Prologo
Sara era molto allegra quella mattina. Era la sua prima settimana di vacanze estive, subito dopo la licenza media, e già pregustava la grande avventura delle scuole superiori assieme alle sue amiche. Aveva promesso alla mamma ed alla nonna di accompagnarle per il fine settimana nella vecchia casa di famiglia. Sara amava molto quel vecchio casale coi pavimenti in legno che scricchiolavano. Ci aveva trascorso tanti natali quando il nonno era ancora vivo, inoltre adorava la sua nonnina che cucinava tanto bene e la viziava da morire. Quando dormiva da lei le rimboccava le coperte e le teneva compagnia, fin quando non si addormentava, raccontandole storie bellissime, sempre con un lieto fine. La nonna aveva subito un piccolo intervento chirurgico l'inverno scorso e si era fermata a lungo in città da loro, mentre la vecchia casa, in un piccolo villaggio dell'hinterland, era rimasta chiusa e pressoché abbandonata per diversi mesi. Era la prima volta che ci tornavano, perché la nonna era stata categorica, nonostante le insistenze amorevoli di figlia e nipote: voleva rientrare a casa propria, approfittando della bella stagione. Un'impresa di pulizie si era occupata di rimettere in sesto la casa ed il piccolo giardino, mentre alcuni operai mandati dal papà di Sara, titolare di un'azienda edile, si erano preoccupati delle piccole attività di riparazione e manutenzione. Quel giorno la nonna avrebbe fatto una sorta di ispezione finale per vedere che tutto fosse come voleva lei, per riprendere possesso della sua abitazione la settimana seguente. La donna, nonostante si fosse appena ripresa dalla convalescenza, era sempre molto puntigliosa per la gestione della casa e tutto doveva rispettare il suo senso dell'ordine. Aveva delegato a malincuore la figlia per l'organizzazione dei lavori, perché le sue condizioni di salute non consentivano troppi sforzi, però l'ultima parola sarebbe stata la sua. Sara le accompagnò nel giro di esplorazione: passarono in rassegna il grande salone con il camino, la cucina rustica, la grande sala con gli scaffali colmi di libri e poi al piano di sopra le stanze da letto ed i bagni. La nonna osservò e controllò tutto con grande attenzione, senza tralasciare neppure un angolo della grande casa, non risparmiando alla figlia, che la seguiva in religioso silenzio, qualche piccolo rimprovero per qualche oggetto che non era al suo posto o per qualche mobile non spolverato a dovere. La figlia, mamma di Sara, non osava contraddirla: sapeva bene di che pasta era fatta e si limitava a fare qualche cenno affermativo con il capo. Erano riusciti a convincerla a prendere una cameriera, nipote di vecchi amici del paese, per le faccende domestiche - che avrebbe dovuto tenerla d'occhio, evitandole ogni affaticamento - e quella era già stata una grande vittoria dato il grande spirito d'indipendenza dell'anziana: a parte il fatto che sarebbe stata una guerra persa in partenza, non era quindi il caso di replicare alle sue piccole critiche. Sara fu molto contenta di rivedere la stanza dove aveva dormito tante volte, proprio a fianco di quella dei nonni. Tutti i vecchi giocattoli appartenuti alla sua mamma, coi quali si era tanto divertita, erano ancora nel grande armadio, che la nonna aprì per verificare che fosse tutto a posto. La madre, a sua volta, osservava con nostalgia la casa dove aveva trascorso la sua infanzia. Al termine del giro di esplorazione, un grande sorriso comparve sul volto della piccola ma risoluta vecchietta, curvata nel fisico ma non certo nello spirito. La mamma di Sara sorrise a sua volta: l'esame era stato superato, nonostante qualche rimostranza. All'improvviso l'attenzione della ragazzina fu catturata da un qualcosa che era sfuggito all'occhio della nonna. In un angolo della cameretta c'era un piccolo oggetto che nella semioscurità era quasi invisibile. Sara si avvicinò e si chinò a raccoglierlo. Sembrava una vecchia cartella in cuoio per documenti, molto consumata. La ragazzina istintivamente la prese in mano prima ancora di mostrarla alle due donne. "Cosa c'è Sara - domandò la nonna - Che cosa hai in mano?" "C'era una cosa per terra nonna; pensando che fosse caduta, l'ho raccolta per rimetterla a posto." "E' un porta documenti? - domandò la mamma - Forse è scivolato di mano agli addetti alle pulizie mentre riordinavano." "Che strano, fammelo vedere ... - disse la nonna prendendolo dalle mani della nipotina. Non aveva i suoi occhiali e non vedeva più bene come un tempo. Aprì la cartella, all'interno della quale c'erano alcuni vecchi fogli ingialliti; ne lesse a fatica poche righe, avvicinandoli bene agli occhi. L'anziana ebbe quasi un mancamento e si dovette sedere sul letto. "Mamma cosa c'è? Ti senti male? - chiese preoccupata la figlia. "Non so come possano essere finite qui ... - la donna non riuscì a dire altro. Sara era molto stupita. La nonna era sempre stata così vitale, vederla in quello stato la fece preoccupare e subito le si avvicinò. "Scusa nonna, io non volevo..." "Tu non c'entri piccola - rispose amorevolmente alla nipotina dandole una carezza sul capo; guardandola negli occhi, con quei suoi bellissimi capelli neri lunghi e lisci e due occhi pieni di vita, si sentì fiera di lei: era una bambina molto bella, come lo era stata sua madre. Sara notò che nonostante il caldo della giornata le mani della nonna erano ghiacciate. La madre di Sara prese in mano la cartella. Improvvisamente le tornò in mente un qualcosa; fu come un flash, una sorta di immagine annebbiata: vide se stessa che rideva e batteva le mani mentre qualcuno le suonava delle musichette allegre. "Mamma vuoi dirmi che cosa succede? Ti vedo così strana ... - "E' una lunga storia, figlia mia, ci sono alcune cose che non ho mai raccontato neppure a te; solo ora mi rendo conto che è giusto che tu e Sara la conosciate. Sedetevi, vi prego ... - rispose la nonna in tono enigmatico. Senza dire una parola, figlia e nipote si accomodarono sul piccolo divano per ascoltare il lungo racconto.
Capitolo 1
La baronessa von Werner aveva affrontato serenamente la gravidanza; la donna non era giovanissima, avendo da poco superato i quarant'anni, però la notizia di essere in dolce attesa aveva reso molto felici lei ed il marito, che dopo quindici anni di matrimonio oramai disperavano di mettere al mondo un figlio. La famiglia von Werner era una delle più antiche casate della nobiltà bavarese e, pur disponendo di una lussuosa dimora a Monaco, preferiva da sempre vivere nella loro tenuta di campagna, a Possenhofen. La nonna del barone era stata intima amica della duchessa Ludovica di Baviera, madre dell'imperatrice Elisabetta d'Austria, che aveva conosciuto personalmente quand'era ancora principessa. La nascita dell'erede a lungo atteso era prevista per gli inizi del mese di giugno, quando le montagne erano in fiore e la primavera sbocciava in tutto il suo splendore. La baronessa aveva accusato qualche dolore all'addome nell'ultima settimana del mese di maggio ed il medico di famiglia aveva consigliato il più assoluto riposo a letto, in attesa dell'imminente nascita. La notte tra il 3 ed il 4 giugno la baronessa accusò un nuovo malore e non riprese più conoscenza. Il medico accorse al capezzale dell'illustre paziente; alle prime luci dell'alba del nuovo giorno nel castello, insonne nell'attesa, fu udito il pianto inconfondibile di un neonato. Il barone era rimasto nell'anticamera della stanza da letto e balzò in piedi appena vide la porta aprirsi. Il medico, un piccolo uomo piuttosto anziano e con indosso un camice bianco sporco di sangue, uscì richiudendo la porta dietro di sé. Aveva un'espressione cupa, non osava guardare negli occhi il barone. "Professore, come sta mia moglie? Il bambino... - "Io sono davvero addolorato, signor Barone. Sua moglie è deceduta dando alla luce le figlie - comunicò tristemente il medico. "Questo... Questo non può essere - il barone, assistito dal suo cameriere personale, divenne pallidissimo - Cosa è successo?" "Purtroppo la baronessa ha avuto una grave crisi cardiaca, non abbiamo potuto far nulla per salvarla, siamo però riusciti a far venire al mondo le vostre bambine, che grazie a Dio godono ottima salute." "Bambine?" l'uomo era in evidente stato confusionale. "Si signor Barone, vostra moglie, prima di spirare, ha dato alla luce due gemelle, le vostre figlie." "Dove sono ora? - domandò con gli occhi lucidi, ancora incredulo. "Solo qualche minuto, i miei assistenti si stanno occupando di loro." Il professore era al servizio della famiglia da tanti anni; neppure in quel momento di grande dolore il barone osò mettere in dubbio le sue qualità professionali: la morte dell'amata moglie non poteva essere imputata all'anziano medico. La sofferenza per la perdita dell'amata consorte, imprevista e dolorosissima, gli fece dimenticare la gioia di essere diventato padre. Il barone cercò di conservare il suo abituale contegno, ma dentro di sé si sentiva devastato.
Paolo Arigotti
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