare in stato di ebbrezza e provocare spesso delle risse durante le sue serate in discoteca nel week-end. Chris invece non riusciva proprio ad essere sé stessa in presenza del nuovo compagno di Audrey.
Come vorrei tornarmene in camera mia e non doverlo affrontare, pensò.
Ma non poteva trincerarsi in camera sua e nascondersi per sempre.
La verità è che non aveva mai avuto molta fiducia degli uomini. Li considerava dei nemici da tenere a distanza, degli alieni che non comprendevano la lingua delle donne. Audrey le ripeteva spesso che non tutti possono essere uguali, e che ancora oggi, nel ventunesimo secolo, esistono degli uomini gentili e capaci di essere fedeli e leali. Suo padre biologico non era tra questi, perché era sparito dalla sua vita da anni ormai, tanto che Chris quasi non se lo ricordava più. Da un po' di tempo aveva smesso di porre delle domande a tal proposito. Non c'era nessuna valida spiegazione che giustificasse l'allontanamento di un genitore dal proprio figlio e non seguirlo durante la sua crescita. Questa era senza dubbio la causa scatenante della sua eccessiva diffidenza con l'universo maschile. Fece il suo ingresso in cucina con le mani sudate e gli occhi bassi.

Sephy Fontaine

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