AL-HADI - COLUI CHE GUIDA
Fatima aveva ascoltato con enorme curiosità le parole di sua nonna sulle origini di Maometto, ma il sonno, il caldo e la tensione che aveva respirato a cena l'avevano provata e così era caduta nel sonno in pochi minuti. Sua nonna era uscita dalla stanza in punta di piedi dopo averle asciugato la fronte brillante di sudore e averla baciata sulla guancia. Ai fratelli che arrivavano per andare a dormire aveva detto di fare piano, che il loro angelo era stato preso dalle possenti ali dell'arcangelo e portato in cielo a visitare i mondi della fantasia. Fatima si era svegliata qualche ora dopo ancora sudata. Aveva cercato le ciabatte ai piedi del letto, ma non le aveva trovate. Si era sporta dal materasso, ma niente. Non c'erano. Non si ricordava di averle lasciate di sotto, ma questo pensiero durò giusto il tempo di mettere giù i piedi e sentire il fresco delle mattonelle darle un piacevole sollievo. Aveva guardato i suoi fratelli ansimare nei loro letti e rigirarsi per trovare la posizione giusta e un po' di refrigerio. Dopo aver controllato il loro sonno, aveva preso a camminare in punta di piedi verso il bagno in corridoio, attenta a scostare la porta della camera senza farla cigolare. Il corridoio che doveva percorrere era più luminoso del solito, così Fatima non aveva avuto difficoltà a raggiungere il bagno. Le sembrava di essere un'esploratrice alla ricerca del mistero nascosto nell'ombra. Alla mente si rievocavano le immagini desertiche de La Mecca di Maometto, degli antichi tempi andati in cui gli uomini vivevano in carovane o in case di argilla e paglia. Quando guardava casa sua vedeva i muri scrostati e i mattoni rotti come fosse stata ai tempi del Profeta. Per i suoi fratelli era segno di vergogna. Per lei, invece, era segno di importanza, voleva significare che era una casa vissuta e antica, appunto. Fatima giunse in bagno. Si lavò il viso e respirò con piacere la freschezza dell'acqua sul collo e sui polsi. Si tamponò gli occhi, ma quando li riaprì vide una luce ancor più forte venire dall'esterno. Prima non c'era, ne era sicura. Lasciò l'asciugamano sul lavandino e si avvicinò, furtiva e un po' spaventata, alla finestra semichiusa con la persiana traforata dai picchi e dal maltempo. Cercò di vedere bene la causa di tanta luce, ma questa era così forte che dovette arretrare e farsi scudo sugli occhi con la mano. Tornò in corridoio, controllò, meravigliandosi che i suoi non si fossero svegliati, e poi decise di scendere le scale per uscire. A ogni gradino, sentiva il cuore palpitare più forte per la paura e per l'emozione di scoprire il mistero notturno. In cucina la luce era più penetrante così come la sua curiosità. Dalle fessure della porta di ingresso un fascio luminoso irradiava un ventaglio dorato che le toccava i piedi. Fatima si ritrovò ad aprire la porta e a essere inondata da un bagno di calore e luce come mai nella sua breve vita. Con gli occhi chiusi avanzò titubante e incredula. In un attimo il sudore svanì e una morbida sensazione l'avvolse. Si ritrovò in uno spiazzo desertico e sconosciuto. La vista si abituò in fretta e senza fastidio all'immensa luce che la permeava e che sembrava sollevarla nello spirito e nel corpo. Si sentiva leggera. Si guardava a destra e a sinistra con incanto scorgendo un paesaggio diverso da quello abituale. Alcune palme ricche di datteri circondavano una costruzione in pietra con un portale imperioso e decorazioni a trifoglio nell'arco sovrastante. Allargò il sorriso e avanzò sprofondando nella sabbia morbida e calda. Era la prima volta che la calcava e fu una sensazione piacevolissima. La struttura era grande e le sembrava di essere un nano dentro una reggia di giganti. Oltrepassato il portale, si ritrovò in un cortile coperto, con al centro un piccolo spiazzo. Fatima si accentrò e rimase lì a fissare quel mondo, chiedendosi se fosse vero. Si toccò un braccio e i capelli per capire se stesse sognando, ma non riuscì a definire l'impressione. All'improvviso, da dietro le sue spalle, apparve un'ombra che si sovrappose alla sua e la inglobò. Fatima si voltò, ma dovette alzare il collo per cogliere la figura nella sua interezza. Più cercava di vedere il suo volto, più la luce che emanava le impediva di vederne i dettagli. Abbassò lo sguardo e vide che aveva una tonaca bianca con cintura rossa e dei calzari di pelle slacciati ai piedi. Tornò a guardarlo in viso, ma dovette chiudere gli occhi per non rimanere accecata. L'uomo, senza alcun preavviso, la prese per le spalle e la scosse senza parlare. Fatima rimase rigida sotto le sue mani. Non sentì dolore, però, ma solo una grande confusione. Il dolore, scoprì poco dopo, lo provava un soldato romano che entrava urlando da un lato del cortile con le mani alla testa, fermandosi al centro, poco distante da loro, con alcune frecce conficcate nell'addome da cui sgorgavano sangue e acqua, irrorando come una fontana la sabbia sottostante. La scena fu seguita con stupore da Fatima e con distacco dall'uomo che la teneva per le spalle. Quando il soldato, sofferente, tornò a correre fuori dall'edificio, Fatima cercò ancora una volta di guardare l'uomo davanti a sé per parlargli e per vederlo, ma due forti mani la scossero fino a svegliarla... Erano quelle di Alì che la riportavano alla realtà, prima di tranquillizzarla e uscire dalla stanza. Fatima ansimò sul suo letto bagnato di sudore, quindi scese inforcando le ciabatte che erano al loro posto come sempre e corse dalla nonna facendo cigolare la porta della camera.
AL-WAJID COLUI CHE TROVA TUTTO CIò CHE VUOLE
Era una villa che, imponente, sovrastava il promontorio di via dei Mille. Alì vi giunse con dieci minuti di anticipo, il tempo di attaccare la bici a un palo e di guardare il quartiere residenziale. La casa di Paolo era la più grande e svettava con un piano mansardato su tutte le altre villette. Colse l'occasione per provare il nuovo cellulare e prendere dimestichezza con le sue funzioni. Con sua sorpresa imparò in brevissimo tempo a usarlo senza alcun aiuto. Era vero, aveva visto gli altri usarlo e prestarglielo qualche volta, ma uno suo non lo aveva mai avuto. Si meravigliò delle sue stesse capacità, poi vide l'ora sullo schermo e si avviò al campanello. Attese qualche minuto, poi qualcuno gli rispose. - Entra. - Il cancello scattò. Il prato era ben rasato e curato, così come le aiuole di fiori con colori accesi che Alì non distingueva gli uni dagli altri. Ne annusò uno e ne restò inebriato. Forse questo piacerebbe a Sara, pensò. Nonostante le parole di Paolo e Ganja, quella ragazza gli era rimasta in testa come un chiodo ben piantato. Anche se era fidanzata e, forse, non lo avrebbe mai guardato, neppure di striscio, Alì ne era molto turbato. Continuò a camminare e vide la porta d'ingresso aprirsi. Una ragazzina, che gli parve somigliante a Fatima lo accolse e lo fece accomodare in un salotto luminoso e ampio. Non c'era paragone con casa sua. Un giorno ne voglio anch'io una così, pensò. Dalla finestra, scostando le tende, intravvide una piscina con alcuni ragazzi e ragazze distesi sui bordi, intenti a prendere il sole e a parlare. - Eccomi - , disse una voce alle sue spalle. - L'hai trovata comodamente, vero? - - Non potevo sbagliarmi. - - Sì, sì. Vieni, che ti voglio presentare alcuni ragazzi che verranno stasera. - Alì seguì Paolo in giardino. Se la casa era grande, il giardino lo era ancora di più. Al centro, poi, affondava le sue vasche ovali la piscina azzurro cielo, creando un contrasto evidente con l'erba verdissima ben irrigata. C'erano due ragazze che nuotavano a pelo d'acqua e due ragazzi a bordo piscina distesi sui teli. - Vi voglio presentare un nostro nuovo socio. Promette bene, si chiama Alì, ma è italianissimo - , chiarì Paolo per non creare imbarazzi. Le ragazze si avvicinarono al nuovo ospite cingendosi con asciugamani, mentre i ragazzi mostrarono i loro pettorali balzando in piedi e stringendogli la mano. - Ciao, io sono Valeria, la ragazza di Paolo. - - Io Andrea. - - Carlotta, un'amica di Andrea. - - E io Fulvio, fratello di Valeria. - - Piacere. - Intervenne Paolo, mentre i ragazzi tornavano a sdraiarsi: - È mio ospite fino a stasera e verrà con noi alla festa. Deve farsi una doccia, poi ci raggiungerà - . - Grazie Paolo - , rispose Alì mentre non riusciva a smettere di fissare Valeria che si sistemava il bikini che non lasciava nulla all'immaginazione. Paolo sospinse Alì in casa. - Non partire subito in quarta con Valeria, so che sei affamato, ma contieniti, per favore. Al secondo piano troverai il bagno e i vestiti che ho pensato ti potessero andare bene. Provane un po' e poi vedi. - - Non so come ringraziarti. - - Fatti una doccia e renditi presentabile. - Salì le scale, voltò a destra. Alla fine del corridoio trovò quello che cercava. Guardò dalla finestra e poté vedere la piscina con i ragazzi. Fissò Valeria qualche istante e, proprio in quel momento anche lei lo guardò. Lui si nascose, ma sporse un po' la testa. Lo guardava ancora. La salutò. Anche Paolo lo vide e lo salutò. Nudo entrò nella cabina-doccia. L'acqua era calda e si lasciò inondare da quel flusso. Ne aveva bisogno. Si massaggiò la testa con lo shampoo e il corpo con il bagnoschiuma. Sentiva rigenerarsi. Per la prima volta da tanto tempo era contento. Voltandosi verso l'entrata del bagno vide una figura muoversi. Chiuse l'acqua e chiese chi fosse. Nessuno rispose, ma una figura slanciata si appoggiò al vetro opaco mostrandosi nuda. Quindi aprì la porta. Alì si aspettava solo una persona. Quando scorse i lineamenti trasalì. Anche lei era nuda, anche Valeria. Lo salutò con la sua voce chiara e acuta. Alì non rispose. Rimase immobile a guardare i suoi seni e il ventre basso, le cosce e l'ombelico. Valeria si avvicinò e riaccese l'acqua. Il suo corpo si bagnò. Iniziò a massaggiarsi e Alì sentì un sussulto tra le gambe. Valeria lo guardò e sorrise senza dire niente. Alì era in imbarazzo. Lo accarezzò e lo toccò. Alì chiuse gli occhi gemendo. Sapeva come risvegliare i sensi a un uomo. Si strofinò contro di lui dal basso verso l'alto e gli leccò alcune gocce sul petto. Alì faceva fatica a trattenersi e la toccò. Era morbida come aveva immaginato. In pochissimo tempo l'eccitazione raggiunse il culmine e tutto il corpo si contrasse. Valeria guardò in basso e sorrise ancora. Quando si rese conto di essere solo si vergognò, consolandosi che nessuno lo avesse visto. Per terra era sparso il suo seme. Si chinò e pulì tutto con cura. Uscito dalla doccia si avvolse nell'asciugamano e andò alla specchio. Si sentì patetico. Guardò ancora dalla finestra e la vista di Valeria gli suscitò forte imbarazzo. Si asciugò i capelli, si profumò e si vestì. In poco meno di mezz'ora era di sotto, a bordo vasca, assieme agli altri. Paolo si era complimentato per la trasformazione. - Non ti avevo mai visto così elegante. D'ora in poi dovrai vestirti così. Quei cenci che avevi bruciali. Fino a quando non ne comprerai di nuovi avrai i miei, tanto non li metto più. A te calzano a pennello, invece. - - Come potrò mai ringraziarti? - chiedeva imbarazzato Alì. - Niente fretta, verrà il momento di ricambiare. Per adesso goditi il momento. - Valeria e gli altri ragazzi chiacchierarono fino alle sette in piscina, poi andarono a far la doccia e in un'ora erano tutti vestiti e pronti per la festa. Alì salì con Andrea sul Suv di Paolo, mentre Fulvio, Carlotta e Valeria li seguirono con la loro BMW. La località era in prossimità mare, tanto che quando scesero nel parcheggio, verso le nove, Alì sentì il fragore delle onde e respirò l'aria salmastra dell'Adriatico. - Bellissimo! - esclamò entusiasta. - E non hai ancora visto niente - , gli fece eco Andrea. La festa era in una villa privata con vista mare che si stagliava, nonostante il buio, per tre piani, illuminata con fari azzurri dal basso verso l'alto. - Dobbiamo essere i primi - , disse Paolo. Il cancello era aperto e i sei entrarono. Alì credeva di trovarsi in un sogno. Non aveva mai visto nulla di simile, non aveva mai nemmeno immaginato che esistessero posti così e mai avrebbe creduto di poterne fare parte, un giorno. Paolo era il capo fila ed entrò in casa. - C'è nessuno? - chiese Fulvio subito dietro Paolo. Una voce dal fondo del corridoio gli fece strada. L'impressione di essere i primi svanì quando videro che nel parco retrostante la villa c'erano già molti ragazzi intenti a bere e molte ragazze in costume che facevano il bagno. Il padrone di casa, lì salutò dal tavolo degli aperitivi e li raggiunse dopo aver posato il bicchiere. - Roberto - , disse Paolo abbracciandolo. Anche gli altri lo salutarono, poi venne il turno di Alì che stava in disparte. - Questo è Alì, un nuovo acquisto, se sai cosa intendo - , scherzò Paolo. - Alì Babà - ridacchiò Roberto. - No, no, non ti offendere, devo essere già un po' brillo. Qui siamo tra amici, si scherza e si ride. Voglio che ti diverta anche tu. Mi stai simpatico, hai la faccia furba. Vieni che ti presento un po' di gente. - Alì passò in rassegna tutti i nuovi amici, salutando di qua e di là, dimenticando i nomi, ma non le facce, in particolare di alcune ragazze. Alle dieci Roberto accese la musica e irradiò il giardino con luci colorate. Ai tavoli-bar c'era sempre la calca e tra le sdraio la gente rideva, parlava e beveva. Alcune ragazze discinte giravano in topless senza alcuna vergogna. Altre fumavano dai bocchini di vetro dei narghilè e si passavano il fumo di bocca in bocca. Quella stupida idea che uno come lui, originario del Medio Oriente, dovesse conoscere la marijuana, l'hashish e soprattutto il narghilè era stupida e pure banale. Alì aveva osservato quelle scene e aveva cercato Paolo, perso chissà dove dall'inizio come gli altri. Cercò più volte di fare conversazione, ma oltre il - ciao - non sapeva cosa dire. Si sedette su una panca con un cocktail in mano a guardare il mare. Quando la musica aumentò e cambiò genere era già mezzanotte. Le ragazze in topless si erano unite in vari modi ad altri ragazzi, mentre il fumo saliva sopra le loro teste e l'alcool scorreva a fiumi. Alì passò tra loro cercando di non farsi notare, scansando gambe nude accavallate e grovigli di corpi indefiniti. Si sedette sui gradini e proprio in quel momento una voce lo chiamò. - Ehi, ragazzo, qual è il tuo nome, che non ricordo? - Alì si girò e vide Valeria. Gli si sedette accanto. - Ti diverti? - Alì mugolò. - Immagino. - - Non sono abituato e non conosco nessuno. - - Così mi offendi. - - A parte te e Paolo, ovviamente. L'hai visto, per caso? - - No, ma ora ci sono io... non basto? - - Certo, ma credo che tu abbia bevuto un po', altrimenti non mi diresti queste cose. - - Quali cose? - - Che tu mi basti. - - Forse sono un po' brilla, ma che ti importa? Non mi vuoi? - e cercò di alzarsi, ma ricadde a sedere. - No, no, anzi, mi fai piacere se rimani. - - Ecco... guardandoti meglio e vestito così, non sei poi male. - - Anche tu. - - Anch'io cosa? Non sono niente male? Come osi - , disse alterando cacofonicamente il tono della voce. - No, non intendevo. Sei molto bella. - - Scherzo, sei teso cioccolatino, posso chiamarti così? - - Come vuoi, mi hanno anche chiamato Alì Babà. - Valeria rise. - Già, è meglio ridere. - - Dammi un bacio. - - Cosa? - chiese imbarazzato Alì. - Allora? Hai capito, baciami! - - Non credo sia il caso, se ci vedesse qualcuno? - - Ti sembra che importi a qualcuno? - indicando una sorta di orgia che si stava svolgendo da un po' in giardino. - No, ma sei tu che lo chiedi o l'alcool che è in te? - - Quante storie per un bacio. Non sarai finocchio, vero? - - No, no. - - Allora baciami. - Alì si avvicinò e lei prese l'iniziativa. Le labbra si serrarono. Valeria cercò la sua lingua e lui la lasciò fare. Si sentì eccitato. Valeria allungò le mani e gli accarezzò le cosce, arrivando al cavallo. - Non male! Ehi, ma qua abbiamo svegliato qualcosa. Sei felice di sentirmi o nascondi qualcosa? - disse mentre tastava. Alì cercò di tirarsi indietro, ma Valeria non lo mollò. Poi gli prese la mano, lo fece alzare. - Vieni. - Alì non era più cosciente e si lasciò guidare fino a un bagno dove, dopo aver chiuso la porta a chiave, lo fece sedere sul bordo della vasca e gli slacciò i pantaloni. Con difficoltà Alì li fece scendere. Valeria si inginocchiò, gli sfilò gli slip e lo guardò. - Guarda chi abbiamo qua, un circonciso. - Alì le sorrise senza dire nulla. Valeria fece quello che voleva con perizia maliziosa. Alì la guardava come si guarda un'opera prima, con piacere e curiosità. I movimenti si fecero più rapidi e Alì trovò difficile trattenersi. Ripensò alla doccia di qualche ora prima e si vergognò. Quando si fu svuotato, Valeria si alzò e lui si rivestì. Andò al lavandino e si lavò le mani e la bocca. - Spero di non essere stato veloce. - - Ne ho visti di più rapidi. Andiamo, ci cercheranno. - Alì chiese qualche istante per sciacquarsi la faccia, mentre Valeria usciva. Sorrise e si rese conto di non stare sognando. Quel giorno sarebbe rimasto epico.
Ramsis D. Bentivoglio
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