Il colpo di fulmine non esiste
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Il nuovo anno era iniziato da poco e già ne avevo le palle piene di quel fottuto 2019. Avrei sfidato chiunque a restare con i nervi saldi durante le feste Natale se, di professione, eri un giornalista e per di più un freelance. Era il periodo più brutto dell'anno, perché quelle due settimane di pace, amore e relax, si trasformavano in un vero inferno. C'era sempre qualcosa da scrivere, c'era sempre un comunicato stampa da segnalare e io, che aspettavo proprio le vacanze di Natale per prendere un attimo di respiro, mi trovavo con troppi articoli da gestire e pochissimo tempo libero. Non avevo raggiunto i miei genitori nel New Jersey e il venticinque dicembre quasi mi ero dimenticato di telefonare a causa di una news dell'ultima ora su Meghan Markle. Dovevo ancora capire perché TMZ si interessasse ai reali inglesi e perché proprio io dovevo reperire informazioni su un argomento per cui non avevo il benché minimo interesse. Purtroppo, però, era il mio lavoro. Ero un giornalista della testata di intrattenimento più quotata degli Stati Uniti. Doveva essere un colpo grosso per la mia carriera, dopo anni di gavetta e articoli mal pagati, o almeno così avevo creduto quando avevo firmato quel maledetto contratto di collaborazione. Mi ero immaginato un lavoro diverso, il salto di qualità che, alla soglia dei trent'anni, stavo aspettando. Invece, ero finito a scrivere articoli di gossip. La cosa che più odiavo al mondo. Lavoravo da casa, ero sempre appiccicato al computer e con pochissimo tempo per pensare e mettere in ordine i cocci della mia vita. Avevo mandato a fare in culo il 2018 da solo, in quell'appartamento sulla quarantaseiesima che condividevo con Oliver, un grafico pubblicitario più squattrinato di me. Ero da solo quando avevo stappato quella bottiglia di champagne da sei dollari, pregando con tutto me stesso di poter cambiare vita, di trovare un lavoro migliore e di dimenticare quello stronzo di Mick. Oltre il danno anche la beffa. Ero single da poco meno di un anno, e ancora non riuscivo a cancellare il volto di quel pezzo di merda che mi aveva tradito con il primo ragazzo conosciuto in una palestra di New York. Avevo dei progetti, per entrambi. Proprio perché ero sicuro di aver trovato finalmente il vero amore, mi ero messo all'opera per cercare un lavoro decente e che mi potesse permettere di vivere insieme all'unica persona che aveva apprezzato il carattere spigoloso che mi ritrovavo. Peccato che avevo fatto male i calcoli e invece di trovare il grande amore della mia vita ero stato tradito, lasciato di punto in bianco senza nessun tipo di spiegazione. Così, dalla mattina alla sera. Quel lavoro a TMZ avrebbe dovuto risollevarmi lo spirito, ma scrivere articoli di poco conto con un tale peso sul cuore non era per nulla facile. Ero da solo, con un dolore immane che strozzava le mie giornate e, per di più, imbrigliato in una routine che odiavo. Che vita di merda. Sperai che il nuovo anno potesse regalarmi una gioia, anche una qualunque, una soddisfazione che potesse risollevare il mio spirito malandato. Cominciai a credere però che essere felice, o quantomeno appagato, non fosse scritto nel mio DNA soprattutto quando, a pochi giorni dall'inizio dell'anno nuovo, iniziai a desiderare che quel 2019 fosse già finito. Ero nervoso, insoddisfatto e poi... mi mancava Mick. Avevo cercato più volte un punto d'incontro con lui, disposto a perdonare il suo cazzo di tradimento, ma tra di noi non c'era niente da recuperare. Il rapporto era finito. Non ti amo più, mi aveva detto una sera di fronte a un Campari con gin annacquato. Di solito ero una persona forte, ma quella volta non ero riuscito a trattenermi dal piangere come un bambino. Erano state lacrime amare, lacrime di commiserazione, perché mi ero appena reso conto che la mia vita era a un bivio. O imboccavo una strada nuova oppure sarei impazzito continuando a crogiolarmi in un malessere totalizzante, convinto che fosse l'unico modo per affrontare la situazione. E poi c'era quella cazzo di città. New York era come se mi parlasse, mi prendesse a sberle tutte le mattine, mi dicesse che ero un fallito su tutti i fronti. La Grande Mela era bellissima, magica, piena di opportunità. Quelle dannate opportunità, tuttavia, io non le avevo mai avute. Avevo fatto tutto con le mie sole forze, sperando un giorno di essere ripagato. Ma così non era stato, e probabilmente non lo sarebbe stato mai. Ogni volta che aprivo le tende color oro della mia stanza da letto, il primo raggio di sole mi ricordava che ero un buono a nulla, che lì a New York per me non c'era spazio. Mi ricordava che non potevo più sognare e che dovevo pensare a qualcosa di concreto. E io soffocavo, giorno dopo giorno, in un mare di rabbia e parole infrante. Poggiando la schiena alla poltrona su cui ero seduto, terminai di caricare sul portale l'ultima news che avevo scritto, inviai la mail al mio caporedattore e addentai svogliatamente un biscotto al cioccolato. Ero totalmente innamorato di quei cookies che compravo al supermarket vicino casa. Li sgranocchiavo a tutte le ore, anche quando non ne sentivo il bisogno. Erano un delizioso deterrente. Neanche il tempo di inviare quella fottuta email che, dalla redazione, mi contattarono per un'altra flash news. Erano le cinque del pomeriggio e io indossavo ancora la tuta e non ero riuscito a farmi neanche una doccia. Come potevo pretendere di avere uno straccio di vita con quei ritmi? Sì, okay. Avrei guadagnato più soldi, ma tutti sapevano che i soldi non potevano regalare la felicità. Erano solo merce di scambio. - Hai bisogno di qualcosa? - Una voce mi fece trasalire. Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi di Oliver. Dio, era bellissimo. Un esemplare di maschio alpha da incatenare al letto e usare come una perfetta macchina per il sesso. Avevo una cotta tremenda per il mio coinquilino fin da quando lo avevo incontrato in quel piccolo bar nelle vicinanze di Soho, dopo aver risposto all'annuncio che avevo trovato su un sito di affittacamere. Era alto, più di me, con i capelli biondi e gli occhi azzurri profondi come un oceano in tempesta. Snello e atletico, vestiva sempre alla moda, ma senza strafare, e aveva una voce penetrante capace di sciogliermi il cuore come una noce di burro. Sembrava una vera e propria movie star con quelle spalle larghe e quel sorriso che mozzava il fiato, ma era eterosessuale e non interessato a sperimentare altre strade. Peccato, perché secondo me io e lui avremmo potuto essere la coppia perfetta. Io nevrotico e a un passo dalla follia, lui pacato e gentile, come un uomo d'altri tempi. La vita continuava a infierire, insomma. - Dove vai? - - A fare la spesa. Questa settimana è il mio turno, ricordi? - Certo che lo ricordavo. Se me lo avesse chiesto, avrei indovinato anche di che colore fossero i suoi boxer. Ero proprio ossessionato da lui. Forse era arrivato il momento che mi facessi una bella scopata. - Trovi tutto sulla lista. È sul mobiletto della cucina. - - E non hai bisogno di altro? Hai ancora la scorta dei tuoi biscotti preferiti? - Sul suo viso comparve un sorriso dolce e il mio cuore fece qualche capriola. - Sono molto instabile in questi giorni. Se mi guardi in quel modo potrei compiere un gesto inconsulto. - Con Oliver non avevo bisogno di nascondermi, potevo essere me stesso senza nessun tipo di problema. Con lui potevo scherzare liberamente anche se, dovevo ammetterlo, avevo davvero fantasticato diverse volte di farmi scopare da uno stallone di quella portata. E, solitamente, l'attivo, nella coppia ero io. - Se fossi una donna ti avrei già invitato nel mio letto. Purtroppo, hai un dettaglio anatomico che proprio non mi va giù. - Fece una smorfia ed entrambi scoppiammo a ridere. - Scusa, sono sempre il solito. Comunque ti ringrazio, ma puoi stare tranquillo, ho ancora tre pacchi dei miei biscotti antistress. - - Okay. - Fece per indossare il cappotto, ma dall'espressione intuii che chiedere dei biscotti era stata solo una scusa. C'era qualcosa che lo preoccupava. - E... senti un po', hai ricevuto notizie da Seattle? - - Ti vuoi per caso liberare di me? - sogghignai divertito. - Assolutamente no. Altrimenti con chi divido l'affitto? - disse divertito, ma subito tornò serio. - È solo che, be', ecco, ti ci vedo a lavorare al Seattle Chronicle. Per te sarebbe una gran bella occasione. - - Le candidature per il posto di responsabile di sezione si sono chiuse poco prima di Natale. Non mi resta che aspettare, Oliver. Lo so, sarebbe grandioso poter essere un vero giornalista, ma so benissimo come funzionano le cose. - Sbuffai. - Nel bando c'era scritto che avrei ricevuto una comunicazione per posta ordinaria, alla vecchia maniera, nel caso fossi stato selezionato. Parliamo di fantascienza, in pratica. Non sono un bravo giornalista. - - Ti sottovaluti, come sempre. - - È la verità. Ho fatto tante esperienze dopo la laurea e guarda dove mi trovo? Lavorare per TMZ non è un bel biglietto da visita, diversamente da come credevo all'inizio. Cioè, ho ventinove anni, non ho un lavoro fisso e vivo ancora di sogni che mai si potranno realizzare. - Senza dimenticare quel malessere che soffocava le mie giornate, era ovvio. - Tu hai un lavoro di tutto rispetto. Purtroppo, è la nostra società che vuole leggere solo articoli di tette, culi e di chi è stato con chi, invece che pensare a un buon libro o a un buon film. Io sono nella tua stessa situazione. Dovrei essere un grafico pubblicitario, invece non faccio altro che portare il caffè al capo e smistare email ai suoi collaboratori. La mia bozza per la pubblicità della Levi's è sul suo tavolo da mesi. Non verrà mai selezionata per la campagna di San Valentino. - Sbuffò pesantemente e poggiò la schiena allo stipite della porta. - Non essere duro con te stesso. Io cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno, altrimenti rischio di impazzire. - Ignorando del tutto il messaggio che lampeggiava nella casella di posta elettronica, mi alzai dalla poltrona e mi diressi verso la porta della stanza. - Vuoi un biscotto? Ti rimettono in sesto. - Sorrisi, cercando di mascherare la voglia di stringere Oliver fra le mie braccia per consolarlo. - Magari dopo. Ora vado a fare la spesa. - Mi accarezzò il viso con dolcezza. - Abbi fede, Tyler. La nostra vita, presto o tardi, cambierà. - Avrei tanto voluto avere la sua stessa convinzione. Ero sempre molto critico con me stesso. Sapevo di valere, sapevo di avere delle qualità, ma nessuno aveva mai creduto in me, nessuno mi aveva mai regalato la possibilità di emergere e mettermi in gioco. Quel posto di lavoro a Seattle sarebbe stato un grande passo in avanti. Sarei sceso a patti con il diavolo pur di volare via da New York e diventare il giornalista che volevo essere da sempre. Solo che dovevo guardare in faccia la realtà, la mia penna non interessava a nessuno. Nel settore avevo molta esperienza: prima il giornale della scuola, in cui mi occupavo di cinema e serie tv, poi la rubrica fissa al magazine universitario, lo stage all'Entertainment Weekly e diverse collaborazioni, molte di queste persino gratuite, per riviste di settore. Amavo le luci della ribalta, amavo il brivido di un bel film e l'emozione a buon mercato di una stupidissima serie televisiva. Non scriverò mai di gossip, mi ero ripetuto fin da ragazzino. E invece le cose erano andate diversamente da come avevo previsto ed ero finito a rincorrere i pettegolezzi più assurdi per guadagnarmi da vivere. Avrei mai avuto le qualità per dirigere la sezione spettacoli del Seattle Chronicle? Sì, conoscevo gli argomenti, ma al tempo stesso ero a digiuno su tutto il resto. E il non sapere cosa fare acuiva ancora di più il mio senso di inadeguatezza. - Dio, ma perché sei eterosessuale? - sorrisi, stemperando quel momento di commiserazione. Oliver si aggiustò il colletto del cappotto e, con quel solito ghigno sul viso, uscì di casa. Tornai al lavoro con un peso sul cuore, ma mentre scrivevo le parole di Oliver continuarono a frullarmi in testa. Vedere il bicchiere mezzo pieno? Cominciai a credere che potesse essere un buon espediente per sopravvivere e non affogare in un mare di insoddisfazione. Quasi un'ora più tardi, dopo essermi liberato dell'ennesima news su Meghan Markle, scesi nell'androne per recuperare la posta. Il mio appartamento era situato a pochi passi da Broadway, in un minuscolo palazzo a cinque piani degli anni Cinquanta. L'affitto era caro, ma per fortuna in due si riusciva benissimo a sopravvivere in quel caos fatto di teatri e clacson. Non ero di certo in cerca di bollette o chissà che altro, lasciavo a Oliver anche quell'incombenza, ma sperai invece di trovare una lettera da parte della redazione di Seattle. Mi ero fatto un paio di conti e, teoricamente, a breve avrei dovuto ricevere una risposta. Nell'epoca di internet, la redazione preferiva inviare le comunicazioni direttamente a casa del fortunato. Anche chi non ha superato le selezioni verrà contattato, c'era scritto nel bando di concorso. Sicuramente sarei stato tra quegli ultimi, ma ero comunque impaziente di ricevere la mia bellissima lettera di rifiuto. Per l'occasione avevo già comprato una confezione di birra che avrei bevuto sul divano, davanti alla tv, mentre guardavo una puntata del Grande Fratello. Mi facevo del male da solo, ne ero consapevole. Tra le tante cose, ero persino un masochista e della peggior specie. Controllai la buca delle lettere ma, come avevo previsto, non c'era assolutamente nulla di interessante. Trovai solo una serie di volantini, decisamente troppo estrosi, che catturarono la mia attenzione. Erano riposti in tutte le cassette del condominio ed era quasi impossibile non notarli. - Insomma, è passato il gay pride e non mi sono accorto di nulla - mormorai tra me e me con un sorriso sarcastico. Mi sentivo così frustrato e nervoso che, senza quasi rendermene conto ne afferrai un paio, che poi lasciai sul tavolino dell'ingresso una volta rientrato nell'appartamento. - Vai allo Stonewall Inn questo sabato? - mi chiese Oliver mentre, una ventina di minuti più tardi, lo stavo aiutando a sistemare la spesa in cucina. Una scusa per stargli vicino e gioire della sua presenza. - Ma non era chiuso per ristrutturazione? - chiesi in risposta alla sua domanda. - Ci sarà la riapertura questo weekend. Ho visto il volantino che hai lascito all'ingresso. - - Ah, quello. Sì, ero sceso per controllare la posta. Li avevano lasciati ovunque. - - Sarà una grande serata, secondo me. Faresti bene a uscire un po'. - - Ci saranno solo ragazzini e poi non ho proprio la testa per pensare al sesso o flirtare con uno sconosciuto. Non ho più l'età per farlo. - E comunque nessuno frequentava più i bar gay per fare conquiste. Grindr era diventato una consuetudine. - Ti posso accompagnare, se vuoi - disse Oliver, e prese la confezione di cerali che avevo tra le mani. - Stai passando un periodo di merda. Sei sempre nervoso e intrattabile. Hai proprio bisogno di un Cosmopolitan. - - Non incontrerò mai il mio Mr Big, Oliver - sbuffai amaramente. - Ma potresti incontrare il tuo Aiden, non trovi? - Lo guardai con sospetto. - Sicuro che sei etero? Conosci meglio di me i personaggi di Sex & The City. - Mi rivolse uno di quei suoi sorrisi che avrebbero ucciso anche un Terminator. - Avevo regalato il cofanetto a una mia ex e niente, alla fine sono stato costretto a guardare con lei tutta la serie. Immagina la noia. - - Con me non ti saresti annoiato. - Dovevo smetterla di flirtare con lui, però certe battute me le serviva su un piatto d'argento. - Ma invece di fare il cascamorto con me - disse prendendo il volantino e facendo sventolare l'immagine di un tizio tutto muscoli e testosterone davanti i miei occhi, - perché non esci un po'? Ti bevi un drink, ti fai palpare da uno sconosciuto. Cose così. Secondo me hai un futuro assicurato come seduttore. - - I tipi troppo palestrati non mi piacciono neanche. - Abbassai lo sguardo e tornai serio. Non riuscivo più a reggere quella conversazione. Non avevo voglia di uscire e, soprattutto, non avevo nessuna intenzione di andare in un gay bar per rimorchiare. Chi avrebbe mai retto una conversazione con uno come me? Mi sarei ritrovato da solo, a raschiare il fondo del mio Cosmopolitan. - Penso che ti farebbe bene cambiare aria. Almeno per qualche ora non pensi né ai tuoi articoli trash né alla lettera di Seattle - insistette Oliver. - E se dovessi incontrare Mick? - Poteva succedere, dopotutto. A lui piaceva frequentare locali del genere. Non ero pronto a voltare pagina e di certo non lo ero a rivedere di nuovo la sua faccia di cazzo. Era stato il mio tutto per un lungo periodo di tempo. Vederlo con un altro era una possibilità che non riuscivo ad accettare. Cosa ci aveva trovato di bello, poi, in quel twink5 tutto muscoli e con un cervello da gallina? - Non succederà. Perché sabato ti dimenticherai di lui e conoscerai il prossimo uomo della tua vita. Ne sono sicuro. E poi... fanculo Mick. - - Sei un fottuto sognatore. Quasi peggio di me - gli risposi con un mezzo sorriso. - Ho imparato dal migliore. -
Carlo Lanna
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