Catastrofi e altre sciagure.
Lo chiamavano tutti Seba Catastrofe. Non per prenderlo in giro ma perchè Sebastiano era un nome troppo lungo e noioso ed il - nickname - Catastrofe era proprio per lui: gli calzava a pennello! Seba, infatti, vedeva e si interessava soltanto di ...disastri. E lo incuriosivano tutti: i terremoti, gli incidenti, aerei precipitati, treni deragliati, boschi in fiamme, cataclismi antichi e recenti . Gli amici ed i compagni di classe, ormai lo conoscevano, e lo ascoltavano anche se, in effetti, dopo un po', cercavano di cambiare discorso e passare ad altri argomenti meno... impegnativi. Ma niente da fare: poi si andava a parare sempre lì. Dall'alluvione, al Conte Ugolino, dagli attacchi terroristici alla tragica morte del fratello di Foscolo, di cui avevano pure studiato il sonetto. Ogni tanto qualcuno provava a dirgli che esistevano tante meraviglie nel mondo: albe, spiagge, montagne innevate, piccole e grandi felicità come gustarsi un goloso gelato in estate o fare un canestro impossibile, da tre punti, quasi a fine partita. Ma Seba non ci riusciva proprio. La sua vita era stata, da sempre, una catastrofe. Papà si era stabilito all'estero quando lui era ancora piccolo, mamma andava e veniva da casa, nonna provava ad occuparsi di lui ma tutto prendeva sempre una piega storta, molto di più da quando era comparsa la Signora dei Servizi Sociali. Sembrava carina, sorridente, gentile ma, alla fine, lo aveva incastrato: tutti i pomeriggi era costretto ad andare al Centro a fare i compiti con gli educatori. La sua vita era un continuo, assoluto disastro senza vie d'uscita perciò era meglio ... specializzarsi sull'argomento: - Sciagure ed altre catastrofi - , giusto per essere preparato! Poi, finalmente, gita di classe. Una giornata all'aria aperta a fare arrampicata in una palestra di roccia tra gli ulivi. Altro che la parete della scuola: i ragazzi erano tutti gasati. Entusiasmo alle stelle. Solo Seba, nonostante la curiosità, aveva paura che uno tsunami potesse arrivare fino al parco di arrampicata e buttare giù la montagna: annegati dall'onda anomala o sepolti dalle rocce, in un modo o nell'altro, sarebbero morti tutti quel giorno. E infatti, per non correre il rischio che ci lasciassero le penne a digiuno, le prof. avevano dato il permesso di fare merenda in stazione appena scesi dal treno, cosa che, di solito, non succedeva mai. In ogni caso, mentre il ragazzino aspettava il peggio, l'avventura degli scalatori era iniziata. A tre per volta, tutti salivano con casco ed imbragatura, seguendo le indicazioni degli istruttori. Era arrivato perciò anche il suo momento ma Seba rifiutava di muoversi. - Perché? - chiesero all'unisono insegnanti, istruttori e compagni. - Perché, anche se riesco a salire fino in cima, poi cado giù, precipito e muoio. - Catastrofe da manuale! - Ma no! Cosa dici? - E, come se si fossero messi d'accordo, tutti iniziarono ad incoraggiare il compagno. - Sali! Sali! - , - Ce la fai - , - Non precipiti - , - Ci sono le corde - , - Da lassù si vede il mare - , - Arrampicati: sono salite su anche le prof che sono vecchie. - Dai, dai e dai, finalmente Seba si lasciò convincere e, nonostante la grande paura che lo paralizzava, affiancato dall'istruttore, cominciò a salire. Tutti i suoi amici applaudivano, lo incoraggiavano con fischi, grida, persino le insegnanti si sgolavano per lui. E poi la vetta fu sua. Si vedeva davvero il mare da là e... incredibile: non stava neppure arrivando uno tsunami! Dopo aver preso fiato, fu la volta della discesa, sempre un passo dopo l'altro, lentamente. Appena il ragazzo mise piede a terra, l'applauso di tutti scoppiò fragoroso, se ne sentiva l'eco per tutta la valle. Gli abbracci lo sommersero, l'istruttore lo nominò miglior scalatore della giornata. E Seba Catastrofe cominciò a guardarsi intorno con occhi nuovi. Da quel giorno, dietro ad ogni angolo, non lo attendeva più soltanto la paura ma un mondo con tanti colori e, laggiù in fondo, gli sembrava di vedere sempre un infinito, azzurro mare, assolutamente ...piatto!
Incoraggiare può cambiare la vita: la nostra e quella degli altri. In un mondo in cui, chi parte sconfitto è destinato a rimanere tale, sostenere ed aiutare è quasi un - viaggiare in direzione ostinata e contraria - ma verso traguardi di inimmaginabile valore e bellezza.
Dai biscotti ai pompieri
A casa c'era sempre quella strana sensazione di vuoto a cui si aggiungevano le improvvise sparizioni del gatto e le piante del giardino da innaffiare. Da quando mamma era morta, tutto era diventato triste e terribilmente complicato. Sofia cercava di fare del suo meglio ma ancora non aveva capito come faceva lei, che andava anche a lavorare, a far - funzionare - tutto alla perfezione, ad organizzare, ad arrivare sempre, dovunque e per tempo, persino quando si era ammalata. Dovevano avere una specie di potere magico le madri ma, evidentemente, era riservato soltanto a loro. Per Sofia, invece, studiare, fare la spesa, occuparsi della casa e badare a sua sorella era veramente troppo. Desiderava diventare una campionessa di basket, giocava da anni, era brava e questo terremoto le aveva stravolto la vita: arrivava in ritardo agli allenamenti, commetteva gli errori di una principiante. All'ultima partita era rimasta in panchina: ovvio! E, naturalmente, c'era anche l'Università con gli esami da preparare... Papà faceva il possibile ma rientrava solo a tarda sera e sua sorella più piccola era un tormento: cocciuta, disobbediente e, per di più, sempre a tentare di imitare lei. Sofia stava proprio per scoppiare ma capiva che, a casa, c'erano, come sospese nell'aria, lacrime che condensavano, in una nebbia, triste e pesante, il dolore di tutti. Proprio mentre si aggirava per le stanze, che erano sempre state in ordine e adesso...beh ... ora assomigliavano a qualcosa di indefinito tra un centro accoglienza profughi ed un campo di battaglia, le venne in mente la proposta di una vicina di casa: - Se vuoi ti insegno a fare la pasta frolla così, ogni tanto, puoi preparare biscotti e crostate... - Ma sì, poteva essere un'idea. E così, in poco tempo, aveva imparato ad impastare scoprendo di essere anche brava. Non proprio la versione femminile di Cracco ma... non male perciò era arrivato il momento di stupire papà e quella rompiscatole di sua sorella preparando dei biscotti sensazionali: due meravigliose teglie di dolcetti a forma di cuore. A che temperatura andava il forno? 180°? 260°? Forse a 300° la cottura sarebbe stata più rapida. Aggiudicati 300°! E, nel frattempo, chiusa in bagno, Sofia si riposava dalle fatiche culinarie, dandosi lo smalto e lisciandosi i capelli con la piastra: era da tanto che non si dedicava un po' di tempo in relax. Ad un certo punto, però, iniziò a farsi strada uno strano sentore di bruciato: i biscotti!!!!!!!! Accappatoio al volo, varcata la soglia della cucina, Sofia si rese conto del disastro: aveva preso fuoco il forno! E adesso? Poteva solo chiamare i pompieri prima che saltasse in aria la casa. Due ore più tardi, il bilancio della serata era decisamente in negativo: papà e sorellina sgomenti, soprattutto papà che non aveva creduto, neppure per un nanosecondo, al suo tentativo di giustificarsi alludendo ad un improvviso cortocircuito elettrico perché la cucina era...a gas! In più pareti e soffitto completamente anneriti, mobili e forno da buttare, tende irrecuperabili e, per concludere, ultime raccomandazioni dei pompieri. Quando papà, Sofia ed Elisa rimasero soli, circondati soltanto dallo strato di polvere azzurrina che si era posato ovunque per via degli estintori, il silenzio sembrava pesare su di loro come un macigno. Sofia era mortificata. Poi papà, a fatica, riuscì ad aprire lo sportello del forno e tirò fuori le teglie. I biscotti erano lì, carbonizzati e spolverati di azzurra polvere di CO2 ma ancora ben sistemati e fieri, cuori panciuti, perfetti. Con gli occhi umidi prese tra le braccia la sua cuoca delle ... alte temperature e strinse anche la figlia più piccola in un caldo e polveroso abbraccio. Quella sera lasciarono aperte tutte le finestre e l'aria primaverile, spazzò via la nebbiolina opaca che avvolgeva la casa: quella rimasta dopo l'utilizzo degli estintori e ... l'altra. Sarebbero andati avanti. Insieme. E... 180° sarebbero stati sufficienti per cuocere i prossimi biscotti.
Quando sembra di toccare il fondo, quando un dolore insopportabile ci toglie persino la voglia di vivere, provare a rendere felice chi abbiamo vicino può essere la - cura - anche per noi. Le ferite profonde restano, la solitudine e la mancanza di chi ci ha lasciato continua a bruciare l'anima più...di un forno in fiamme ma si può ancora andare avanti con chi sa condividere il nostro dolore. Meglio se in un ...caldo abbraccio.
Federica Storace
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