La Regina di sangue
GLOSSARIO
Kongerike: Regno Livvakt: Cavaliere Protettore di corte Borger: Cittadino Fremmed: Estraneo Sconosciuto Selvaggio Hekseri: Magia Magico
[...] Aveva solo dieci anni quando tutto accadde. Si era allontanata assieme ad un suo compagno un paio di anni più piccolo, anche se le era stato vietato severamente dal vecchio saggio del clan. Dovevano solo raccogliere qualche erba medicinale e qualche bacca particolare come richiesto da Thasmuel, il saggio più anziano della comunità di cui faceva parte. Avrebbero dovuto solo esaudire quella richiesta e sarebbero stati promossi alla classe successiva, e tutto sarebbe andato per il meglio. Ma la curiosità era dilaniante e l'incoscienza di quell'età fin troppa. Non riuscì a trattenersi dal ficcare il naso quando in lontananza udì il trotto compatto dei Livvakt di ronda. Uscì dai confini dell'area che le era stata indicata come sicura, per dirigersi verso la fine del sentiero secondario, avvicinandosi pericolosamente a quello principale sul quale stavano passando i cavalieri. I protettori di corte compivano diverse ronde nel corso della giornata, sottordine stesso della Regina e accompagnati in prima linea dallo stesso Re, che si assicurava non accadesse nulla e non ci fossero problemi. Percorrevano soltanto i sentieri principali e non si allontanavano mai troppo dalle mura, non avvicinandosi mai alla boscaglia incolta né ai sentieri secondari. Questo aveva insegnato loro fin da piccoli il saggio Thasmuel. Era uno degli insegnamenti principali riguardanti i borger che venivano impartiti ai giovani Fremmed. E come loro rispettavano il non avvicinarsi alla natura incolta, casa di tutti i Fremmed, questi non avrebbero mai dovuto mettere piede all'interno delle mura e delle aree circostanti. Le conseguenze erano sempre state ignote. Almeno per i Fremmed più piccoli. Ma Malia le imparò a sue spese. A sue spese e soprattutto a spese del suo compagno Fyren, piccolo Fremmed che lei avrebbe dovuto proteggere. Funzionava così all'interno della loro comunità. I Fremmed più grandi e adulti dovevano sempre tenere d'occhio ed assumersi la responsabilità per i Fremmed più piccoli e giovani. Ed essendo due anni più piccolo, Fyren era sua responsabilità. [...] Fu così che iniziarono gli anni più duri della vita di Malia. Nata in mezzo alla natura ed a pieno contatto con essa, tra hekseri e saggi insegnamenti, all'età di dieci anni venne costretta a lasciare la propria casa ed il proprio mondo. Obbligata ad unirsi a quel popolo che da decenni sputava maligne sentenze e disprezzava le sue origini solo perché considerate diverse. Forzata a crescere e spendere la propria adolescenza tra quelle strette mura che dividevano nettamente la sua vera casa dalla mondanità che caratterizzava invece le vite dei borger, che mai l'avrebbero vista come una di loro. Senza compagni e familiari al suo fianco, circondata solo da menzogne e finta cortesia, i primi anni di quella sua nuova vita sarebbero stati più duri del previsto. Ad alleggerirle il peso della solitudine e la sensazione di sentirsi perennemente sbagliata ed estranea, fu però un borger in particolare. Un ragazzo che l'avrebbe accompagnata in quella sua crescita perché colpito dai sensi di colpa per averla trascinata in quella storia. Un Cavaliere a cui era stato affidato il compito di proteggerla finchè bambina. Proteggerla dai pericoli di vivere in un mondo ricco di pregiudizi verso il diverso. Pericoli che non guardavano in faccia a nessuno, nemmeno a dei bambini innocenti e con l'unico peccato di essere nati dalla parte sbagliata delle mura. [...] - Malia?! Stai bene? - Un sussurro strozzato fuoriuscì dalle labbra spalancate della Principessa, che allungò le proprie mani a sfiorare il corpo dell'amica. Titubante e tremante, cercò di farle da sostegno sorreggendola per le spalle, stando ben attenta a non provocarle ulteriore dolore. A quel contatto familiare Malia si lasciò andare. La tensione accumulata si riversò sul terreno, le spalle irrigidite si sciolsero e l'Estranea fu libera di non dover più fingere di essere così forte come in realtà non era. Nonostante la sua facciata perennemente diffidente e dura, non era mai riuscita ad essere forte quanto avrebbe voluto. Non lo era mai stata. In un eventuale combattimento sarebbe stata molto più forte della maggior parte dei Cavalieri del Regno sì, proprio grazie all'hekseri che riusciva a controllare. Ma non era quella la forza di cui aveva bisogno. Quella che le mancava era la forza di affrontare le situazioni senza cedere ai sentimentalismi, quel coraggio di fronteggiare le ingiustizie anziché paralizzarsi sul posto per la paura. Così come non riuscì ad alzare un dito per proteggere Fyren undici anni prima in mezzo alla foresta. A differenza di lui, che nonostante fosse terrorizzato riuscì a mantenere la mente lucida e provò a contrattaccare. Lei non aveva mai avuto quella forza d'animo, e per questo lo invidiava. Quell'adrenalina che ti smuove l'intero corpo e la mente nelle situazioni di pericolo, che ti fa agire per il mero istinto di sopravvivenza insito in tutte le persone. Lei era una codarda, invece. Anche se non avrebbe mai voluto esserlo. Davanti a situazioni di pericolo non riusciva mai a mantenere il sangue freddo e la mente lucida; quando la paura cominciava a farle da padrona non riusciva a reagire, a riprendere possesso del proprio corpo e della propria mente. E qual è il senso di avere un forte potere tra le mani, se non si riesce a sfruttarlo davanti alle ingiustizie e nelle situazioni in cui ce ne sarebbe più bisogno? Malia deglutì, annuendo alla domanda della Principessa e trattenendo una smorfia di dolore. Gli occhi celesti di Ivy si fecero lucidi, le guance si gonfiarono e lo sguardo si spostò dalla figura dell'Estranea a quella della madre, che le stava osservando dall'alto. - Cos'hai fatto?! - Sbottò addolorata e incredula, furiosa e delusa allo stesso tempo. Si vergognò pure di averla difesa a spada tratta un'ora prima, proprio davanti alla stessa Malia. Le aveva assicurato che la madre non avrebbe mai fatto male o giustiziato persone innocenti, ma le era stato appena dimostrato il contrario. La Regina deglutì, senza però scomporsi, posando il proprio sguardo imperscrutabile sulla figura a terra della figlia. Nonostante entrambe avessero gli occhi del medesimo colore, quelli di Damara avevano una sfumatura più fredda e glaciale, un taglio deciso, a differenza di quelli genuini e vivaci di Ivy. - Le avevo permesso di difendersi dalle accuse di Isak. - Distolse per qualche istante lo sguardo, non riuscendo a guardare ciò che aveva lasciato accadesse a Malia sotto i propri occhi. - La situazione ci è solo sfuggita mano - tagliò poi corto la donna cercando di archiviare quell'argomento, in evidente difficoltà, portandosi indice e pollice a massaggiarsi la tempia. Una sbuffata ilare e ricolma di sarcasmo fuoriuscì dalle narici dell'Estranea a quelle parole. Scosse leggermente il capo e tossì, ancora indolenzita. Era incredula davanti alla capacità della donna di negare anche davanti all'evidenza. Davanti alla sua stessa figlia. - Sfuggita di mano?! - Fece eco Ivy, ancora scioccata. - Mio padre sa che ordini ai suoi uomini di picchiare persone innocenti?! - Avanzò la prima accusa con decisione, mantenendo gli occhi lucidi e tremanti sul volto impassibile della donna, che nuovamente distolse lo sguardo. Ancora inginocchiata a terra di fianco all'amica, la Principessa continuò a sostenere le spalle di Malia. Damara sospirò, socchiudendo le palpebre. - Non ha eseguito un mio ordine - chiarì correggendola, mantenendo un tono di voce calmo e pacato. Non provò nemmeno a giustificarsi, riportando solo allora lo sguardo fermo sul volto della figlia. La Principessa tirò su con il naso, strinse i denti e rivolse alla madre un'occhiata disgustata. - Chi sei tu? - Pronunciò con rabbia, con il labbro inferiore che tremò per un flebile istante, con le lacrime difficilmente trattenute. - Mia madre non è una persona cattiva. Non è una Regina crudele e ingiusta - aggiunse dopo pochi istanti, mantenendo i propri occhi su quelli della donna. Ivy non distolse per un singolo secondo lo sguardo dal volto della madre. Le sue parole erano per lei e riteneva giusto sapesse che le intendeva davvero, che aveva la forza di dirle in faccia quello che stava provando. Sul suo non più tanto innocente viso, si palesò un'espressione delusa ed afflitta. Solo allora gli occhi della Regina sembrarono cedere per qualche breve istante. La sua corazza di ghiaccio sembrò essere scalfita da una prima piccola ma insidiosa crepa. Fino a quell'istante non si era preoccupata delle conseguenze che ridurre quell'Estranea in quello stato avrebbe procurato. Ma non appena Ivonne varcò la soglia della Sala, Damara si sentì immediatamente attanagliata da un senso di colpa. All'improvviso era diventata consapevole di aver fatto qualcosa di sbagliato, che non doveva permettere accadesse. Qualcosa per cui era stata colta in flagrante. E le accuse e le dure parole di Ivonne avevano solo reso il tutto più reale. Ma era troppo tardi per rimediare e lo poteva notare dal modo in cui la sua stessa figlia la stava fissando in quegli istanti. Ivy aveva davanti a sé una sconosciuta, una persona che non riusciva a riconoscere. Ecco come la stava guardando. La stava osservando con gli stessi occhi di disprezzo e di diffidenza che aveva sempre avuto Malia. Quello stesso sguardo che la donna tanto odiava. E solo allora si rese conto di tutti gli sbagli commessi negli ultimi anni; di tutti gli abbracci mancati, le carezze non date e l'affetto trascurato. Si era concentrata così tanto nel governare e nell'essere la famigerata Regina di Sangue, che si era dimenticata di avere una figlia che l'amava e la stimava. - Ti odio - sibilò Ivy. E la sua voce si spezzò per un istante, mentre una lacrima le rigò la guancia. E come una freccia appuntita viene scoccata abilmente contro il proprio bersaglio, quelle parole trapassarono in pieno il petto di Damara, trafiggendole il cuore. E tutta la sua corazza di ghiaccio cedette per quel colpo fatale, crollando su sé stessa.
Giorgia Dalla Mora
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