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Autore: Franco Mimmi
Una vecchiaia normale
Letteratura
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Una vecchiaia normale
Solenne, il paffuto dirigente d'azienda congiunge le punte delle dita.
- Rigore, - dice, - soprattutto rigore. -
Socchiude gli occhi che scompaiono nelle palpebre grasse nelle guance grasse nella faccia grassa che da decenni resiste quasi al vertice, quasi al comando, senza pretendere il comando e senza infastidire il vertice, vicepresidente di legioni di presidenti e unico immutabile, imperturbabile, immarcescibile persino nella nuova strategia aziendale che sacrifica chiunque abbia superato la cinquantina o anche solo lo stipendio che di solito tocca dopo la cinquantina, e senza riaprire gli occhi torna a dire:
- Soprattutto rigore. -
Lui si stringe nelle spalle. Che altro ha fatto, negli ultimi venticinque anni? Rigore, soprattutto, e questa, nonostante il frequente sospetto che fosse la cosa meno desiderata al vertice, più o meno era stata la regola della casa, forse più che meno, se neppure quell'esagerata di sua moglie l'ha mai discussa più che tanto, e in ogni caso sufficiente rigore anche ammettendo qualche scappatella (veniale? mortale? inutile chiederselo adesso) (o forse è proprio adesso, il momento di chiederselo?), e allora che cosa è cambiato se adesso è necessario annunciarla, ricordarla persino a lui, che nell'azienda è tra i più anziani e soprattutto tra i più rigorosi?
L'estate è tanto afosa che Roberto si allenta il nodo della cravatta, poi si sfila la giacca e l'appoggia sulle spalle. Insolito, si dice, e glielo dice anche sua moglie con il solito sorriso un po' ironico, un po' affettuoso. Lui chiede: - La giacca? L'ora? -
- Entrambe, ma la giacca di più. -
Si allunga sul divano, proprio sotto il grande ventilatore appeso al soffitto, e allarga un braccio per accoglierla. Ha bisogno di qualcosa da stringere, meglio se qualcuno, meglio se lei, per mantenere il contatto con una realtà che sembra volersi evaporare in tanto calore. Le circostanze non aiutano. Soprattutto rigore, pensa. Scuote la testa.
- Soprattutto rigore, - dice.
- Abbiamo problemi finanziari? - chiede lei. - O cerchi un approccio matematico a un problema esistenziale? -
Si mette più comodo, per abbracciarla meglio, e rimangono in silenzio. Di solito il tempo fa tic tac e va avanti a piccoli scatti, ma ora il ronzio del ventilatore lo fa procedere in un flusso continuo che sembra accelerarlo. Sarebbe possibile? Soggettivo? Oggettivo? Anche rallentarlo, allora, forse. - Mi trovi vecchio? - chiede. - Sono già vecchio? -
- È peggio di quanto temessi, - dice lei senza muoversi, e recita con enfasi:

- Eccomi qui, vecchio in un mese secco... -

- E questo? - chiede lui, ma non la lascia rispondere e continua. - Aspetta, - le dice, - ho un'altra domanda che viene prima. Perché una donna come te, colta e intelligente, sta con un market researcher come me, ovvero un bruto semianalfabeta? -
- Perché sei l'unico che sopporta le mie citazioni e non finge di riconoscerle. A proposito: l'ultima era di Eliot. Ci sono anche altri dettagli: sei una persona decente e a letto non mi lasci quasi mai indietro. -
- È sufficiente, - ammette l'uomo, compiaciuto. - Adesso puoi rispondermi: sono già vecchio? -
- Che cosa è successo, esattamente? -
Lui scioglie l'abbraccio e la respinge con delicatezza per alzarsi. - Esattamente non lo so, ma con il tuo aiuto più qualcosa di fresco e forte magari riesco a capirlo. -
Hanno una piccola terrazza, che nel centro della città è un vero lusso, e adesso che il sole è calato vi si può aspettare l'ora di cena piacevolmente distesi in due sedie a sdraio. Lei rimescola un po' tintinnando tra bottiglie e cubetti di ghiaccio e gli porta una cosa colorata che lui non riconosce ma trangugia con gratitudine, poi le mostra il bicchiere vuoto con aria interrogativa. - Che cos'è o ne vuoi ancora? - chiede lei. - Che cos'è? Ne voglio ancora, - dice lui.
Ma in realtà non gli importa che cosa sia e quando la moglie glielo dice lui fa un mugolio di apprezzamento ma non ha sentito, però incomincia a bere il secondo bicchiere. L'alcol lo rinfranca un poco e anche la musica limpida e tranquilla che lei ha messo sul giradischi, sebbene, come sempre, non sia in grado di darle un titolo o un autore. - Dunque, - dice, - a quanto pare sono vecchio. -
- Avrei dovuto accorgermene, - commenta lei, - sono la solita sbadata. -
- Non è tutto, - prosegue lui, - non solo sono vecchio ma anche inutile. -
Questa volta la donna non commenta, aspetta in silenzio mentre incomincia a cercare risposte, però anche lui tace e allora capisce che deve spingerlo un po', incoraggiarlo. - Non tenermi in ansia, - gli dice. In realtà nella sua voce non c'è allarme, però neppure più la scherzosa ironia che le è solita.
Lui si volta per osservarla, le sorride. - Non preoccuparti, - dice, - non c'è niente di grave. Non mi hanno licenziato, o almeno non ancora, e sai che, anche se lo facessero, non avremmo problemi economici. -
- Lo credo bene, - afferma lei, - con il mio stipendio di insegnante. -
Vorrebbe abbracciarla di nuovo, ma vista la posizione, e i braccioli delle sedie, si limita ad allungare una mano per prendere quella di lei e stringerla. - C'è il tuo stipendio e quattro soldi da parte, che neppure sono quattro ma almeno otto, e almeno altri otto se mi cacciano, più la pensione tra qualche anno e il fondo pensione privato. -
- Se c'è spazio anche per me, - dice lei, - non so che cosa aspettiamo a licenziarci tutti e due. E adesso deciditi e dimmi che cosa è successo. -
Racconta. Il paffuto vicepresidente si è fatto latore di un messaggio del nuovo presidente, un giovane talento di neppure quarant'anni il cui compito precipuo consiste nello svecchiare l'azienda, un po' ferma, sclerotica, ritardata dalla routine, frenata dalle abitudini che si formano nel tempo. Non resta, dunque, che togliere un po' di anni alla somma totale. A quel punto la domanda era troppo ovvia perché il vicepresidente non se l'aspettasse e infatti ha risposto ancor prima che gli venisse rivolta, ancor prima che lui avesse deciso se rivolgergliela o meno: malgrado gli anni, una buona sessantina, il numero due resterà, per l'ovvio vantaggio che il nuovo numero uno pensa di trarre dall'esperienza di alcuni dei più anziani. Alcuni? Uno. Ma per gli altri, ponti d'oro naturalmente, offerte molto vantaggiose, che consentiranno loro di andarsene con un bel gruzzolo e ancora nel fiore degli anni, sicura preda di altre agenzie. Anche a lui, se vuole. Non vuole? Ma ci ha pensato bene? Sì, certo, tanto tempo, uno degli artefici della costruzione, ma il tempo passa, le cose cambiano, è chiaro che i nuovi capi vogliono avere accanto gente di loro fiducia, giovani vecchi amici. Perché resistere e farsi un nemico potente anziché monetizzare e conservare nell'ambiente la fama di buona persona, intelligente, flessibile?
- Questa, - dice la moglie, - persino uno candido come te deve averla sentita arrivare. Perché non mi hai detto niente? -
- La sentivo arrivare, - ammette lui, - ma non credevo così presto, pensavo almeno un anno o due. A chi viene in mente di disfarsi di un bravo collaboratore di cinquantatré anni? Non volevo che ti preoccupassi. -
Lei lo guarda, un po' commossa. - Ecco, - gli dice, - è per questo che ti ho sposato, però non devi esagerare. -
Si alza, si allontana e torna con i bicchieri pieni. - E così, - dice, - hai appena cinquantatré anni e sei già un uomo libero. Dobbiamo brindare. -
Lui prende il suo bicchiere, lo alza nel gesto del brindisi e beve un bel sorso ma poi dice: - Non è detto, c'è una possibilità. -
Racconta. In quel momento, per la prima volta nella sua vita, si è sentito vecchio. Non un paio d'anni fa, quando si rese conto che la sua capacità di concentrazione era diminuita e stentava a ricordare le facce, e neppure un paio di mesi fa, quando è andato per la prima volta dall'urologo a farsi mettere un dito nel culo per vedere come va la prostata, ma un paio d'ore fa, quando quel sessantenne sorridente e paffuto gli ha detto che, essendo ancora nel fiore degli anni, avrebbe fatto bene ad andarsene in pensione. Allora ha pensato: è un mondo con sempre più vecchi fatto sempre più per i giovani. E ha capito che lui non era più considerato tra quei giovani, e dunque doveva essere tra i vecchi.
- Semplice, no? -
- Semplicistico, - dice lei con buona volontà ma un po' pedante.
- Sì, però anche sillogistico, se posso prendere in prestito un termine più adatto alla professoressa che allo statistico. -
Si alza e si fa strada tra un paio di gerani per appoggiarsi al parapetto, guarda i tetti il cui rosso va sfumando nell'azzurro freddo della sera e resta così a lungo, in silenzio. Lei pure tace: c'è tra loro una promessa di onestà che vige da sempre senza bisogno di essere stata formulata, e che va oltre il desiderio di dare conforto. E poi non si tratta di cose misteriose, di scoperte improvvise: è vero che solo l'allarme scatenato dall'orologio biologico induce a rendersene conto davvero, ma il pungolo triste della ragione è sempre là a preannunciare quell'allarme.
- Ti stupirò di nuovo, - dice improvvisamente lui senza voltarsi, come se si vergognasse di ciò che sta per dire, e dopo un'altra breve pausa annuncia: - Oggi ho letto una poesia. -
Lei ride, sollevata. - Credevo che fosse contro i tuoi principi, - dice.
- Di più, - dice lui senza farle caso, - l'ho imparata a memoria. Tu sai come io sia sempre stato pigro, per questo tipo di letture, ma oggi ho letto una poesia e l'ho imparata a memoria. No, diciamo meglio: ho letto una poesia e subito la sapevo a memoria. Poi sono tornato a leggerla, due o tre volte, ma sono certo che la sapevo già dalla prima, in realtà la ripetevo senza neppure guardare il foglio. E mi dicevo: quale migliore prova di freschezza e di gioventù potresti pretendere? Ma sapevo che non era così, che era solo perché la poesia aveva ragione. -
Prende fiato, stenta un po' perché non è certo quella la sua specialità, si schiarisce la gola e cerca un tono che non sia troppo enfatico ma neppure spento, e incomincia:

- Noi siamo come foglie, che la bella stagione
di primavera genera, quando del sole ai raggi
crescono: brevi istanti, come foglie, godiamo
di giovinezza il fiore, né dagli Dei sappiamo
il bene e il male. Intorno stanno le nere Dee:
reca l'una la sorte della triste vecchiezza,
l'altra di morte. Tanto dura di giovinezza
il frutto quanto in terra spande la luce del sole.
Ma, quando questa breve stagione è dileguata,
allora, anzi che vivere, è più dolce morire. -

Franco Mimmi

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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