Il commissario Draghi.
Draghi s'incamminò, mani in tasca verso il dedalo di vicoli. L'aria era pungente, sull'acciottolato consunto rimbombavano i suoi passi decisi. Il centro storico, deserto nel cuore della notte, evocava il suo carattere medievale negli aloni giallastri dei pochi lampioni sospesi. La Chiesa di via Untoria in stile barocco, con navata unica, si presentava priva di cupola per un'antica imposizione da parte dell'autorità militare genovese, allo scopo di poter avere, dall'interno della vicina fortezza del Priamar, una vista senza intralcio sull'abitato cittadino. La porta d'ingresso era socchiusa, una lama di luce filtrava dall'interno. I volti scultorei dei santi posti sulla facciata parevano osservare con stupore gli ospiti inattesi. Un agente smilzo in veste di piantone fece strada al commissario, sollevando un pesante tendaggio di protezione. L'interno riccamente affrescato e dorato con opere di pregio era illuminato solo da un paio di lampadari a goccia che stemperavano a fatica la religiosa oscurità. L'ispettrice capo Sara Ardenghi in quel cono di luce stava interrogando una persona minuta, dal gozzo prominente. I capelli rossicci della donna spiccavano nella semi oscurità. Le loro sagome occultavano parzialmente l'area dinnanzi l'altare principale. Il commissario avanzò lungo la fila di panche di legno massiccio, respirando il freddo umido della pietra e l'odore secco del fumo di candela e d'incenso che aveva impregnato l'ambiente nei secoli. Avvicinandosi riuscì a distinguere una sagoma nera riversa sul pavimento, poi la tonaca e infine il volto grassoccio cianotico con evidenti ecchimosi sulle palpebre e un solco orizzontale e profondo nella regione mediana del collo. Si accostò all'Ardenghi, un veloce lampo interrogativo negli occhi verdastri, le sopracciglia rialzate e una ruga profonda in mezzo alla fronte. Sara presentò il sacrestano: Mario Valle, un omino basso e rinsecchito sulla sessantina. - Commissario, è stato il signor Valle a trovare il corpo di Don Gino, un'ora fa circa. Era preoccupato perché il parroco già dopo cena non rispondeva al telefono. Dovevano accordarsi per le pulizie settimanali, oggi c'era stato un matrimonio. Alla fine ha deciso di vestirsi e di raggiungerlo in canonica, lì non c'era, allora lo ha cercato in Chiesa... - - Da dove è entrato? Immagino che di notte la Chiesa sia chiusa. - Chiese Draghi, guardandosi attorno. - Dalla canonica signor commissario, c'è un passaggio diretto tramite la sacrestia. L'ingresso principale era serrato come al solito, non capisco come qualcuno sia potuto entrare. Io ho le chiavi ma si può agire solo dall'interno. - L'uomo era pallido come un cencio, mentre l'abbigliamento approssimativo testimoniava l'urgenza con cui si era mosso. - Sara, notizie del dottor Zanchi? - Chiese il commissario ritornando con lo sguardo alla vittima. - Sta arrivando con un gruppo della scientifica, data l'ora necessitava di un minimo di organizzazione. - Il patologo Zanchi arrivò da lì a dieci minuti con la sua mole imponente e i soliti sbuffi d'insofferenza. Gli operatori della scientifica si misero subito all'opera servendosi delle lampade a luce UV e delle torce a raggi ultravioletti. Un gruppo spettrale in tute bianche sterili e antistatiche. - Allontanatevi dalla scena del crimine, possiamo solo augurarci che non l'abbiate già compromessa. Commissario, ci lasci lavorare, quando avremo finito la raggiungerò io fuori. - Bofonchiò il dottore sotto la mascherina. Draghi lasciò vagare ancora un attimo lo sguardo sulle opere pittoriche, i fregi barocchi e il sontuoso organo, poi si spostò all'esterno, seguito dall'ispettrice Ardenghi. - Chiesa di notevole impatto, non credi? - Osservò il commissario dinnanzi alla facciata. - Sì, certo, ma l'omicidio di Don Gino lo è ancor di più. Apparentemente non è stato rubato niente e sembra tutto abbastanza in ordine. Sarà un bel rebus da risolvere. - - È l'atmosfera che mi turba. Qualcosa che sfugge alla mia logica. - L'ispettrice si strinse nelle spalle, non riusciva a seguire il ragionamento del suo compagno. Ciò che l'aveva colpita era solo l'efferatezza del crimine nei confronti di un ministro di Dio. - Che ne dici di un caffè? Ormai la nottata è rotta, penso che faremo mattina a questo punto. - Propose Draghi lasciando da parte i suoi pensieri. - Direi che ci vuole, facciamo due passi. Conosco un posto qui in zona, il caffè non è il massimo, ma la focaccia non è niente male. - - Offro io, tu sei di turno. - Si affrettò a dire il commissario cedendole il passo. - Mi pare giusto, chissà perché le notti peggiori capitano sempre a me. - Concluse Sara con una smorfia, mentre attraversavano strade buie e deserte. Il commissario e l'ispettrice capo condividevano la stessa casa e lo stesso letto, ma non sempre gli stessi turni. Erano una coppia di fatto ormai da anni, il lavoro senza eccezione al primo posto. Forse proprio per questo la loro relazione funzionava, condividevano lo stesso mondo senza ostacolarsi, con abbondanti spazi personali per entrambi. Dopo una mezz'ora circa ritornarono davanti alla Chiesa, in attesa del responso del patologo. Il dottore li raggiunse, non li degnò di uno sguardo e cominciò a liberarsi sbuffando degli indumenti di protezione, lanciandoli nel bagagliaio del furgoncino di servizio. Draghi lo osservò per alcuni minuti con pazienza, poi si arrischiò chiedere: - Allora Zanchi? - - Direi che si tratta di decesso per strangolamento, in un orario compreso tra le diciannove e le ventuno. - - Da cosa lo ha dedotto? - - Lo strangolamento prolungato determina il decesso di un individuo nell'arco di pochi minuti. Mi pare ragionevole comprendere l'orario tra l'ultima funzione e il dopo cena. - - La dinamica? - Chiese ancora il commissario con impazienza. - Lo strangolamento è uno dei tanti metodi possibili per determinare l'asfissia di un individuo, tramite l'ostruzione delle vie aeree. Una costrizione del collo tramite laccio serrato in senso trasversale con forza applicata dall'aggressore. - Continuò il patologo, infastidito dalle ripetute interruzioni. - L'assassino deve aver colto la vittima di sorpresa, davanti o alle spalle, probabilmente ha usato un oggetto facilmente occultabile o di uso comune. La rilevanza del solco intorno al collo è direttamente collegata alla larghezza e alla flessibilità dell'oggetto usato... - - E cosa è stato usato secondo lei? - Intervenne Sara. - Se mi lasciaste finire... Penserei a un oggetto rigido, ma parzialmente flessibile e non troppo spesso. Una cinta o un laccio di cuoio. Ecchimosi e abrasioni lineari sul collo sono conseguenza degli sforzi compiuti dalla vittima per allontanare l'oggetto nel corso della lotta. Il volto appare congestionato perché il laccio è stato avvolto almeno una volta intorno al collo. La scena si è conclusa probabilmente con la vittima a terra in posizione orizzontale il che ha contribuito all'afflusso di sangue verso il viso e il collo. Il sangue è rimasto intrappolato in questa zona e di conseguenza possono osservarsi piccole emorragie sul volto e intorno agli occhi del deceduto. Ci sono anche evidenti segni di colluttazione sulle vesti e sul corpo della vittima e vasti ematomi in regione addominale tipici dell'appoggio di un ginocchio per incrementare la forza di trazione. - - Omicidio d'impulso o premeditato? - Azzardò l'ispettrice. - Di questo parlatene con la scientifica o eventualmente con la criminologa. Devo ancora effettuare l'autopsia, e poi non spetta a voi determinarlo? Vi saluto e vi auguro una buona notte di veglia e riflessione. - I due poliziotti indietreggiarono per favorire le manovre del furgone grigio dell'obitorio. Draghi gettò un'ultima occhiata all'interno della Chiesa. I tecnici della scientifica continuavano a rilevare impronte, annotare, fotografare, filmare e disegnare schizzi. Tutto andava descritto in modo dettagliato, bisognava allegare fotografie e videoriprese dei luoghi e dei singoli dettagli, redigere schizzi che riproducessero lo stato in cui si presentava la scena del crimine e la pianta, la posizione della vittima e la posizione delle tracce. Un momento fondamentale perché un'inadeguata e superficiale registrazione delle prove e dello stato della scena poteva portare all'invalidazione di un impianto accusatorio. La capacità di fissare appunti sintetici, ma completi, impediva infatti di perdere intuizioni che spesso si rivelavano vincenti.
Angelo Azzurro
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